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Chi l’ha visto? Jared Donaldson e il suo sogno spezzato

Raccontiamo la storia di Jared Donaldson, dai campi in terra battuta in Argentina fino al best ranking di numero 48 del mondo prima di essere fermato da un infortunio al ginocchio destro. Per sempre?

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Jared Donaldson
 

INTO THE TOP 100

Tornando ai suoi primi anni di carriera, Jared cominciò a farsi notare nel tennis che conta quando a nemmeno diciassette anni si spinse fino al turno finale delle qualificazioni dello US Open battendo tra gli altri la testa di serie numero 29 Ilya Marchenko per perdere al match decisivo contro l’esperto veterano tedesco Philipp Petzschener.  Nel 2014 continuò a raccogliere ottimi risultati nei futures e nei challenger fino a giocare la sua prima partita in un main draw ATP a Washington DC perdendo 7-5 al terzo set contro Rajeev Ram. Un mese più tardi si arrese al primo turno degli US Open contro Gael Monfils. L’anno successivo, nel 2015, arrivò il suo primo acuto in un challenger con la vittoria nel torneo di Maui dove sconfisse il detentore del titolo Bradley Klahn. In questo modo a fine 2015 si trovò a concludere l’anno vicino ai primi 100, precisamente al numero 134.

Tornando all’intervento di Toni Nadal durante il podcast “tres iguales”, l’allenatore spagnolo ha detto un’altra cosa interessante riguardo al modo in cui ha plasmato Rafa: “Quando Rafa era piccolo ho cercato di fare di lui un mix tra Connors e Vilas, tanta intensità ma anche capacità di tirare colpi vincenti”.  Quest’abilità di lasciare fermo l’avversario fin dall’inizio della carriera è sembrata mancare a Jared, abile a palleggiare da fondo campo e nei movimenti ma in difficoltà a tirare vincenti. La sua consistenza con entrambi i fondamentali lo hanno sempre reso un giocatore tignoso da affrontare.

Nel 2016 arrivò il suo primo grande risultato della carriera. Terzo turno allo US Open dopo aver sconfitto al primo turno niente di meno che la testa di serie numero 12 David Goffin travolto addirittura con un 6-0 nel quarto set. In questa partita non solo fu in grado di servire ben 12 aces ma mostrò anche un gioco particolarmente aggressivo che, probabilmente sorprese il belga. “Il mio servizio migliorato grazie a Phil e Taylor ma anche l’idea di togliere il tempo all’avversario e giocare offensivo viene da loro” disse Jared dopo quella grande vittoria. La sua corsa s’interruppe al terzo turno per mano di Ivo Karlovic che in quel momento era la testa di serie numero 21 del torneo.

Dopo quel torneo l’ingresso in top 100 pareva imminente ma una serie di risultati non particolarmente esaltanti nei tornei di fine anno lo fecero chiudere la stagione ancora fuori dai top 100, al numero 105.

Il 2017 è stata la sua stagione migliore. Ha raggiunto gli ottavi a Miami, ma soprattutto ha vinto per la seconda volta in carriera due partite consecutive in un Major, questa volta a Wimbledon. In estate è arrivato anche il primo quarto di finale in un Masters 1000 a Cincinnati. È vero che quell’edizione del torneo in Ohio fu molto particolare a causa delle defezioni di Djokovic, Murray e Federer in partenza ma Jared è stato bravo a sfruttare uno spicchio di tabellone molto favorevole dove l’unica teste di serie era Bautista Agut.

La sua crescita è stata costante e a fine 2017 ha celebrato l’ingresso nei Top 60. Un gran balzo rispetto alla stagione precedente. Grazie a questi risultati si è qualificato per la prima edizione delle Next Gen ATP Finals in programma a Milano cui partecipano migliori otto giocatori under 21. Dato il discutibile formato del torneo in sé conta poco che Jared perda tutte e tre le partite del suo girone mentre è interessante vedere come si era qualificato al torneo precedendo il coetaneo Medvedev di ben 9 posizioni. Molto probabilmente anche senza infortuni ora Donaldson non sarebbe un campione Slam ma questo dato fa vedere i miglioramenti che il nativo di Providence stava facendo stagione dopo stagione.

