Wimbledon, un'emozione chiamata Roger (Scanagatta). Federer e Nadal immensi (Crivelli, Marcotti, Azzolini, Piccardi, Rossi, Clerici, Semeraro). Williams e Halep, il titolo è una missione. Serena per il record, Simona per il riscatto (Crivelli)

Rassegna stampa

Wimbledon, un’emozione chiamata Roger (Scanagatta). Federer e Nadal immensi (Crivelli, Marcotti, Azzolini, Piccardi, Rossi, Clerici, Semeraro). Williams e Halep, il titolo è una missione. Serena per il record, Simona per il riscatto (Crivelli)

La rassegna stampa di sabato 13 luglio 2019

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Wimbledon, un’emozione chiamata Roger (Ubaldo Scanagatta, Nazione-Carlino-Giorno Sport)

VEDREMO mai più match emozionanti, da cardiopalmo, spettacolari, di una qualità impressionante come quello che Roger Federer a un mese dal 38mo compleanno ha vinto (76 16 63 64 3h e 3m) su Rafa Nadal nella seconda semifinale di Wimbledon? Mah, non è detto che la finale che Roger giocherà contro il campione in carica Novak Djokovic domani (25 a 22 i precedenti a favore del serbo), non possa rivaleggiare in bellezza ed emozioni con questa semifinale, perché anche tantissimi loro duelli sono stati fantastici, ma certo è che il contrasto di stile fra il classico, elegante svizzero, e l’irriducibile mancino spagnolo sembra abbastanza irriproducibile. Il 40mo FEDAL — Federer vs Nadal — è cresciuto in qualità man mano che il match andava avanti e a sorprendere direi che è stata soprattutto la condizione atletica di Federer, mentre Nadal mi è apparso un tantino più teso del solito fin dalle prime battute e soprattutto meno incisivo del solito con il rovescio. «NON RIUSCIVO ad aprirmi il campo come negli altri giorni, lui anticipava molto e non mi dava a volte il tempo di trovare degli angoli…non era una questione di velocità» avrebbe detto un abbattutissimo Rafa. Il primo set è stata un’insolita battaglia di servizio, con Nadal che nell’ottavo gioco aveva dovuto affrontare l’unica pallabreak, cancellata a fine di un superscambio. Il set non poteva quindi che risolversi al tiebreak. Lo ha vinto Federer, che pure si era trovato un minibreak sotto, 3-2. Ma da lì sono stati 5 punti di fila per Roger. Strano che Rafa abbia conquistato un solo punto sul proprio servizio in tutto il tiebreak. Su questo mitico centre court con Roger di tiebreak ne ha persi 6 su 7. Poi però Nadal ha vinto il secondo set 61 e si poteva pensare che avrebbe potuto prevalere alla fine, contro un Federer che, in teoria, avrebbe potuto soffrire la distanza. Macchè! Anche se Federer avrebbe avuto bisogno di 5 matchpoints nel quarto set per raggiungere la sua dodicesima finale a Wimbledon (31ma in uno Slam), 2 sul 5-3 e 3 sul 5-4 — con Nadal che ha avuto anche una palla per il 5 pari che se trasformata avrebbe potuto riaprire tutto – forse il match ha preso la piega decisiva nel terzo set, quando Nadal ha perso il servizio nel quarto gioco e in quello successivo non è riuscito a sfruttare tre pallebreak, di cui due consecutive. Lì è come se avesse preso una bastonata. Da quel momento in poi avrebbe avuto sempre un atteggiamento negativo, ma certo un Federer quasi perfetto non lo ha davvero aiutato. In precedenza Djokovic aveva faticato più di quanto dica il risultato (62 46 63 62) per vendicare le due sconfitte patite quest’anno con Bautista Agut. Come Djoko-Nole aveva vinto sapevamo già che dal magico trio dei Fab-3 sarebbe uscito il vincitore degli ultimi 11 Slam, 15 degli ultimi 17 Wimbledon, 50 degli ultimi 58 Slam. Vi rendete conto? QUELLA di domani sarà quindi la 22ma finale giocata da 2 dei Fab 3. Federer sarà a caccia del nono Wimbledon (e 21 Slam), come Martina Navratilova, Djokovic del quinto (e 16 Slam), come Borg. Numeri pazzeschi come pazzeschi sono questi campioni, incluso il maiorchino sconfitto ieri sera da un Federer davvero fenomenale. Lo svizzero di Basilea deve aver fatto un patto con il diavolo, perché 38 anni non li dimostra davvero per come ha corso ieri dal primo minuto al 183mo. Ma stasera forse segnaleremo un altro numero pazzesco: il 24mo Slam di Serena Williams. Ha battuto 9 volte su 10 Simona Halep. Che perda proprio stavolta sembrerebbe incredibile. Ma nel tennis di incredibile non c’è quasi niente…salvo il magico Federer.

