Rassegna stampa
Camila domina, poi sparisce (Bona). Camila spreca, Pegula la castiga (Strocchi)
La rassegna stampa di venerdì 12 agosto 2022
Camila domina, poi sparisce (Aliosha Bona, Corriere dello Sport)
Si ferma agli ottavi di finale la difesa del titolo di Camila Giorgi al Wta 1000 di Toronto. La maceratese non riesce ad emulare la vittoria dello scorso anno a Montreal proprio con Jessica Pegula e viene eliminata dall’americana per 3-6 6-0 7-5. Anche un match point vanificato per la numero due d’Italia che dalla prossima settimana crollerà in classifica (uscirà dalla top-60). La partenza di Camila è ad handicap, subito con un break, ma ciò non la demoralizza. Col passare dei minuti è l’azzurra a comandare il gioco e a dettare il ritmo, mettendo a referto quattro game di fila per il 6-3 del primo set. Nei secondo cambia la trama. Giorgi perde certezze dal lato sinistro, complice una Pegula più solida e centrata: il parziale di sei game consecutivi questa volta lo mette a segno l’americana che in 26 minuti trascina la contesa al set decisivo. Il servizio continua ad avere un valore effimero (10 i break totali) e alla fine sono i dettagli a far pendere la bilancia verso la statunitense con un parziale di tre game a zero dal 4-5. Il match del giorno va invece a Cori Gauff, vincitrice su Aryna Sabalenka nell’incontro più lungo da lei mai disputato, 3 ore e 11 minuti di gioco. Un equilibrio testimoniato dal punteggio, 7-5 4-6 7-6(4), e dai 131 punti a testa portati a casa. A risolvere la contesa è la maggior freddezza di ‘Coco’ nel tie-break decisivo, dopo la rimonta da 3-0 sotto nel terzo set. Sabalenka viene fermata per la terza volta su quattro scontri diretti da Gauff, sempre più matura nel suo gioco e capace di gestire i momenti più complicati. Servirà una versione simile o addirittura migliore nei quarti contro Simona Halep. La rumena prosegue il suo percorso netto, arginando la svizzera Jil Teichmann per 6-2 7-5.
Camila spreca, Pegula la castiga (Gianluca Strocchi, Tuttosport)
Mastica amarissimo Camila Giorgi a Toronto. Negli ottavi del “National Bank Open” sul cemento canadese la 30enne di Macerata, n.29 del ranking mondiale, dopo aver eliminato all’esordio la britannica Emma Raducanu, n.10 del mondo e 9 del seeding, e aver sconfitto al 2° turno la belga Elise Mertens, n. 37 WTA, ha ceduto con il punteggio di 3-6 6-0 7-5, dopo quasi due ore di lotta, alla statunitense Jessica Pegula, n.7 del ranking e del seeding. In una giornata disturbata da forte vento l’azzurra ha di che rammaricarsi perché nella frazione decisiva ha mancato la chance per portarsi avanti 5-2 e poi sul 5-4 in suo favore non ha sfruttato un match point sotterrando in rete la risposta sul servizio dell’americana, che in quel decimo game ha commesso tre doppi falli. Nel successivo due errori di diritto, uno di rovescio ed un doppio fallo finale sono costati il break a Camila, con Pegula che, con un eloquente parziale di undici punti a uno, ha archiviato la pratica staccando il pass per i quarti. La Giorgi, che era campionessa in carica in questo torneo avendo conquistato dodici mesi fa a Montreal il suo trofeo più prestigioso in carriera, con questa sconfitta scivolerà fuori dalle prime 60 del ranking. Intanto, continua a tenere banco l’uscita di scena di Serena Williams in quella che è stata la sua ultima apparizione al torneo canadese, fra lacrime e standing ovation sul Centrale di Toronto, dopo la lunga lettera-confessione su Vogue in cui ha annunciato che dopo gli Us Open lascerà per sempre il tennis per dedicarsi alla famiglia e alle sue tante altre attività imprenditoriali. Contro la svizzera Belinda Bencic, la campionessa, vincitrice di 23 Slam in singolare, ha ceduto 6-2 6-4 in un’ora e 17 minuti. «Sono molto emozionata – ha detto Serena sul campo – Mi piace giocare qui, mi è sempre piaciuto. Avrei voluto giocare meglio ma Belinda è stata bravissima. Come ho detto nell’articolo su Vogue, sono pessima negli addii. Ciononostante: addio Toronto».
