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Al femminile

Ancora sull’Australian Open: Collins, Keys e Swiatek

Secondo articolo di analisi dell’Australian Open femminile 2022, con una breve coda dedicata ad Anisimova e Osaka

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Danielle Collins - Australian Open 2022 (foto Twitter @AustralianOpen)
 

Iga Swiatek
Dicevo sopra che all’Australian Open 2022 la parte bassa del tabellone ha visto l’uscita prematura delle due teste di serie più alte, Sabalenka e Muguruza. E poi, turno dopo turno, molte delle protagoniste più accreditate hanno subito sconfitte inattese. A conti fatti, Barty esclusa, tra le Top 10 chi è stata all’altezza del ranking è stata Iga Swiatek, capace di raggiungere la semifinale da testa di serie numero 7.

Si può valutare il risultato di Swiatek partendo da punti di vista opposti. Quello positivo certifica che da testa di serie numero 7 è stata capace di spingersi sino alla semifinale, quindi un turno in più di quello che presupporrebbe la stretta logica dei dati di partenza. Quello negativo, però, impone di rimarcare che Iga ha perso contro la testa di serie numero 27 Collins, mancando quindi una teorica occasione favorevole. E nei turni precedenti l’avversaria di classifica più alta affrontata era stata la tds numero 25 Kasatkina.

Nella realtà del campo, però, sappiamo che i numeri non sempre dicono tutto, e il valore di una giocatrice può risultare sottostimato o sovrastimato a seconda del momento di forma e delle condizioni di gioco in cui è chiamata a scendere in campo.

Nel caso di Swiatek, per esempio, sappiamo che il cemento non è la sua superficie preferita, e per questo, nella mia personale valutazione, direi che il suo torneo australiano va considerato sicuramente positivo. È vero che i primi due turni non sono stati impossibili (Dart e Peterson, ancora alla ricerca della condizione di un paio di stagioni fa), ma poi Kasatkina e soprattutto Sorana Cirstea non erano avversarie facili. Anche perché Cirstea aveva eliminato Kvitova e Pavlyuchenkova, e quindi era in piena fiducia.

Non sottovaluterei nemmeno l’ostacolo rappresentato da Kaia Kanepi che è una giocatrice non più giovanissima (è nata nel giugno 1985), ma che negli Slam è spesso stata capace di sgambettare giocatrici di prima fascia. Lo ha ribadito a Melbourne 2022, dove si è presentata nei quarti dopo aver sconfitto Kerber e Sabalenka.

Kaia non è mai stata un mostro di tenuta mentale nei finali di match, ma possiede una caratteristica molto importante per misurarsi con le migliori: possiede quello che gli anglosassoni definiscono il big game. Vale a dire che per potenza ed efficacia dei colpi-base è in grado di assumere il controllo del gioco e mandare in sofferenza qualsiasi avversaria. Kanepi è stata capace di misurarsi alla pari contro le tenniste più potenti del circuito (per esempio Serena e Kvitova) ma soprattutto è stata capace di governare e vincere match negli Slam contro avversarie come Jankovic, Kerber, Wozniacki, Stosur, Halep, e mi riferisco a stagioni nelle quali queste giocatrici erano tutte come minimo Top 10. Tanto che il suo bilancio negli Slam contro le Top 10 è un notevole 9-11 (nove vittorie e undici sconfitte).

Non meraviglia quindi che abbia fatto soffrire anche Swiatek. Iga è stata brava a non soccombere dopo il finale negativo di primo set, risalendo progressivamente la china. C’è stato un elemento in comune nelle vittorie di Swiatek a Malbourne contro Cirstea (5-7, 6-3, 6-3) e contro Kanepi (4-6, 7-6, 6-3): il successo in rimonta dopo avere perso il primo set.

La vittoria contro Kanepi, la più lottata del torneo di Iga, ha coinciso con i quarti di finale. Sfortuna vuole che in Australia tra quarti di finale e semifinale non sia previsto il giorno di riposo (per una parte di tabellone). In pratica Iga, che era stata in campo 3 ore e 1 minuto il mercoledì, è scesa in campo subito di giovedì contro Danielle Collins, che invece aveva sconfitto Cornet in appena 1 ora e 28 minuti. Affrontare la semifinale senza il normale stacco di 48 ore di sicuro non è stato un punto a favore.

Il destino di Swiatek mi ha ricordato molto da vicino quello di un’altra grande polacca, Agnieszka Radwanska, all’Australian Open 2014. In quella edizione Radwanska aveva sconfitto Azarenka nei quarti di finale al termine di una partita molto dura sul piano fisico (6-1, 5-7, 6-0) e poi si era presentata svuotata nel match di semifinale disputato 24 ore dopo, senza il giorno di riposo. E così aveva perso nettamente contro Dominika Cibulkova (6-1, 6-2), una giocatrice che sul piano caratteriale era piuttosto simile a Danielle Collins. Poi comunque il titolo l’avrebbe vinto Li Na, in finale su Cibulkova. Come tutto sommato è accaduto a Barty quest’anno.

Ma al di là dei ricorsi storici e delle contingenze di calendario, la semifinale persa da Swiatek contro Collins per 6-4, 6-1 a mio avviso ha evidenziato dei deficit che non si possono imputare alla stanchezza e sono, almeno per il momento, di tipo strutturale.

Perché se è vero che nel secondo set Swiatek ha dato l’impressione di essere ormai a corto di energie, nel primo set ha comunque perso il confronto soprattutto a causa dalla minore efficacia dei colpi di inizio gioco. In particolare con la seconda di servizio non è proprio stata in grado di trovare una soluzione alternativa al kick indirizzato sul rovescio di Collins, che ne ha approfittato sfoderando risposte aggressive a ripetizione. Il risultato è stato un misero 14% di punti vinti sulla seconda di servizio, che non poteva che indirizzare in modo determinante il match.

Al di là del singolo Slam, comunque Swiatek si è confermata come una delle giocatrici più continue, se non la più continua in assoluto, negli Slam. Nel 2021, infatti, era stata l’unica capace di raggiungere almeno il quarto turno in tutti i Major, anche se non era mai riuscita a superare la soglia dei quarti di finale (conquistati a Parigi). Quest’anno grazie alla semifinale australiana è già riuscita a fare meglio, anche se non ha ancora ripetuto l’acuto del Roland Garros 2020.

a pagina 4: Madison Keys e Anisimova contro Osaka

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