Fabio da top ten: farà meglio di me (Bertolucci). Da "bad boy" a re Fognini (Semeraro). Fognini: "Ho vinto ma non cambio" (Piccardi). Lo dicevo da giorni, non poteva perdere (Clerici). Fognini: "Avevo toccato il fondo. Adesso apro il cassetto e voglio trovarci Parigi" (Crivelli)

Rassegna stampa

Fabio da top ten: farà meglio di me (Bertolucci). Da “bad boy” a re Fognini (Semeraro). Fognini: “Ho vinto ma non cambio” (Piccardi). Lo dicevo da giorni, non poteva perdere (Clerici). Fognini: “Avevo toccato il fondo. Adesso apro il cassetto e voglio trovarci Parigi” (Crivelli)

La rassegna stampa di martedì 23 aprile 2019

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Fabio da top ten: farà meglio di me (Paolo Bertolucci, Gazzetta dello Sport)

Mi ha reso molto orgoglioso che Fabio Fognini abbia voluto ricordare, in merito alla sua nuova classifica, che pure io ero stato numero 12 del mondo. Questa è anche la dimostrazione che i giocatori, malgrado lo neghino, buttano sempre un occhio al ranking, perché quei numeri indicano la tua bravura sul mediolungo periodo. Siccome ho smesso con il tennis da un po’, ahimè, e dunque non potrò migliorare la mia performance, è molto probabile che il ligure possa battere il mio record e appropriarsi finalmente di quella top ten che sarebbe il giusto premio al suo talento. Anzi, glielo auguro, e la splendida vittoria di Montecarlo è il segnale che Fabio potrebbe aver intrapreso una nuova fase della carriera. Il tennis, fin da quando si è affacciato con grandi aspettative sul circuito, non gli è mai mancato, ma spesso, sulla strada di vittorie importanti, gli sono stati fatali cali di tensione contro avversari più deboli. Nel Principato non gli è successo: dopo aver sconfitto Nadal con una partita magistrale, in finale il giorno dopo ha fatto valere il pronostico, mettendo in campo ciò che era necessario per vincere, senza fronzoli […] Certo, essendo Fabio uno straordinario giocatore d’istinto è sempre difficile chiedergli continuità, proprio perché la sua indole in tante occasioni è quella di cercare la soluzione più raffinata a discapito, a volte, di quella più funzionale, ma a Montecarlo ha mostrato un maggior ordine in campo, una maggior concretezza nel gioco, ripulito di alcuni svolazzi che finivano per complicargli la vita […] In realtà, sono convinto che tutti i giocatori diano sempre un’occhiata al tabellone per capire da che parte sia Fabio, un avversario che vorresti comunque evitare sia per la sua forza intrinseca sia per la sua imprevedibilità, e questa sensazione si consoliderà indubbiamente dopo Montecarlo. Una vittoria del genere fa infatti maturare un rispetto diverso nei tuoi confronti da parte di tutto il circuito. Ora starà a Fabio rinfocolare le paure di chi se lo troverà davanti: e quello dell’ultima settimana non deve porsi limiti.

