Vi spiego il segreto di Rafa, per me vincerà anche stavolta (Clerici). Anisimova stende la Halep. Lo Slam scopre gli anni 2000 (Crivelli). Amanda, la futura Graf (Azzolini). Nole da numero 1, Zverev resta a terra (Grilli)

Rassegna stampa

Vi spiego il segreto di Rafa, per me vincerà anche stavolta (Clerici). Anisimova stende la Halep. Lo Slam scopre gli anni 2000 (Crivelli). Amanda, la futura Graf (Azzolini). Nole da numero 1, Zverev resta a terra (Grilli)

La rassegna stampa di venerdì 7 giugno 2019

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Vi spiego il segreto di Rafa, per me vincerà anche stavolta (Gianni Clerici, La Repubblica)

Più di un aficionado mi chiede per chi scommetterei se volessi arrischiare qualche euro sul match tra Rafa Nadal e Roger Federer, che inizierà, oggi, a mezzogiorno e cinquanta, sul Centrale del Roland Garros pioggia permettendo. Risponderei che non ho fatto il bookmaker per non privare i miei due figli di una pur modesta eredità e passerei subito a domandarmi come mai lo spagnolo ha battuto lo svizzero 13 volte a 2 sulla terra rossa, venendone invece sconfitto 13 volte a 10 su terreni più veloci. Risponderei con le parole di Rod Laver, quando mi disse: «Noi mancini siamo favoriti nei confronti dei destri per via del nostro handicap». «Handicap?» domandai più che sorpreso. E lui: «Un mancino parte 15 a zero in ogni game contro un destro». «E perché?». «Perché pare che ci siano al mondo dieci volte in più destri che mancini, e quindi non bastano gli allenamenti contro mancini, per abituarsi alle loro rotazioni». Questo per quanto riguarda Laver, che aggiunse: «But don’t write it». Tanto tempo è passato, e aggiungo un’altra buona ragione. La rotazione della palla. Su un taglio, o un lift, la rotazione diviene opposta se è colpita da un mancino o da un destro. Nadal ha addirittura accentuato un invenzione dello zio Toni che aveva fatto di lui, nato destro, un tennista mancino. Il diritto dal centro-destra, invia la palla liftata sul diritto avversario. Con il rovescio la cosa non è altrettanto evidente, ma il taglio di Nadal sul suo rovescio, genera un rimbalzo che fa soffrire il diritto di un destro. C’è poi il servizio. Su una prima esterna, un destro non si trova mai tanto a disagio quanto su una palla battuta da Nadal da sinistra, e quando la battuta è in centro, ecco che spesso rimbalza al corpo. Dette simili cose, credo che Nadal vincerà il suo quattordicesimo match sulla terra, a meno che non sia sceso improvvisamente dal suo miglior standard.

Anisimova stende la Halep. Lo Slam scopre gli anni 2000 (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Avremo una nuova regina in città. Donne sottosopra, e non era difficile immaginarlo, anche se a Parigi il circuito senza più padrone di questo fine decennio si sublima nelle semifinali più eversive: la più alta in classifica è la Barty (8), la Anisimova (51) e la Vondrousova (38) sono addirittura fuori dal seeding e solo la Konta, che peraltro è numero 26, è già arrivata così lontano in uno Slam (una volta, a Wimbledon due anni fa). Perciò, se ribaltone doveva essere, è giusto che il simbolo ne diventi Amanda Anisimova, la prima nata negli anni 2000 (uomini compresi) a conquistarsi un posto da semifinalista in un Major. La yankee di genitori russi annichilisce la solita Halep incapace di gestire la tensione del pronostico favorevole concedendole solo un break indolore nel secondo set. E pensare che appena tre settimane fa la diciassettenne che vive in Florida usciva nelle qualificazioni a Roma: «In allenamento mi riusciva tutto, in partita niente. Ma ero straconvinta che il lavoro stesse pagando». Adesso, si scomodano paragoni ingombranti con Serena Williams, Capriati, Henin e Clijsters, le altre teenager di fuoco degli ultimi vent’anni, i cui record per Amanda appartengono a un altro universo: «Non ho idea di chi abbia fatto cosa e a quale età. E non mi interessa».[…]

Amanda, la futura Graf (Daniele Azzolini, Tuttosport)