Rassegna stampa
Sinner saluta Parigi (Crivelli, Bertolucci, Ercoli, Azzolini, Martucci). Gioia Cocciaretto, prima volta al 3° turno Slam (Strocchi)
La rassegna stampa di venerdì 2 giugno 2023
Sinner sprofondo rosso (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Terra bruciata. Come l’ambizione di spingersi fin verso il paradiso in quello spicchio di tabellone repentinamente orfano di Medvedev, il re di Roma. E invece la maledizione del pronostico colpisce ancora, inesorabile: quando l’orizzonte s’allarga, Sinner si restringe. Che botta, la sconfitta contro Altmaier, tedesco n. 79 Atp. Un capitombolo inatteso, che fa rumore, perché rischia di oscurare il cammino oggettivamente brillante che Jannik aveva tenuto da tre mesi a questa parte e che, abbinato al ko di Roma contro un altro avversario non irresistibile come Cerundolo, può instillare crepe pericolose nella delicata e continua ricerca dell’equilibrio perfetto. Alla vigilia dello Slam parigino, la Volpe Rossa aveva rivelato con sincerità gli obiettivi di un ragazzo di 21 anni che ha già avvicinato le vette più alte del suo sport: «Se chiudo gli occhi, il mio traguardo è di andare il più avanti possibile in classifica e come persona. Il sogno è diventare numero 1 del mondo, e darò tutto quello che ho per riuscirci. Poi se non ci arriverò, mi basterà non avere rimpianti». Una visione lucida e coerente, che tuttavia continua a cozzare con la realtà quando il livello della pressione si alza e richiede un ultimo salto di qualità mentale e tecnico. Perché lo Jannik che entra sul Lenglen da favorito in una partita che dovrebbe rappresentare solo una tappa di avvicinamento alla seconda settimana, è in realtà un drago dalle ali tarpate, con il braccio bloccato dalla tensione, che si tiene a galla con il servizio ma non riesce mai a incidere davvero con l’aggressione da fondo campo, senza mai cercare altre strade tattiche per staccarsi definitivamente di dosso un rivale tignoso, bravo e diligente ad applicare suoi schemi di disinnesco delle armi azzurre, giocando il dritto con traiettorie più alte per non dare ritmo e il rovescio al centro per togliere angoli. Nonostante tutto, Sinner si ritroverà a servire sul 5-4 del quarto set con due match point a disposizione, e sul primo non chiude uno smash a rimbalzo che gli costa un passante del tedesco reso imprendibile dal nastro. La plastica immagine di una giornata per certi versi indescrivibile: Jannik ha totalmente smarrito il killer instinct dei giorni belli, è passivo, lontano dalla riga di fondo, e non cerca mai variazioni per cambiare il destino strategico del match. Ha un sussulto solo quando si ritrova davvero spalle al muro, sul 4-5 e servizio del tedesco nel quinto set, ottenendo il break dell’inattesa resurrezione, peraltro vanificato dall’orribile game successivo in battuta. In un infinito 12° game, surreale e costellato da errori dettati solo dal rispettivo braccino, Jannik annulla i primi tre match point, si procura tre palle per allungarsi al tie break ma poi si arrende a un suo rovescio sbagliato e a un ace dell’incredulo renano, sbattendo la racchetta a terra forse per la prima volta in carriera: «Ci sta: ero in tensione, poco lucido, consapevole di aver avuto tante occasioni e di aver fatto troppe scelte sbagliate». […] «Certo che fa male, tenevo molto a questo torneo, ma devo accettarlo. Stavolta mi è mancato l’atteggiamento giusto, non ero sorridente dentro, fin dall’inizio non godevo del fatto di essere qui e di giocare una partita al Roland Garros. Se c’ è una lezione che devo imparare da questa sconfitta, è di tornare a essere felice quando sono in campo». A suo modo, una confessione choc che spiega meglio di ogni dettaglio tecnico le difficoltà di Sinner nel gestire il nuovo ruolo di possibile giocatore-guida del prossimo decennio, che invece Alcaraz e Rune maneggiano già con grandissima disinvoltura, peraltro accrescendo le pressioni su di lui che nei voti di tanti dovrebbe essere il terzo eroe del gruppo ristretto. Quando si trattava di sognare l’approdo nell’élite, le motivazioni e l’ambizione gli armavano il braccio, ora che vede il gotha da vicino è come se avesse il piombo nei colpi. E se la testa pensa troppo, le gambe non girano: «L’adattamento alla terra è stato eccellente, a Monte Carlo ho subito fatto semifinale. Ero euforico, e le aspettative erano alte, ma poi sono arrivate due sconfitte così. Evidentemente, devo imparare a ragionare in un altro modo». […] «So che il lavoro alla lunga pagherà, la mia passione per il tennis mi farà superare gli ostacoli. Penso di essere una persona forte, soprattutto nei momenti difficili. L’ho fatto vedere in passato e lo farò vedere anche in futuro». Splendore sull’erba?
