La vittoria di Jannik Sinner alle Next Gen ATP Finals e il debutto di Berrettini alle Finals sulla stampa italiana

Rassegna stampa

La vittoria di Jannik Sinner alle Next Gen ATP Finals e il debutto di Berrettini alle Finals sulla stampa italiana

La rassegna stampa di domenica 10 novembre 2019

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Miracolo a Milano (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Edberg, Federer, Sinner. Battesimi a Milano. Da qui, si sono accese stelle immortali. E non suoni blasfemo l’accostamento: non solo Jannik bagna il primo successo della carriera in città, come riuscì appunto agli enormi predecessori, ma soggioga De Minaur e il Palalido con la dote primaria del fuoriclasse: far sembrare normali le cose straordinarie. A diciotto anni e due mesi. Da numero 553 a inizio stagione. Se i sogni aiutano a vivere meglio, il prossimo decennio porterà indelebile il marchio di un fantastico talento italiano. Perché non può essere normalità dominare il numero 18 del mondo vincitore di tre tornei nel 2019 e due settimane fa ancora speranzoso di afferrare il Masters dei grandi, azzannandolo al collo fin dal primo scambio con la profondità di quei saettanti colpi a rimbalzo che spaccano la partita. Più l’australiano tira forte, più l’altro gli rispedisce indietro cannonate a velocità doppia che neutralizzano la sua arma migliore, la ragnatela verso i due angoli fino alla stoccata vincente. Tecnica e testa, cui Sinner aggiunge il cuore e il coraggio di chi ormai ha spiccato il volo: in semifinale e in finale, sul proprio servizio, ha vinto tutti i golden point, quelli che con le regole Next Gen si giocano sul 40 pari. Un’epifania meravigliosa, sinceramente inattesa a livelli così alti.[…] A gran voce, i 4200 dell’Allianz Cloud lo invocano per la Coppa Davis che inizierà tra 10 giorni, ma lui allontana le lusinghe (Barazzutti avrebbe voluto convocarlo come sparring): «E’ stata una stagione lunga, devo tornare a lavorare e allenarmi. Spero di esserci nei prossimi anni». Sinner a Milano si e guadagnato lo status di fenomeno in divenire cui sta già stretto quel numero 95 accanto al nome nella classifica Atp. Approdato al torneo grazie a una lungimirante wild card assegnatagli dalla federazione, ha stupito sia per la qualità enorme del suo gioco, sia per la freddezza e la lucidità da protagonista consumato su questi palcoscenici, lui che a novembre di un anno fa era alla posizione 760 del ranking e che ha giocato il primo match ufficiale Atp a Budapest in aprile. Sono le stimmate della predestinazione, e non solo perché alla sua età nessun italiano era mai stato così forte. Jannik si sta costruendo un gioco senza punti deboli, anche se il cammino è appena all’inizio. […]

Diavolo di un Sinner, sei già nel futuro (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Era entrato alle Next Gen Finals da wild card, da invitato, l’ultimo della lista. Ne è uscito campione, con il mano il trofeo a forma di X che premia, in teoria, il miglior under 21 del mondo: ma Jannik Sinner a 18 anni e tre mesi vale già un posto fra i grandi. In finale ha sbriciolato in tre short set (4-2 4-1 4-2) il numero 18 del mondo Alex De Minaur il finalista dello scorso anno, che nel 2019 ha vinto tre tornei Atp, e si sentiva già in tasca la coppa. In tribuna c’era il suo modello Lleyton Hewitt, l’ex numero 1 del mondo australiano, in questi giorni in Italia con la squadra di Coppa Davis prima delle finali di Madrid, ma pure a lui è caduta la mascella. Sinner ha giocato la partita perfetta, picchiando sul servizio, salvando nove palle-break, rispondendo – di diritto – anche a 158 all’ora. Il pubblico dell’Allianz Cloud lo ha adottato facendo scoppiare definitivamente la Sinnermania, e ora certi paragoni che parevano esagerati, quasi blasfemi, non stupiscono più di tanto. E il bello è che può ancora migliorare: in tutto. […] Calmo, apparentemente senza emozioni, come un Borg altoatesino, ma determinato, sicuro di sé. «E poi oggi mi vedete così – se la rideva dopo la semifinale – ma da piccolo non stavo fermo un secondo, ero un vero rompiballe». […] Ha saltato il circuito giovanile, rassegnandosi a incassare sconfitte brucianti per costruirsi un futuro diverso: «vedere gli altri che vincevano più di me è stata dura, ma io ho sempre pensato solo a migliorare». […]

