Fognini, che cuore. Sinner alla Federer (Cocchi). Fognini incanala la rabbia e vince (Semeraro). Il predestinato (Azzolini). Eclisse di Masha: fuori dalle 300 (Viggiani)

Rassegna stampa

Fognini, che cuore. Sinner alla Federer (Cocchi). Fognini incanala la rabbia e vince (Semeraro). Il predestinato (Azzolini). Eclisse di Masha: fuori dalle 300 (Viggiani)

La rassegna stampa di mercoledì 22 gennaio 2020

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Fognini, che cuore, ribalta pure Opelka. Sinner alla Federer (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Colazione dolcissima per l’Italia del tennis: la rimonta miracolosa di Fognini e il battesimo vincente di Sinner all’Australian Open. Il sollievo dopo la paura e la gioia di una prima volta Slam da fenomeni. Fognini ormai ci ha abituato a tutto, ma la versione double face da un giorno all’altro, dopo l’interruzione per la pioggia, rimarrà tra le memorie più belle della carriera. Fabio riparte sotto di due set (e -0-1 nel terzo), per la prosecuzione della sfida contro Opelka, il giocatore più alto del circuito (2.11) che lo aveva annichilito agli ultimi Us Open, anche se il nostro si era preso la rivincita in Davis. In aggiunta, ha la mano destra martoriata e gonfia per le lesioni che si è procurato malmenando più volte la racchetta. Eppure, si capisce subito che stavolta la musica sarà diversa: Fogna risponde meglio alle seconde dell’americano e dunque può controllare più agevolmente il gioco del gigante. È una partita calda, c’è in ballo tutto: e nel quinto Fabio sbrocca contro l’arbitro Bernardes per un penalty point (spacca un’altra racchetta): «Non mi piaci, non so più come dirtelo, quando ci sei tu mi viene l’ansia. Non sono tranquillo quando sei sulla sedia». Fortunatamente Fabio non perde la concentrazione e nel tie break decisivo rispedisce in aeroporto il gigante yankee. Così, Fognini completa il personale Slam delle rimonte, avendo vinto partite da uno svantaggio di due set a zero in tutti e quattro i Major. Fabio torna in campo nella mattina italiana, contro il giocatore di casa Thompson. Ormai tra i top player è tutto un darsi di gomito: «Oh, ma hai visto Sinner?». Jannik ha vinto a Melbourne contro il qualificato Purcell la prima partita in un torneo dello Slam a soli 18 anni e 5 mesi. Cose da grandi, e anche se in Italia il più giovane a farcela è stato Diego Nargiso al Roland Garros del 1988, Jannik condivide l’età della prima volta con Roger Federer. Non male come precedente. E di sicuro Federer stravede per Sinner. Lo ha più volte voluto come compagno di allenamento, anche in queste giornate australiane, e stimolato sull’argomento ha ancora una volta intessuto le lodi del teenager Italiano: «Sentiremo parlare di lui a lungo — ha detto —. Tira con la stessa forza di dritto e di rovescio, una qualità che ho riscontrato in Aliassime e in pochi altri. In campo è uno spettacolo e per di più è un ragazzo d’oro. Una combinazione di aspetti che adoro».

Fognini incanala la rabbia e vince (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Fabio Fognini, ovvero l’arte dello stupore: proprio e altrui. Abituati da un decennio a vederlo sbroccare nelle situazioni più diverse, ci ritroviamo ora a vederlo trasformato in una sorta di McEnroe in minore. In uno, tanto per capirci, che con la benzina delle incazzature ci vinceva le partite, invece che bruciarsi il serbatoio mentale. Vedi il match giocato, e vinto, in due giorni agli Australian Open contro Opelka, il “noiosissimo” (per Fabio) pivot americano da 211 centimetri che l’anno scorso l’aveva buttato fuori dagli US Open. Qui a Melbourne sembrava spacciato. Sotto due set a zero, nervoso e poco ispirato, era stato salvato dalla pioggia. Nella seconda puntata del un match, però, Fabio non ha mollato. Ha subito approfittato di una pausa di Opelka al servizio all’inizio del terzo set, mentre nel quarto è stato invece l’americano a perdere il controllo, infuriandosi per un warning su una “time violation” e arrivando a dare anche del «patetico» al giudice di sedia Carlos Bernardes. Fabio ne ha approfittato per scucirgli il set, e nel quinto – dopo essersi beccato a sua volta un penalty point e nonostante uno scambio avvelenato con Bernardes («non ti voglio più vedere arbitrate, ma tanto danno retta solo a Nadal…») – ha chiuso con un tie-break lucidissimo (10 a 7, in Australia si gioca con il formato più lungo) dopo 3 ore e 18 minuti complessivi. […] Stamattina alle 9 al secondo turno gli tocca il numero 66 del mondo, l’australiano Jordan Thompson, con cui non ci sono precedenti, e vedremo se Fabio saprà stupirci ancora. […]

Il predestinato (Daniele Azzolini, Tuttosport)