Gioco monotono e troppa ansia. Sinner rimanda il salto di qualità (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
Non c’è dubbio che la sconfitta di Sinner al secondo turno del Roland Garros rappresenti una cocentissima delusione, certamente inattesa. Una battuta d’arresto che allunga ombre insidiose sulle qualità ad altissimo livello dell’altoatesino, piombato in un’improvvisa, piccola crisi dopo tre mesi di grandissimo spessore tecnico. Mentre nella parte alta del tabellone si ritrovano a battagliare Alcaraz, Djokovic, Tsitsipas e Rublev, nello spicchio occupato dall’azzurro la repentina eliminazione di Medvedev aveva spalancato un’autostrada verso gli appuntamenti nobilissimi del tabellone, con il solido ma non certo irresistibile Ruud e il terribile ma ancora incostante Rune come punti di riferimento e unici due giocatori con classifica migliore rispetto a Jannik. Se a Roma si poteva mettere in preventivo la tensione derivante dall’enorme attesa che il torneo e il pubblico riponevano su di lui, la sconfitta di Parigi è apparentemente senza motivazioni. Evidentemente, le aspettative montate dopo l’eliminazione di Medvedev hanno finito per svuotare il serbatoio mentale di Sinner, che fin dall’inizio del match contro Altmaier è sembrato fuori fase, bloccato, senza spinta sulla palla e perdi più in condizioni atletiche rivedibili. E così anche quelle che sono state le certezze che lo hanno accompagnato in questi mesi hanno finito per abbandonarlo: basti pensare al rovescio incrociato, per solito una sentenza e invece stavolta giocato sempre senza mordente. È vero, nonostante il rendimento insufficiente, Jannik avrebbe potuto comunque imporsi in quattro set, e sui match point è stato sicuramente sfortunato, ma la sensazione generale non sarebbe comunque cambiata: la palla dell’azzurro viaggia a velocità inferiori rispetto all’anno scorso o a due anni fa, quando evidentemente la testa era più libera e quindi rendeva il braccio più fluido. […] Ciò che ha sorpreso di più, in queste due inopinate sconfitte, è stata l’assoluta incapacità di Sinner di trovare un’alternativa al solo bombardamento da fondo campo: ormai dovrebbe aver capito che semplicemente spingendo da fondo non si vince contro nessuno. In più, ieri contro il tedesco è stato troppo passivo, giocando ben dietro la riga di fondo e commettendo errori inusuali sui punti più delicati. […] Un brutto stop, sul quale Sinner avrà molto da riflettere nella pausa che lo separa dalla stagione sull’erba: si tratta di capire perché, quando il salto di qualità sembra vicino, subisca una sorta di blocco psicologico da grande risultato.
Sinner: «Fa male, ci tenevo tanto» (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)
«Le mie aspettative erano alte e sentivo di poter fare molto bene qui, forse devo ragionare in un altro modo. Non sono però due tornei a rovinare la stagione». Questa volta non era un miraggio o un sogno, ma un obiettivo. Le carte in tavola son cambiate con un inizio di anno formidabile e questo per Sinner era uno slam diverso, il primo in cui poter provare davvero a vincere. il Roland Garros della consapevolezza invece si conclude nel rammarico di due match point falliti e della sconfitta contro Daniel Altmaier che questa volta, a differenza di quanto accaduto lo scorso anno agli US Open, prevale sulla lunga distanza con il punteggio di 6-7(0) 7-6(7) 1-6 7-6(4) 7-5. L’altoatesino si è piegato al peso degli appuntamenti ai quali teneva di più nel post Melbourne. Per certi versi gli esordi di Roma e Roland Garros contro Kokkinakis e Muller si assomigliano per facilità nel liquidare l’avversario, ma restano eccezioni in due settimane che rimandano l’appuntamento con traguardi più grandi. Difficile determinare quale dei match point non convertiti (entrambi ai vantaggi sul 5-4 del quarto set) lasci più il segno. La lotta è tra quello condotto e non chiuso con la beffa di un nastro sul passante avversario ed un rovescio tirato lungo in uscita dal servizio. Poteva essere una vittoria opaca, di quelle portate a casa nello stile del «Sinner prima maniera», quello degli strappi improvvisi e dei break recuperati con una facilità quasi disarmante. Nel quinto set è proprio quella la solfa, con l’allievo del duo Vagnozzi/Cahill che aggancia il 5-5 quando il tedesco serve per il match, salvo cedere nuovamente il servizio prima del cambio campo. Nel dodicesimo game il conto è di 4 match point annullati, seguiti da tre palle fallite da Sinner per il tie-break prima della resa definitiva. I progressi e le soluzioni implementate nell’ultimo anno sono a tratti del tutto mancate sul Suzanne Lenglen. Quando la parte atletica e di colpi non spiana la strada, l’azzurro fatica a salvarsi con la parte tattica. La racchetta sbattuta a terra è il fotogramma del k.o. e lo stesso numero 1 d’Italia ha qualcosa da rimproverarsi: «Fa male perché ci tenevo tanto e ho avuto delle possibilità. Ho dato tutto, anche perché sennò non stai in campo per quasi 5 ore e mezza. Dovevo essere più felice di essere nella posizione in cui ero, di solito non lo faccio vedere ma sono sorridente dentro. Non lo sono stato e quando è così faccio più fatica, questa è la lezione che ho imparato. Cercherò di essere più felice perché mi serve». […]