La nuova generazione si chiama Sinner (Alessia Scurati, Tuttosport)

Stratosferico e impressionante, Jannik Sinner vince le NextGen Finals di Milano, coronando una stagione straordinaria. Una cosa da non crederci, se non fosse che il pubblico è lì, che tifa per lui. In un primo set dove la tensione accorcia un po’ i colpi iniziali, De Minaur sembra minaccioso finché le percentuali della sua prima di servizio stanno oltre l’80%. Ma Sinner, che riesce comunque a tenere il servizio, alzando il livello nei punti decisivi, è spietato a cogliere l’occasione appena gli si presenta, quando cioè De Minaur cala a servizio (commettendo anche il primo doppio fallo del match) nel sesto game, permettendo all’italiano di strappargli il servizio e chiudere il set sul 4-2. L’australiano accusa la botta e perde di nuovo il servizio in avvio di secondo set, con l’italiano che si issa sul 2-0 e sul 3-0 poi. Quando al quarto game De Minaur riesce ad annullare 3 palle set, forse pensa di poter impensierire Sinner, che sul suo servizio sbaglia due punti facili, uno sotto rete, l’altro aprendo troppo il dritto, ma riesce comunque a chiudere con il servizio sul 4-1. L’Allianz Cloud esplode tutto il fiato che stava trattenendo in un urlo liberatorio, per spingere l’azzurro. L’allenatore di De Minaur, Gutierrez chiede al suo pupillo di non mostrare la sua frustrazione. De Minaur riesce a farlo il tempo di un turno a servizio, tenuto a zero. Poi Sinner riprende a fare il suo gioco, alla grandissima. Ogni colpo è spaventoso, il servizio non risente di cali. E’ uno spettacolo Sinner, che chiude sul 4-2 il terzo set tenendo un servizio a zero. «Non ho parole, io ho solo cercato di colpire la alla, pensavo al mio gioco cercando di fare il minor numero di errori possibili contro un grande giocatore. Anche molto veloce. Assolutamente è il mio miglior livello di tennis, sono molto contento, è stata una settimana incredibile». Alza il trofeo e sorride al pubblico. «Io sono uno di poche parole. Voglio solo ringraziare il mio team e l’organizzazione, grazie per la wild card, non sarei qui. Speriamo di tornare anche l’anno prossimo. Se sarò a Madrid? Io credo di no, mi spiace dirlo, ma mi devo preparare bene per l’anno prossimo, sono ancora giovane, è importante per me lavorare».[…]

Finals, esame Berrettini con Djokovic nel tempio (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Tocca finalmente a Matteo. L’appuntamento tanto desiderato con le Atp Finals è per le 15 di oggi, quando Berrettini scenderà in campo per un confronto inedito contro Novak Djokovic per il match di apertura delle Atp Finals: «Sono molto curioso di mettermi alla prova con lui — diceva il romano poco prima di partire per Londra —, sarà un’occasione per confrontarmi e imparare cose nuove. Federer spero che mi tratti un po’ meglio che a Wimbledon , mentre Thiem l’ho incontrato da poco ed è in grande forma». Comunque vada, sarà un successo per il 23enne allievo di Vincenzo Santopadre che aveva concluso la stagione 2018 da numero 54 del mondo e che adesso parte per questa nuova incredibile avventura da numero 8. Erano 41 anni che un italiano non approdava alle Finals, da quando Corrado Barazzutti nel 1978 aveva partecipato all’edizione di New York, al mitico Madison Square Garden. Un traguardo storico per Matteo, che però è finito in un girone di ferro. Ma delle sue capacità Corrado Barazzutti è più che certo: «Matteo scenderà in campo a Londra con un’altra consapevolezza — spiega il capitano azzurro —. Quando ha incontrato Federer a Wimbledon e Nadal in semifinale a New York, penso che non avesse ancora piena coscienza delle proprie capacità. Questa volta sarà diverso, non facile, ma diverso». Berrettini non è però l’unica matricola presente a questo Masters, insieme a lui ci sono Stefanos Tsitsipas e Daniil Medvedev il russo che ha sbalordito nella seconda parte della stagione conquistando sei finali consecutive, compresa quella degli Us Open, dove ha impegnato Nadal in un match straordinario al quinto set. I due si ritroveranno di nuovo nel round robin del torneo per ripetere lo spettacolo. […]

