Swiatek, secondo titolo a Parigi (Crivelli, Giammò, Bertellino). Ruud merita già un applauso, ma sarà dura battere Nadal (Bertolucci). Nadal ci riprova da maestro (Giammò)

Rassegna stampa

Swiatek, secondo titolo a Parigi (Crivelli, Giammò, Bertellino). Ruud merita già un applauso, ma sarà dura battere Nadal (Bertolucci). Nadal ci riprova da maestro (Giammò)

La rassegna stampa di domenica 5 giugno 2022

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Swiatek regina «Sogno un doppio insieme a Nadal» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Quando la giovanissima Swiatek fece la prima apparizione sullo Chatrier, negli ottavi di finale del 2019 contro la Halep, raccolse appena un game. Preistoria. Un anno dopo, era già campionessa a sorpresa dell’edizione autunnale del Roland Garros, oggi è semplicemente la dominatrice del circuito femminile in coda al bis parigino ottenuto travolgendo la Gauff, poi un pozzo di lacrime, in un’ora e 8 minuti. L’americana rimane un superbo talento di 18 anni destinato a notevoli orizzonti di gloria, ma come tutte le 34 rivali precedenti della polacca non ha trovato contromisure, se non per i primi due game del secondo set, allo strapotere tecnico della numero uno, straordinaria nelle doti di anticipo che le consentono di aprirsi il campo verso gli angoli. I numeri sono impressionanti: sesto torneo vinto di fila, appena 33 game concessi nel cammino parigino, praticamente il doppio dei punti in classifica della numero 2, che da domani sarà la Kontaveit. Insomma, se dopo il declino delle Williams la tendenza pareva quella di una democrazia diffusa, Iga si è presa in fretta lo scettro di sovrana assoluta: «Rispetto al 2020 sono più consapevole e gestisco meglio le emozioni e i momenti difficili». Figlia di un canottiere olimpico a Seul, sorella minore di una tennista mancata che la batteva sempre, appassionata dl matematica («La applico anche nel tennis, vedo la geometria sul campo»), è già stata definitia la nuova Nadal per la possibilità che come lui segni un’epoca sulla terra. Curiosamente, il suo cognome significa Natale: già, lo stesso di Rafa. Forse è per questo che coltiva un sogno sopra tutti gli altri: «Spero un giorno di giocare con lui un doppio misto, è il mio mito fin da quando ho iniziato con il tennis». intanto, ha pensato bene di cominciare a imitarlo nella cosa che gli riesce meglio. Vincere.

Swiatek come un uragano: dominio totale (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Era febbraio e ci si era appena lasciati l’Australia alle spalle. Ashleigh Barty aveva annunciato il suo ritiro e Iga Swiatek aveva ereditato la prima posizione del ranking senza tuttavia fugare i dubbi che continuavano ad aleggiare su un circuito che nell’australiana aveva trovato la sua legittima leader, e che ora rischiava di tornare a privilegiare una competitività profonda priva della giocatrice capace di mettere tutti d’accordo. Quattro mesi, sei titoli e 35 vittorie dopo, Iga Swiatek non solo ha sgombrato il campo da ogni equivoco, ma si è rivelata una vera e propria sentenza. La vittoria della polacca al Roland Garros, suo secondo trionfo in uno Slam dopo quello colto nel 2020 sempre a Parigi, arriva in coda a un lungo segmento di stagione durante il quale Iga ha giocato un tennis che non ha accusato alcun calo, a prescindere dalle condizioni, dalle superfici e dalle avversarie incontrate sulla sua strada. Difficile individuare chi nel circuito possa pensare di detronizzarla, oggi che a Slam acquisito è riuscita a collezionare il doppio dei punti della sua prima inseguitrice nel ranking. La sua ultima sconfitta risale proprio a febbraio, e fu Jelena Ostapenko a infliggergliela a Dubai. Ieri Coco Gauff, per quanto efficace sia stato il tennis da lei messo in mostra durante le ultime due settimane, ha recitato il ruolo di vittima sacrificale. Neanche il break subito in avvio di secondo set è sembrato poter incrinare le sicurezze della n.1 del mondo. «Due anni fa vinsi il titolo qui e fu qualcosa di straordinario, questa volta ho lavorato duramente e non è stato semplice, la pressione è stata enorme», ha dichiarato a fine partita. E’ stata coraggiosa nel continuare a ricordare, tanto nell’abbigliamento quanto nelle parole, il conflitto russo-ucraino le cui ripercussioni ancora oggi investono il circuito: «Vorrei dire all’Ucraina di mantenere la forza – ha detto dal palco della premiazione -. Dal mio discorso di Doha speravo che la situazione migliorasse. Non è stato così ma ho ancora speranze». […]

