Federer incorona il re del 2019: "Rafa diventerà il più grande" (Cocchi). Nadal chiama il cambio (Palliggiano)

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Federer incorona il re del 2019: “Rafa diventerà il più grande” (Cocchi). Nadal chiama il cambio (Palliggiano)

La rassegna stampa di martedì 26 novembre 2019

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Federer incorona il re del 2019: “Rafa diventerà il più grande” (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)

Lo hanno chiamato condottiero, re, fenomeno, salvatore. Alla fine, forse, la definizione più giusta di Rafa Nadal l’ha data Feliciano Lopez, amico di una vita, compagno di squadra e di doppio in questa settimana di Davis Finals che ha mostrato, ancora una volta, i superpoteri del maiorchino: «Rafa? Semplice, è un supereroe […] Insomma, un Rafa in odore di santità per i compagni che grazie a lui e le sue otto vittorie ha conquistato la Coppa Davis numero 6 per la Spagna, la prima secondo la nuova formula. Perché il mancino di Manacor è un solista straordinario, ma ha la capacità di trasformarsi in uomo squadra, qualità rara nei fenomeni e tale da sbalordire anche Federer che profetizza: «Può diventare il più grande di sempre». Il 2019 di Rafael Nadal è stato una cavalcata da record. E dire che la sua stagione sul rosso era partita in salita, senza vittorie a Montecarlo e Barcellona, due dei «suoi» tornei. Rafa si è rifatto agli Internazionali di Roma, antipasto dello storico Roland Garros vinto poco dopo per la dodicesima volta. Il mancino ha poi centrato in estate il Masters 1000 di Toronto proseguendo con lo US Open. Proprio la vittoria di New York è stata la dimostrazione di quanto la tenacia e la forza mentale di Nadal siano in grado di fiaccare anche l’avversario più in forma. Contro Daniil Medvedev, 23enne russo «on fire» sul cemento e rivale nella finale dello Slam americano, ha lottato cinque ore, come nessun altro avrebbe fatto. E infatti quel trofeo, secondo Slam dell’anno e diciannovesimo in carriera, adesso è nella bacheca di casa. Non ha mai mollato, ha giocato Parigi Bercy fermandosi in semifinale per un infortunio agli addominali, poi è volato a Londra per le Finals, il grande torneo che ancora gli manca. Il titolo non è arrivato, ma a Londra è stato premiato comunque per aver chiuso la stagione da numero uno al mondo. È la quinta volta per lui, come per Connors, Federer e Djokovic ma a 33 anni e mezzo è il più «anziano» dei colleghi ad esserci riuscito […]. Un primato raggiunto senza fare calcoli, se non quelli necessari alla «sopravvivenza», senza forzare troppo un fisico già colpito da mille infortuni: «La prima posizione non era il mio obiettivo. Non la inseguivo e non ho pianificato il calendario in funzione del primato. Tutto è finalizzato a durare il più a lungo possibile. Io e il mio team organizziamo la stagione per preservare il mio fisico al meglio. Dovunque abbia giocato quest’anno sono quasi sempre arrivato in fondo. Ecco perché adesso sono qui con il trofeo – raccontava alla premiazione di Londra, dove è uscito nella fase a gironi -. Ma, considerata la forza dei miei avversari, tutto può succedere. Io cerco solo di mettermi nelle condizioni di potercela fare». Chiudere l’anno ancora una volta sul trono mondiale non è paragonabile a nessun altro successo: «Quando conquisti uno Slam lo fai vincendo l’ultimo punto della partita e quella è una sensazione che non hai quando diventi numero uno – spiega il mancino -. Ma essere ancora una volta numero 1 a fine anno mi emoziona molto, soprattutto dopo tutto quello che ho passato nella mia carriera». Un risultato, una carriera, che ha condiviso come per tutta la sua esistenza tennistica con Roger Federer. Le loro battaglie hanno fatto la storia del tennis e negli anni i due hanno imparato a conoscersi, stimarsi. Mentre Nadal era a Madrid a guidare la Spagna, Roger, in polemica contro la nuova Davis, era in America a fare il tutto esaurito negli stadi con Sascha Zverev. Ma con un occhio attento alle gesta del rivale-amico: «Rafa è una grande persona e un grande atleta – ha dichiarato il venti volte campione Slam durante un’intervista televisiva in Argentina -. È riuscito a chiudere l’anno da numero uno del mondo a 11 anni di distanza dalla prima volta. Hanno detto che sarebbe stato sempre infortunato e che non avrebbe potuto avere una lunga carriera, ma ha trovato il modo per reagire e costruirsene una fantastica». Roger, che contro il mancino ha perso 24 volte su 40 incontri, l’ultima in semifinale al Roland Garros di quest’anno, prima di batterlo a Wimbledon, applaude alla tenacia e alla resilienza del collega, facendo una previsione importante: «Ha disputato una stagione fenomenale, vincendo due tornei Slam. Ho imparato molto da lui, è un grande campione e un esempio per tutto il mondo dello sport. Sono felice di aver condiviso con lui grandi battaglie. Probabilmente finirà per diventare il miglior tennista di tutti i tempi» […]

