Djokovic rompe il silenzio: chiarita la timeline e ammessa una parziale colpa. Ma le incongruenze aumentano - Pagina 2 di 2

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Djokovic rompe il silenzio: chiarita la timeline e ammessa una parziale colpa. Ma le incongruenze aumentano

Novak Djokovic ammette di aver concesso un’intervista sapendo di essere positivo: “Un errore di giudizio”. Falsi positivi, ritardi nella notifica del PCR positivo. Gli strani numeri del certificato. Sempre più aspetti necessitano di una spiegazione

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Novak Djokovic - US Open 2021 (Garrett Ellwood/USTA)
 

Da queste dichiarazioni si evince dunque che Djokovic ha avuto due falsi negativi con test antigenici nel giro di 24 ore, ragion per cui ha ottemperato a tutti i suoi impegni pubblici con relativa tranquillità. I test antigenici hanno un’accuratezza che varia tra il 50 e il 90 per cento: considerando il peggiore dei casi, due falsi negativi nel giro di poco più di un giorno costituisce un evento con probabilità bassa, ma non bassissima.

Il tampone PCR eseguito il giorno 16 dicembre, in base al certificato rilasciato dalla Corte di Melbourne è stato effettuato alle 13.05, con il risultato positivo rilasciato dal laboratorio alle 20.19 del giorno stesso. Secondo quanto dice Djokovic, questa positività non gli è stata comunicata fino a dopo l’evento con i bambini in una scuola tennis di Belgrado, quindi molto probabilmente nella tarda mattinata o nel pomeriggio, 15-16 ore dopo il completamento dell’esame. Spesso la notifica arriva non solo via email ma anche via SMS, quindi potrebbe essere interessante sapere se questi messaggi erano indirizzati direttamente a Djokovic oppure a uno dei suoi collaboratori.

Oltre ad ammettere di aver commesso una leggerezza nel partecipare all’incontro con gli inviati de L’Equipe mentre era positivo, il messaggio sembra concedere in maniera molto chiara che il processo di valutazione del suo visto è ancora in corso, e che il Governo australiano sta ancora prendendo una decisione. La vittoria in tribunale non è quindi considerata la fine della procedura, come si poteva tentare di far credere, ma solamente una tappa.

Intanto, in attesa delle decisioni del Governo australiano che dopo l’udienza d’appello non ha ancora compiuto nessuna mossa ufficiale nella vicenda, continuano ad emergere elementi che inseriscono altre incongruenze in una faccenda che sta diventando una matassa sempre più ingarbugliata.

Dopo la questione della dichiarazione di viaggio toccata da Djokovic nel suo messaggio e del Ministro degli Esteri spagnolo che ha dichiarato come non ci sia nessuna documentazione relativa al viaggio di Djokovic in Spagna a inizio mese, è arrivata anche l’analisi della testata tedesca Der Spiegel che getta una luce inquietante sui test eseguiti dal campione serbo nella seconda metà di dicembre.

Secondo un sito amatoriale di programmatori che si dilettano a sottoporre a ingegneria inversa (reverse-engineer, in milanese moderno) vari processi informatici, che ha collaborato con Der Spiegel, ci sono diverse incongruenze tra il test PCR eseguito da Djokovic il 16 dicembre (e risultato positivo) e il codice QR (quei quadratini psichedelici che sono l’evoluzione dei codici a barre) contenuto nel referto stesso.

La scannerizzazione di quel codice genera un URL (la stringa che indirizza verso il contenuto desiderato nell’universo internet) che ha un formato standardizzato e contiene alcuni elementi individuabili. Uno di questi è un “timestamp” che indica una data fino ad arrivare ad ora, minuti e secondi del giorno in questione. Nel test del 22 dicembre, quello risultato negativo e che è stato prodotto da Djokovic per confermare la guarigione dal COVID, il timestamp indica 22 dicembre 2021 alle 16:43:12, quindi lo stesso giorno nel quale viene effettuato il test; nel test del 16 dicembre, invece, quello nel quale Djokovic è risultato positivo, il timestamp indica 26 dicembre 2021 alle 13:21:20.

Tuttavia varie prove con altri test hanno verificato che il timestamp potrebbe essere creato nel momento in cui il certificato viene generato collegandosi al database centrale gestito dallo stato serbo, quindi ciò potrebbe significare che il documento consegnato alla Corte sia stato scaricato 10 giorni dopo l’effettuazione del test, quindi non è necessariamente una anomalia, tantomeno una prova di dolo.

Però le anomalie non si fermano qui: ciò che è strano è che ad ogni test viene assegnato un numero identificativo (Test ID) che appare essere un numero progressivo. Il test del 22 dicembre ha come Test ID 7320919, mentre quello del 16 dicembre è identificato con il numero 7371999. Un test eseguito sei giorni prima ha un numero progressivo maggiore: come è possibile?

Il mistero si infittisce se si calcola la differenza tra i due numeri: 7371999-7320919 = 51080.

Secondo dati disponibili a livello mondiale, in Serbia si sono effettuati circa 75.000 test tra il 16 dicembre e il 22 dicembre, quindi il numero del secondo test avrebbe dovuto essere di circa 75.000 unità più grande di quello del primo. Tuttavia, se guardiamo il numero di test effettuati tra il 22 dicembre e il 26 dicembre (la data riportata dal timestamp “anomalo” del primo test), la differenza è magicamente molto vicina alla differenza tra i due Test ID, ovvero 51.000 test.

Ovviamente ciò non prova nulla, ma costituisce una coincidenza davvero straordinaria in una faccenda che di coincidenze sta iniziando a vederne parecchie. Nessuna di queste costituisce però una pistola fumante in mano a Djokovic e al suo team, che come tutti quanti hanno diritto alla presunzione di innocenza.

Il quotidiano australiano The Age, che sta seguendo la faccenda da vicino, ha interpellato un esperto di cybersecurity australiano che ha confermato le perplessità. Robert Potter, co-CEO dell’azienda Internet 2.0 specializzata in sicurezza digitale ha detto: “Non sono qualificato per interpretare le conseguenze mediche di questa rilevazione, ma direi che ci sono elementi sufficienti per dubitare dell’autenticità dei documenti forniti al Governo australiano a conferma del test positivo”.

L’ufficio del Ministro dell’Immigrazione Alex Hawke ha fatto sapere di aver ricevuto dai legali di Djokovic i documenti relativi agli spostamenti del tennista durante le ultime due settimane, in modo da chiarire la questione della risposta errata nell’ Australia Travel Declaration. L’esame della documentazione potrebbe portare a uno slittamento della decisione, che comunque potrebbe arrivare da un momento all’altro.

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