La stampa celebra il centesimo torneo di Roger Federer (Scanagatta, Clerici, Semeraro, Azzolini, Bertolucci)

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La stampa celebra il centesimo torneo di Roger Federer (Scanagatta, Clerici, Semeraro, Azzolini, Bertolucci)

La rassegna stampa di domenica 3 marzo 2019

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Federer fa 100 e punta Connors, ma i 109 di Jimmy valgono meno (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

E’ scattato al via con il turbo. Alla sua decima finale di Dubai Roger Federer, tutto proteso a centrare il titolo n.100, non ha voluto correre rischi, fin dall’inizio, come già gli era successo in semifinale contro Coric, dominato 62 62. E’ stato in testa dall’inizio alla fine, strappando subito la battuta (a 15) al greco Tsitsipas, 20 anni e in procinto di diventare per la prima volta top-10 domani dopo aver vinto una settimana fa il suo secondo torneo a Marsiglia. Roger non ha mai ceduto il proprio servizio in nessuno dei due set (64 64 in 69 minuti complessivi). Il solo momento in cui ha temuto di perderlo è stato sul 5-4 del primo set quando, dopo essere stato avanti 40-0, ha messo solo una “prima” su tre, si è fatto sorprendere da tre aggressive risposte del ragazzo ateniese che lo aveva sconfitto a Perth e a Melbourne senza subire break, e ha concesso due palle break. Sulla prima Tsitsipas ha sbagliato un rovescio lungolinea non impossibile, sulla seconda Roger ha fatto uno splendido serve & volley. Il quarto setpoint è stato quello buono per lo svizzero. Nel secondo set regola dei servizi rispettata fino al 4 pari. Doppio fallo sul 30-15 di Tsitsipas, poi due errori evitabili e break. Roger non trema sul 5-4 ed è fatta. 100 titoli! Pazzesco. E’ stata una bellissima partita, ben giocata da entrambi. Mentre Tsitsipas ricorda di aver visto Federer per la prima volta a 6 anni («E’ una leggenda, non mi sarei mai immaginato, un giorno, di aver l’onore di poter competere con lui») Roger sorride, è quasi commosso, dice: «Sono troppo felice… forse lui non era neppur nato quando io vinsi qui la prima volta!». Era il 2003 e in realtà Stefanos era nato, ma non aveva ancora 6 anni. Roger ha vinto Dubai battendo in finale — curiosamente — sette avversari diversi, 2003 Novak, 2004 F.Lopez, 2005 Ljubicic (suo attuale coach), 2007 Youzhny, 2012 Murray, 2014 Berdych, 2015 Djokovic. Due le finali perdute: Nadal 2008, Djokovic 2011. «Le Olimpiadi di Tokyo? Non so neppure se sono qualificato per giocarle, manca ancora troppo tempo, ora non mi pongo il problema». Ora tutti parlano del record di 109 titoli di Jimmy Connors. Potrà superarlo Federer? In realtà più del 50% dei titoli di Connors erano equivalenti a un torneo ATP 250, o anche challenger. E due per me non dovrebbero proprio aver cittadinanza: Manchester 1974 fu giocato contemporaneamente al Roland Garros (cui Connors non fu ammesso, perché aveva giocato il WTT, il Team Tennis, ed era stato squalificato) e nessun torneo “valido” può esser giocato durante gli Slam e il Bermuda ’75, che fu una vera e propria esibizione. Ma ormai i 109 titoli di Connors sono entrati nella leggenda e nessuno accenna più a toccarli. Chiaro poi che 20 Slam di Roger — un quinto dei 100 – contano più degli 8 di Jimmy. Se a Roger si aggiungono i 27 Masters 1000 e le sei Atp Masters Finals si vede che il 53% dei suoi tornei sono di primissima grandezza.