La felicità perduta del giovane Sinner (Daniele Azzolini, Tuttosport)
Piange chi vince, e non è Sinner. Si chiama Daniel Altmaier ed è la prima volta che ottiene dal tennis qualcosa da ricordare, da raccontare, di cui, magari, vantarsi. Ha 24 anni, tedesco di Kempen, un paesino della Vestfalia, famosa per il trattato di pace che pose fine alla guerra dei trent’anni, e ora che ha vinto per una volta contro uno dei più forti, è lui a non trovare pace. Si blocca davanti al microfono e non smette di piangere. Ne avrebbe di cose da raccontare, di speranze inseguite e mai raggiunte, di tennis giocato e vissuto in periferia. Ha vinto con la volontà e un po’ di fortuna, ma anche con intelligenza, scegliendo momenti e modi per colpire. Un tema che non troverebbe insensibile l’intervistatrice, quello dell’intelligenza… Marion Bartoli, signora di Wimbledon 2013, è membro del Mensa, la tavola che riunisce gli intelligentoni di tutto il mondo e con un punteggio più alto di Albert Einstein. Avrebbe di che piangere anche Jannik Sinner, ma non lo fa, non ci riesce, ha consumato sudore e lacrime in un match senza senso, costruito per durare troppo a lungo, per generare stress dal nulla e andare a parare non si sa dove. È furioso, con se stesso e con il tennis, sport ingrato se ce n’è uno. Aveva vinto, in fondo. l primi due match point dell’incontro erano a suo favore, bastava coglierne uno e andare in terzo turno, rispettando il pronostico e conservando intatte le possibilità di sfruttare a dovere un tabellone che la sconfitta di Medvedev ha aperto a qualsiasi ipotesi. E Jannik sa bene di rappresentare, da qui al futuro, ben più di un’ipotesi. Si sarebbe scritto, beh, match bruttino, oltre modo sofferto, ma in fondo vinto, come nell’arco di uno Slam succede a tutti i finalisti. Ma le crisi vanno sapute superare, e Sinner c’è rimasto avviluppato dentro. Sul 5-4 del quarto set ha giocato male la prima palla della vittoria, sulla seconda invece ha fatto le cose giuste, ma il tedesco ha trovato un passante che il nastro ha reso inarrivabile. Peccato, due volte peccato. Perché Sinner quel set l’aveva recuperato da 0-3, e in quel momento numeri e sensazioni erano tutti dalla sua parte. […] Quel decimo game del quarto set, e più ancora, l’ultimo del match, nel quinto, quando le lancette dell’orologio avevano già da un po’ varcato le cinque ore di gioco, hanno riproposto fatti e misfatti del l’intero confronto. Se vuole, Sinner può prendersela con la sfortuna, e con se stesso, ma non è più soltanto il ragazzo prodigio, è ormai oggetto di studio, e la citizen band dei coach comincia a individuare quei punti ancora da correggere nel gioco dell’italiano, e a ricavarne le prime strategie di contrattacco, utili a inceppare i meccanismi d’assalto di Jannik. Daniel Altmaier non ha cessato per un solo game, di cercare palle dai rimbalzi alti e lunghi. Su quelle Sinner non carbura, e non sempre trova la misura dei colpi. […] Altmaier l’ha lavorato ai fianchi. Nel quinto ha servito per il match sul 5-4 e non è bastato ad acquietare l’italiano, ma si è procurato un nuovo break ed è tornato a provarci sul 6-5 in suo favore. Avanti 40-0 ha sentito le gambe tremare sui primi tre match point ,ma non ha staccato la spina, e ha trovato altre due palle match, mentre le occasioni di pareggiare i conti di .Jannilk si perdevano nel nulla. Decisivo il quinto match point, in un game di sedici punti, lungo dodici minuti, e il tappo che tratteneva le lacrime del tedesco è finalmente saltato. Cinque ore e 26 minuti di dannazioni per ritrovarsi con niente tra le mani. «E’ una brutta botta, poco da dire. Dolorosa. Ho giocato male le mie carte, eppure ho avuto il match a portata di mano. Forse il mio atteggiamento non era giusto, ho dato tutto, altrimenti non sarei rimasto in campo 5 ore e mezza. Però dovevo essere più felice dentro, per approfittarne, ma questa felicità che spesso mi assiste, dentro, stavolta non l’ho avvertita. Cercherò di essere più felice, è la lezione». La chiama felicità, Jannik, e viene voglia di chiedergli la ricetta, quando dice che dovrà studiare come assicurarsela per i match futuri. Ma forse intendeva “positività”. Che è mancata, e fa bene Sinner a farsene un cruccio. Ma se vuole un consiglio, non si fermi a quella. Anche sul gioco occorrerà intervenire. […]