King Roger (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Fermate il tempo. Fermate lo spazio. Lasciateli lì per l’eternità, perché continuino a regalarci delizie incomparabili, angeli senza età baciati dal prodigio di un talento che non conosce confini. Federer contro Nadal è il tennis, anzi lo sport, che si fa paradiso, un giardino dell’eden di prodezze ed emozioni che travalica i confini dell’agonismo, della rivalità di 40 episodi (adesso il computo è 24-16 per lo spagnolo) fino a sublimarsi in pura e assoluta bellezza. Soluzioni a sorpresa Vince Roger, tornando in fmale per la 12. volta su questi prati che gli appartengono dal 2003. Sono passati 16 anni dal primo trionfo, domani contro il solito, enorme, chirurgico Djokovic cercherà la nona vittoria ai Championships, a meno di un mese dai 38 anni ma già completamente immerso nel mito. […] Doveva servire bene, e lo fa(73% di punti con la prima), ma per stare sul collo del maiorchino era necessario anche trovare altissima continuità con la risposta, e in questo fondamentale è superiore tranne che nel secondo set, abbandonato dopo il break maiorchino del 3-1. Soprattutto, Federer sta sempre un metro dentro il campo, è aggressivo, e regge gli scambi prolungati, il pane dell’avversario, invece troppo falloso con un rovescio che stavolta funziona a intermittenza: «Ha giocato meglio di me – ammetterà Nadal – e ha meritato di vincere. Io non sono stato al livello delle altre partite del torneo, in particolare non sono mai stato sicuro dalla parte del rovescio e questo non mi ha permesso di muovermi agevolmente verso il dritto. Ho cominciato a essere incisivo solo nel finale, ma non è bastato». Brividi in coda Sono gli ultimi due game della partita, infatti, a mettere il sigillo di una qualità inimitabile a due set, il terzo e il quarto, di livello sublime. Il Maestro è in controllo, avanti di un break preziosissimo, e sul 5-3 si procura i primi due match point, annullati dall’altro con due saette al servizio, ma comunque ha il conforto del suo turno di battuta per realizzare il jackpot. Solo che l’orgoglio del campionissimo rifiuta un destino già scritto, e perciò Nadal nel decimo game si sottrae altre due volte alla sconfitta con altrettanti vincenti che sono l’emblema della classe e del coraggio. Addirittura si procura una palla break che riaprirebbe la contesa, anzi la stravolgerebbe, ma il solito rovescio spegne nella rete l’ultima possibilità di rimonta. Dopo un game da 12 punti e tre ore e due minuti di battaglia palpitante, al quinto match point il Divino può alzare le braccia al cielo: «Una delle mie prestazioni più riuscite, affrontare Rafa è sempre fantastico. Sono riuscito ad applicare il mio piano di gioco, a rimanere aggressivo, a tenere un atteggiamento offensivo. Ho vinto un paio di brutali scambi da fondo che mi hanno dato grande fiducia, poi nel quarto set i punti importanti sono venuti dalla mia parte, credo che questo abbia fatto la differenza. Non posso che essere molto felice». Finale da sogno Sono trascorsi 11 anni da quel 2008 che aveva battezzato la loro ultima sfida sull’erba, sempre qui a Wimbledon, con il primo titolo londinese di Nadal dopo una finale che resta una delle partite più belle di sempre. Analizzando quella sconfitta, i commentatori si spinsero a pronosticare la fine dell’epoca d’oro di Roger, il fatale declino della carriera, perché aveva ceduto all’acerrimo nemico sul proprio terreno d’elezione. I conti con le divinità immortali, però, sono un esercizio scivoloso: «Ammetto che sia un po’ inusuale – sorride adesso Federer – rivedermi a questi livelli dopo così tanti anni, già dopo il successo del 2003 pensavo fosse tutto così surreale. Conta molto la mentalità vincente, rispetto al 2008 magari Rafa e io arriviamo con un pizzico di ritardo sulla palla, però siamo più abili a prenderci le opportunità. E poi con l’età ho imparato che nonostante questa vittoria, non ho ancora fatto nulla, non c’è nessuna ragione, pur nella felicità del momento, per fare festa o lasciarmi travolgere dale emozioni. C’è una finale durissima da giocare». Per la quinta volta, lui e Djokovic si affrontano per la conquista di uno Slam e il bilancio è 3-1 per il serbo, avanti pure nei confronti diretti complessivi (25-22). Nole lascia in soffitta le due sconfitte stagionali contro Bautista Agut e dopo un breve passaggio a vuoto nel secondo set torna a martellare lo spagnolo con palle pesantissime, vincendo pure uno scambio da 45 colpi, certamente non il tennis sull’erba che conoscevano i nostri padri. Con un nuovo idolo da celebrare, il genio dell’elettricità Nikola Tesla, suo connazionale, cui dice di ispirarsi, Nole difenderà il titolo con il vantaggio psicologico di due finali su due già vinte a Wimbledon contro Federer: «Il passato non conta – confessa il Djoker – se non per ricordare cosa ha fatto Roger sull’erba. Con lui sono sempre partite epiche. Ma so cosa aspettarmi». Dateci un altro show strappacuore.

