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ATP Amburgo: Musetti piega Alcaraz al sesto match point e ferma la sua imbattibilità, terza vittoria contro un Top 10
Il n. 1 del tabellone deve inchinarsi al primo successo della carriera per l’azzurro, Lorenzo è il quarto italiano ad affermarsi in questo torneo. Da lunedì sarà n. 31 del mondo

L. Musetti b. [1] C. Alcaraz 6-4 (6)6-7 6-4


Lorenzo Musetti, nella finale più giovane di sempre dei tornei di categoria ‘500’ – a partire dalla loro fondazione nel 2009 – tra un classe 2002 ed un 2003, nella sfida ribattezzata della “generazione zeta” supera sul Centrale dell’Hamburg European Open Carlos Alcaraz dopo una lotta imperiosa, durata la bellezza di 2h46 con lo score di 6-4 (6)6-7 6-4. E’ il quarto azzurro a trionfare nella città anseatica, dopo Nicola Pietrangeli nel 1960, Paolo Bertolucci nel 1977 e Fabio Fognini nel 2013. Lo spagnolo si deve inchinare al 20enne toscano, che trova soltanto al sesto match point il primo titolo della carriera, riuscendo anche a compiere l’impresa di fermare l’iberico che prima di oggi aveva vinto tutte e sei le sue finali a livello ATP senza perdere neanche un set. Il n. 6 non riesce così ad eguagliare il connazionale di cui prenderà il testimone: sarebbe stato infatti solamente il secondo giocatore a realizzare una tripletta nella stessa stagione in eventi ‘500’ sul mattone tritato, dopo Rafa Nadal che vi riuscì nel lontano 2005 trionfando ad Acapulco, (al tempo si disputava sul rosso) Barcellona e Stoccarda.
Le lacrime di Simone Tartarini a fine partita dicono tutto sul valore di questa affermazione per Musetti, il quale centra grazie alla strabiliante performance in terra teutonica la terza vittoria ai danni di un Top 10 dopo quella ottenuta nel 2021 al primo turno di Acapulco contro Schwartzman – nel torneo messicano avrebbe poi raggiunto la sua prima semifinale nel circuito maggiore – e quella fatta registrare lo scorso aprile su Auger-Aliassime al secondo round di Montecarlo che gli permise di qualificarsi per gli ottavi monegaschi. Entrambi i protagonisti di questo scontro per il futuro dominio del tennis mondiale, la prossima settimana raggiungeranno il loro best ranking: n. 31 Lorenzo, n. 5 Carlos – il più giovane da Nadal nel 2005 ad entrare in Top 5. Un solo precedente tra i due prima di oggi: semifinale del Challenger di Trieste 2020 vinta al terzo dal 19enne murciano.
IL MATCH – Le previsioni lasciavano presagire la classica partenza a razzo di Alcaraz, che normalmente fulmina gli avversari immobilizzandoli già in avvio. Invece si assiste all’esatto contrario, è Musetti a strappare immediatamente il servizio allo spagnolo facendo leva sulla profondità della sua risposta. Inoltre le palle del toscano sono molto cariche, ben lavorate e piene di effetto, esecuzioni che specie quando giungono dalla parte sinistra azzurra creano non pochi grattacapi al 19enne di Murcia. Carlos infatti appare abbastanza contratto, i suoi gratuiti in uscita dal servizio si accavallano e così è Lorenzo il primo ad allungare. Certamente falloso l’iberico, ma i suoi unforced sono stati propiziati dall’ottima efficacia della ribattuta carrarina – già ammirata nella giornata di ieri contro Cerundolo. Purtroppo però questo inizio dirompente del n. 62, si rivela essere soltanto un’illusione, Carlos difatti si scuote e infilando un parziale di nove punti consecutivi centra subito il contro-break.
