Wonder Serena. Compie vent'anni il simbolo Williams (Crivelli). Halep: senza Serena è più divertente (Semeraro). Torino vede le ATP Finals: "Oggi il decreto del governo" (Rossi)

Rassegna stampa

Wonder Serena. Compie vent’anni il simbolo Williams (Crivelli). Halep: senza Serena è più divertente (Semeraro). Torino vede le ATP Finals: “Oggi il decreto del governo” (Rossi)

La rassegna stampa di giovedì 7 marzo 2019

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Wonder Serena. Compie vent’anni il simbolo Williams (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

Il sorriso candido, i dreadlocks adornati da vezzose perline multicolori, i lineamenti da ragazzetta felice. Non era ancora maggiorenne, Serena Williams, eppure la magia di un pomeriggio di vent’anni fa (era il 13 marzo 1999) a Indian Wells rappresenterà il filo d’oro che terrà insieme tutta la carriera di quella fanciulla diventata giorno dopo giorno un’icona della cultura popolare, portandola fino al palcoscenico degli Oscar a annunciare una delle candidature a miglior film (è storia di dieci giorni fa). Aveva appena vinto il primo torneo, a Parigi, battendo la Mauresmo, ma il successo in California, a pochi passi dal ghetto di Compton dove era cresciuta, segnava per lei l’inizio di una nuova vita in un’ideale staffetta di tempo e spazio: si chiudeva il secolo della Graf, allora quasi trentenne e allo spirare di un percorso leggendario, e si apriva quello di Serena. Scorrendo le parole di allora, l’ineluttabilità profetica di quella partita emerge dirompente. Disse Steffi: «Lei ha le potenzialità per diventare una grandissima giocatrice, deve solo selezionare quale colpo le può dare, a ogni scambio, la soluzione migliore». Così la Williams: «Superare una campionessa così grande indica la strada che devo seguire, adesso sono consapevole di poter vincere anche gli Slam». Quell’anno, la tedesca conquisterà il suo ultimo Major, il ventiduesimo, a Parigi, mentre l’americana inaugurerà il suo palmarès tre mesi più tardi agli Us Open. Da lì, sarà un inseguimento palpitante e indiretto, culminato negli Australian Open del 2017, quando Serena supererà finalmente la Graf con la 23a perla, lanciandosi in solitaria all’inseguimento di Margaret Court a quota 24. Condividono altro, tuttavia: il record delle settimane consecutive al numero uno (186), ma anche la figura ingombrante di un padre che le ha volute tenniste a tutti i costi e il ruolo, difficile da dirimere, di migliori tenniste della storia. In vent’anni, però, la Williams non solo ha cambiato tecnicamente e atleticamente il suo sport, trasformando per esempio il servizio in un colpo vincente e non più solo di inizio gioco, ma è andata ben oltre la grandezza agonistica, incarnando un potente simbolo contro ogni pregiudizio, un personaggio capace di determinare le scelte di milioni di donne in America e nel mondo. Sabato, nella partita di calcio femminile tra Stati Uniti e Inghilterra, le ragazze del team Usa hanno indossato magliette col nome di personalità femminili che le hanno ispirate, e il difensore Crystal Dunn ha scelto proprio Serena, finita, tra le altre, con Madre Teresa di Calcutta e la scrittrice J.K. Rowling. Perché c’è voluto cuore, coraggio e un indomabile spirito guerriero per uscire campionessa dai campi pubblici della più sordida periferia di Los Angeles, dove accanto alle palline tirate alla sorella sibilavano i proiettili delle gang, dando così speranza a almeno un paio di generazioni di ragazzine di colore col sogno di imbracciare una racchetta. Anche a costo di metterci pesantemente la faccia, come quando decise di boicottare per 14 anni (dal 2001 al 2015) proprio il torneo di Indian Wells, dove il pubblico aveva riservato a lei e a Venus epiteti razzisti […]