Ha battuto 4 generazioni (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

Infinito Roger Federer. Fenomeni si nasce, o si diventa sulla soglia dei 38 anni? Lo svizzero dall’incommensurabile classe, ed eleganza, si è vendicato alla grande di Stefanos Tsitsipas che lo aveva battuto all’Australian Open, ha vinto per l’ottava volta il torneo di Dubai, 16 anni dopo la prima. Ma ha soprattutto centrato il centesimo titolo, 18 anni dopo il primo conquistato nel febbraio 2001 a Milano sul francese Boutter. Allora il pubblico meneghino più snob aveva arricciato il naso: «Ma chi sono questi due sconosciuti?». Cinque mesi più tardi quel ragazzino 19enne di Basilea – non sconosciuto a chi scrive che lo aveva già visto dominare a 16 anni e 8 mesi il torneo junior di Firenze su Volandri e a 18 esordire vittoriosamente in Coppa Davis a Neuchatel a spese di Sanguinetti – avrebbe battuto a Wimbledon al quinto set un tal Pete Sampras, campione all’All England Club già 7 volte. Erano subito evidenti le stimmate del campione, ma non era possibile immaginare che avrebbe vinto 20 titoli dello Slam e 100 tornei, né che a 36 anni e mezzo sarebbe ritornato da n.17 a n.1 del tennis, il re più anziano di sempre e più a lungo di tutti (310 settimane), né che sarebbe stato ancora straordinariamente competitivo ai massimi livelli di uno sport diventato sempre più fisico a quasi 38 anni. Il croato Coric (62 62) e il greco Tsitsipas (64 64), i due ragazzi dominati fin dall’inizio di questo torneo di Dubai, cominciato a rilento (due sofferte vittorie in tre set, poi una terza poco convincente prima delle ultime due), hanno rispettivamente 22 e 20 anni. Dacché Federer giocò per la prima volta il torneo di Basilea nel 1998, 21 anni fa, misurandosi contro Andre Agassi (classe 1970), il fenomeno svizzero ha dovuto misurarsi con 4 generazioni di campioni: i nati negli anni ’70, ’80, ’90 e ora anche con i Millenials. E vuol battere il record (discutibile) dei 109 tornei vinti da Jimmy Connors (classe 1952). In quale altro sport internazionale, come il tennis, si è mai vista una cosa del genere? Roger Federer ha raggiunto quota 100, ma non è davvero pronto per la pensione. Non conosce né Salvini né Di Maio.


Cento di questi tornei, l’ultimo traguardo dell’insaziabile Roger (Gianni Clerici, La Repubblica)

Roger Federer ha vinto il centesimo torneo della sua carriera, a Dubai (6-4, 6-4 a Tsitsipas), e io mi tolgo il mio cappellino a visiera, mentre un dignitario gli fa indossare una corona, e ripete che è la sua ottava vittoria a Dubai, dove va spesso, dove si allena e dove possiede alcuni piani alti di un grattacielo. Gli ostacoli incontrati nel torneo potevano sembrare quelli di una finale giocata contro un giovanissimo che aveva osato batterlo a Melbourne, nel corso del primo Slam dell’anno, il primo grande giocatore greco di tutti i tempi, Stefanos Tsitsipas. Erano stati i primi turni a farlo temere, con qualche dubbio sulle proprie condizioni, nei match contro Verdasco e Kohlschreiber, finiti al terzo set, poi con le difficoltà contro Fucsovics, dissipandole solo in parte contro un nuovo bambino cattivo, Borna Coric. Invece, quasi il match di ieri facesse parte di un copione, ecco uno straordinario Roger, proprio contro chi aveva iniziato a far dubitare della sua tarda età nello Australian Open. Ho assistito a un match tipicamente contemporaneo, a un gioco costruito intorno a colpi vincenti, senza un solo tiro di attesa, di preparazione, come si usava. Il greco ha ottenuto soltanto due palle break in totale, sessantadue punti a quarantasei, trentaquattro a venticinque nel primo, e ventotto a ventuno nel secondo. Mentre ammiravo Roger colpire rovesci a tutto braccio, ho pensato alla prima volta che l’avevo visto vincere un torneo, a Milano, nel febbraio del 2001. Era, il diciannovenne Roger, alla terza finale della sua fresca carriera, e vinse il torneo da numero ventisette del mondo, battendo in semifinale il russo Kafelnikov e in finale il francese Boutter, quasi sconosciuto quanto lui. Possedeva già un tennis straordinario ma incompleto, quasi del tutto privo del rovescio, e di qualità tattiche che sarebbero poi state migliorate dal francese Freyss, e da Carter, coach australiano europeizzato. Usava ancora dar la colpa di un tiro insufficiente alla racchetta. Non era ancora diventato simile al leggendario Federer del quale vedo nella mia libreria ben diciassette volumi tra i quali spicca un titolo, “Federer come esperienza religiosa”, di David Foster Wallace. Un editore, forse il primo del mio Paese, propose anche a me una biografia. Mi resi conto di non aver sbagliato nel rifiutarla quando chiesi a Federer se per caso le avesse lette tutte. «Le ho sfogliate», rispose distrattamente.