L’allievo di Ferrero ritrova d’improvviso il suo tennis e comincia a macinare gioco a suon di drittoni estremamente ficcanti, a questo punto il campione juniores dell’Australian Open 2019 mette in mostra tutti i miglioramenti compiuti sul piano della tenuta mentale. Perché sarebbe stato alquanto semplice per il maestrino delle Next Gen Finals dello scorso anno continuare a spingere il piede sull’acceleratore e raccogliere i frutti derivanti dallo scossone emotivo a cui è stato sottoposto il giocatore italico, dal ritorno prepotente di Charlie, dopo il buon avvio di gara, ma Musetti non cede di un millimetro. Adesso il livello generale della sfida cresce sensibilmente, entrambi si esibiscono in autentiche prodezze balistiche nei pressi della rete, ma a differenza dei primi scampoli di partita, ora le battute sono molto più solide. Il primo dei due protagonisti a concedere nuovamente qualcosa è Alcaraz nel fatidico settimo game, sul 30-0 il n. 6 al mondo inciampa prima in un doppio fallo e poi stecca malamente un dritto. Lorenzo non si fa pregare e ancora una volta a fare la differenza sono due meraviglie in risposta. Muso consolida a 30 il break di vantaggio, mostrando anche un fondamentale d’inizio gioco in grande spolvero: i kick ad aprirsi il campo, soprattutto in impianti come il Centrale della città anseatica che possiedono out molto ampi, sul rosso diventano un incubo per gli avversari. Carlitos ovviamente fa il suo, ma non basta perché Lorenzo chiama a sé il suo marchio di fabbrica, la palla corta, e suggella la prima frazione con un dritto in avanzamento per il 6-4 finale dopo 44 minuti. E questa è già un’impresa del classe 2002, visto che si tratta del primo set perso dal nativo di El Palmar nelle sette finali – compreso quella odierna – del circuito maggiore da lui disputate.
Musetti è in grandissima fiducia, oltre che essere pienamente consapevole dei propri mezzi e così sulle ali dell’entusiasmo si procura un pesantissimo break point anche in apertura di seconda frazione. Dall’altra parte invece è tutt’altro che in un buon momento a livello di sensazioni lo spagnolo, incorre in un altro doppio fallo e soprattutto s’innervosisce per i troppi errori banali da fondo, in particolar modo perché arrivano su palle morbide dove dev’essere lui a premere. Lollo, al contrario, è totalmente a suo agio in campo: plana danzante sul rettangolo di gioco esibendosi in difese da manuale. Il tennis del toscano porta Alcaraz a perdere di lucidità e addirittura lo costringe a voler uscire dallo scambio attraverso una smorzata insensata. E così, mentre sulla prima chance di allungo il classe 2003 murciano si era salvato con un dritto miracoloso sulla riga; sulla seconda il drop-shot che si ferma in rete regala il vantaggio immediato all’italiano anche nella seconda partita. Il prossimo n. 3 d’Italia è invalicabile, 2-0, da sottolineare il rendimento in questo frangente della sfida del tanto bistrattato dritto del Muso: quando tutto funziona, anche il lato destro è uno spettacolo con lo sventaglio che viaggia pesantemente.
L’azzurro non abbassa i giri del motore, porta a casa il suo secondo turno di servizio consecutivo a 0 e s’issa sul 3-1. Il protetto di Simone Tartarini è assolutamente conscio, che in queste fasi cruciali dell’incontro non può permettersi di lasciare l’iniziativa all’avversario poiché sa perfettamente che se Carlos dovesse avere anche un solo spiraglio lo trasformerebbe in una voragine. Perciò Lore continua a controllare gli scambi, andando sempre a ricercare il bimane iberico: oggi infatti l’italiano sta costruendo il suo successo proprio sulla diagonale sinistra, portando all’esasperazione l’avversario tramite cariconi di rovescio in top spin. L’azzurro però deve comunque fronteggiare un passaggio a vuoto, inseguendo sul 3-4, per la verità più per meriti avversari che per propri demeriti. Sembra tutto apparecchiato per ristabilire la parità, ma ecco che si ha l’ennesima riprova della crescita e della maturazione psicologica di Musetti; sotto 0-40 si rialza alla grandissima sparando dritti al fulmicotone sulle righe e scagliando prime iper performanti. Ora Lollo chiama a raccolta il pubblico, sa che il momento della verità è ormai vicino – per tutta la partita si sono ascoltati supporter italici accompagnare calorosamente Lorenzo. La tensione si avverte nell’area, poi nel secondo quindici del decimo game si materializza una protesta veemente dello spagnolo, che si lamenta a più riprese con la giudice di sedia per un doppio ribalzo. Il replay dà ragione ad Alcaraz, ma il toscano non si distrae e sale 40-15; qui si assiste a quella che potrebbe essere definita una compensazione divina per il maltorto subito dal n. 3 della Race, con i due match ball frantumati. In realtà, i grandi rimpianti per il n. 62 sono tutti riversati sul primo match point mancato, dove ha perso in lunghezza un dritto comodo. Sul secondo, infatti, nulla ha potuto contro il passantone formidabile di Carlitos, il quale adesso è in totale trance agonistica, sembra inarrestabile e gli spalti lo sostengono vogliosi di terzo set.
