Tsitsipas: rinuncio ai social per vincere (Semeraro). In Cina Seppi fuori ai quarti. Il team Federer per Zverev (Gazzetta). Tonino Zugarelli: "Volevo fare il calciatore" (Piccioni)

Rassegna stampa

Tsitsipas: rinuncio ai social per vincere (Semeraro). In Cina Seppi fuori ai quarti. Il team Federer per Zverev (Gazzetta). Tonino Zugarelli: “Volevo fare il calciatore” (Piccioni)

La rassegna stampa del 28 settembre

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Tsitsipas: rinuncio ai social per vincere (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Niente da fare. Di quello che si sono detti con Roger Federer e Rafa Nadal negli spogliatoi della Laver Cup a Ginevra, Stefanos Tsitsipas non ne vuole parlare. «Quello che si fa a Ginevra, resta a Ginevra», ha spiegato sornione a Zhuhai il numero 7 del mondo (e 6 della Race) che peraltro giovedì ha dovuto ritirarsi dall’Atp 250 cinese dopo il primo set con Mannarino per un malanno fisico. «Con loro ho avuto chiacchierate molto interessanti e istruttive. Ci siamo scambiati opinioni, consigli tattici, siamo usciti a cena e ci siamo divertiti. Vorrei che ci fossero più possibilità di farlo, perché sono entrambi molto simpatici, e il lato che vedete voi in conferenza stampa è diverso dal privato». […] Un concetto però Tsitsipas, il tennista filosofo – post-socratico immaginiamo, vista la nascita ateniese – noto oltre che per l’ottimo tennis per le massime che elargisce via internet, lo ha ha voluto rendere pubblico. E cioè che per riuscire finalmente a scalzare la generazione dei Patriarchi i New Gen più o meno stagionati devono darsi una mossa. Non attendere che siano il 38enne Federei il 33enne Nadal o il 32enne Djokovic a fare un passo indietro, ma impegnarsi in proprio. «Non devi aspettare che arrivi l’occasione, devi essere tu a crearla. Questo è il mio slogan». Esattamente quello che hanno fatto per tutta la carriera Federer, Nadal e Djokovic «Per salire nel ranking e diventare numero 1 noi giovani dobbiamo superarli, e non è facile. Guai però ad aspettare, chi aspetta diventa arrendevole. Credevo di poter fare le cose un po’ meglio, invece c’è un gap da colmare. Loro sono sempre al 100 per cento, io invece devo imparare, comportandomi in maniera più professionale. Restando in campo il minimo che serve, chiudendo i match alla prima occasione>. Nella prima metà stagione Stefanos è riuscito battere sia Nadal (sulla terra) sia Federer (due volte). Dopo la sconfitta sanguinosa di Parigi contro un altro scafatissimo over 30 come Wawrinka, si è però piantato, perdendo al primo turno a Wimbledon e agli Us Open. Anche per questo da fanatico dei social ha deciso di darsi una regolata. «Le uniche app che ho ancora sul mio telefono sono YouTube e Whatsapp. Le mie pagine di Instagram, Twitter e Instagram sono ancora attive, ma le gestisce l’ufficio stampa. L’unica cosa che controllo personalmente è il mio canale YouTube perché lì, a parte i commenti che puoi escludere, non c’è troppa gente che posta cose. Più che interessarsi al mondo fatuo dei social, insomma, meglio guardarsi dentro. «Anche perché da metà agosto in poi non ho combinato granché, e devo darmi da fare se voglio ottenere il mio obiettivo di qualificami per le Atp Finals». Come, probabilmente, gli hanno ripetuto Federer e Nadal nel segreto degli spogliatoi di Ginevra.

In Cina Seppi fuori ai quarti. Il team Federer per Zverev (Gazzetta dello Sport)

E’ finita nei quarti di finale l’avventura di Andreas Seppi all’Atp 250 di Zhuhai, in Cina. Il 35enne di Caldaro, numero 74 del ranking mondiale, ha ceduto 6-2 6-2, allo spagnolo Roberto Bautista Agut, numero 10 del mondo.[. ..] Bautista oggi in semifinale trova Alex De Minaur, finalista della Next Gen a Milano lo scorso anno, che ha eliminato il croato Borna Coric in tre set 6-2 4-6 6-4. Il secondo finalista uscirà dal match tra il francese Mannarino e il bosniaco Dzhumur. Intanto, dopo un anno di battaglia legale con l’ex manager Patricio Apey, che gli ha chiesto svariati milioni di risarcimento, Sascha Zverev ha ritrovato la tranquillità grazie a Roger Federer. Il tedesco, reduce da una stagione molto difficile anche dal punto di vista dei risultati, sarà seguito dalla Team8 di Federer e del suo storico manager Tony Godsik: «Finalmente potrò pensare solo al tennis», è stato il commento del tedesco. Tra le donne, nel Wta Premier di Wuhan (cemento), la finale questa mattina sarà tra Sabalenka e Riske che hanno battuto rispettivamente la n. 1 Barty e Petra Kvitova