La ragazza con le gambe di Steffi Graf si chiama Amanda Anisimova, ha 17 anni, ed è il personaggio di una giornata che ha visto Sascha Zverev opporsi con un solo neurone a Novak Djokovic, e Karen Khachanov fronteggiare Dominic Thiem privo anche di quel ridottissimo supporto. Vi fosse stata lei, al posto dei due giovani oppositori, è assai probabile che avremmo visto Djokovic affrontato dai contrafforti di un tracciato tattico preciso, certo il più scomodo possibile per il serbo, che soffre le molteplici variazioni nello spartito dei suoi incontri, e Khachanov rinunciare a quel tran tran privo di sussulti, che ha finito per dare sostanza al gioco di Thiem. Amanda è nata per il tennis, ed è probabile che ormai lo sappia. L’ha cresciuta papà Kostantinov, manuale alla mano. I colpi base sono portati con movimenti fluidi, il servizio è ben costruito, e l’insieme sta acquisendo la necessaria potenza da un fisico ancora in crescita, seppure già sopra il metro e ottanta. Ma a impressionare di più è la tranquillità con cui Amanda affronta i match, e all’interno di essi i momenti più pericolosi. Ha sempre un’idea da opporre all’avversaria, ed è refrattaria a qualsiasi spreco. Individua subito le crepe del gioco altrui, e si pone d’impegno ad allargarle. L’altra dote viene dallo spirito avventuroso e indomito, che la spinge a tentare la sorte inserendo qualche novità nel tracciato che si è data. Sarà un caso, ma papà Kostantinov scelse Freehold come base appena giunto negli Stati Uniti, poi Aventure. «E’ solo un piccolo paese», disse alla famiglia riunita, «ma ha il nome che più si addice alle opportunità che stiamo vivendo». Amanda, nata nel 2001, è la prima Millenial semifinalista in un torneo dello Slam. Non ha ancora perso un set, disponendo in bella fila giocatrici di un certo passato e dal sicuro avvenire come la francese Tan, la numero 11 Sabalenka, la rumena Begu (l’unica che l’abbia costretta a un tie break), la spagnola Bolsoya, ieri la numero tre Simona Halep, campionessa in carica (ex, ormai) e fino a gennaio numero uno del mondo. Le ha semplicemente tolto la parola, l’ha annullata , non l’ha fatta respirare, e quando quella ha tentato di colpire duro, sui lati, ha sfoderato la corsa di quelle sue gambe infinite. Ricordano quelle della Graf, dicevamo, e non solo perché magre e veloci, ma per lo stesso modo in cui artigliano la superficie, e trovano subito i passi giusti della corsa. Una vittoria chirurgica. […]

Nole da numero 1, Zverev resta a terra (Massimo Grilli, Corriere dello Sport)

«Non so se giocherò sull’erba. Sono appena uscito dal campo. Non posso rispondervi. Non sto pensando al tennis in questo momento». Un anno fa, era il 5 giugno del 2018, chi raccolse queste dichiarazioni di Djokovic, appena sbattuto fuori nei quarti di finale da Cecchinato, si trovò di fronte a un (ex) campione, sceso al numero 22 del mondo, sull’orlo della depressione sportiva e di un clamoroso forfait a Wimbledon. Dodici mesi dopo, a capo di uno dei più clamorosi ritorni che lo sport di alto livello ricordi (con annessi Major vinti a Londra, New York e Melbourne) quel Nole fragile e battibile è tornato ad essere il macinatore di punti che tutti conoscevamo, l’uomo elastico insuperabile da fondo campo, soprattutto quando inserisce la modalità playstation. Ieri ha sbriciolato le velleità di Zverev conquistando la sua 39 semifinale in uno Slam e la 26a vittoria di fila nei quattro grandi tornei, a due passi dal secondo Grand Slam Career (solo Emerson e Laver sono riusciti nell’impresa). Un percorso netto nelle prime cinque gare al Roland Garros, quindici set vinti di fila che suonano quasi come un messaggio spedito dal campo ai suoi storici rivali sul circuito, Nadal e Federer che oggi alle 12.50 saranno protagonisti della semifinale più attesa. Eppure era stato Zverev a cominciare meglio la partita di ieri, fino ad arrivare a servire per il set sul 5-4. Qui però ha cominciato a sbagliare, a perdere terreno, sul 5-6 ha ceduto il set grazie a uno smash sballato e a un doppio fallo, e in un amen si è ritrovato 0-3 nella seconda partita. Sei giochi di fila per il numero 1 del mondo che hanno scavato il solco decisivo nel match, con Djokovic che non sbagliava praticamente più da fondo campo, concedendosi anche qualche smorzata, su una delle quali il tedesco è crollato goffamente a terra, metafora perfetta del suo pomeriggio. Zverev ha perso il secondo set chiudendo con altri due doppi falli consecutivi, mentre il terzo è sembrato poco più di una formalità. «Avrei dovuto vincere il primo set – si è lamentato Zverev a fine gara – poi ho giocato male i tre giochi successivi. Ma quando Nole prende il controllo del gioco, è difficile batterlo». Oggi si toma subito in campo e Djokovic farà bene a non sottovalutare Thiem, che ieri ha vinto più facilmente del previsto contro Khachanov conquistando la sua quarta semifinale parigina consecutiva (tre anni fa perse proprio da Nole). «Sta giocando bene – ha confermato Djokovic – qui gioca il suo miglior tennis. Ha un tennis molto potente, soprattutto con il dritto e il servizio, ma anche il rovescio è migliorato. Credo che l’arrivo di Massu l’abbia aiutato parecchio». […]

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