Nadal chiama il cambio (Davide Palliggiano, Corriere dello Sport)

La Spagna gongola, gode, si stropiccia gli occhi per un anno magico che si è concluso con la sesta Coppa Davis della sua storia. Poi, però, passata la sbornia della Caja Magica, comincia a farsi domande più che lecite seppur spaventose. Cosa ne sarà del dopo Nadal? Dove si ritroverà il tennis spagnolo quando il maiorchino dirà basta alla Davis, basta al tennis e si ritirerà al termine di una carriera che già ora basterebbe per sette vite? Le risposte fanno paura, perché la Spagna ha sì vinto di squadra, ma con un eroe nettamente al di sopra degli altri. Nella settimana di Madrid hanno giocato tutti: Carreno Busta, Bautista Agut, Feliciano Lopez, Granollers e Nadal. Ma i punti, quelli decisivi, li ha portati Rafa, da martedì a domenica, senza fallire mai, lasciando solo le briciole agli avversari. Otto partite vinte: 3 doppi, ma soprattutto 5 singolari che gli hanno permesso di arrivare a 29 successi di fila, dietro solo a Marcos Baghdatis (36) e Bjorn Borg (33). L’ultima sconfitta in Davis risale a Brno, Repubblica Ceca, nel 2004, quando aveva appena 17 anni e 8 mesi. Perse contro Novak in due set. Il suo compagno più anziano, Feliciano Lopez, lo ha definito «un supereroe, un uomo straordinario capace di fare cose indescrivibili». Una descrizione lusinghiera per un ragazzo di 33 anni che nel 2019 ha conquistato il suo 12° titolo al Roland Garros, il suo quarto US Open, il Masters 1000 di Montreal, gli Internazionali di Roma e ha chiuso l’anno, come Djokovic e Federer, per la quinta volta al vertice della classifica mondiale (2008, 2010, 2013, 2017 e 2019). Quest’anno ha perso solo una finale, quella dell’Australian Open di gennaio contro il fuoriclasse serbo. Torneo, però, che dal 2020 può permettergli di eguagliare il record dello svizzero dei 20 Slam vinti in carriera. E poi, magari, di superarlo al Roland Garros. La vittoria della Davis, però, ha dato lo spunto allo stesso Nadal per pensare al futuro, che non è poi così roseo: «È stata l’opportunità per aggiungere un trofeo e per di più in casa – ha detto dopo il punto decisivo nella finale contro Shapovalov -. Da otto anni non vincevamo, ma siamo onesti: non siamo il Canada (per età media, ndr) e perciò abbiamo bisogno di un ricambio generazionale. Per fortuna le cose sono andare bene, stiamo vincendo, ma spero che i giovani tennisti spagnoli crescano in fretta perché la nostra carriera sportiva sta per finire» […]

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