Sinner, maratona crudele (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
Adesso vaglielo a spiegare ai leoni da tastiera dei social che il numero 9 del mondo può perdere contro il 79, e subire a Parigi un’altra delusione dopo quella di Roma. Senza per questo dover passare sotto le Forche Caudine della vergogna ed essere targato a vita come un bluff. Jannik Sinner che ad appena 21 anni può inciampare al secondo ostacolo del Major più complicato contro il tedesco Daniel Altmaier che con coach Alberto Mancini sta imparando la regolarità da affiancare a rovescio e servizio di prima categoria. Peraltro l’altoatesino cede dopo 5 ore e mezza, per 6-7 7-6 1-6 7-6 7-5, mancando 2 match point nel quarto set (uno per un net beffardo), dopo aver rimontato da 3-5 a 5-5 al quinto, perché fallisce le occasioni che si costruisce. Come dicono il 6/21 sulle palle break coi 62 vincenti contro 75 gratuiti, fotografia della tensione che ieri lo ha bloccato. Paura e limiti fisici sono connessi o separati, e si curano con l’esperienza? Parola di Sinner: «Ho avuto le mie opportunità e non ho trovato il modo giusto per vincere quei punti. Sono stato anche sfortunato, ma questo è lo sport, si vince e si perde. È difficile da digerire ma di sicuro tornerò già forte. So che gli ultimi due tornei sono stati duri, e forse mi sono messo addosso troppe aspettative, o pressione. E il mio avversario ha avuto un’attitudine migliore. Ero pronto di fisico e di testa: è dura aver lavorato tanto e non prendere un premio, ma la maratona non finisce qui». […]
Gioia Cocciaretto, prima volta al 3° turno Slam (Gianluca Strocchi, Tuttosport)
Il sorriso di Elisabetta Cocciaretto, con la treccia di capelli che oscilla da una parte all’altra del campo numero 9, illumina una giornata per il resto a tinte fosche per l’Italtennis alla Porte d’Auteil. La 22enne di Fermo (n.44 Wta), dopo aver sgambettato all’esordio la ceca Petra Kvitova, n.10 del ranking e del tabellone (semifinalista in questo torneo nel 2012 e nel 2020), ha superato anche il fatidico esame di maturità, raggiungendo per la prima volta il 3° turno in uno Slam: l’azzurra ha sconfitto, in poco meno di un’ora e mezza di partita, l’elvetica Simona Waltert (n.128), passata dalle qualificazioni nel suo primo main draw parigino. Anche se ha trascorso buona parte del match a litigare con la fasciatura sotto il ginocchio sinistro (se l’è tolta e fatta rimettere dal fisioterapista un paio di volte) senza riuscire ad esprimere il suo miglior tennis, la marchigiana —con un ripassino agli appunti sulla tattica ai cambi campo – è stata sempre avanti nel punteggio contro un’avversaria più fallosa e contratta di lei. Ed è stata cinica nel convertire tutte le 6 palle-break procurate. «Una partita molto difficile dal punto di vista mentale — riconosce Elisabetta – Non mi ero mai sentita così tesa e rigida, ho sentito questa partita, però sono riuscita a gestirla: ho cercato di mantenere la calma, pensare al mio gioco e a lottare punto su punto. E’ una bella soddisfazione, del tutto inaspettata. Il tape? Avevo un po’ di fastidio al ginocchio, ma se mettevo la fascia ci pensavo troppo, mentalmente era come se mi facesse più male. Dopo averci litigato un po’ l’ho tolto e via!». Cocciaretto domani troverà dall’altra parte della rete la statunitense Bernarda Pera (n. 36), che ha eliminato in rimonta la croata Donna Vekic (n.22). La 28enne americana di origini create (nata a Zadar), pure lei per la prima volta al 3′ turno al Roland Garros, ha vinto 2 delle 3 sfide precedenti con l’italiana, che però si è aggiudicata l’ultima, a gennaio net quarti sul cemento di Hobart. Grazie ai punti conquistati fin qui la giocatrice allenata da Fausto Scolari è virtualmente n.39 e quindi ritoccherà il best ranking, diventando la prima azzurra in classifica. […]
Flash
Roland Garros, da “Sprofondo rosso” a “La felicità perduta del giovane Jannik”: così i media italiani sul ko di Sinner
Vi proponiamo un resoconto di come alcuni dei principali quotidiani sportivi italiani hanno accolto e commentato l’eliminazione da Parigi di Jannik Sinner

Ecco di seguito una sequenza delle principali firme del giornalismo tennistico “nostrano”, in merito alla precoce eliminazione di Jannik Sinner dal Roland Garros 2023: giunta già al 2°T del torneo per mano del tedesco monomane Daniel Altmaier, per 7-5 al quinto set al termine di 5ore e 26minuti di grande battaglia agonistica con tanto di 2 match point non sfruttati.
Quello che è stato definito il Knock Down del n. 1 d’Italia, e tds n. 8 del tabellone parigino, dal Direttore di Ubitennis Ubaldo Scanagatta; è stato invece accolto e commentato nelle modalità sotto riportate da alcune delle più importanti testate sportive azzurre.
Vi proponiamo alcuni degli stralci più interessanti.