Federer quota 100 (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Sospirone di sollievo. Roger Federer ha battuto 6-4 6-4 Stefanos Tsitsipas nella finale dell’Atp 500 di Dubai vendicandosi dello smacco subito proprio dal ventenne greco negli ottavi degli Australian Open, e ha finalmente raggiunto la famosa quota 100: la “centuria” di titoli vinti in carriera. Ma alla pensione non ci pensa affatto. Del resto, con i suoi 37 anni e 6 mesi di età e 21 anni di onoratissima carriera professionistica si potrebbe considerare un superbaby pensionato, anche stimando l’usura lavorativa rimediata in 152 finali. E comunque con oltre 120 milioni di dollari vinti in soli montepremi Roger non avrebbe grossi problemi neppure a mantenere una famiglia numerosa (quattro gemelli) come la sua. Il suo obiettivo ora è il record assoluto di 109 tornei vinti da Jimmy Connors che resiste dal 1987. Un obiettivo, precisa il Genio, non un’ossessione. «Se dovessi farcela sarebbe meraviglioso, ma non gioco a tennis per battere tutti i record», ha spiegato alzando la sua ottava coppa a Dubai. «Connors ha raggiunto un magnifico traguardo, io sono soprattutto felice di essere in salute e di avere il sostegno della mia famiglia». In realtà l’impresa non è impossibile. Gli ultimi due match a Dubai hanno dimostrato che sulla distanza breve dei due set su tre il Maestro è ancora lui. Sia in semifinale contro il 22enne Coric sia in finale contro Tsitsipas, a cui rende 17 anni (il più grande divario di età in una finale Atp da Connors-Rosewall nella finale di Sydney 77), ha applicato con sovrana scioltezza il suo piano di gioco, che consisteva nel tenere fuori dal match fin dall’inizio i due ragazzini, evitando scambi prolungati, servendo con precisione, aggredendo già con la risposta, cercando appena possibile il vincente o la rete. A gennaio a Melbourne contro Tsitsipas non era riuscito a trasformare nemmeno una delle 12 palle-break che si era procurato, ieri lo ha breakkato già nel primo gioco, senza cedere mail il proprio servizio. Stefanos si può consolare con il n.10 del ranking che occupa da oggi, ad appena 20 anni e sei mesi, quindi con tre mesi di anticipo rispetto al suo avversario di ieri. […] «Vincere cento tornei è surreale», ha ammesso Tsitsipas. «Io mi accontenterei di 100 vittorie, solo stare in campo con lui è un onore». Roger lo osservava paterno. «Non so neppure se Stefanos era nato quando ho vinto la prima volta qui (nel 2003, il greco aveva 4 anni, ndr). Per me è un privilegio giocare contro i campioni del domani, perché so che li vedrò in televisione. Sono sicuro che Stefanos avrà una grandissima carriera, il tennis è in buone mai, che io ci sia o no». Ma se ci sei è meglio, Roger Ancora per un po’.

