Djokovic scherza, ma solo alla vigilia (Semeraro). «Rivincere? Sono ancora il solito sospetto» (Crivelli). Nole da battere, poi Rafa. Ma la Next Gen è in agguato (Bertolucci). Si apre la caccia ai tre giganti (Piccardi). Serena gioca il 24 sulla ruota di Melbourne (Cocchi)

Rassegna stampa

Djokovic scherza, ma solo alla vigilia (Semeraro). «Rivincere? Sono ancora il solito sospetto» (Crivelli). Nole da battere, poi Rafa. Ma la Next Gen è in agguato (Bertolucci). Si apre la caccia ai tre giganti (Piccardi). Serena gioca il 24 sulla ruota di Melbourne (Cocchi)

La rassegna stampa di domenica 13 gennaio 2019

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Djokovic scherza, ma solo alla vigilia (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Attenti, che Djokovic l’australiano cerca vendetta. Vuole riprendersi “Norman”, la coppa degli Australian Open intitolata allo stregone Norman Brookes, che Federer si è ri-appaltato dal 2017. Soprattutto, da Melbourne, vuole ricominciare la caccia al santo graal di ogni tennista: il Grande Slam. Quello vero, contenuto tutto in un anno solare, riuscito per la seconda, e ultima volta nell’era Open, a Rod Laver esattamente 50 anni fa, obiettivo fallito anche da Federer e Nadal. «Quello è il suo primo obiettivo», sostiene Marian Vajda, il coach-fratello maggiore a cui deve la serenità (tecnica, ma non solo) ritrovata dopo un anno e mezzo di dubbi e tormenti. «E poi vuole superare il record di titoli di Federer. Lui è a quota 14, contro i 20 di Roger: per superarlo dovrà lavorare sodo e soprattutto evitare gli infortuni. Ma può farcela: quando abbiamo ricominciato a lavorare insieme ero sicuro che sarebbe tornato un campione, ma non credevo così in fretta». […] Da Wimbledon in poi si è preso 38 partite su 42, oltre ai due Slam ha incamerato anche due Masters 1000 a Cincinnati e Shanghai. Se vincerà a Melbourne sarà il primo della storia a vincere tre Slam di fila per tre volte in carriera. Sul cemento del resto è il migliore dell’Era Open anche in percentuale: 542 partite vinte e 102 perse, l’84%, meglio persino di Federer. E se Andy Murray ha deciso di abbassare le braccia, due giorni fa, è stato anche per colpa sua. Di quell’ultimo allenamento in cui, parole dello scozzese, «in campo contro Novak mi sono sentito impotente». «La decisione di Andy mi ha choccato – ha ammesso Novak – Abbiamo la stessa età, ci conosciamo da quando avevamo undici anni, anch’io ho subito un infortunio e posso capirlo. Da qui alla fine della carriera voglio vincere più Slam che posso, inutile nasconderlo, sono questi i tornei che mi interessano, e so che se sono al meglio delle mie possibilità posso vincere qualsiasi torneo». Provate a smentirlo.


«Rivincere? Sono ancora il solito sospetto» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La prova del nove. Gli anni finiti con quel numero hanno segnato momenti particolari, in Australia, per Roger Federer. Nel 1999 era uno sbarbatello non ancora diciottenne con i brufoli e i capelli lunghi raccolti in uno chignon e affrontò per la prima volta uno Slam da professionista, uscendo al primo turno delle qualificazioni per mano di Olivier Delaitre. Dieci anni più tardi, nel 2009, aveva in tasca 13 Slam ed era a un passo dal record mitologico, ossia i 14 di Sampras. In finale, però, quel satanasso di Nadal, con cui era maturata nel tempo una delle rivalità più leggendarie della storia dello sport, lo sconfisse in cinque set infliggendogli una delle più brucianti delusioni della carriera tanto da indurlo alle lacrime e alla famosa frase «tutto questo mi uccide» pronunciata durante la premiazione. Anche il Federer del 2019 si è avvicinato a Melbourne piangendo. Ma solo perché in una struggente intervista gli hanno fatto ricordare il primo coach, Peter Carter, morto in un incidente d’auto nel 2003: «Se ho questa tecnica, è merito suo: spero possa essere orgoglioso di me». Per tutto il resto, il Maestro non potrebbe essere più sereno alla vigilia della 20′ partecipazione agli Australian Open: si presenta da doppio campione in carica, con 14 successi di fila nelle ultime due stagioni che gli hanno regalato una nuova vita e un altro viaggio nel mito, portandolo a 20 Slam e sei Australian Open (come Djokovic). E pensare che la caduta di dieci anni fa venne battezzata dai più come la fine del suo evo di gloria. Potere dell’immortalità, nutrita nell’estate australiana con la stessa routine, la partecipazione alla Hopman Cup, un’esibizione di lusso che scalda i muscoli, allena il colpo d’occhio eppure non sollecita troppo il fisico di un ultratrentasettenne che in carriera ha giocato 1440 partite ufficiali, e lo stesso low profile quando si è trattato di fissare gli obiettivi: «Sono uno dei dieci favoriti del torneo, poi ci sono sempre tante incognite legate al clima, alle partite di pomeriggio o serali. Se però parliamo di chi può vincere, sappiamo chi sono i soliti sospetti e io sono felice di far parte di questo gruppo». Il sorteggio ha avuto uno sguardo piuttosto benevolo, sottraendolo dalla parte di tabellone di Djokovic e offrendogli comunque una possibile semifinale con Rafa, puntando al 100: se dovesse approdare fin lì, Roger salirebbe a 100 partite vinte agli Australian Open e soprattutto sarebbe a una tacca dal 21° Slam e dal torneo numero 100 in carriera. Più che numeri, sinfonie del paradiso.