L’italiano è bravo a reggere l’intensità, in questo momento, irrefrenabile dell’iberico e si giunge così al tie-break. L’inizio del jeu décisif parrebbe soltanto quella scintilla che darà in là alla mattanza da parte della Furia Rossa. Invece inaspettatamente la prima forza del seeding si blocca, dal 3-1 perde cinque punti consecutivi. Ma appena sente nuovamente l’odore di match point contro, torna in versione animalesca: ne annulla tre di seguito, di cui i primi due sul servizio di Musetti. Poi il finale più doloroso, a chiusura dello psicodramma carrarino, sul primo set ball per l’avversario Lore commette il secondo doppio fallo della sua partita. La cinquina viene dunque restituita e si va al terzo, dopo 1h59 ed il 7-6(6) in favore di Carlos. I colpi del giocatore iberico sono ritornati corposi e profondi, il dritto ricomincia a fare sfracelli, Lorenzo rischia di pagare dazio fin da subito anche per un pizzico di sfortuna – che gli porta via di poco due rovesci – ma esce dalle sabbie mobili del primo e del terzo gioco del set rimanendo attaccato nel punteggio. Il fatto di essere in scia permette all’azzurro di procurarsi un’importantissima palla break nel sesto gioco con una grande veronica: lo spagnolo è però implacabile, smash a rimbalzo e pugnetto. La qualità del match risale vertiginosamente, i due protagonisti regalano scambi spettacolari con alcuni recuperi imperiosi, si arriva così al decimo game: dove Lollo prima si guadagna il 30-30 con un rovescio stretto strepitoso, e poi finalmente può lasciarsi andare perché il rovescio di Carlos vola via oltre la linea di fondo.
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Murray pensa ai Giochi Olimpici di Parigi: “Voglio dimenticare l’edizione del 2021”
Nel mirino di Andy Murray quella che sarebbe la sua quinta partecipazione ai Giochi: “Mi piacerebbe avere un’altra occasione”

A riportare la mente alle ultime Olimpiadi, ci si sofferma sulla finale olimpica di Wimbledon del 2012. Andy Murray batte Roger Federer con un netto 6-2, 6-1, 6-4: che sia stato merito dello scozzese o demerito dello svizzero stremato dalla semifinale con Del Potro durata 4ore e 26’, sarà una medaglia d’oro indimenticabile.
Undici anni dopo, Federer continua a bazzicare il suo giardino reale, Wimbledon, ma dagli spalti, Murray continua a regalare emozioni ai suoi fan. Attualmente si trova in Cina a Zhuhai dove ha esordito battendo al primo turno Ye Cong Mo, n.668 del ranking.
In conferenza stampa Sir Murray ha dichiarato di nutrire speranze di partecipazione a quelli che sarebbero i suoi quinti Giochi Olimpici: “Mi piacerebbe davvero partecipare ad altre Olimpiadi. Ho avuto esperienze entusiasmanti durante la mia carriera ai Giochi Olimpici. Ho amato tutte le edizioni alle quali ho preso parte”.
Il palmares olimpico di Murray è fin qui straordinario: due medaglie d’oro nel 2012 a Londra e nel 2016 sul cemento di Rio de Janeiro. Nel 2021 fu grande la delusione per il suo forfait obbligatorio nel torneo singolare dettato da uno stiramento alla coscia avvenuto prima dell’avvio dei giochi olimpici. Recuperò in fretta ma fu costretto a fare una scelta tra i due tornei di singolare e di doppio. Una promessa fatta a Salisbury gli aveva fatto optare per l’iscrizione al torneo di doppio: arrivarono sino ai quarti. Che fosse storia finita con i Giochi Olimpici? Su twitter si era lasciato andare a un lungo tweet nel quale dichiarava: “Se questa è la fine del mio viaggio a cinque cerchi, voglio ringraziare di cuore la squadra della Gran Bretagna e tutti voi per il supporto: mi avete aiutato a dare il massimo in questi anni. È stato un privilegio assoluto rappresentare il mio Paese a quattro Olimpiadi e mi ha regalato alcuni dei ricordi più belli della mia vita”.
