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Il direttore di Ubitennis vi risponde. Scrivete a scanagatta@ubitennis.com

Con una cadenza settimanale Ubaldo Scanagatta cercherà di rispondere a quel che gli verrà chiesto da voi lettori. Anche in breve (forzando la sua natura)

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L’appello di Roger Federer per l’unione di ATP e WTA ha basi concrete di successo?

R.U. Palermo

Al di là delle buone intenzioni di Andrea Gaudenzi e dello stesso Roger Federer io non credo. Spesso abbiamo discusso dell’improbabile possibilità che il tennis si doti di un “commissioner” che gestisca questo sport che oggi ha 7 padroni, ATP, WTA, ITF e i 4 proprietari dei 4 Slam. Tutti gli attuali dirigenti hanno un potere che non vorranno mai mollare. Chiunque si accordi con un altro “padrone”, tipo ATP e WTA, dovrebbe cedere una fetta del proprio potere. Se il presidente di ATP-WTA fosse Andrea Gaudenzi quale sarebbe il ruolo di Steve Simon? E viceversa. E i ruoli intermedi? Quanti salterebbero? Quale organismo riununcerà ai propri?

E poi e poi… salvo che per gli Slam che guadagnano talmente tanto che si possono permettere qualsiasi esborso egualitario e si fanno forza propria del fatto di essere tornei “combined” e qualche Masters 1000 (ma non tutti: vedi Roma), per gli altri tornei in genere non è così. Lo scorso anno l’americana Alison Riske vinse s’Hertogenbosh e 43.000 euro. Ma Adrian Mannarino che vinse il singolare maschile incassò 119.000 euro. Giusto o sbagliato che sia, qualunque cosa si pensi al riguardo, lo sport oggi è un business e il tennis non vi fa eccezione. Se gli sponsor preferiscono mettere i loro soldi nello sport maschile anziché in quello femminile non è colpa della WTA, dell’ATP e di nessuno. Ci si può fare ben poco. Abbiamo già visto che non tutti i giocatori raccolgono l’appello di Federer. Vedi Kyrgios che è certo più vicino, anche per ragioni anagrafiche, ai giocatori più giovani e non ancora usciti dalle secche dei circuiti challenger.

Di fatto è sempre stata l’ATP a non ritenere conveniente una fusione dei due circuiti con eguali montepremi. Se i due montepremi, il maschile e il femminile, fossero ammucchiati insieme e divisi in parti uguali, ciò significherebbe che le donne registrerebbero un aumento di compensi e che gli uomini invece dovrebbero patire e accettare una riduzione. Ma, soprattutto ai livelli da 50 in giù dei tennisti uomini, quanti lo accetterebbero, essendo oltretutto convinti – a ragione – che la competizione maschile sia ben più agguerrita e profonda?

Insomma, con tutto il rispetto per l’appello probabilmente fatto in buona fede ma con un bel po’ di ingenuità (se non gliela abbia suggerita il suo astuto manager…) da Roger Federer, mi pare che esso sia stato piuttosto demagogico. Non lo dico perché Roger non ha problemi economici personali. Né penso che Roger intendesse fare un discorso egoistico, anzi. Ma certo lui potrebbe fare tutte le concessioni del mondo. I suoi colleghi meno forti, quasi tutti, no. Bene comunque aver sollevato l’interrogativo, che se ne sia discusso. Soprattutto dopo le prime dichiarazioni lasciate alla stampa italiana e a Ubitennis da Andrea Gaudenzi. Si potrebbe, ad esempio, puntare a evitare che anche certi Masters 1000 (tornei che guadagnano discreti soldini a differenza dei 500 e dei 250) continuino a discriminare fra montepremi maschile e femminile.

Oggi Madrid è allineato ai Masters 1000 americani di Miami e Indian Wells. Quindi sette combined rispettano la parità dei premi. Ma solo questi tre hanno le carte in regola per meritarsi l’appellativo di Super Masters 1000. Shanghai e Bercy non sono combined. Roma, Canadian Open e Cincinnati, i soli altri tre che ospitano contemporaneamente uomini e donne, per gli uomini sono Masters 1000 mentre per le donne sono Premier 5. Lo scarto nel montepremi fra Roma uomini e donne è del 68%, in Canada del 123% e a Cincinnati del 128% Altro che uguaglianze. Billie Jean King non ha ancora vinto la sua battaglia intrapresa all’inizio degli anni Settanta 

Ion Tiriac ha spesso sottolineato l’aspetto dell’uguaglianza di premi che Madrid garantisce e altri Masters 1000 quando Madrid e Roma erano in lotta per assicurarsi un numero maggiore di giorni (leggi: incassi) per il loro torneo. Secondo lui, che a quanto ricordo mi disse aveva già anticipato soldi per poter avere una priorità al diritto di chiamarsi Super-Masters, l’ATP e la WTA per primi avrebbero dovuto proteggerlo diversamente rispetto a Roma. 