Mai così Federer (Gabriele Marcotti, Il Corriere dello Sport)

E’ mancata l’epicità dell’ultima sfida sul Centrale. Ma non il pathos di una rivalità che ha già definito quest’epoca tennistica. Undici anni dopo la storica finale persa contro l’eterno rivale, Roger Federer si prende la sua rivincita su Rafael Nadal, battuto in quattro set.[…] Non a caso, Federer ha avuto bisogno di cinque match point per aggiudicarsi la sfida numero 40 contro Nadal. La vittoria numero 101 sui prati dell’All England Club gli spalanca le porte della 12esima finale a Wimbledon, la trentunesima in un torneo dello Slam. Migliorando così tutti i suoi record. Grazie ad un match giocato fin dai primissimi game in maniera sublime. Comandano i servizi in apertura, Federer spreca l’unica palla-break del primo set mandando un rovescio in rete. Nel tie-break però infila cinque punti di fila, passando in un attimo da 2-3 a 7-3. Irriconoscibile però lo svizzero nella seconda frazione, quando subisce un parziale di 20 punti a tre (quasi tutti suoi errori), agevolando l’aggancio di Nadal. Nel terzo set però Federer torna a comandare, trova il break nel quarto gioco, lo difende in quello successivo annullando 3 palle-break per riportarsi avanti nel punteggio. L’inerzia del match non cambia più, nel terzo gioco del quarto set lo svizzero imprime l’allungo definitivo prima di chiudere dopo tre ore e due minuti. «Sono esausto – ha confessato Federer appena uscito dal Centre Court – E’ stata una battaglia durissima, fino alla fine. Rafa ha giocato colpi incredibili per allungare il match, ma penso che in generale sia stata una partita con un livello altissimo di tennis. Abbiamo entrambi giocato molto bene, la differenza penso sia arrivata dal fatto che io ho vinto tutti i punti importanti, gli scambi più lunghi’. Come certificato dallo score finale, che riporta per lo svizzero 51 vincenti, 14 ace, il 68% di punti con la prima del servizio. E soli 27 errori non forzati, due in più di Nadal che però ha messo a segno molti meno vincenti (32). Tra Federer e il nono trionfo a Wimbledon resta solo Novak Djokovic, contro il quale andrà in scena la partita numero 48. Sbilanciati a favore del serbo i precedenti (25-22), anche ristretti ai match valevoli una finale di torneo. Nei precedenti 18 atti finali, il serbo si è imposto 14 volte, tre a uno il computo ristretto alle finali Slam. Tre anche i confronti diretti sui prati dell’All England Club: un successo per Federer (nella semifinale del 2012 in quattro set), seguito da due vittorie di Djokovic nelle finali 2014 e 2015. «Djokovic ha disputato un torneo fenomenale e anche contro Bautista Agut ha giocato molto bene – i complimenti di Federer – E il detentore del titolo e sta confermando la vittoria dell’anno scorso. Spero di batterlo, ma sarà molto difficile, perché non si arriva n.1 del ranking mondiale a caso. Da un anno a questa parte è tornato ad essere dominante, sarà speciale incontrarlo un’altra volta in finale». Deluso, ma orgoglioso del suo match, Nadal ha riconosciuto la superiorità di giornata di Federer. «Non penso di aver giocato male, anzi. Ho poco da recriminare, anche nel quarto set ho avuto le mie occasioni. Ma quando Roger va avanti nel punteggio e può giocare più tranquillo diventa difficilissimo batterlo».