Halep: senza Serena è più divertente (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Simona Halep è una delle quattro giocatrici che a Indian Wells possono strappare il n.1 del ranking mondiale a Naomi Osaka, insieme con Petra Kvitova, Sloane Stephens e Karolina Pliskova. A Doha, dove le abbiamo parlato, è tornata numero 2 del mondo, riuscendo finalmente a superare in semifinale il tabù-Svitolina, la campionessa ucraina che l’ha superata nelle ultime due finali al Foro Italico. Simona, l’obiettivo del 2019 è riprendersi il trono? Magari già in California. «Siamo appena all’inizio della stagione, quindi il n.2 va benissimo, ora posso sognare di tornare 1. Un altro obiettivo importante per me è vincere la Fed Cup con la Romania. Battere la Repubblica Ceca a Praga è stato straordinario, ora già pensiamo a vincere la semifinale con la Francia. Vogliamo alzare la coppa». Lei viene dalla Romania, Novak Djokovic dalla Serbia, il prodigio 20enne Stefanos Tsitsipas dalla Grecia: nei Balcani c’è forse il segreto per diventare fuoriclasse nel tennis moderno? «Non credo sia un segreto: ci alleniamo duramente e crediamo molto in noi stessi, nella nostra capacità di diventare campioni». Lei si è rivelata fin da giovanissima, nel 2008 ha vinto il Roland Garros U.18 e Il Trofeo Bonfiglio. Che ricordi ha di quel torneo a Milano? «Sicuramente la finale con la Jovanovski. Mi piaceva il campo centrale: piccolo ma molto bello. Anche la terra battuta, perché in genere la terra battuta italiana è molto buona. Ovviamente, poi, adoro il cibo italiano» […] Tiriac è stato il suo grande mentore: vi sentite spesso? «Praticamente ogni giorno. Parliamo di tutto, è una sorta di mental coach per me. lo gli racconto quello che mi succede e ascolto sempre i suoi consigli, che sono molto importanti». Fu Cino Marchese, lo storico manager italiano, a segnalarla a Virginia Ruzici, l’ex tennista che è poi diventata la sua agente. È stato importante per lei? «Sì, Cino è molto amico di Virginia, lui e sua moglie mi hanno sempre sostenuto molto. Lo ringrazio anche perché mi ha sempre ripetuto che avevo le qualità per vincere dei tornei dello Slam, e tutto per essere una grande giocatrice. Adesso che sono stata numero 1 del mondo e uno Slam l’ho vinto, gli credo anche di più…». Nel tennis femminile non c’è più una campionessa dominante. Naomi Osaka è stata la prima a vincere due Slam di fila dopo otto vincitrici diverse negli ultimi due anni. Per il pubblico è meglio così o quando le gerarchie sono più stabili? «Credo sia più interessante così. Adesso alla vigilia di un torneo non sai mai chi può vincere, quando Serena era la n.1 indiscussa non c’era quasi alternativa. Il fatto che fra le Top 10 il livello sia quasi identico rende tutto più eccitante». È un momento di grandi rivoluzioni e di grandi polemiche nel tennis. Lei, se potesse, cosa cambierebbe? «Vorrei più tornei sulla terra rossa. E poter viaggiare di meno. Se dipendesse da me giocherei tutti i tornei nello stesso posto! Invece non toccherei nessuna regola: il tennis è fatto così, ha una sua storia e bisogna salvaguardarla. Se devo proprio dirlo, non mi pace nemmeno come hanno cambiato la Coppa Davis. Spero che la Fed Cup, che è uno dei miei obiettivi di quest’anno, resti come è. Almeno fino a quando mi ritirerò». Una tradizionalista… «Sì: nel tennis e anche nella vita. Ma sono anche brava ad adattarmi, quando serve» […]

Torino vede le ATP Finals: “Oggi il decreto del governo” (Andrea Rossi, Stampa Torino)

La situazione potrebbe sbloccarsi oggi, con il ritorno del sottosegretario Giancarlo Giorgetti dagli Stati Uniti. E l’esito potrebbe prepotentemente rimettere in gioco Torino nella corsa alle Atp Finals di tennis, fornendo alla città le garanzie economiche che il governo si era impegnato ad assicurare. La strada maestra, spiegano fonti di Palazzo Chigi, è un decreto della presidenza del Consiglio, atto che sbloccherebbe le coperture economiche richieste dagli organizzatori, circa 80 milioni […] Il decreto di Palazzo Chigi è l’unica soluzione perché Torino arrivi al momento della decisione finale – venerdì prossimo – alla pari con le rivali: Manchester, Londra, Singapore, Tokyo. In questo momento, dal punto di vista delle procedure sono tutte più avanti di Torino, il cui progetto è stato approvato ma non può contare sulle coperture economiche. Appendino resta molto cauta: «Noi stiamo continuando a fare la nostra parte, siamo in attesa di una risposta del governo». Ma rispetto ai giorni scorsi il clima è più sereno, nonostante Lega e Movimento 5 Stelle continuino a farsi i dispetti. Ieri, per dire, il capogruppo della Lega Riccardo Molinari e la deputata, sempre del Carroccio, Elena Maccanti hanno incardinato alla Camera la proposta di legge annunciata qualche settimana fa, ottenendo il via libera della commissione Cultura che, all’unanimità, ha chiesto al presidente di Montecitorio Roberto Fico un iter preferenziale. Il testo autorizza una spesa complessiva, per gli anni 2021-2025, di 78 milioni: 18 milioni per il 2021 e 15 per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025. L’iniziativa della Lega è stata appoggiata sostanzialmente da tutti i partiti: è firmata anche da esponenti del Movimento 5 Stelle, di Forza Italia e di Fratelli d’Italia e in commissione ha avuto il sostegno anche dei deputati del Pd e di Leu. Eppure il presidente della commissione, il grillino Luigi Gallo, si è subito affrettato a smentire: «Per quanto veloci, i tempi di approvazione alla Camera e poi al Senato non ci consentirebbero di presentare per tempo la candidatura». Non ha torto: anche con una corsia preferenziale Torino arriverebbe al 15 marzo nel migliore dei casi con la legge approvata alla Camera e ancora da discutere in Senato. L’iniziativa della Lega ha però un indubbio valore: mostra che sulla candidatura esiste un ampio fronte parlamentare come da giorni va chiedendo Giorgetti, poco propenso ad assumersi la responsabilità di un atto che dirotta sul tennis 80 milioni senza una robusta copertura parlamentare. A questo punto, con la legge incardinata alla Camera, il governo potrebbe rompere gli indugi con maggior leggerezza, firmare il decreto che garantisce i fondi a Torino e acquisire con meno patemi anche l’appoggio del Parlamento […]

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