Da “bad boy” a re Fognini (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Da Mister Fogna a re Fabio: tutto in una settimana. Almeno in apparenza, perché poi le cose succedono prima dentro che fuori. Ti maturano addosso per settimane, per mesi, e poi esplodono quando meno te lo aspetti. Fabio Fognini domenica ha messo l’ultimo sigillo, si è preso – da favorito – la finale di Montecarlo contro Dusan Lajovic dopo aver mandato a casa il n.3 del mondo, Sascha Zverev, negli ottavi, il numero 13 Borna Coric nei quarti e soprattutto Rafa Nadal in semifinale. «Nessuno se lo aspettava. Onestamente nemmeno io», ha ammesso con il sorriso da ragazzo allegro, molto lontano dall’immagine da divo bello e sciagurato che si è costruito (e che gli abbiamo un po’ costruito addosso) nel corso degli anni. Perché il Fogna di fesserie in campo ne ha fatte, anche tante, e per qualcuna si è meritato anche punizioni severe e giuste, come l’esclusione dagli US Open di due anni fa. Ma negli spogliatoi è fra i più amati del circuito – per primo dal suo grande amico Novak Djokovic, con cui ha anche giocato insieme. Sorriso perenne e battuta pronta Qualcosa vorrà dire. Per anni ha alternato le sue due personalità: Mister Fogna e Dottor Fabio. Adesso, da marito, padre e numero 12 del mondo – eguagliato Bertolucci, davanti gli rimangono solo i record di Panatta (4) e Barazzutti (7) – il fenomeno sembra stabilizzato. «Sono nato a Sanremo, ho vinto il torneo che sognavo fin da bambino, quindi sono felicissimo, posso davvero dire che la vita mi ha dato tutto», ha ammesso dopo la finale. «Certo, un secondo titolo non mi dispiacerebbe… Ma ora l’importante è rimanere con i piedi per terra». Da oggi, anzi da Pasqua, tutti da lui si aspettano altre vittorie in serie. «È la mentalità italiana, purtroppo. Ma per me non cambia molto. Dopo un successo del genere gli obiettivi sono diversi, in realtà l’approccio rimane identico. Sulla terra battuta il favorito resta Nadal. So che ha detto che a Montecarlo ha giocato male, ma io devo aver giocato bene, altrimenti mi avrebbe battuto, no? La Top 10? Non fatemi sempre la stessa domanda… Il Roland Garros? Non ci sto pensando. A Parigi serve un buon tabellone, un po’ di fortuna, e io devo stare bene in salute. Troppe cose devono succedere in due settimane». Intanto c’è Barcellona, dove è arrivato con un dolore al bicipite femorale: dovrà sottoporsi ad una risonanza magnetica, deciderà poi cosa fare. Quindi Madrid, Roma, Parigi. «Non mi sento passato dalle stalle alle stelle, ma certo a Montecarlo sono uscito da un paio di mesi davvero bui. Come è successo? Ho avuto fortuna contro Rublev al primo turno, ho giocato due belle partite, ho finito per vincere il torneo. È inspiegabile, se volete. Ma lo sport è anche così». Bisogna accettarlo, come pure il fatto che su di lui le opinioni resteranno contrastanti. Chi lo ama per le sue giocate, per la genuinità che trasmette; e chi non lo sopporta, considerandolo arrogante e maleducato. Un pessimo esempio. «Se riuscirò a entrare definitivamente nel cuore degli italiani con questa vittoria? Lo spero, ma so che sono divisi. La mia forza è che sono sempre me stesso, fuori e dentro il campo. A Montecarlo mi sono chiuso a riccio, evitando di fare cavolate, con Nadal non puoi permettertelo. In finale ero favorito, in un Masters 1000 non mi era mai capitato. Sono stato bravo a mettermi il paraocchi e a cogliere le occasioni» […]

Fognini: “Ho vinto ma non cambio” (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