Federer e Nadal immensi (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Giocano l’uno contro l’altro e ringiovaniscono. Come sia possibile nessuno lo sa. Non chiedetecelo. Sono cose che vanno oltre il nostro livello di comprensione. E come se quei due entrassero in una macchina del tempo, quando si trovano di fronte, e questa li portasse in giro a rivedere le passate imprese, i loro antichi confronti, o chissà che altro. […] Proprio così, Federer e Nadal sfidandosi con tanta accanita passione, duellano anche gli antichi, il passato e il presente, Laver e i suoi due Grandi Slam, tutto. E ancora una volta riescono a trascinare il loro match sul pentagramma più alto, dove scorrono le note incredibili di uno sport che ha l’incedere di una trionfale sinfonia, un’Eroica suonata sulle corde tese di due racchette. Ha vinto Federer. Non ha stravinto, ma ha vinto con merito. Ma non abbiamo dimenticato di dirlo. E che ci sembra quasi secondario, a fronte di ciò che i due hanno messo in campo. È stata una partita vecchia maniera, di quelle che i due si sono riservati per le superfici sulle quali le caratteristiche del Nadal terraiolo non sono così decisive, e altrettanto succede per le qualità istintive del tennis di Federer. Insomma, alla pari di fronte all’obiettiva terba? Una volta era per Roger, ma non questa, che è quasi una quinta superficie rispetto alle quattro (terra, cemento, erba, sintetico) che accolgono il tennis moderno. È un’erba indolente, infiacchita, che non aiuta i volleador, ma non muove foglia nemmeno a favore dei ribattitori più incalliti. Una superficie amorfa, cui occorre dare vita attraverso la linfa che scorre nei campioni. Djokovlc non c’è riuscito, non ancora, magari vi riuscirà in finale. Ha fatto il suo, anche ieri contro Bagut (alias, Roberto Bautista Agut), ma senza riversare sugli steli verdi quel po di passione in più che li avrebbe aiutati a prendere vita. Ci sono riusciti invece Federer e Nadal, in tre ore e tre minuti del match di gran lunga più bello di questa edizione dei Championships. Si sono misurati negli scambi da fondo, fino a 21 colpi talvolta, poi nelle prodezze a rete, e con i rispettivi servizi che sono finiti entrambi sopra i dieci ace (14 per Roger, 10 per Rafa). Si sono misurati nell’astuzia, nella ricerca di combinazioni innovative, nei contropiede improvvisi, vergati dopo aver adescato il rivale. Una prova di grande tennis, grandissimo tennis. Condotta sotto le insegne dei due vecchietti di 33 e 37 anni. Ma quali vecchietti, ma fate il piacere… Due straordinari interpreti, anzi, i due più grandi. I due Goat. Ma sì… Goat e biGoat! Una semifinale giocata alla pari nel primo e nel quarto set, più sbilanciata nel secondo (a favore di Nadal), e nel terzo (dove Federer ha preso il sopravvento). Roger ha avuto per primo la palla break, ma il tie break è sembrata la conclusione più opportuna per il set d’avvio, combattuto palla su palla tra due che hanno corso l’uno di fianco all’altro prendendosi a sportellate. Nel secondo Federer ha avuto altre due palle break (terzo game), le ha smarrite e ha perso contatto con la partita. È rientrato prepotente e sicuro in avvio della terza frazione, e stavolta il break lo ha centrato, si è portato avanti senza concedere occasioni a Rafa. Lo stesso nella quarta frazione, ma con due game finali che hanno estratto l’anima ai tifosi fra il pubblico. È la dodicesima finale di Roger a Wimbledon e se la domanda è “può vincere?” la risposta è si, anche contro Djokovic che ha sgobbato la metà di lui, anche se sarà difficile. Si, perché ne ha una voglia matta. La stessa che ha ieri ha trasmesso a tutti gli appassionati di questo torneo.