Berrettini missione record (Gabriele Marcotti, Corriere dello Sport)

Confessa la sorpresa, ma non abbassa lo sguardo. Nessun timore reverenziale verso i migliori. Neppure ripensando alla disfatta subita contro Roger Federer, sul Centrale di Wimbledon, lo scorso luglio. E neppure facendo di nuovo i conti dei precedenti contro i suoi prossimi avversari: due sole vittorie su dieci incontri disputati contro gli altri finalisti. Nessuna paura, dunque. Non per arroganza o sfrontatezza. Ma semplicemente perché Matteo Berrettini è pienamente consapevole del suo valore, dei meriti (e del pizzico di fortuna) che lo hanno portato fine ATP Finals, l’ultimo appuntamento dell’anno. Il torneo dei Maestri, dei migliori della stagione. E in questa ristretta élite il 23enne romano ha dimostrato – nel corso degli ultimi undici mesi – di meritare un posto. Certo, a gennaio la sola prospettiva di dover acquistare un biglietto per Londra in tardo autunno pareva improbabile, se non proprio fantasmagorica. Eppure – settimana dopo settimana – Matteo ha saputo scalare il ranking mondiale, imprimendo una brusca accelerazione al suo processo di crescita e maturazione. Fino a diventare 41 anni dopo Corrado Barazzutti il terzo italiano a partecipare a quest’epilogo di stagione. Grazie alla vertiginosa ascesa fino al gradino numero 8 del ranking. Un’impresa di cui essere orgoglioso, ma che comporta anche nuove responsabilità, come l’apertura del torneo – già oggi pomeriggio – in una 02 Arena che sarà al gran completo, opposto al serbo Novak Djokovic. Un debutto da brividi. «Ma alle Finals partecipano solo i migliori, sono tutti giocatori fantastici, ed è inutile sperare in un sorteggio facile o difficile – la saggezza di Berrettini, alla vigilia del debutto – l’unica cosa che penso in questo momento è che sono felice e non vedo l’ora di giocare. Mi sento pronto per questa nuova sfida». […]

Berrettini e i giovani a lezione dai maestri (Daniele Azzolini, Tuttosport)

È il Masters dei giovani, con tre vecchietti che fanno gara a sé. Da favoriti, s’intende. Il Masters dei 21 anni di Tsitsipas, dei 22 di Zverev, dei 23 di Berrettini e Medvedev, il più anziano fra i bimbi, ma la contesa che regge i titoli di queste Finals londinesi è quella che coinvolgerà Nadal, Djokovic e Federer, con progetti altissimi che riguardano il numero uno di fine stagione e il record di vittorie nel torneo dei maestri. Un mondo a parte. C’è Nole che vuole riprendersi il numero uno che Nadal gli ha sfilato la settimana scorsa, e per farlo deve vincere tutto, fino al match che vale il titolo. C’è Federer che cerca la settima vittoria da maestro, ma Djokovic (che ne ha cinque) lo rincorre per appaiarla. E fra loro due c’è anche una recente finale a Wimbledon che le truppe federeriane non hanno ancora smesso di rimpiangere. Un match costruito da Roger; tirato su come un’opera d’arte, e quasi vinto, poi passato di mano all’ultimo momento. Non basta. C’è una sfida nella sfida, e ci riguarda. Per noi, è Berrettini contro Tutti. Contro Djokovic che affronta per la prima volta questo pomeriggio, alle 15 di casa nostra, prima di Federer e Thiem che alle 21 completano il girone dedicato a Bjorn Borg. Avvertiamo quel formicolio di sottile piacere nel vedere Matteo seduto di fianco a Federer e Djokovic mentre spiega, nel corso del Media Day, come non si aspettasse di poter figurare in un contesto simile già a questo punto della carriera, ma di avvertirlo come meritato «Ne ho conosciuti tanti di giocatori della mia età, negli anni passati, che ottenevano risultati migliori dei miei, ma non erano cose di cui mi preoccupavo. Ero concentrato solo sul mio percorso e mi sono sempre fidato ciecamente del mio allenatore. Forse proprio perché a 18, 19 anni non ero così forte, sono riuscito a godermi al meglio le cose che mi succedevano, i passi avanti che riuscivo a fare. Cerco sempre di migliorarmi, come persona e come tennista. Forse, è proprio questo il segreto che mi ha condotto sin qui». […]

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