Jared Donaldson – Miami 2017

INIZIO DELL’INCUBO

Nel 2018 dopo la semifinale al torneo di Acapulco raggiunge il suo best ranking al numero 48 del mondo. I risultati però di quella stagione dopo il torneo messicano sono mediocri. Appena due match vinti sulla terra rossa e qualche battuta d’arresto di troppo. L’idea è che sia in grado di mettere in difficoltà i coetanei come Shapovalov e Tsitsipas grazie alla sua regolarità che soprattutto contro il canadese obbliga Denis a giocare sempre una palla in più mentre a causa della mancanza come detto di un colpo killer fa fatica a imporsi contro i giocatori di seconda fascia. A Wimbledon 2018 mentre è in cerca di un acuto che faccia decollare la sua stagione comincia a sentire i primi dolori al ginocchio destro. Un paio di giorni prima del suo match di primo turno si sta allenando con Matthew Ebden quando comincia a sentire un dolore. “Il ginocchio mi faceva davvero male” ha raccontato Jared che ha ammesso come non pensasse a quel tempo che fosse nulla di serio dal momento che i giocatori devono convivere con piccoli dolori quasi ogni giorno. Il dolore peggiora però al secondo turno durante il match contro Tsitsipas: “pensavo davvero di poter vincere quella partita” ricorda. Riuscì infatti a rimontare due set di vantaggio e perse solo al quinto set. Il dolore durante quel match va e viene ma condiziona comunque Donaldson. “Dopo quel torneo ho preso un periodo di riposo e sono tornato a Washington dove ho perso di nuovo in una maratona contro Tsitsipas” continua Donaldson durante il podcast “under review” con Greg Shapiro.

SOTTO I FERRI

Il ginocchio a Toronto comincia a fare di nuovo male e così il nativo di Providence decide di prendersi una pausa per cercare di curare il problema in maniera conservativa dal momento che l’operazione comporta certi rischi. Nonostante si dimostri ottimista rientra a febbraio nel 2019 a Delray Beach ma il suo livello è lontano da quello che vorrebbe. Così l’intervento si rivela necessario. Durante l’operazione i dottori cercano di rimuovere i tendini malsani per stimolare più sangue nel ginocchio. Da quel momento però Donaldson purtroppo non ha più messo piede in campo. Ogni volta che cercava di allenarsi a ritmi più alti sentiva dolore e così è dovuto tornare sotto i ferri nel 2020. “Queste operazioni legate ai tendini sono molto difficili” ha spiegato il dottor Richard Ferkel che lo ha operato “soprattutto quando i tendini sono danneggiati da molto tempo”. Dopo un iniziale miglioramento Jared ha continuato a sentire dolore. D’altronde la sua è una tendinosi al tendine patellare, una patologia cronica.

In questo modo ha dovuto cominciare a pensare a un altro obiettivo nella sua vita. Andare all’università non era qualcosa che aveva mai preso in considerazione ma tre mesi fa, ad agosto, si trovava a un programma d’orientamento a Berkeley, California. Anche se non ha mai detto di essersi ritirato, le possibilità che torni in campo a sfidare i migliori giocatori del mondo sono remote. Peccato che il suo infortunio sia arrivato quando aveva 22 anni e aveva appena raggiunto il suo best ranking. Difficile sapere dove sarebbe arrivato. Il suo gioco aveva oggettivamente alcune carenze e le potenzialità parevano minori rispetto ai vari Fritz, Tiafoe. Ciononostante era stato in grado di raggiungere la top 50 a soli 21 anni. Se quel match contro Rublev a Miami rimarrà davvero l’ultimo match della carriera potrà sempre raccontare un giorno ai suoi figli di essere stato uno dei migliori 50 giocatori del mondo. Sempre che in futuro non possa aggiungere qualche altro capitolo al romanzo della sua carriera.

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