Nel regno di Roger (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera)

A un passo dal paradiso, con solo Djokovic tra sé e un’altra robusta razione di sogni, Roger Federer è un 37enne felice mentre stritola in un virile abbraccio l’arci-rivale Nadal al centro del suo giardino. Che semifinale di Wimbledon, che match, che Federer. Il velluto pregiato ha tenuto agli strappi violenti imposti dallo spagnolo a una sfida (la 4oª in totale: ora 24-16) da cui Roger si è assentato per un set, il secondo, lasciandolo rotolare via per non sprecare energie in vista della finale, la 12ª qui (8 titoli), la 30 Slam, la terza sull’erba di Church Road contro il Djoker. Più delle statistiche, importanti ma fredde, conta sottolineare l’elettricità rimasta tra i fili d’erba dal 2008, l’ultima volta che lo yin e lo yang si erano incontrati a sud del Tamigi, riaccesa ieri dal primo punto (un ace propiziatorio di Federer) come se il tempo non fosse mai passato, perché questi due esseri umani così diversi eppure complementari — non lo scopriamo oggi — giocano un campionato a parte, con Djokovic primo nel torneo degli altri. L’età anagrafica di Federer è stata contraddetta dall’elasticità plastica con cui si è preso il primo set: un dritto di sfondamento, essenziale e di puro polso, per portare dalla sua parte l’inerzia del tie break, poi 5 punti consecutivi sfoggiando il repertorio in un pomeriggio di grazia nel quale Rafa ha insistito con l’uncino su un rovescio spesso colpito in controbalzo, trattando il centrale come un campetto da ping pong, sostenuto da ottime percentuali al servizio (73% di punti vinti con la prima), 51 vincenti e 2 errori gratuiti in più dell’avversario (27 a 25) che non hanno pesato in quanto dosati con sapienza, forse un gesto d’amicizia nei confronti di Nadal, che non deve avere rimpianti. «Ha giocato meglio, merita la finale» ha liquidato la questione il niño con ermetismo quasimodiano. Dopo la pausa tattica del secondo set (6-1 Nadal), Federer è tornato a estrarre conigli dal cilindro nel terzo, culminato con la volée di dritto del break (3-1) e la veronica del 5-2 (poi 6-3). E se nel quarto sono serviti 5 match point, con la moglie Mirka angosciata in tribuna e il centrale in apnea, non è per cattiva volontà: Rafa ha lottato da leone, annullando l’annullabile, provando ad avvitare Federer nelle spire di scambi lunghi e articolati, sbuffanti e sudati, che lo svizzero ha risolto a modo suo, minimal e talentuoso, spesso con il dritto anomalo e a volte a rete, fino al rovescio lungo dello spagnolo che ha spinto la notte del migliore un po’ più in là (6-4). «Con Rafa sono sempre battaglie: tra i miei alti e bassi, mi sono divertito. E me ne aspetta un’altra con Novak, che è in forma strepitosa» ha detto. […] Che questo ragazzino abbandoni il parco giochi ad appena 38 anni (li compie l’8 agosto) mentre ancora si diverte come un pazzo è un controsenso. E se gli viene la tentazione, ci pensi Mirka a fagli cambiare idea