La dominatrice Swiatek fa il bis (Roberto Bertellino, Tuttosport)

Inarrivabile, sempre di più, Iga Swiatek, come è giusto che sia una numero 1 del mondo. Due anni dopo la polacca è tornata a vincere al Roland Garros dominando il torneo e la finale contro la 18enne americana Coco Gauff. Due set quasi a senso unico, con un solo momento di rilassamento che ha consentito alla tennista di Atlanta di aprire una piccola breccia nel gioco di Iga, all’inizio del secondo set. Gauff avanti 2-0 con una flebile speranza di riaprire il match. Solo un lampo però, la prima della classe ha subito reagito conquistando cinque game di fila e chiudendo la pratica al nono gioco: «Sono riuscita a trovare la giusta concentrazione – ha detto la polacca al termine – e tenere la striscia di vittorie aperta. Non è facile farlo per tanti mesi ma anche grazie al mio staff ho portato a termine l’impresa. Ora un piccolo momento per godermi questo successo, poi ripartirò con ancora più convinzione lavorando con grande intensità come faccio da sempre. Due anni fa, quando ho vinto per la prima volta a Parigi, non avevo questa consapevolezza. Oggi è diverso, anche gestire le pressioni esterne è più ostico, ma ho imparato a farlo e ritengo che ci siano ulteriori margini di miglioramento». Alla fine un pensiero non banale rivolto all’Ucraina: «Quando ho fatto il discorso finale a Doha speravo che tutto si risolvesse prima. Non è stato così quindi il mio pensiero va a chi sta soffrendo e resistendo». Le avversarie sono avvisate, Iga Swiatek è pronta a dominare la scena ancora per molto tempo, considerando che ha solo 21 anni. In stagione è già andata a segno in sei tornei, di cui quattro di categoria 1000 e nello Slam appena conquistato. Non perde da 35 match e in 29 di questi non ha concesso nemmeno un set alle avversarie. Per Coco Gauff al termine lacrime di delusione rea la certezza di aver operato un importante salto di qualità: «Complimenti a Iga – ha detto in premiazione – perché sta facendo cose grandissime. Spero che sia questa la prima di tante finali e ovviamente mi auguro nelle prossime un esito diverso. Grazie al pubblico che mi ha sostenuta fino al termine, anche quando è arrivato il match point contro».

Ruud merita già un applauso, ma sarà dura battere Nadal (Bertolucci)