«Le sto parlando con la coppa accanto. Domenica notte ci ho dormito insieme: io, Flavia, Federico e il trofeo, tutti nel lettone! Ha i nastrini rossi e bianchi della bandiera di Montecarlo. Sa che è ancora più bella di quando il principe Alberto me l’ha data…?». Accarezzato quasi fuori tempo massimo dagli dei del tennis, reduce dalla «settimana più bella della mia vita», il tennista randagio fa finalmente le fusa […] Ma nella vita, a un certo punto, si cresce. «Meglio tardi che mai» ride lui con la barbetta ancora elettrica dell’energia del torneo che gli cambia la carriera. «Ma io proprio no, non cambio». […] Proviamo a riavvolgere il nastro. Lunedì scorso: sotto 4-6,1-4 con il russo Rublev al primo turno. Un piede fuori dal torneo. «Sono sincero: sono stato fortunato. Sia con Rublev che con Simon al secondo turno, che si è ritirato. Poi, di partita in partita, mi sono sentito sempre meglio. Soprattutto ho ritrovato il gusto della lotta, e non mi succedeva da un po’. Ho battuto il n. 3 del mondo Zverev, ho rimontato Coric, ho vinto con il n. 1 sulla terra, Nadal. E ho trovato in finale Lajovic, n. 48 del ranking: quando mi ricapita?». Ritrovare il gusto della lotta è importante. «Decisivo. È quello che ti tiene lì, in campo, quando le cose vanno male. Ho cominciato bene la stagione in Australia, ma gli ultimi due mesi sono stati pessimi. Mi allenavo bene, poi in partita non ero io. Non mi riconoscevo nella lotta, ero negativo, mi sopportavo poco. Per risalire ho dovuto toccare il fondo». Quando è successo? «A Marrakech, ai primi di aprile. Sono arrivato da testa di serie n. 2, dopo un match ero già fuori. Ho spaccato qualche racchetta, poi mi sono riunito con Flavia (Pennetta, regina dell’Us Open 2015, la moglie mir) e Corrado (Barazzutti, finalista a Montecarlo con Borg nel ’77, coach in coabitazione con Franco Davin ndr). Ho le occasioni ma non le sfrutto: che succede?». Che succedeva? «Che avevo perso la voglia, non avevo più pazienza: ogni tanto se ne vanno, succede. A Montecarlo mi è tornato tutto indietro, con gli interessi» […] Senza famiglia, la sua famiglia (Flavia e il piccolo Federico), tanta bellezza sarebbe stata possibile? «Flavia non mi ha mai lasciato. Mi ha supportato e sopportato. Bisogna sapermi stare accanto, non è facile gestirmi. Flavia è tutto: moglie, mamma, assistant coach. Si è presa anche qualche parolaccia…». Basta Fabio con queste parolacce: prometta che con il nirvana di Montecarlo ha raggiunto la pace dei sensi. «Eh… Quando ci vogliono, ci vogliono. Se sono positive e costruttive, è meglio dirle che tenersele in gola». Mah. «È che sono così: fuori dal campo miglioro, dentro mi trasformo. E come se avessi un doppio lavoro!». Che fine fanno, da re di Montecarlo, le sfuriate, le sceneggiate, quell’orribile squalifica all’Open Usa 2017 per insulti sessisti alla giudice di sedia? Era tutto necessario per arrivare fin qui? «Sono andato per la mia strada, nel bene e nel male. Quando ho sbagliato, e ho sbagliato, ne ho pagato le conseguenze. Ma sono sempre rimasto me stesso: ho lavorato, ho guardato avanti. Gli errori si commettono e ho dovuto imparare ad accettarli. Poi si cambia, si cresce. Nella settimana di Montecarlo penso di averlo dimostrato». Crede nel caso o nel destino? «Credo che questa vittoria si arrivata proprio a me per un motivo speciale». Quale? «Boh. Glielo saprò dire, ancora mi sfugge…». Cosa le ha detto il totem Nicola Pietrangeli (re di Montecarlo ’61, ’67, ’68, l’ultima volta 51 anni fa) sul podio? «Che ha fatto fatica a salire sul palchetto perché gli faceva male una gamba». Tutto qui? Qualcosa di un po’ più lirico, magari? «Ah sì, mi ha detto che era contento per me, perché Montecarlo è il torneo des italiens, roba nostra». Numero 12 del mondo da ieri, best ranking. Numero uno d’Italia ristabilendo le gerarchie con Marco Cecchinato. Come cambiano gli obiettivi dopo essersi annesso il primo Master 1000 della carriera, Fabio? «Non cambia niente, chi mi conosce lo sa. Non cambierò io e non cambieranno gli obiettivi. Proverò a giocare a Barcellona anche se mi fa male la caviglia, il gomito non è a posto e durante la finale con Lajovic mi è venuto un dolore a una gamba. A Roma e a Parigi andrò, come sempre, per dare il meglio. Poi bisogna mettere in conto di poter perdere: nel tennis succede più spesso che vincere. E lo stesso vale per Djokovic, Federer, Nadal, i grandissimi. Oggi giocano tutti bene: tutti i turni, anche il primo, sono difficili. Io sono contento anche quando vinco i tornei più piccoli di Montecarlo, perché so che fatica c’è dietro». È corretto dire che la gioia più grande è stata trionfare davanti a suo figlio Federico, che ha quasi 2 anni e comincia a capire che papà stavolta l’ha combinata grossa? «Domenica mattina, uscendo per andare al circolo, gli ho dato un bacino e gli ho promesso: Fede, stasera papi torna con la coppa. Questa volta ho mantenuto».