Per Riccardo Crivelli della Gazzetta dello Sport l’inaspettata uscita di scena dell’altoatesino, che ad onor di ranking avrebbe dovuto spingersi – quantomeno – sino ai quarti di finale del secondo Slam dell’anno senza neppure considerare nell’analisi che la forza del seeding più alta in quello spicchio di draw aveva abbandonato – anche lui – anzitempo la manifestazione, viene perfettamente raffigurata dall’immagine di una: “Terra bruciata. Come l’ambizione di spingersi fin verso il paradiso in quello spicchio di tabellone repentinamente orfano di Medvedev, il re di Roma. E invece la maledizione del pronostico colpisce ancora, inesorabile: quando l’orizzonte s’allarga, Sinner si restringe. Che botta, la sconfitta contro Altmaier, tedesco n. 79 Atp. Un capitombolo inatteso, che fa rumore, perché rischia di oscurare il cammino oggettivamente brillante che Jannik aveva tenuto da tre mesi a questa parte e che, abbinato al ko di Roma contro un altro avversario non irresistibile come Cerundolo, può instillare crepe pericolose nella delicata e continua ricerca dell’equilibrio perfetto“.
Gli obbiettivi personali non direttamente proporzionali alla realtà dei fatti
“Alla vigilia dello Slam parigino, la Volpe Rossa aveva rivelato con sincerità gli obiettivi di un ragazzo di 21 anni che ha già avvicinato le vette più alte del suo sport. Una visione lucida e coerente, che tuttavia continua a cozzare con la realtà quando il livello della pressione si alza e richiede un ultimo salto di qualità mentale e tecnico. Perché lo Jannik che entra sul Lenglen da favorito in una partita che dovrebbe rappresentare solo una tappa di avvicinamento alla seconda settimana, è in realtà un drago dalle ali tarpate, con il braccio bloccato dalla tensione, che si tiene a galla con il servizio ma non riesce mai a incidere davvero con l’aggressione da fondo campo, senza mai cercare altre strade tattiche per staccarsi definitivamente di dosso un rivale tignoso, bravo e diligente ad applicare suoi schemi di disinnesco delle armi azzurre, giocando il dritto con traiettorie più alte per non dare ritmo e il rovescio al centro per togliere angoli“.
Per Paolo Bertolucci, ex n. 6 del mondo ma anche Capitano di Coppa Davis dal 1997 al 2000 e apprezzata firma della Gazzetta, questo imprevisto sul cammino di Sinner nel Major rosso deve inevitabilmente portare alla luce legittimi dubbi sulla tenuta sottopressione del 21enne di San Candido vestendo uno status massimale negli equilibri del Tour.
“Non c’è dubbio che la sconfitta di Sinner al secondo turno del Roland Garros rappresenti una cocentissima delusione, certamente inattesa. Una battuta d’arresto che allunga ombre insidiose sulle qualità ad altissimo livello dell’altoatesino, piombato in un’improvvisa, piccola crisi dopo tre mesi di grandissimo spessore tecnico. Mentre nella parte alta del tabellone si ritrovano a battagliare Alcaraz, Djokovic, Tsitsipas e Rublev, nello spicchio occupato dall’azzurro la repentina eliminazione di Medvedev aveva spalancato un’autostrada verso gli appuntamenti nobilissimi del tabellone, con il solido ma non certo irresistibile Ruud e il terribile ma ancora incostante Rune come punti di riferimento e unici due giocatori con classifica migliore rispetto a Jannik. Se a Roma si poteva mettere in preventivo la tensione derivante dall’enorme attesa che il torneo e il pubblico riponevano su di lui, la sconfitta di Parigi è apparentemente senza motivazioni. Evidentemente, le aspettative montate dopo l’eliminazione di Medvedev hanno finito per svuotare il serbatoio mentale di Sinner, che fin dall’inizio del match contro Altmaier è sembrato fuori fase, bloccato, senza spinta sulla palla e perdi più in condizioni atletiche rivedibili. E così anche quelle che sono state le certezze che lo hanno accompagnato in questi mesi hanno finito per abbandonarlo: basti pensare al rovescio incrociato, per solito una sentenza e invece stavolta giocato sempre senza mordente”.