C’è sempre una prima volta, e in talune occasioni c’è persino l’ottava. Potranno sembrare annotazioni superficiali, in un tennis che sempre più spesso gioca con i numeri e lancia statistiche come fossero coriandoli. Ma fra la prima di Jannik e l’ottava di Fabio, corrono i nuovi e gli antichi fasti del nostro tennis, il futuro che tutti aspettano e quel che resta di un passato che ha ancora voglia di stupire. I diciotto anni di Sinner si sono fatti largo anche all’altro capo del tennis. Lo conoscono tutti, a Melbourne, almeno così dicono. E se non è del tutto vero, poco importa, perché ne parlano in tanti e vogliono vederlo. Tanto più dopo le presentazioni di John McEnroe e di Roger Federer, che senza lasciare troppo spazio ai dubbi, l’hanno insignito del ruolo più difficile da sopportare che vi sia. Quello del predestinato, l’erede dei campioni che lo hanno preceduto. «Ha davanti a sé una carriera ricca di vittorie importanti», ha detto McEnroe. E Federer non si è risparmiato, lui sempre attento e misurato, nei pensieri e nelle parole. «E’ impressionante, sa usare tutti i colpi a una velocità pazzesca e ha gambe rapidissime». Così, l’impresa di giornata è di quelle che nemmeno stupiscono. La prima vittoria in uno Slam. A Melbourne Sinner si è affacciato per la seconda volta in un tabellone del Grande Slam, la prima grazie a una classifica giunta a un passo dal numero 70. Passa le qualifiche a New York, e perde da Wawrinka. Qui l’hanno sorteggiato con un australiano ventenne, Max Purcell, e lui l’ha tenuto a bada. Non gli ha permesso di andare in fuga nei primi scambi della giornata iniziale, e quando ieri si sono ritrovati in campo per riprendere la disfida, gli sono bastati due game (e un nuovo break) per sistemare la pratica. […] «Sono qui per provare ad andare avanti», dice, con la convinzione che riesce a estrarre dalla giovanile timidezza. «Non ci sarà il match con Shapovalov, pazienza, mi sarebbe piaciuto. Ne parlavano in tanti, ma si erano dimenticati che dovevamo ancora vincere il primo turno. Me la vedrò con Fucsovics, che conosco poco. E un ottimo ribattitore, ma dovrò studiare bene che cosa fare, insieme a coach Piatti». L’obiettivo? Niente di roboante. «Ogni partita che gioco mi offre un infinità di cose da imparare. Giocarne molte è l’obiettivo. Diventare forte, credibile. Vedremo se ne sarò capace». L’impresa di Fognini è di natura diversa. Nasce dalla volontà di resistere, e dalla necessità di fare continuamente i conti con se stesso (oltre che con l’arbitro). Ma ribaltare un risultato negativo contro Reilly Opelka è come scalare una montagna. Di buono c’è che Fabio è maestro nei ribaltoni. Questo è l’ottavo della serie.[…]

Eclisse di Masha: fuori dalle 300 (Mario Viggiani, Corriere dello Sport)

C’era anche il nuovo compagno di allenamenti Jannik Sinner a seguire Maria Sharapova, nel suo match di esordio agli Australian Open 2020, ieri nella Rod Laver Arena. Peccato però che l’avversaria dell’ex Tigre Siberiana fosse la lanciatissima Donna Veldc, ormai affrancatasi dall’etichetta di ex fidanzata di Stan Wawrinka e numero 20 del mondo, dopo aver raggiunto i quarti degli US Open 2019. E così la partita è durata appena 1h21′: 6-3 6-4 per la croata, che era la favorita del match. «Non so se ci vedremo il prossimo anno, non lo so», le esplicite parole della Sharapova, che a 32 anni fatica ad avere ancora uno spazio significativo nel circuito pro, in cui ha debuttato nel 2001, nel giorno del 14° compleanno. Da allora ha conquistato 36 tornei e il suo nome compare nell’albo d’oro dei quattro Slam (ha trionfato a Wimbledon quando era 17enne). Adesso però non vince un match dall’agosto scorso (Cincinnati, 1° turno contro Alison Riske), non ne vince due di fila dall’Australian Open 2019, non batte una Top 20 (Caroline Wozniadd) dallo stesso AO 2019 ed è alla terza eliminazione consecutiva al l° turno in uno Slam. Maria era arrivata a Melbourne da 145 del mondo e solo una wild card le aveva assegnato un posto nel tabellone principale. L’anno scorso, colpa della spalla destra spesso mal messa, ha disputato in tutto appena otto tornei. Nello Slam australiano arrivò agli ottavi (sconfitta contro Ashleigh Barty, attuale n.1 del ranking) ma adesso perderà quei preziosi 240 punti Wta conquistati allora e sprofonderà almeno al n. 366, posizione che potrà anche peggiorare da qui alla conclusione degli AO e soprattutto dopo due settimane di tornei minori che invece porteranno più in alto altre giocatrici attualmente dietro di lei. Lasciando da parte la… fuoriuscita del 2016 per la positività al meldonium, era dall’estate 2002 che la Sharapova non si trovava fuori dalle Top 300: solo che allora era poco più che 15enne. La nuova classifica in futuro le consentirebbe di essere ammessa solo ai tornei Itf e non certo a quelli Wta, specie i più importanti. Tùttavia, in quanto vincitrice di Slam, ci sarà sempre una wild card a sua disposizione in ogni torneo. «Inutile riparlare della mia lotta con i problemi alla spalla, di tutto quello che ho passato. Pensavo di giocare meglio, qui a Melboume, ma non è andata come avrei voluto: fare le cose giuste non ti garantisce certo di vincere e andare avanti. Con Riccardo Piatti ho lavorato e lavoro bene, continuerò con lui come coach. Il mio futuro? Non ho la palla di vetro, non so se tra un anno sarò ancora qui».

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