Nole da battere, poi Rafa. Ma la Next Gen è in agguato (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Come ogni anno, dopo alcune uscite preparatorie, i protagonisti del circuito tornano a pieno regime affrontandosi a Melbourne nella torrida estate australiana. I big sanno come gestire le varie situazioni e puntano il mirino nella parte finale di gennaio. Rispetto alla scorsa edizione la qualità dei giocatori è decisamente più alta grazie ai recuperi, anche se in alcuni casi solo parziali, di vecchie volpi come Wawrinka, Murray (sofferente) e Nishikori. Inoltre l’esperienza accumulata ha reso più competitiva la next gen tanto da rendere quanto mai difficile la scelta dei protagonisti. Obbligatorio, comunque, indicare in Djokovic il favorito per la vittoria finale in virtù di quanto esibito nella seconda parte del 2018. Sei mesi fantastici durante i quali il serbo è tornato a fare la voce grossa e a esaltarsi nelle grandi imprese mostrando il desiderio di dare la caccia al record di Federer nelle prove Slam. Il fenomeno svizzero ha ripercorso lo stesso sentiero dello scorso anno e anche con dodici mesi in più sulle spalle appare ancora in prima fila tra i candidati alla vittoria. Pochi centimetri dietro Roger vedo il misterioso Nadal che si è nascosto dietro qualche problema fisico e la cui condizione dovrà essere verificata in corso d’opera. Se avrà risolto, almeno in parte, i problemi accusati fin qui nella gestione della lunga distanza e della posizione sul terreno il tedesco Zverev potrà frequentare a lungo il centrale. Occhi puntati anche su Khachanov, Cilic, Anderson, Tsitsipas, Shapovalov e Coric. La nutrita spedizione azzurra certifica la crescita di un movimento affidato ancora all’imprevedibile Fognini e all’eterno Seppi in prima battuta e ai giovani Cecchinato e Berrettini in seconda. Nel misterioso mondo femminile il precoce scontro tra Serena Williams e la Halep costringerà le contendenti a svelare ben presto la loro condizione e avvisare le altre contendenti tra le quali spiccano i nomi di Osaka, Kerber, Wozniacki e Pliskova.