La grande bellezza (Paolo Rossi, La Repubblica)

LONDRA — Adesso lo sa. Rafa Nadal ha compreso perché quelli di Wimbledon trattano Roger con i guanti bianchi. Perché gli hanno dato la testa di serie numero 2, al posto suo. Lo sospettava, infatti s’era lamentato. La spiegazione l’ha avuta ieri: Federer sull’erba fa sembrare tutto semplice, elementare. L’ennesima conferma è arrivata dopo tre ore, due minuti e al quinto match point. Nadal gliene aveva respinti quattro, restio ad accettare la sconfitta, da agonista meraviglioso qual è. Ma il quarantesimo atto della loro sfida infinita ha bocciato la sua esuberanza fisica e premiato l’elasticità atletica di Federer, che, alle soglie dei 38 anni, ha danzato sul prato del Centrale, giocato in continuazione colpi in controtempo, in anticipo, quasi da far sembrare il suo tennis una sorta di ping pong, grazie a quei riflessi felini e al suo polso d’acciaio. Ha prevalso lo svizzero 7-6 (3), 1-6, 6-3, 6-4: è stata un’ode al tennis. A quello dei gesti bianchi, e di tale bellezza da riportare l’erba ai fasti del passato. […] «Non ho avuto sensazioni buone, Roger ha giocato in una sua `comfort zone’, in controllo del match e io non sono riuscito a smuoverlo. Ho avuto delle chance, ma le ha giocate meglio lui. Ha meritato la vittoria», ha detto lo spagnolo a fine match, come sempre onesto e maestro di fair play. «Per quanto mi riguarda ora è tempo di riposare e disconnettermi. Non so nulla del mio prossimo calendario di gioco». Per Federer sarà la dodicesima finale a Wimbledon, ma tra lui e lo storico nono titolo c’è un tipo che si chiama Novak Djokovic e, oltre a essere il numero uno del mondo, è anche il campione in carica. Per il serbo sarà la sesta finale a Wimbledon (6-2, 4-6, 6-3, 6-2 a Bautista Agut): ne ha persa solo una, nel 2013 contro Murray. In generale Djokovic e Federer si sono affrontati ben 47 volte, con il n. l in vantaggio 25-22. In finale di Slam solo quattro, e lo svizzero ha prevalso unicamente nel 2007 a New York. «Spero di portarlo al limite ma sarà difficile, non è un numero uno per caso: sarà un’altra partita speciale» ha detto Federer, confessando di «essere esausto: alla fine è stata dura rimanere nel match, Rafa ha giocato colpi incredibili, credo che il livello sia stato altissimo: è stata una gioia giocare oggi». E poi ha continuato con l’analisi della partita: «La chiave del match? Aver vinto i punti cruciali, perché entrambi abbiamo avuto delle occasioni. Onestamente, dopo che hai giocato tante volte contro un avversario, hai poco da scoprire o da inventarti. Qui la differenza è stata che avevamo meno tempo per andare sulla palla. Non credo ci sia altro». Infine, la perla regale offerta con una certa solennità: «Questo diventa da oggi uno dei match della mia carriera che riguarderò con più piacere in futuro. Perché dall’altra parte c’era Rafa, siamo a Wimbledon e il pubblico è stato spettacolare, una grande atmosfera. Certo, vorrei godermelo già oggi ma, fortunatamente o sfortunatamente, ho un altro match: quindi testa bassa e concentrazione massima». Djokovic è avvertito.

