È morto il giornalista sportivo Gianni Mura

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È morto il giornalista sportivo Gianni Mura

Aveva 74 anni. Assieme a Gianni Brera, di cui è stato allievo prediletto, ha raccontato calcio e ciclismo come nessuno

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Il mondo del giornalismo ha perso un’altra storica firma. Questa mattina, all’età di settantaquattro anni, Gianni Mura è deceduto a causa di un arresto cardiaco. Nato a Milano nel 1945, ha trascorso i suoi ultimi istanti di vita all’ospedale di Senigallia (Ancona) dove era ricoverato da lunedì – si apprende nell’articolo scritto da Repubblica.

Repubblica era anche il suo giornale, quello per il quale ha scritto dal 1976 fino a pochi giorni fa. L’ultima puntata della rubrica ‘Sette giorni di cattivi pensieri’ l’abbiamo letta domenica scorsa, e purtroppo non ce ne sarà un’altra: “Sono Gianni, volevo avvisarvi che domani non scriverò la mia rubrica. Qui in ospedale non mi hanno portato il PC e neanche i giornali. Scusatemi” avrebbe detto nell’ultima telefonata alla redazione, poche ora prima di spegnersi.

Gianni è stato uno dei più grandi giornalisti sportivi italiani. Esperto di calcio e soprattutto ciclismo, i due universi che lo avvicinarono al suo grande maestro e amico Gianni Brera, proprio sulla sua morte dettò il pezzo più difficile, mentre si trovava a Malta per una partita della Nazionale di calcio. Era il 1992, sul calare di un’epoca in cui gli articoli si trasmettevano ancora così in assenza del mezzo digitale, e quel pezzo – accorato, struggente, meraviglioso – cominciava con ‘Ti sia lieve la terra, Giovanni‘ per concludersi in un modo che non è corretto provare a descrivere. Bisogna soltanto leggere. “Quel po’ di strada che c’è ancora da fare la faremo insieme, tu non ti stancherai, neanche al Tour. E io se sentirò un peso al petto o un bruciore agli occhi darò la colpa alle sigarette, al vino, ai chilometri. Sto dettando dallo stadio Tà Qali, gioanbrerafucarlo, siamo già partiti“. Quel pezzo, potete leggerlo per intero qui.

La sua carriera giornalistica cominciò nel lontano 1964, quando da studente appena diplomato al ginnasio Manzoni di Milano riuscì a ottenere un posto da praticante alla Gazzetta dello Sport. Ne divenne molto presto un dipendente e nonostante avesse intraprese gli studi universitari di Lettere Moderne vi rimase per otto anni, durante i quali seguì come corrispondente molti incontri di calcio e il Giro d’Italia. Il giornalismo era diventata la sua professione e avrebbe continuato ad esercitarla per oltre mezzo secolo, principalmente sulle pagine di Repubblica ma dedicandosi anche alla scrittura di quattro libri. Da qualche anno, teneva sul settimanale ‘Venerdì’ una rubrica di recensioni eno-gastronomiche assieme alla moglie Paola.

Con il tennis Gianni non ha avuto moltissimi incroci, sebbene il direttore Scanagatta ricordi di aver cenato al suo stesso tavolo una volta, molti anni fa, assieme agli altri due Gianni, Brera e Clerici. E ovviamente si parlò tanto anche di tennis. Tra gli scritti a tema tennistico ce n’è però uno che risale a un paio di anni fa e merita di essere riproposto. Gianni tracciò un meraviglioso ritratto di Lea Pericoli, sul Venerdì di Repubblica, in forma di intervista. Il tennis non è stato uno dei suoi principali amori, ma è difficile trovare qualcosa che non sia stato nobilitato dalla sua penna. Che la terra sia lieve anche a te, Gianni.

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