Si apre la caccia ai tre giganti. Il tennis prova a chiudere un’era (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Il torneo delle giornate scambiate, quando lì è giorno qui è notte, è pronto a fare le prime carte alla stagione del tennis. Si ricomincia dall’Australia con la sensazione di un cambio della guardia mai così maturo e un pensiero per il povero coreano Hyeon Chung, che dallo sforzo supremo di accelerare la rivoluzione (nel 2018 fu semifinalista a Melbourne) non si è più ripreso. «Io quest’anno mi aspetto il cambio della guardia: che sia Zverev, Tsitsipas o Khachanov, credo che all’Australian Open vedremo un Next Gen combinarla grossa», parole di John McEnroe. L’Australia è strana e imprevedibile. Si gioca tre su cinque dopo due mesi di sosta, può fare un caldo feroce o un freddo barbino e non sai mai, nell’arco della giornata, di quale umore sarà la superficie che avrai sotto i piedi che ti ospita: rapido, veloce o velocissimo? Il torneo delle sorprese, si dice. Però poi guardi l’albo d’oro. E dal 2004 hanno vinto in cinque: Federer (6), Djokovic (6), Nadal (1), con l’intermezzo di due intrusi: Safin nel 2005 e Stan Wawrinka nel 2014. E allora, come sempre, la verità sta nel mezzo: l’Australian Open autorizza exploit e scivoloni più di altri Slam, però se alla fine arrivano gli Immortali nessuno li sgambetta più. Il cuore dice Federer, campione in carica e leggenda in servizio permanente costante. La testa dice Djokovic, lo zombie rigenerato dall’elettroshock Cecchinato a Parigi, ingiocabile da Wimbledon in poi, un numero uno relativamente giovane (31 anni) e integro. Lo stomaco va dietro a Mac e dice un Next Gen, uno qualsiasi di quelli disseminati dal numero 11 (Khachanov) al numero 27 del ranking (Shapovalov), passando da Coric (12), Tsitsipas (15) e Medvedev (16); uno dei favoriti al trono è Zverev, che è numero 4, di anni ne ha appena 21 e il trionfo al Master di Londra (sul Djoker) ha elevato a campione vero. Gli manca l’ultimo salto di qualità. «Sasha ha un buon team (il coach è Ivan Lendl, ndr) e ha dimostrato di saper gestire la pressione: per me è pronto» sentenzia McEnroe. […] Camila Giorgi naviga a vista in un tennis femminile terremotato dagli eventi (nel 2018, per il secondo anno consecutivo, quattro vincitrici diverse nei quattro Slam: Wozniacki, Halep, Kerber, Osaka). Una Serena Williams dimagrita riparte all’arrembaggio del 24° Slam. Serenona non si darà pace finché non centrerà il record assoluto della Court e non lo supererà in tromba. Nel rimescolo di volti, tra le solite Venus, Sharapova e Halep (numero uno senza coach destinata, pare, a vita breve nel tabellone), spicca quel marcantonio di Aryna Sabalenka, 182 cm per 8o kg, dalla Bielorussia con furore. La mina vagante del torneo.


Serena gioca il 24 sulla ruota di Melbourne (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Torna sui campi che l’hanno vista trionfare l’ultima volta in uno Slam. Serena Williams è la più attesa a Melbourne dove nel 2017, in una storica finale con la sorella Venus, ha vinto quando era già in attesa di poche settimane della figlia Alexis Olympia. Era il titolo Major numero 23 per lei che ha come obiettivo principale raggiungere, e possibilmente battere, il primato di Margaret Court che ne ha conquistati 24. Nel 2018, al ritorno dalla maternità, Serena ha centrato due finali a Wimbledon e Flushing Meadows, senza però alzare il trofeo: battuta a Londra dalla Kerber e poi a New York dalla giapponese Osaka. Dopo quella finale da psicodramma, con la sua crisi isterica e la lite con l’arbitro a cui aveva dato del ladro, la Williams ha chiuso la stagione, per ripresentarsi in campo solo per l’esibizione di Abu Dhabi con Venus e poi nella Hopman Cup di Perth due settimane fa. Da quando Serena è stata fermata dalla maternità e dal recupero, il tennis femminile a dispetto della classifica non ha ancora trovato una vera regina. Lo dimostra il fatto che a parte l’Australian Open del 2017, centrato dalla Williams, tutti gli altri Slam sono stati vinti da giocatrici differenti. Mai come quest’anno però la ex numero 1 è intenzionata a chiudere la pratica dei record: a Melbourne ha già trionfato sette volte e ha dichiarato di essere molto carica per questo 2019 tennistico: «Sono impaziente di iniziare la stagione — ha detto dopo la Hopman Cup —. Ho grandissimi obiettivi, ma preferisco tenerli per me. E’ come se fosse un piccolo segreto che mi aiuta a dare sempre il massimo». Lo slam numero 24 è lì a un passo, ma lei stessa sembra non volerlo nominare per scaramanzia: «Certo che lo voglio, ma ci sono di mezzo tante ottime avversarie che dovrò battere…». Il ventaglio delle pretendenti è piuttosto ampio a partire dall’amica del cuore Caroline Wozniacki, campionessa in carica, che dopo aver modificato preparazione e allenamenti per adattarsi al meglio all’artrite scoperta solo lo scorso anno, ha voglia di iniziare l’anno con il piede giusto. E poi la numero 1 al mondo Simona Halep, fuori al primo turno a Sydney e senza allenatore, ma fiduciosa sulla stagione che l’aspetta: «Ho esperienza, so come gestirmi anche senza un allenatore. Voglio godermi di più la vita, non esiste solo il tennis». Petra Kvitova ha appena trionfato a Sydney centrando l’ottavo titolo su altrettante finali consecutive, una straordinaria risalita dopo l’aggressione del 2016 che meriterebbe di essere coronata da un altro Slam, dopo i due Wimbledon già in bacheca. […]

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