Federer, 37 anni e non sentirli a Wimbledon (Gianni Clerici, La Repubblica)

Aveva appena finito Roger Federer di vincere la sua dodicesima semifinale nel Sacro Tempio del Tennis, quando un visitatore del mio Club mi chiedeva, mentre applaudivo: «Ma chi e il più vecchio?». A volte, la verità è nascosta nella mancanza di conoscenza di cultura specifica e mai come questa volta lo era. Tra Roger e Rafa il secondo era parso più volte il vecchio dei due, il suo gioco d’incontro gli aveva permesso di rischiare meno, di venire meno a rete, di battere meno servizi vincenti. Pensavo che la partita sarebbe stata una battaglia di logoramento, una vicenda più lunga delle tre ore che invece è durata. Pensavo che si sarebbe risolta premiando la regolarità inesauribile dei colpi dello spagnolo, pensavo che i suoi diritti arrotati egli alti rimbalzi dei suoi rovesci bimani avrebbero sommerso il rovescio tagliato di Roger. Non è stato così, perché Federer ha giocato il suo rovescio, stimato il suo colpo meno efficiente, come così non fosse, scagliandolo spesso lungo la riga o tagliandolo in diagonale. […] Un Federer con una simile disinvoltura nel suo colpo ritenuto più debole, o meno forte, dovevamo proprio scoprirlo qui, dopo averlo ammirato per tutta la sua carriera, e esserci detti: sarà forse il tennista più forte del mondo, ma con un rovescio simile, contro altri immortali dotatissimi sul back-hand quali Lacoste o Rosewall, avrebbe potuto vincere? Avrebbe certo potuto, visti i mutamenti di racchette, cordature, e tutti gli altri materiali, ma ho sempre ritenuto che il tennis andasse diviso in epoche storiche, e ora posso associarmi anch’io a chi vede in Roger Federer il più grande di tutti i tempi, io che ho avuto la grandissima fortuna di vederlo al suo esordio in Coppa Davis, o alla sua prima vittoria al torneo di Milano. Sarà capace ora di imporsi anche al numero 1 di oggi, Novak Djokovic? Non credo, ma ne sarei felice, per le future generazioni e per quelle che credono in Giove, divinità tuttora esistente

Infinito Federer (Stefano Semeraro, La Stampa)

C’è sempre una piccola eternità, provvisoria ma splendente, dentro le grandi storie, l’illusione che il Tempo si possa fermare, abbagliato da un’ora di bellezza. Roger Federer è fatto di quella materia, la stessa dei nostri desideri. La sua dodicesima finale a Wimbledon, a 16 anni dalla prima, è il Tempo che si ferma, che stupito si inchina. E applaude. Rafa Nadal, altro campione immenso, fino a ieri era sembrato il più in forma del torneo. Federer lo ha battuto in quattro set, 7-61-6 6-3 6-4 in una delle sue giornate, sul suo campo, il Centre Court di Wimbledon, succhiando leggenda da radici che affondano diritte nella storia: guardi i suoi colpi e appaiono in controluce quelli di Laver, McEnroe, Tilden, degli antenati che hanno calpestato questo prato. II sogno è la nona Coppa. […] Sarà la quinta finale Slam fra il Re e il Djoker, la terza a Wimbledon dove ha sempre vinto Nole. E c’è qualcuno che immagina, o forse sa, che teme, ma in segreto si augura, che Federer, se alzerà la nona coppa d’oro, decida di chiudere così la carriera, staccando una scaglia di eternità e ingannando per l’ultima volta, e definitivamente, il Tempo. Ieri la partita se l’è presa in un due momenti. All’inizio del terzo set, dopo un 6-1 apparentemente devastante per Nadal, quando ha saputo prima breccare il Cannibale e subito difendersi, come un portiere incantato, dalle bordate furiose di Rafa, salvando tre palle break che avrebbero potuto allungare e ribaltare la partita. E poi nell’ultimo game, dodici punti da reparto cardiologico, una tensione quasi insopportabile in tribuna, e in campo fra due preferiti del dio del tennis che si scambiavano miracoli. Una giornata storica. I due matchpoint annullati da Nadal, che ne aveva già salvati altri due nel game precedente, l’errore finale. Federer l’ha vinta quando ha iniziato a rispondere, e manovrando un rovescio finalmente all’altezza del diritto, smagandosi come era già riuscito a fare nel 2017 sia dalla lacuna più grande sia dal suo più grande avversario e respirando meglio nei punti che contano. Un mese fa Nadal lo aveva quasi umiliato a Parigi, Federer si è preso la rivincita nel suo giardino. «Sono esausto e felice, ma non posso festeggiare: ora spero di portare Djokovic al limite». A quasi 38 anni è il secondo finalista più anziano dell’era Open dopo il 39 enne Ken Rosewall. Può conquistare il 21° Slam, raggiungere Martina Navratilova a quota 9 Wimbledon, ma non è con inumeri che si misura un campione del genere, ma da come ci fa sentire ospiti del nostro cuore.