Lo dicevo da giorni, non poteva perdere (Gianni Clerici, Repubblica)

Già mi stavo congratulando, con Fognini e il mio egocentrismo, per i due risultati positivi. Infatti stavamo entrambi vincendo: Fabio il suo primo torneo 1000, io la mia puntata su di lui, per interposta persona, perché le regole Itwa (International Tennis Writers Association) non permettono, chissà perché, le scommesse ai soci. Era da sabato che ripetevo agli amici che Fognini non poteva perdere. Per varie ragioni che andavano dal suo stato di forma (aveva battuto via via Rublev, Zverev, Coric e Nadal) a quello del suo avversario. Mai in una finale di un 1000, mai un simile risultato era toccato a Fabio. Niente e nessuno avrebbe potuto battere Fognini, se non un incidente. E infatti, mentre il match era in pratica già finito, ecco d’un tratto Fabio nelle condizioni di un grande ciclista che fora una gomma su un rettilineo d’arrivo quando è già in vantaggio di 50 metri. Fognini era in testa di un set e di un break nel secondo, quando l’obiettivo di Sky ingigantiva la sua smorfia per un dolore alla coscia, dopo la vistosa fasciatura al braccio nel turno precedente quando era riuscito a battere addirittura Rafa Nadal, che a Montecarlo è imbattibile, o quasi. Quel Lajovic non era mai stato tanto avanti in un Torneo Mille, era un professionista con un ottimo rovescio, un dirittaccio malarrotato, un gioco da fondo regolare e una mediocrità a rete. Era giunto alla finale non certo battendo Nadal, match inimmaginabile, ma Medvedev. Ora però ritrovavo Fognini nelle sue mani, per interposto medico e fisioterapista, quest’ultimo intento a bendare Fabio come una mummia. Dopo un game praticamente non disputato da Fognini, eccetto due regali del serbo, i dubbi sul nostro eroe ritornavano, insieme al dolore e agli appoggi, e al 4-5 di Lajovic. Nel game in cui si sarebbe dovuto limitare a non sbagliare, quel mediocre serbo subiva un ace, un drop, e terminava di offrire una vittoria divenuta dubbia con un servizio colpito male. Fognini riusciva così a vincere, infortunato, un torneo in cui aveva battuti gli ottimi tennisti sovramenzionati, e infine il più debole dei suoi avversari, Dusan Lajovic. E affermava che, dopo il connazionale Pietrangeli, tre volte vittorioso a Montecarlo nel ’61,’67 e ’68, quel che contava non era certo la vittoria sul povero Lajovic, ma la Coppa del Principe. Era dal 2007, quando a Montreal l’avevo visto battere Andy Murray, che non gli era accaduto di meglio. Ero felice per lui, e per Flavia Pennetta, giunta, dice un mio amico psichiatra e pessimista, con qualche ritardo.