Ora, a distanza di due anni, la pena diversamente e vuole cancellare la delusione patita nell’edizione 2021, nota perché disputata in piena pandemia: “L’ultima volta sono rimasto molto deluso perché mi ero infortunato prima del torneo e avevo promesso al mio compagno che in caso di problemi avrei dato priorità al doppio rispetto al singolare. Ed eravamo arrivati vicinissimi alla medaglia: nei quarti eravamo avanti un set e 4-3, al servizio con palle per il game e avevamo davvero una buona occasione, ma non ce l’abbiamo fatta. Mi piacerebbe avere un’altra opportunità di giocare l’anno prossimo a Parigi. Sarebbero i miei quinti Giochi Olimpici e molto probabilmente gli ultimi”.
Per Murray al secondo turno dell’ATP 250 di Zhuhai ci sarà la sfida con Karatsev che aveva eliminato Arnaldi nel primo turno.
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Il team di Sinner si racconta: “Ognuno svolge il suo compito con estrema serietà. Il più competitivo? Jannik senza dubbi”
In un video-intervista all’ATP il team del tennista altoatesino si racconta a tutto tondo, da come svolgono il proprio lavoro al rapporto tra i membri della squadra, per finire con un ritratto di Sinner atleta ma anche persona

Il tennis, espressione massima della solitudine nel proprio palcoscenico, è ormai da molti anni descritto dalla totalità dei giocatori del circuito ATP e WTA come uno sport certamente individuale, ma nel quale il team è la colonna portante dell’intera struttura. Dal coach al super coach, dal fisioterapista al mental coach, dal preparatore atletico al manager. Tutti ingredienti fondamentali dietro le quinte – o meglio, nel famoso ‘box’ a bordo campo molto inquadrato dalle telecamere e osservato, chi più chi meno, dai giocatori in campo – che possono rendere un tennista il tennista, capace grazie alla propria forza di volontà e a tutti questi tasselli nel background di raggiungere, o meno, il successo e i propri obiettivi. La storia del tennis è colma di coach che hanno fatto la differenza: da Toni Nadal mentore di suo nipote Rafa, da Patrick Mouratoglou allenatore per un decennio di Serena Williams, per poi arrivare ai colori azzurri con Andreas Seppi e Massimo Sartori, Lorenzo Sonego e Gipo Arbino, Lorenzo Musetti e Simone Tartarini, per concludere con Jannik Sinner e…
Questo è un capitolo bello corposo da trattare: il team del n.1 italiano. Chi c’è dietro quella folta chioma rossa? Certamente i primi che vengono in mente sono Simone Vagnozzi e Darren Cahill – entrambi ex giocatori –, che per Jannik svolgono rispettivamente il ruolo di coach e supercoach. Un’intervista molto approfondita dell’ATP analizza ai raggi X la squadra del tennista altoatesino, che numerosa è dir poco. “Sono persone buone e felici; ognuno sa molto bene di cosa si deve occupare. Mi sento fortunato ad avere un team così”, le prime parole di Sinner sul proprio team, che come dirà poco dopo “è come una famiglia. Vedo più spesso loro che i miei genitori”. Si capisce sin sa subito quello che il n.7 ATP cerca tra i propri membri della squadra: competenza e affinità. Infatti, “per me ognuno è fondamentale. Quando qualcuno entra a far parte del gruppo non è importante solamente che sia uno dei migliori nel suo lavoro, ma è essenziale anche come io mi senta con questa persona. Devo essere a mio agio e sapere che posso parlare di qualunque cosa che mi passi per la testa con tutti quanti”.
Successivamente la palla passa agli allenatori di Sinner, Vagnozzi e Cahill. La collaborazione con il primo inizia a febbraio 2022, come ricorda anche il 40enne di Ascoli Piceno, mentre la più fresca entrata – a giugno 2022 – è quella dell’ex semifinalista allo US Open Darren Cahill, coach in passato di personaggi come Andre Agassi, Lleyton Hewitt, Andy Murray e Simona Halep. “Il mio ruolo è più quello di trasmettergli la mia esperienza” ci informa l’australiano, “sono stati dei primi mesi di collaborazione molto buoni e produttivi”. Si sapeva già l’attitudine di Jannik in campo, ma il tennista italiano ci tiene comunque a farlo sapere chiaro e tondo: “Sono il più competitivo, odio perdere”, e sia Vagnozzi che Cahill dicono all’unisono che “Jannik vuole vincere dappertutto, in ogni cosa che fa”.