Di solito non mi lascio condizionare dai rapporti più o meno stretti con i giocatori e cerco di limitare la mia analisi alle loro qualità in campo, ma ammetto che con Nadal mi riesce difficile. Il suo comportamento in campo mai sopra le righe, il suo atteggiamento sempre positivo anche nei momenti di difficoltà, le sue azioni da galantuomo ne fanno il bravo ragazzo per eccellenza, quello che vorresti avere come vicino di pianerottolo. Conoscendolo, sono sicuro che le sue parole tenere nei confronti di Zverev dopo l’infortunio fossero sincere e che avrebbe preferito di gran lunga proseguire la partita, anche se la sfida era ancora molto complicata e senza un vero padrone. D’altronde Nadal si nutre del confronto, del duello. Quando è stato sorteggiato ll tabellone, era subito balzato all’occhio che il percorso dello spagnolo fosse irto di spine, fino all’apoetosi da brividi con Djokovic nel quarti. Ha schivato tutti I pericoli con la solita sagacia tattica, la sua perfetta conoscenza della superficie, l’innata capacità di variare le soluzioni a seconda delle richieste del match. Per questo ritengo sia decisamente favorito nella finale odierna, anche se Ruud già adesso merita gli applausi per un traguardo di grande prestigio. Tuttavia, ci sono pochi margini tecnici e tattici perché il figlio d’arte scandinavo possa scardinare la guardia di Rafa e darsi dunque la possibilità di alzare il trofeo. Ci sarà sicuramente battaglia, un terreno sul quale Ruud si è sempre dimostrato a suo agio, ma quando si ritrovano di fronte due avversari che giocano a specchio, vince quello che riesce a fare meglio le stesse cose dell’altro. E in questo caso la ricerca del controllo dello scambio attraverso l’aggressione da fondo campo, le rotazioni esasperate, la gestione del momenti caldi sono armi che Nadal maneggia da troppo tempo e con troppa classe perché possa farsi sorprendere dagli schemi del norvegese. L’unica discriminante, a questo punto, potrebbe diventare la condizione atletica dei due contendenti, aggiungendovi poi i perenni guai al piede sinistro del maiorchino. Nadal è rimasto in campo più di 12 ore nelle ultime tre partite, ha appena compiuto 36 anni e a quell’età non tutti i giorni sono uguali: poi svegliarti al mattino con sensazioni completamente diverse e più negative rispetto alle partite precedenti. Se la velocità di palla di Rafa, causa stanchezza, perderà qualche giro, Ruud potrebbe tentare il colpaccio. Altrimenti apprestiamoci a festeggiare il 14′ trionfo parigino di un gigante.

Nadal ci riprova da maestro (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

«In allenamento abbiamo giocato qualche set, e ha sempre vinto lui. Ce ne sono stati alcuni più tirati, qualche 7-6, 7-5, ma alla fine la spuntava sempre perché giocavamo nella sua Accadernia e ci tenevo ad essere gentile». Scherzava nei giorni scorsi Casper Ruud di fronte all’ipotesi di dover affrontare Rafa Nadal nel torneo che più di tutti ha contribuito a definirne la carriera. «Sono contento per lui e la sua famiglia. In Accademia lo abbiamo aiutato e sono sempre felice quando vedo una brava persona riuscire ad ottenere il successo. Per me non è una sorpresa, sulla terra può imporsi in qualsiasi torneo. E’ un ragazzo umile ed educato, sempre disposto ad imparare»: era serio invece l’altra sera Rafa Nadal mentre ragionava su un’eventuale sfida col norvegese. Una sfida, quella che oggi li metterà di fronte con in palio il secondo Slam della stagione. La finale per Rafa Nadal avrà un significato mai così personale. Il suo avversario, il norvegese Casper Ruud (da lunedì nuovo n.7 del mondo), frequenta infatti l’Accademia del maiorchino a Manacor dal 2018: dapprima una full immersion, e poi mettendolo negli anni come punto di riferimento per i progressi del suo gioco. Il papà di Casper, Christian, ex pro con il miglior ranking di sempre nella storia del tennis norvegese (prima dell’avvento del figlio), ha recentemente definito quella decisione come «un enorme passo avanti»,dicendosi «molto felice della relazione costruita negli anni, sperando possa durare ancora per molto tempo». Casper riconosce la bontà di quegli anni, quanto carismatica fosse la presenza di Nadal in Accademia e quanto anche solo vederlo impegnato nella routine extra campo lo abbia motivato in quegli anni di crescita. Tutte queste cose Rafa Nadal le sa bene. Quel che ancora non sa è come si sveglierà al mattino e quali saranno le condizioni del suo piede. Quanto fatto da lui sin qui ricorda per certi versi la sorprendente vittoria agli Australian Open, giunta dopo sei mesi d’assenza dal circuito in seguito a un’operazione chirurgica alla stesso arto. Un tennis più intelligente al servizio di un fisico più logoro sorretto dall’indomabile tempra di sempre. […]

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