Tonino Zugarelli: “Volevo fare il calciatore” (Valerio Piccioni, Sport Week)

Un pezzo di quell’insalatiera è sua. Sua di Tonino Zugarelli, romano nato e cresciuto a poche centinaia di metri dal Foro Italico, l’uomo dell’erba, il protagonista di quella finale europea a Wimbledon contro l’Inghilterra che ci apri la strada verso il Cile e la Coppa Davis del 1976, l’unica vinta dall’Italia. A distanza di un bel mucchio di anni – ne sono passati 42 dalla finale degli Internazionali d’Italia perduta contro Vitas Gerulaitis – la vita di Tonino continua a scorrere lì, fra il Centrale, il Pallacorda-Pietrangeli e i campi verso l’Olimpico, quelli della scuola tennis che coordina insieme con l’amico Ciro Cirillo. La sua casa da bambino era poco più in là. […] Il tennis era una cosa per pochi. «Giocavano solo i ricchi, facevano la bella vita, dopo la partita l’aperitivo. Noi ragazzini, prima raccattapalle e poi “palleggiatori”, li guardavamo con invidia. Eravamo considerati una sottospecie. ci sentivamo frustrati, dovevamo sopportare l’angheria, l’arroganza. Magari non se ne rendevano conto. Ma proprio questo mi ha messo addosso il desiderio di lottare contro quella situazione, di riscattarmi, di conquistare rispetto e considerazione. Il libro che ho scritto e racconta tutto questo non a caso si chiama Il riscatto dell’ultimo». RIPIEGO Zuga e il tennis è stato un matrimonio faticoso all’inizio. «lo non ci pensavo neanche per sbaglio. Volevo diventare calciatore, giocavo centravanti. Alla fine di un provino con la Roma, nel 1966, Oronzo Pugliese, allora allenatore dei giallorossi, mi disse: “Aspetta che ti devo parlare”. Immaginate come potevo stare, voleva sapere di me, mi disse che ci saremmo risentiti. Poi, però, settimane e settimane di silenzio. Cosi chiesi a un amico che giocava nella Primavera di informarsi: ero stato spedito all’Almas… Una cosa normale, oggi ti mandano in Serie D, ti fai le ossa, poi ritorni. Ma a me cadde il mondo addosso. Io ero solo, i miei pensavano a lavorare e a mandare avanti la casa, forse qualcuno mi avrebbe potuto consigliare, chiedermi di avere pazienza. Io mi tenevo tutto dentro, così rinunciai e addio calcio, e tutto sommato meglio così. Poi con il calcio ho pure ripreso. Giocavo di nascosto, qualche domenica, fra i dilettanti». Prima di entrare nel circuito del grande tennis? «Anche durante. Non lo sapeva nessuno, però qualche domenica giocavo con il Vegliani, il Cassia, il Grottarossa. Dopo ho giocato pure una partita nell’Interregionale, ma mi sono spaccato una gamba». Il tennis, insomma, è stato una seconda scelta. «In quei tempi, nei posti dove sono cresciuto, o eri un delinquente o facevi il calciatore. Il tennis all’inizio è stato sofferenza, è stato lavoro, è stato portare i soldi a casa: io mi sono sposato a 20 anni. Poi, solo dopo, ho cominciato ad amarlo ed è diventato la mia vita e ho capito che avrei potuto dare una mano. Rimpianti? Forse si, se l’avessi cominciato ad amare subito forse sarei andato più avanti. Ma ho anche avuto fortuna: la Coppa Davis mi fa rimanere nella storia. La Coppa Davis, non quella di adesso che nessuno sa quando gioca l’Italia: noi non ci dormivamo la notte». Erano gli anni del mitico passante spalle alle rete che Arthur Ashe, vittima del colpo, ricorderà per anni (Adriano Panatta ne è testimone). E degli incontri con i grandi del mondo. «McEnroe il più ostico, per il suo tennis così personale». Se la “bottega” di Zuga è sempre al Foro, la casa è fuori, a Trevignano, sul lago di Bracciano. Coltiva un piccolo orto, la sera s’avvicinano i cinghiali, lo smartphone di Tonino documenta il tutto. E i ragazzi di oggi, quelli che dai 6 ai 16 anni vanno a scuola di tennis da Zuga? «Cerchiamo di dare un’impronta, di trasmettere il tennis che vorremmo». E con i genitori come va? «Molti ci seguono, poi c’è un 2 per cento che non riesci a portarti dietro. Quelli che dopo una divisione fra gruppi ti dicono: «Ma I’ha messo di là, così me lo traumatizza». Solo il 2 per cento? *

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