Fognini: “Avevo toccato il fondo. Adesso apro il cassetto e voglio trovarci Parigi” (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

Una settimana da dio. Per sé e per la storia. Un Masters 1000 che per la prima volta parla italiano. Grazie, Fognini: sono state emozioni senza prezzo. E dopo avergli spezzato il sogno del 12° trionfo nel Principato battendolo in semifinale, ha perfino sottratto a Nadal un altro record: adesso è lui il vincitore più anziano del torneo di Montecarlo nell’Era Open, a 31 anni e 10 mesi. In fondo, aveva ragione Corrado Barazzutti, che del numero uno azzurro è sempre stato il primo difensore e adesso lo segue pure all’angolo come allenatore insieme a Franco Davin: in un tennis ormai senza età, sarebbe venuto il momento in cui Fabio si sarebbe preso le soddisfazioni congrue al suo talento. E la sensazione è che, trovato l’equilibrio tra cuore e cervello, la festa sia appena cominciata. Fabio, possiamo dire che per lei si apre una nuova era? «Sono soltanto felice di aver vinto un torneo così importante. Poi, quando vinci, il ranking viene di conseguenza, ma la prima sensazione è che sei riuscito a coronare il sogno che inseguivi da bambino» […]. E perché a 31 anni e non a 25? «Sinceramente non lo so. È difficile da spiegare. Il tennis è uno sport benedetto e maledetto allo stesso tempo, ho attraversato tanti periodi buoni e altri negativi, magari ti senti al top e non vinci e invece ottieni risultati quando ti sembra di non stare troppo bene». Sia sincero: alla top ten ci pensa? «Ogni volta che vinco o attraverso un buon periodo, me lo chiedete. In Italia è così, in una settimana sono passato dalle stalle alle stelle, ma accetto tutto. Ci sono andato vicino l’anno scorso, potevo riuscirci agli Us Open e giocai un torneo pessimo. Ho avuto la seconda occasione in Cina, ho perso la finale di Chengdu dopo tre match point a favore, poi la settimana successiva stavo giocando benissimo e mi sono infortunato prima della semifinale di Pechino contro Del Potro. Se, se… Per questo sono felice di aver alzato il trofeo e mi godo il momento. Anche perché ho potuto regalarlo a mamma che compiva gli anni». Non ha risposto alla domanda… «Mille punti tutti assieme non li ho mai presi in vita mia, ma ora è importante continuare, anche perché questa parte di stagione sulla terra è favorevole alle mie caratteristiche. Vincere un Masters 1000 è una cosa su cui posso mettere un asterisco, e mi piacerebbe metterne un altro sulla miglior posizione in classifica alla fine della carriera. Intanto pensiamo a un appuntamento per volta» […] Forse era un segno. E poi ha sfatato pure la maledizione di Nadal: nelle tre precedenti occasioni, dopo averlo battuto aveva sempre perso la partita successiva. «Quella con Rafa è stata senza dubbio la miglior partita del mio torneo, perché ho sempre tenuto un livello molto alto, sino alla fine. Sicuramente all’inizio della settimana sono stato fortunato, ma a partire dal match con Zverev sono cresciuto e contro Coric sono riuscito a venire a capo di una situazione complicata per il freddo e l’umidità». La finale di domenica è stata, fin qui, la partita più importante della carriera sia per lei sia per Lajovic. Infatti i gratuiti hanno superato di gran lunga gli errori. È stata una vittoria dell’esperienza? «Può darsi. Era difficile giocare un tennis normale, per la tensione e per il vento. Credo che la chiave sia stata la mia capacità di giocare bene i punti decisivi. Non lo nego, è stata una brutta partita. Ma l’unica cosa che contava era portare a casa il risultato» […] A proposito di età: a 31 anni dove può ancora migliorare tecnicamente Fognini? «Io penso che non sia mai stato un problema di tennis, pur se i dettagli contano e si può sempre migliorare. Direi che l’obiettivo è di continuare a giocare a questo livello anche nei prossimi tornei». Anche perché chi vince a Montecarlo non potrà nascondersi quando comincerà il Roland Garros… «Parigi è così lontana… Certamente non è un segreto che sia un sogno nel cassetto, lo apro ogni volta e poi mi tocca richiuderlo. Diciamo che questa volta mi piacerebbe aprirlo e scoprire che cosa c’è dentro fino alla fine. Ma uno Slam è diverso, devi tenere la condizione due settimane e devi essere fortunato con i sorteggi. Per il momento il Roland Garros non è un mio problema. E penso che tutti i tornei sulla terra europea abbiano un solo favorito, cioè Nadal». Ci spiega come nasce il «Fogna 2 aahahahaha» scritto sulla telecamera dopo ogni match? «È nato per gioco con Berrettini durante gli allenamenti (insieme hanno giocato il doppio, uscendo al primo turno, ndr), mi ha stuzzicato e allora gli ho detto che se avessi vinto la prima partita e mi avessero chiesto di scrivere sulla telecamera, avrei messo quella frase. Poi ha portato fortuna, direi…». Fognini sembra un uomo felice. E questo il segreto delle vittorie? «Sì. Ho avuto tutto dalla vita, è vero. Mi sento felice perché quando vinci un torneo così importante significa che stai facendo bene il tuo lavoro. E poi ho la salute, sono un marito felice, sono un padre felice, ho una moglie splendida e una meravigliosa famiglia. Cosa posso volere di più? Forse un secondo Masters 1000, adesso che ho cominciato… Ma c’è tempo. E anche altri progetti» […]