L’ex allenatore australiano di Coppa Davis tira in ballo anche il preparatore atletico di Sinner, Umberto Ferrara, definendolo come “il più serio”. Nel tennis “il corpo deve essere il tuo tempio, di conseguenza probabilmente lui ha il lavoro più importante di tutti. A cena dice sempre a Jannik quello che sarebbe meglio mangiare e ciò che si deve evitare”. E conferma anche Umberto che, mettendo le mani avanti, informa subito che “quando lavoriamo siamo tutti seri. Quando è terminato l’allenamento, invece, si può scherzare tutti insieme”. Ma non mancano nel team Sinner momenti di svago conviviali, rigorosamente nella maggior parte dei casi con le carte da gioco. Il ‘Burraco’ è quello che va per la maggiore ed è stato Giacomo Naldi, fisioterapista dell’altoatesino, a introdurlo a tutta la squadra. “Jannik vuole giocare tutti i giorni” fa sapere Giacomo, che spiega questa ‘tradizione’ del 22enne di San Candido chiarendo che “la prima volta che abbiamo giocato insieme Jannik ha vinto il torneo a cui stava partecipando; quindi è per questo che vuole sempre giocare secondo me”.
Passando alla routine, invece, tutti i membri del team intervengono dicendo la propria, precisando che “Sinner innanzitutto svolge qualche esercizio di mobilità e prevenzione, soprattutto alcuni specifici movimenti che lo proteggono da infortuni avuti in passato, come ad esempio quelli alla caviglia”. Poi arriva il turno di Naldi prima e dopo l’allenamento. Quest’ultimo è di un’ora e mezza, in cui il campione azzurro viene seguito da Vagnozzi, Cahill e consiste in palleggi di ritmo con uno sparring partner, per finire con qualche punto. Nel pomeriggio, invece, “un’ora di tecnica in cui ci si concentra sul servizio, sulle volée, sullo slice…”, mentre la maggior parte del lavoro di Giacomo Naldi, come lui stesso afferma, avviene dopo: “Faccio qualche massaggio, qualche ulteriore esercizio di mobilità, lavoro con i suoi muscoli e cerco di far sì che il suo corpo possa recuperare al meglio”.
Come dice anche Sinner, non è un rapporto unilaterale quello tra coach e giocatore, infatti “loro mi spingono a dare il meglio di me, ma anche io li sollecito parecchio. Ogni giorno è una sfida, ed è fondamentale non solo che loro siano miei amici, ma che sappiano anche essere onesti con me”. Cahill, poi, interviene facendo sapere un aspetto molto importante della persona-tennista che è Jannik Sinner: “Non c’è molta differenza tra lo Jannik che si vede in campo e quello che si osserva al di fuori di esso. Lo si può vedere nei suoi occhi da volpe, che al momento giusto possono diventare quelli di una tigre”. Vagnozzi, invece, si sofferma sul fatto che “Sinner quando entra in campo vuole sempre migliorare, è costantemente col sorriso, quindi per un coach è più semplice svolgere il suo lavoro”. Mettendo sul piatto della bilancia i risultati di quest’anno “Jannik è soddisfatto, ha più fiducia dopo la semifinale a Wimbledon e il titolo a Toronto. Questi erano suoi obiettivi”.
Un team solido, unito, familiare, dove ognuno ha un preciso compito e allo stesso tempo è un pezzo fondamentale del puzzle finale. Jannik ha solamente ventidue anni, ha già conquistato vette importanti del ranking, ha vinto tornei 250, 500 e 1000, è stato semifinalista Slam e, cosa più importante, è seguito da persone che credono nei suoi mezzi e lo stimolano al meglio. Dopo la parentesi US Open seguita da quella – mancata – di Coppa Davis, per Sinner ora è il momento di tuffarsi nell’ultimo periodo della stagione, con gli ultimi due tornei 500, due tornei 1000 e le Finals di fine anno dove non è ancora qualificato ufficialmente, ma gli mancano pochissimi punti per raggiungere la quota sufficiente per parteciparvi. Sappiamo che dopo New York Jannik si è dedicato al puro allenamento in vista dei prossimi appuntamenti. Il team ora lo conosciamo, sappiamo come lavorano, quindi non ci resta che metterci comodi e osservare le gesta del nostro n.1. Cinture allacciate, direzione Pechino!
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ATP Zhuhai: ritorno in campo con vittoria per Struff. Bene anche Khachanov
Sia il russo, rientrato già allo US Open, che il tedesco, fermo da Halle, hanno ritrovato il successo dopo tre mesi di digiuno. Nei quarti troveranno McDonald e Nishioka

Erano quattro i match in programma nella terza giornata dell’ATP 250 di Zhuhai, dove hanno fatto il loro esordio la prima e la terza testa di serie del torneo: Karen Khachanov e Jan-Lennard Struff. Se il primo era rientrato da un infortunio già allo US Open, il secondo è tornato a giocare un match ufficiale dopo esattamente tre mesi di stop (per via di un infortunio all’anca più grave del previsto) proprio oggi. Entrambi hanno raccolto un risultato positivo e sono così tra i quattro giocatori già ai quarti di finale: gli altri sono McDonald, numero 6 del seeding, e Nishioka, ottava testa di serie, che al prossimo turno affronteranno – rispettivamente – proprio Khachanov e Struff.
