L’era di AlcaZero

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L’era di AlcaZero

Come il motore scacchistico AlphaZero ha ispirato a giocare in modo più vario, così Alcaraz sta riscrivendo il modo di giocare a tennis

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Carlos Alcaraz - Madrid 2022 (foto @MutuaMadridOpen)
 

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Ai primordi della scienza computazionale, quando ancora non si aveva una vera idea di dove i calcolatori sarebbero arrivati un giorno, gli informatici del tempo si dilettavano a programmare algoritmi capaci di simulare l’intelligenza umana per testare i limiti delle macchine. Fin dagli albori, uno degli ambiti perfetti per verificare i progressi in tale campo furono gli scacchi. Alan Turing in persona, uno dei padri dell’informatica moderna, si mise di buona lena per creare il primo vero software computerizzato capace di giocare a scacchi. Era il 1950 e sebbene l’algoritmo non fosse niente male, mancava la potenza computazionale per permettergli di giocare una vera partita. Il software riusciva comunque a individuare e chiudere dei “Matti in due mosse”, e aveva un’intelligenza scacchistica paragonabile a quella di un bambino.

Col passare dei decenni però il gap fu colmato. I primi software cominciarono a essere presentati a tornei di basso rango, suscitando dapprima quasi tenerezza, poi divenendo sempre più capaci di sconfiggere buoni giocatori, poi campioni regionali, nazionali, Maestri Fide, Gran Maestri. I nuovi Motori Scacchistici crescevano sia nella finezza del Software, che nella potenza dell’Hardware che li ospitava. All’inizio degli anni ottanta si percepiva che presto sarebbe nata la macchina in grado di sconfiggere il più forte degli umani, che all’epoca aveva il nome di Garry Kasparov. Il più grande colosso informatico del tempo, IBM, accettò la sfida da centomila dollari lanciata da un magnate statunitense e nel 1996 finalizzò Deep Blue: un nome che sarebbe passato alla storia, l’Adamo di tutte le intelligenze scacchistiche.

Il primo confronto fra Deep Blue e Kasparov, di cui si sente parlare ancora oggi poco, terminò 4-2 per il campione sovietico. Ma l’anno successivo accadde ciò che in molti si aspettavano: nella seconda delle sei partite di rivincita, la macchina per la prima volta sconfisse il miglior umano in questo gioco. Non solo, nella sesta e ultima partita, con una seconda vittoria, si portò a casa l’intero confronto con il punteggio di 3.5 a 2.5. Da lì in poi, come prevedibile, i computer hanno messo la freccia e non si sono più voltati indietro. Se si considera solo la capacità di calcolo logico- matematico, la macchina è troppo più performante dell’uomo. Come un bulldozer scava più di Stakhanov, come un treno sfreccia più di Bolt.

Tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio del terzo millennio, ci fu una breve fase in cui il confronto fra umani e algoritmi era equilibrato, con questi ultimi che progredivano sempre più velocemente e che prima o poi sarebbero divenuti imbattibili. Molti Gran Maestri sapevano bene che si stavano giocando l’ultimissima chance, nella storia dell’umanità, di battere un computer. Ci riuscì l’ucraino Ruslan Ponomariov, ex campione del mondo. La sua vittoria contro il software “Fritz” del 21 novembre 2005 rimane, e rimarrà per sempre, l’ultima volta in cui un uomo ha battuto un computer in un match senza handicap e limitazioni per quest’ultimo. La storia però non è ancora finita: rimane da spiegare un ultimo, importantissimo capitolo. Ciò che i motori scacchistici han fatto agli umani, solo vent’anni dopo altri lo han fatto a loro.

Nel 2017 inizia infatti una nuova fase. I “chess engine” per dirla in inglese, i motori di calcolo capaci di masticare e digerire milioni di combinazioni e linee, subiscono l’avvento di una nuovo messia: l’Intelligenza Artificiale. Un motore e una AI son due cose completamente diverse. La prima esegue, benissimo, dei programmi, delle linee di calcolo. La seconda ha imparato a pensare: ha la potenza di una engine con (quasi) l’intuizione e il processo cognitivo umano. Il primo a lanciarsi seriamente nello sviluppo di una AI scacchistica è nuovamente il colosso informatico del tempo. Che non si chiama più IBM ma Google. Non occorre più dare in pasto al computer tonnellate di dati, l’Intelligenza Artificiale fa tutto da sola. In quattro ore (sì avete letto bene, quattro ore) impara in autonomia le regole del gioco e poi sfida il motore scacchistico più forte del momento, Stockfish.

Il risultato lascia tutti a bocca aperta: AlphaZero, il network neurale di Google, distrugge “lo Stoccafisso” in un match sulle cento partite, con 28 vittorie, 72 patte e zero sconfitte. É iniziata l’era dell’Intelligenza Artificiale. É iniziata l’era di AlphaZero.