I limiti tecnici e tattici di un salto di qualità che stenta a decollare
Per Daniele Azzolini di Tuttosport le esternazioni emotive a fine partita esemplificano alla perfezione il vissuto dei due protagonisti nella sfida parigina, ma più in generale nella loro carriera: “Piange chi vince, e non è Sinner. Si chiama Daniel Altmaier ed è la prima volta che ottiene dal tennis qualcosa da ricordare, da raccontare, di cui, magari, vantarsi. Ha 24 anni, tedesco di Kempen, un paesino della Vestfalia, famosa per il trattato di pace che pose fine alla guerra dei trent’anni, e ora che ha vinto per una volta contro uno dei più forti, è lui a non trovare pace. Si blocca davanti al microfono e non smette di piangere. Ne avrebbe di cose da raccontare, di speranze inseguite e mai raggiunte, di tennis giocato e vissuto in periferia. Ha vinto con la volontà e un po’ di fortuna, ma anche con intelligenza, scegliendo momenti e modi per colpire. […] Avrebbe di che piangere anche Jannik Sinner, ma non lo fa, non ci riesce, ha consumato sudore e lacrime in un match senza senso, costruito per durare troppo a lungo, per generare stress dal nulla e andare a parare non si sa dove. È furioso, con se stesso e con il tennis, sport ingrato se ce n’è uno. Aveva vinto, in fondo. l primi due match point dell’incontro erano a suo favore, bastava coglierne uno e andare in terzo turno, rispettando il pronostico e conservando intatte le possibilità di sfruttare a dovere un tabellone che la sconfitta di Medvedev ha aperto a qualsiasi ipotesi. E Jannik sa bene di rappresentare, da qui al futuro, ben più di un’ipotesi. Si sarebbe scritto, beh, match bruttino, oltre modo sofferto, ma in fondo vinto, come nell’arco di uno Slam succede a tutti i finalisti. Ma le crisi vanno sapute superare, e Sinner c’è rimasto avviluppato dentro.
Come impregnarsi di felicità?
Per Vincenzo Martucci del Messaggero è una “Maratona Crudele” quella a cui è andato incontro Jannik, e che purtroppo lo esporrà a dover subire la consueta ondata di lapidarie opinioni delle cosiddette ‘bestie da social’ – quando non si degenera nell’insulto gratuito, situazione che ahi noi è piuttosto frequente – che lo dipingono come uno che in verità non possiede le stigmate del campione tanto decantate dai cantori del Pel di Carota e del suo sicuro avvenire ai massimi livelli del tennis mondiale.
“Adesso vaglielo a spiegare ai leoni da tastiera dei social che il numero 9 del mondo può perdere contro il 79, e subire a Parigi un’altra delusione dopo quella di Roma. Senza per questo dover passare sotto le Forche Caudine della vergogna ed essere targato a vita come un bluff. Jannik Sinner che ad appena 21 anni può inciampare al secondo ostacolo del Major più complicato contro il tedesco Daniel Altmaier che con coach Alberto Mancini sta imparando la regolarità da affiancare a rovescio e servizio di prima categoria”.
Rassegna stampa
Fognini orgoglio e talento (Crivelli). La coppia è tornata – Barazzutti «Fabio si fida di me e ora gioca sereno» (Cecchi). Con Sonego e Musetti colpi da maestro (Nizegorodcew). Il ruggito di Fognini (Giammò). Sonego, Musetti, Fognini: è qui la festa (Strocchi). Sonego, è il tempo della consapevolezza (Azzolini). Ferrara – “Vi svelo il Sinner segreto” (Rossi). Tsitsipas, il filosofo della rete (Semeraro)
La rassegna stampa di giovedì 1 giugno 2023
Resurrezione Fognini orgoglio e talento «il sogno continua» – Fabio vecchio leone (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Lode al talento. Lode alla geniale follia. Lode alla passione. Se non ci fosse, Fognini bisognerebbe inventarlo. A volte, in campo, non sarà stato uno specchiato esempio di comportamento, ma il suo sconfinato amore per il tennis è stato capace di trascinarlo oltre due operazioni alle caviglie e un infortunio alla pianta del piede destro che ne ha davvero messo a rischio gli ultimi bagliori di una carriera di qualità. E a 36 anni lo trasporta d’autorità al terzo turno del Roland Garros, lo Slam più amato, per la decima volta. Dieci e lode, appunto. E può anche non finire qui, visto che ora incrocerà da favorito l’austriaco Ofner, certamente caldo come tutti i giocatori che escono dalla tonnara delle qualificazioni, ma senza nemmeno un’oncia dell’esperienza e della classe di Fabio. […] Uscito in aprile dalla top 100 dopo 14 anni, scoraggiato dai guai fisici che sembravano non dargli tregua, una settimana prima di Roma il Fogna era un uomo distrutto. Le due vittorie inattese agli Internazionali contro Murray e Kecmanovic, prima dello stop con Rune, gli hanno restituito sorriso e voglia, consegnandogli la giusta tranquillità per Parigi: «Mi sento bene e quando tennis e fisico vanno a braccetto posso ancora dire la mia ad alto livello. Sono di nuovo in un terzo turno al Roland Garros, il mio Slam preferito, e voglio semplicemente continuare a sognare». Perché i sogni aiutano a vivere