[1] K. Khachanov b. [Q] A. Bolt 6-4 6-4
Superando l’australiano Bolt con un doppio 6-4, Khachanov è tornato alla vittoria dopo un digiuno di oltre tre mesi e mezzo in cui, dopo il Roland Garros, è stato fermo per una frattura da stress e una frattura parziale dell’osso sacro prima di rientrare e perdere al primo turno allo US Open. Il russo non ha certo brillato concedendo ben 10 palle break all’avversario nel primo set (ma riuscendo ad annullarle tutte, spesso con la complicità dell’australiano) e poi non riuscendo mai a impensierire Bolt nei suoi turni di servizio per buona parte del secondo parziale. L’esperienza e la maggiore qualità del numero 15 del mondo sono però emerse nel momento chiave dell’incontro: sul 4-4 del secondo, infatti, Karen ha elevato il livello del suo gioco, rispondendo con grande profondità e brekkando così a zero il qualificato australiano. Il match si è quindi chiuso dopo un’ora e 50 minuti di gioco. Sicuramente più probante per il numero 1 del seeding sarà la sfida con McDonald, battuto tre volte su tre ma sempre in maniera sudata.
[3] J-L. Struff b. C. Garin 6-1 1-6 6-4
Struff, in realtà, era tornato in campo già la scorsa settimana per la tappa di Francoforte dello UTS (la lega di incontri di esibizione nata su iniziativa di Mouratoglou), ma è stata quella di oggi la prima vera occasione per testare le sue condizioni fisiche. Il numero 23 del mondo ha dato buone risposte anche se a sprazzi e comunque approfittando di un Garin non impeccabile. Il cileno ha infatti concesso con troppa facilità il break all’avversario in apertura sia di primo set (con tre doppi falli) che del parziale decisivo e ha poi assistito quasi inerme alla buona prova al servizio del tedesco. Escludendo il secondo set, in cui Struff si è preso una pausa che si potrebbe definire fisiologica visto il lungo periodo di inattività da cui è reduce, Jan-Lennard non ha infatti lasciato nessuna palla break all’avversario, perdendo solamente due punti quando ha messo in campo la prima. Tra lui e Nishioka ci sono due precedenti piuttosto datati (2019 e 20), con una vittoria per parte.
GLI ALTRI MATCH – Hanno rispettato il loro status di teste di serie anche Yoshihito Nishioka (n. 8) e Mackenzie McDonald (n. 6). Il primo ha superato alla grande una sfida molto insidiosa contro il big server Lloyd Harris (scherzando a fine match, il giapponese ha infatti detto che la sua prima “equivale alla seconda di Harris”), riuscendo a far suoi entrambi i tie-break giocati grazie a una maggiore solidità da fondocampo. Il sudafricano ha disputato un buon match in battuta, concedendo solo una palla break, ma non è mai stato incisivo in fase di risposta. McDonald ha invece replicato la vittoria in tre set su Shang (conclusa da un simpatico siparietto con l’americano che ha letteralmente trasportato l’avversario, in preda ai campi, alla panchina) spuntandola nel parziale decisivo anche contro il belga Coppejans. A fare la differenza tra il primo set, vinto da quest’ultimo, e il resto del match è stato soprattutto il calo di rendimento del numero 186 del mondo al servizio.
IL PROGRAMMA DI SABATO – Si presenta piuttosto interessante il menù del day 4 dell’Huafa Properties Zhuhai Championships. Il match di cartello è indubbiamente quello tra Murray e Karatsev, presentato così dal britannico: “Aslan è uno dei migliori colpitori del circuito, colpisce in modo pulito da entrambi i lati e si prende molti rischi. Penso che questi campi siano adatti a lui. Il mio compito sarà quello di cercare di variare per spezzare un po’ il suo ritmo. Se riceve sempre lo stesso tipo di palla, è incredibilmente pericoloso”. Ci saranno poi gli esordi nel torneo di Korda contro Muller, di Etcheverry contro Svrcina e di Norrie, che ha dichiarato di credere nella qualificazione alle Finals di Torino, contro Polmans.