Dopo Montecarlo Fognini ora vuole Top 10 e Masters (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Le note dell’inno di Mameli che risuonano fra i campi del Country Club hanno emozionato. Sono le prime che sentiamo in un Masters 1000. Ce le terremo strette, insieme con le immagini di Fabio Fognini che aggancia Rublev, schianta Zverev, rimonta Coric e disinnesca Nadal, prima di sistemare da favorito la pratica Lajovic. L’abbraccio di Nicola Pietrangeli al vincitore, ha ricordato come il torneo monegasco – così italiano per presenze e partecipazione – non finiva a un azzurro dalla pietrangiolesca vittoria del ’68, la terza della serie per Nick, cinquantuno anni fa. Ora l’importante, per Fabio (pardon Fab Io) è che il seguito sia all’altezza, come dargli forma lo decideranno il Fogna Due, o Tre o Quattro. C’è un possibile assalto alla Top Ten, prima di tutto. Potrebbe avvenire già nei prossimi giorni, se (infortunio alla coscia permettendo) Fognini deciderà di giocare “il torneo di casa” a Barcellona, dove vive. La visuale dal numero 12, la poltrona Atp sulla quale finalmente ha trovato posto (l’inseguimento è durato cinque stagioni), è alquanto invitante, e non è difficile accorgersi che il numero 10, il pivot americano John Isner, dista ormai meno di 300 punti, 245 perla precisione. Servirebbe una finale a Barcellona, per farcela… L’anno scorso, fra Montecarlo (2° turno) e Roma (quarti), Fabio inserì Monaco e Madrid, finendo sconfitto due volte al primo turno. Spazio di manovra ce n’è. Ma le condizioni fisiche sono quelle che sono, e anche nella finale contro Lajovic, a Montecarlo, Fabio ha avuto bisogno del fisioterapista. C’è poi da scalare la montagna degli Slam, che lo ha sempre respinto. Il quarto di finale al Roland Garros del 2011 continua a essere il miglior risultato ottenuto da Fabio (ottavi in Australia e New York, terzo turno a Wimbledon), ma l’esempio di Cecchinato dell’anno scorso, salito dal nulla alle semifinali, ha dato una scossa all’orgoglio di Fognini, che non ha intenzione di mettere in dubbio il suo ruolo di primo fra gli italiani. Infine, la meta delle finali Atp a Londra (in attesa che passino a Torino). Da ieri, Fognini è al numero 7 della Race, in piena zona Masters di fine anno. Una battaglia lunga, che vale la pena di combattere […] Allo stesso modo, un’opportunità viene anche dalla stagione di buona grazia che sta vivendo il tennis italiano maschile, con due tornei già vinti (Cecchinato a Buenos Aires, prima di Fogna Due), sei giocatori fra i primi 100 e altri 13 entro il numero 200 […]

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