Tokyo 2020: le Olimpiadi delle giocatrici ritrovate, da Bencic a Vondrousova - Pagina 2 di 5

Al femminile

Tokyo 2020: le Olimpiadi delle giocatrici ritrovate, da Bencic a Vondrousova

Belinda Bencic e Marketa Vondrousova era reduci da un 2020 di crisi, ma ai Giochi di Tokyo hanno saputo riproporre il loro miglior tennis

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Belinda Bencic - Olimpiadi di Tokyo
 

2. Le condizioni di gioco a Tokyo. L’esempio di Camila Giorgi
Durante il torneo la gran parte delle osservazioni sulle condizioni di gioco si sono concentrate sul clima: caldissimo, umidissimo, aggravato da orari che non tenevano conto delle situazioni-limite a cui erano sottoposte le protagoniste. Quattro tenniste si sono ritirate (Diyas, Shevedova, Putintseva e Badosa), e si sono verificati improvvisi crolli di rendimento, come quello già citato di Kvitova. Paula Badosa, vittima di un colpo di calore, dopo un set è uscita dal campo in sedia a rotelle, come accaduto a Peng Shuai nella semifinale dello US Open 2014.

Ma se vogliamo avere una ulteriore chiave di lettura per comprendere i risultati, credo meriti un tentativo di approfondimento anche la combinazione determinata dalla superficie del campo insieme alle palline utilizzate. Lo sottolineo perché a me sono sembrate condizioni abbastanza inusuali, con conseguenze sull’efficacia del tennis proposto.

Premessa: a proposito delle condizioni di gioco, per quanto mi riguarda ricavo la maggior parte delle informazioni nelle primissime fasi del torneo, quando le giocatrici affrontano i match ancora con qualche titubanza legata all’interpretazione delle traiettorie. E sono proprio le titubanze e gli errori (di timing, di approccio alla palla, di lettura delle parabole) che mi aiutano a definire un quadro della situazione.

Nei primi turni di Tokyo ho avuto la sensazione che le giocatrici soffrissero per due problemi antitetici, apparentemente incompatibili fra loro. A volte sembravano sorprese dalla alta velocità di alcune parabole, mentre altre volte sembravano trovarsi con la difficoltà opposta: su palle meno spinte sembravano aspettarsi rimbalzi più rapidi e lunghi di quanto effettivamente accadeva. Per molti aspetti, era come se il ventaglio tra velocità massime e velocità minime della palla fosse più ampio del solito. Come mai?

La mia ipotesi è che le condizioni di gioco fossero queste: un campo piuttosto rapido, accoppiato a palle leggermente più pesanti del solito. Conseguenze? Le palle poco spinte, essendo abbastanza pesanti, tendevano a “soffocare” la poca energia impressa. Risultato: parabole lente, più di quanto le giocatrici si aspettassero. Ma d’altra parte, al di sopra di una certa soglia, quando la palla era ben spinta, non solo prendeva velocità ma risultava carica di energia, pienamente elastica. Risultato: vincenti imprendibili.

Naturalmente posso sbagliare (e dalla TV le valutazioni sono ancora più difficili), ma se così fosse, si spiegherebbe perché si sia assistito a scambi in cui la palla viaggiava con grande velocità fino a raggiungere picchi difficili da controllare, ma anche a fasi in cui chi comandava lo scambio faticava a chiudere con il vincente. In questo secondo caso era sufficiente il ricorso a un chop di contenimento per svuotare la palla di energia; allora chi attaccava era obbligata e caricare con tutto il peso del corpo l’esecuzione dello swing, aumentando la possibilità di errori.

In sostanza molto dipendeva dalla combinazione delle giocatrici in campo e dalle loro scelte tattiche. Per esempio due colpitrici come Pliskova e Giorgi hanno generato scambi di velocità supersonica, dando vita a dei “crescendo” entusiasmanti.

D’altra parte c’era spazio anche per tenniste con caratteristiche molto differenti, perché le giocatrici di contenimento non erano penalizzate. Pensiamo ancora a Camila Giorgi, e a come sono cambiate le cose rispetto alla partita con Pliskova una volta che si è trovata di fronte Elina Svitolina.

Contro Camila, Svitolina si è spesso affidata a chop difensivi: palle “morte” che per essere rilanciate richiedevano un surplus di potenza. Surplus di potenza che nelle fasi decisive dei match significava anche grande coraggio nella esecuzione dei colpi. Ma in un quarto di finale che valeva l’accesso alla zona medaglie, Giorgi ha faticato a rimanere fluida e a colpire a tutto braccio senza timori. Risultato: più errori del solito e andamento dei due set in fotocopia, con Camila in grado di mostrare sprazzi del suo miglior tennis quando ormai Elina aveva racimolato un vantaggio incolmabile (6-4, 6-4),

Dovessi sintetizzare la situazione, la metterei in questo modo: le attaccanti potevano avere la meglio a condizione di non farsi prendere dal braccino nelle fasi decisive dei match, continuando a spingere senza il timore dell’errore. Del resto con un atteggiamento sempre risoluto, Pavlyuchenkova ha lasciato le briciole a una super difensivista come Sara Sorribes Tormo (6-1, 6-3).

Ma se le giocatrici più difensive riuscivano a entrare nella logica della battaglia quindici dopo quindici, e del confronto anche mentale, allora potevano trovarsi favorite dall’aumento delle insicurezze di chi provava a chiudere il punto. Perché se non si spingeva con decisione, il vincente diventava impossibile.

a pagina 3: Le cadute di Barty e Osaka

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