Forse si potrebbe, come si diceva con Mary Carillo e anche con Martin Mulligan, approfittare di quanto accaduto di negativo con il coronavirus per fare piazza pulita del vecchio calendario, favoriti dal fatto che diversi tornei saranno forse cancellati per la crisi economica, e rifarlo di sana pianta. “Let’s make a clean calendar!” ha detto la Carrillo. Evitando i Masters 1000 back to back (Roma e Madrid, Canadian Open e Cincinnati), togliendo le due settimane a Indian Wells e Miami, oppure dando dieci giorni a tutti i Masters 1000 outdoor purché combined e con montepremi egualitario. Chi non può…out! Meglio quattro Slam e soli sei o sette Masters 1000 combined, 10/11 tornei scaglionati nell’anno come i Gran Premi di Formula Uno, un grande torneo al mese o al max in alcuni mesi due, uno nella prima settimana del mese e un altro a fine mese, in modo che anche i non addetti ai lavori comincino a memorizzare le date, come oggi accade quasi soltanto per gli Slam. Andate oggi a chiedere agli appassionati di altri sport se hanno idea di cosa sia e come sia formato il circuito ATP e quello WTA, fra 250, 500, Premier, Premier 5, Mandatory, International… un vero guazzabuglio.


Cosa ne pensa il direttore di Djokovic ‘No-Vax’?

C.G. Roma

Anche di questo argomento abbiamo brevemente discusso nella nostra video-chat con Mary Carrillo, l’ex tennista che vinse al Roland Garros nel 1977 il doppio misto con il diciassettenne John McEnroe e che poi, a seguito di un infortunio occorsole ad un ginocchio scivolando sull’erba di Wimbledon, è diventata forse l’opinionista più celebre degli Stati Uniti.

Quello del no-Vax o sì Vax è un argomento super delicato, difficile da disciplinare senza fare… invasione di campo. Personalmente sono pro-Vax, ma se la maggioranza del mio Paese fosse no-vax, troverei giusto essere no-vax.

Infatti, pur consapevole di tanti guai che combina la democrazia, con le sue burocrazie ritardanti, i suoi eccessi, le sue manovre spesso scorrette, essa resti pur sempre il minor dei mali rispetto a regimi totalitari e dittature varie. Ritengo che se una democrazia di un Paese sceglie in stragrande maggioranza di essere a favore del vaccino sia giusto rispettare la volontà dei più, perché la mia libertà di agire e pensare deve avere un limite, quello del rispetto degli altri. Se un mio diverso comportamento rischia di danneggiare la salute degli altri, grandi e piccini, finisce per essere un comportamento egoistico, alla fine inaccettabile. Qualunque cosa uno pensi.

Ciò detto so che per Novak è molto difficile, intellettualmente, psicologicamente, culturalmente, accettare l’idea di intervenire sul proprio corpo. Mi si dice che dopo aver opposto tutta la resistenza possibile all’operazione chirurgica al gomito, poi abbia pianto per giorni per essersi arreso… anche se grazie a quella resa è poi tornato a giocare e a vincere come prima e più di prima. 

Quindi non credo che la questione possa essere risolta superficialmente. Mi chiedo – e al di là degli ottimi rapporti esistenti fra noi non lo chiederò a lui… e comunque mai in una conferenza stampa perché vicenda troppo personale – come si senta lui ad esporre anche i propri figli all’esclusione di ogni vaccino (poliomielite, tetano, malaria, difterite e non so più quanti), quando la stragrande maggioranza invece li consiglia ritenendoli necessari. Alcuni vaccini sì e gli altri no? Su quali basi? Una scelta ideologica? Scientifica? E con il suo team?

Lui potrebbe anche decidere di smettere di giocare se non si sentisse di affrontare i protocolli sanitari richiesti dai vari governi. Ma così facendo “affonderebbe” anche tutto il proprio team, coach, manager, fisio etcetera che non la pensassero come lui. E da presidente dei tennisti ATP che messaggio darebbe? Mah… ripeto, è un tema super-delicato, cui è difficile dare una risposta che non si presti a varie obiezioni. Io ho detto la mia, senza pretendere di essere il Verbo, ci mancherebbe. Le reazioni che hanno avuto nel mondo (anche da parte dei suoi tifosi) le sue dichiarazioni, seppur parzialmente modificate rispetto alle primissime, dovrebbero pesare certo più di quel che penso io. Resto, a questo punto, curioso di vedere come si muoverà Djokovic e la sua famiglia. Concretamente e anche pubblicamente.

Prima ‘manche’ di risposte terminate: rinnovo il mio invito a rivolgermi le vostre domande scrivendomi all’indirizzo scanagatta@ubitennis.com

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