Se siete ancora qui dopo questa lunghissima prefazione vi starete domandando cosa c’entra tutto questo con il tennis. O forse lo avete intuito dal titolo di questo pezzo. Più o meno negli stessi giorni in cui AlphaZero si rivela al mondo, un quattordicenne di una delle regioni più piccole della Spagna viene invitato nella sua città, Murcia, a far quello che meglio gli riesce: colpire una pallina gialla al di là di una rete. Per la prima volta però, in un torneo aperto a tutte le età: un Futures. Il piccolo Carlos, che con i suoi coetanei se la gioca e spesso vince, improvvisamente è catapultato fra i Grandi Maestri di questo sport. E come i computer scacchistici degli albori, fa intravedere un potenziale mostruoso, ma uno stato presente ancora acerbo. Vince due partite, la prima contro l’italiano Federico Gaio che di anni ne ha undici in più. Ma ai quarti di finale si arrende al connazionale Sergio Gutierrez- Ferrol, un ventinovenne che bazzica intorno alla 350esima posizione del mondo. Sergio però sa che, entro pochi anni, battere con tanto di bagel il piccolo Carlitos non sarà più possibile: evolve ad una velocità impossibile da replicare per un Gutierrez-Ferrol.

Carlitos, che ormai avrete capito di cognome fa Alcaraz Garfia, fra il 2018 e il 2020 fa ciò che le macchine fecero a inizio anni novanta. Cresce nel software, imparando soluzioni tennistiche di ogni tipo, e nell’hardware mettendo su muscoli importanti sopra uno scheletro adatto alla vita d’atleta fornitogli da madre natura. En passant (per usare un altro termine del gioco a 64 caselle) incontra un altro esponente di questa nuova generazione, una macchina che dovrebbe dargli filo da torcere in futuro, e che ha due anni di progettazione in più alle spalle, che vogliono dire tanto. Si chiama Jannik, ma a Alicante viene sconfitto anche lui in tre set. Certo, non son solo vittorie: l’Intelligenza Naturale di nome Carlitos è ancora all’inizio di quelle quattro ore necessarie per capire come dominare i vetusti umani e le macchine di nuova generazione. Ma ormai il livello dei futures, che aveva approcciato solo due anni prima, gli va stretto; non è più divertente, li vince tutti. E allora è il momento del circuito maggiore.

Nel febbraio 2020, Carlitos esordisce a livello ATP, e subito si presenta battendo un top100, Albert Ramos- Vinolas. Poco importa che perda il match successivo, ormai il trend è chiaro: Alcaraz sta arrivando e bisogna sbrigarsi a batterlo, perché presto sarà molto, molto difficile. O forse, impossibile. Mentre gran parte del panorama tennistico è ancora fermo alle performance di tre obsoleti umani che solo il decennio scorso parevano insuperabili (e, va ammesso, se la cavano ancora bene contro le macchine di nuova generazione), il nuovo custode del fuoco progredisce a velocità inimmaginabili.

Trionfa in tutti i Challenger e, come per i Futures, se li lascia alle spalle. Esordisce (vincendo il primo match) in un torneo Slam, si porta a casa il primo titolo ATP e chiude il 2021 con i primi quarti major dopo aver battuto uno di quei software un po’ difettosi che dovevano rimpiazzare i tre vecchi, ma ce la fanno una volta si e tre no. Carlos però non è un software: è un’intelligenza. Tira come una macchina e ha l’intuito di un uomo. Fonde la saggezza dei tre maestri Jedi con il vigore dei nuovi Padawan.

Sì, perché c’è una cosa di AlphaZero che ancora non abbiamo raccontato. Mentre i vari Fritz e Stockfish, macchine di calcolo superpotenti, giocavano a scacchi guadagnando costantemente un piccolo vantaggio a ogni mossa data la loro capacità di trovare sempre quella giusta, AlphaZero ha stupito scacchisti e informatici con una rivelazione: ha distrutto le macchine non facendo tutto meglio, ma facendo tutto diverso: rispolverando un modo “romantico” di giocare, tipico degli scacchisti del diciannovesimo secolo, fatto di sacrifici di pezzi, di gioco posizionale, di sbilanciamento, di attacchi su tutta la scacchiera, di trappole. Ha preso decenni di teoria scacchistica volta al controllo delle situazioni e l’ha rivoltata dicendo al mondo che il modo più efficace di giocare è anche il più bello esteticamente. E così facendo, ha ispirato gli umani di questa generazione a rispolverare un gioco più vario, meno meccanico. Paradossalmente, più da umano e meno da computer.

Carlos Alcaraz da Murcia è sulla strada per fare questo: usare un tennis di un tempo che fu, fatto di utilizzo di tutto il campo, di tocco, di discese a rete, di palle corte, con la potenza dei bombardieri da fondo campo, le macchine che dovevano sostituire gli umani. E in questo 2022 sta facendo capire che le quattro ore di apprendimento stanno per finire, e presto agli altri resterà solo l’orgoglio di essere il Ponomariov del tennis, l’ultimo in grado di battere, alla pari, la nuova Intelligenza di questo sport.

Ok, ok: forse stiamo esagerando con i trionfalismi. Mille volte nella storia del tennis si è inneggiato a sicuri futuri dominatori incapaci poi di confermarsi. Se il più giovane top10 di sempre si chiama Krickstein; se il più giovane numero uno si chiama Hewitt; se il più giovane campione Slam si chiama Chang, e il più giovane vincitore di punti ATP Clezar, è ovvio che la precocità, se si vuole divenire un dominatore totale di questo sport, è requisito necessario ma non sufficiente. Tutti gli altri ingredienti però, Carlos Alcaraz pare averli. E già nelle prossime settimane quando il tennis inizierà a fare visita a templi vari, capiremo se abbiamo celebrato troppo presto, oppure se veramente sta iniziando l’era di una nuova Intelligenza Tennistica. Se veramente sta iniziando l’era di AlcaZero.

Il tabellone maschile del Roland Garros 2022

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