Williams e Halep, il titolo è una missione: Serena per il record, Simona per il riscatto (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Ti sei guadagnata un invito alla festa ma sai già che ci saranno occhi solo per la regina del ballo. Eppure, questa volta, mentre i 15.000 cuori del Centrale batteranno tutti per Serena Williams e il suo sogno di conquistare il 24° Slam per eguagliare il primato della Court, la passione contraria potrebbe accendere il pomeriggio della Halep, che porta sulle spalle il peso di una carriera certamente di successo eppure troppe volte segnata da oscuramenti mentali nemici di vittorie quasi certe. Fredda e sicura Ha dovuto perdere tre Slam, Simona, e due da favorita (Parigi 2017 e Australian Open 2018, mentre nel 2014 al Roland Garros la Sharapova era più forte), per rendersi conto che occorreva un aiuto per rimpolpare decisamente l’autostima nonostante il numero uno al mondo (ora e scesa al sette): «Da due anni mi segue uno psicologo, ne avevo bisogno perché avevo la tendenza a complicarmi le cose semplici, a pensare troppo, a non prendere la decisione giusta nel momento giusto». Si è affidata a Alexis Castoni, che aveva già lavorato con Murray, un altro che negli Slam si scioglieva, e fmalmente al Roland Garros di un anno fa ha sfatato il tabù: «Quella vittoria è stata lo spartiacque — rivela Castorri — perché da quel momento è uscita dal cono d’ombra delle sue paure». E poco importa che da campionessa in carica parigina quest’anno sia uscita al terzo turno, la finale raggiunta a Wimbledon, sulla superficie meno congeniale, conferma che la maturazione è ormai compiuta: «Sono un’altra donna e un’altra giocatrice, finalmente sono fredda. Che non significa che lavori di meno in allenamento o che non sia concentrata su quello che faccio: semplicemente, mi sento meglio in campo, sono più sicura di me». […] La rinata Halep, almeno a parole, è pronta a farsi scivolare addosso ogni preoccupazione: «Non sarò io quella con più pressione addosso, anzi giocherò tranquilla. Avrò di fronte una grandissima campionessa, una delle più forti di sempre , la rispetto molto ma non posso pensare alla sua corsa al 24° Slam. Io adesso sono consapevole che posso vincere ovunque e con chiunque». Una battaglia di stili: l’americana è la leader degli ace con 45, e concede pochissimo con la prima di servizio, tornata a livelli stratosferici, mentre la romena nei primi cinque match del torneo è stata la miglior ribattitrice. Quello è lo snodo: se Simona riuscirà a disinnescare le bordate dell’avversaria, poi potrà tessere la ragnatela in cui avvolgerla, per spostarla dal centro del campo e renderla meno efficace. Certo è impressionante pensare che dal 2001 Serena ha giocato almeno una finale Slam ogni anno con l’eccezione del 2006. Il segreto lo spiega così: «La tecnologia, il progresso, le nuove metodologie di allenamento aiutano: io credo che se le avesse avute a disposizione ai suoi tempi. Michael Jordan avrebbe giocato fmo a 50 anni. Lui, Tiger Woods e Federer, campioni senza età, sono una grande fonte di ispirazione». Ma pure lei è sulla buona strada. Nuova Halep permettendo

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