Federer, la leggenda a quota 100, ma non va ancora in pensione (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Quota 100 allontana i giomi della pensione. Va così nel favoloso mondo di Roger Federer, nel quale gli anni non sempre si sommano ma talvolta tornano indietro, e tutte le considerazioni umanissime sull’età che procede inesorabile devono fare i conti con quell’idea di infinito tennistico che lui rappresenta con incantevole naturalezza. Cento vittorie. Essenza di una carriera che ancora non ha tempo per voltarsi indietro e continua a esplorare il futuro, avvolgendo nel mistero le decisioni che verranno prese, gli addii possibili ma non probabili, e lasciando in divenire numeri e record che ormai riempiono, da soli, una buona metà dell’Albo dei Primati del nostro sport. Capita a Dubai. Qui Roger ha già vinto sette volte e quest’anno gli hanno reso la vita meno facile, i campi sono diventati più lenti. Fa niente. Lui mette in piedi un torneo in crescendo, nel quale trova modo di recuperare il timing dopo trentasette giorni di fermo e poi la condizione che serve ad affrontare le sfide più calde. Respinge a fatica Kohlshreiber, poi Verdasco, soffre anche con Fucsovics, ma all’appuntamento con i più giovani sembra uno di loro: in semifinale annichilisce Coric e in finale manda fuori giri Tsitsipas che lo aveva eliminato a Melbourne. E fanno cento… L’ottavo successo a Dubai (su dieci finali) porta a 22 il conto delle vittorie nella categoria Atp500. Gli Slam, lo sapete, sono 20. I Masters 1000 ventisette, poi 25 Atp250 e i sei titoli Master, pardon, Atp Finals. Cento vittorie tonde tonde, sei più di Ivan Lendi (94), venti più di Nadal (80), ventitré più di McEnroe (77), poi Laver a 74 successi, Djokovic a 73, poi Borg e Sampras a 64. Al primo posto c’è Jimmy Connors a 109, ma la storia di Connors si fonde con gli inizi del Grand Prix, quando il calendario del tennis proponeva i tornei dei promoter americani di fianco agli appuntamenti più tradizionali, e si poteva fare man bassa di titoli senza fatica. Oggi li chiameremmo Challenger, niente di più. «Non è un record che sto rincorrendo», dice Federer. «Vincere non è mai facile, non è la normalità. Altri nove titoli, in questo tennis, possono significare molte altre stagioni di tentativi. Preferisco che le cose prendano la strada che il mio gioco, la mia forma, e la bravura di avversari sempre più giovani e forti, gli consentiranno». Va bene cosi, non c’è niente da rincorrere, è il messaggio. E dal suo punto di vista va capito. Roger vuole affrontare quest’ultimo tratto di strada libero da pressioni, da obiettivi gravosi, vuole sentirsi libero di vincere e di perdere, e di cogliere qui e là tutto il divertimento che il tennis può ancora concedergli. […]


Un fenomeno di grazia nato per il tennis (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Basta il nome Roger in ogni angolo della terra per capire di chi stiamo parlando. Aggiungere il cognome è quasi un diminutivo per il tennista più amato al mondo. Nel corso degli anni è passato da eroe a mito ed è entrato nella leggenda. In qualche modo posso dire di averlo tenuto a battesimo: nel 1999, in Coppa Davis a Neuchâtel, me lo ritrovai di fronte da capitano dell’Italia: batté Sanguinetti e diede un colpo alle nostre ambizioni. Lui è di tutti, ha allargato i confini del tennis, ha abolito le frontiere ed è stato adottato in qualsiasi località del pianeta. E’ vero che ha conquistato 20 prove dello Slam, che ha alzato 100 trofei, ma possiede 1000 passaporti che lo hanno eletto cittadino del mondo e campione universale. Roger è passato attraverso diverse generazioni di giocatori, ha incrociato la racchetta con Sampras, Agassi, Hewitt, Nalbandian, Roddick, Murray, Nadal e Djokovic. Ha pianto di gioia per una vittoria, ma abbiamo visto, sul suo volto anche le lacrime amare dopo la sconfitta. Al suo fianco ha sempre avuto l’ex tennista Vavrinec, per tutti Mirka. Una donna forte che ha preso per mano durante l’Olimpiade di Sydney colui che era solo una geniale promessa, e passo dopo passo lo ha scortato in cima al mondo. Non ha bisogno di scovare le imperfezioni degli avversari, Roger con il suo tennis è in grado di estremizzare le loro insicurezze. A volte sembra prevalere senza volerlo, come se la superiorità tecnica fosse ineluttabile. Facile parlare di talento nel suo caso: sembra nato per giocare a tennis, per la grazia che esprime nella ricerca della palla e per il perfetto timing nel colpirla. Fenomenale nel non permettere all’usura, ai successi, ai lauti guadagni di segnarlo e spingerlo verso una dorata pensione. Per nostra fortuna è ancora in pista, sempre intento a deliziarci con il suo gioco planetario, con la manovra a tutto campo impreziosita dal tocco vintage e dalla potenza cristallina. A questo punto dobbiamo solo stabilire se il tennis è questo, e allora noi giochiamo un’altra cosa, o se il tennis è quello che giochiamo noi. E allora Roger…a cosa sta giocando?

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