meglio, soprattutto se sono confortati da una prestazione solida come quella confezionata contro l’australiano Kubler, ex numero 1 juniores nel 2010 poi frenato da una marea di infortuni alle ginocchia. Aggressivo, propositivo, sempre dentro il campo, al solito delizioso nella sua varietà di soluzioni, Fognini sostanzialmente domina la sfida, a parte il calo di concentrazione nel secondo set che lo porta da 4-0 fino a un delicato tie break, comunque maneggiato con intelligenza, prima di tornare a dettare legge: «Sono contento perché ho messo un altro tassello importante qui a Parigi e sono soddisfatto di essermi creato un’altra chance per provare ad arrivare alla seconda settimana. Vincere tre set a zero non è mai facile, ed è stato importantissimo portare a casa il secondo set, soprattutto dopo che mi si era così complicato». […] La rinascita non è mai il coronamento di un percorso solitario. Dietro il Fognini rasserenato del Roland Garros c’è innanzitutto la famiglia e poi un vecchio mentore. La moglie Flavia Pennetta e i figli Federico, Farah e Flaminia sono stati il conforto e il rifugio nei momenti bui ma anche lo stimolo per continuare a soffiare sulla passione: «Ovviamente più passa il tempo, più mi è difficile separarmi dalla famiglia. Flavia è stata giocatrice ad altissimo livello, e dunque capisce, adesso anche Federico (il primogenito, ndr) sa cosa fa suo padre di lavoro, ma è comunque dura. Però è grazie a loro che vivo i miei momenti di serenità più consolanti. Tra l’altro mia moglie verrà a Parigi per il doppio delle Leggende che giocherà con la Schiavone, spero solo non si faccia male visto che non tocca una racchetta da un bel po’…». L’altro stimolo alla ritrovata competitività è il ritorno tra le braccia di Barazzutti, che si è risistemato al suo angolo tecnico. Dopo la collaborazione tra il 2019 e il 2020, la coppia si è ricostituita dopo una semplice domanda di Fabio al suo ex capitano di Davis: «Pensi che il mio tennis possa avere ancora delle possibilità?». Ottenuta ovviamente risposta positiva, si sono rimessi in pista: «Con Corrado c’è stima reciproca, mi conosce da quando ho 15 anni, sa come pungermi e come motivarmi. È sempre stato un punto fermo per tutta la mia carriera. Mi ha rimesso in sesto e tennisticamente sono di nuovo ordinato. Ho lavorato molto sulla parte fisica per tornare a giocare questo tipo di tornei. Il ranking? Non mi preoccupa, sono sceso al numero 130 anche per sfortuna. Adesso non è la mia priorità, da 130 nel primo turno ho dato 3 set a zero a un top 10 come Auger-Aliassime e questo qualcosa vorrà pur dire». Il miglior risultato a Parigi di Fogna restano i quarti raggiunti nel 2011, quando tuttavia non poté sfidare Djokovic per un infortunio alla coscia destra rimediato nella maratona degli ottavi contro Montanes. Stavolta, agli ottavi, avrebbe eventualmente Tsitsipas, ma prima bisognerà tener d’occhio Ofner: «È una chance sia per me sia per lui […] perché è vero che gioca principalmente i Challenger ma se è arrivato al 3° turno di Parigi qualcosa saprà pur fare. Ora la priorità è provare a recuperare più energie possibili; ma ho una grande energia nervosa viva dentro di me. So che ho una buona chance». Afferrala, vecchio leone.
Intervista a Corrado Barazzutti – La coppia è tornata «Fabio si fida di me e ora gioca sereno. Sulla terra è un top» (Federica Cecchi, La Gazzetta dello Sport)
E’ stato il suo capitano in Davis, quello della moglie Flavia Permetta in Fed Cup […], lo ha allenato per due stagioni dal 2019 e gli è sempre rimasto accanto, anche nei momenti più difficili. Proprio per questo motivo, Fabio Fognini ha scelto di affidarsi di nuovo alle mani esperte di Corrado Barazzutti. L’ex numero 7 al mondo e Fabio hanno un rapporto franco, per questo il ligure, quando gli ha chiesto di seguirlo di nuovo almeno per la stagione sulla terra, ha voluto sapere il suo parere spassionato. Corrado, lei che cosa gli ha risposto? «La mia risposta è stata sincera e immediata. “Sì, certo”, gli ho detto. Il tennis di Fabio è ottimo, se rimane al sicuro dagli infortuni, può ancora dare tanto». A Roma ha dimostrato che aveva ragione: si è fermato solo contro Rune, poi finalista. «Roma è stato uno snodo fondamentale, Fabio ha sentito anche il calore del pubblico, ha capito che, sebbene l’età e la classifica non siano più quelli di una volta, c’è ancora voglia di Fognini nel tennis. In più, agli Internazionali, ha vinto davanti ai suoi figli, con Federico che è corso in campo ad abbracciarlo: un grande orgoglio per lui». Essere entrati in tabellone senza passare dalle qualificazioni è stata una bella spinta. «Sapevamo che qualcuno avrebbe potuto rinunciare, ma abbiamo atteso fino all’ultimo. Ci siamo allenati a Roma alla mia Accademia, poi quando è arrivata la bella notizia siamo volati a Parigi». Fabio si fida ciecamente di lei. C’è una rapporto di grande stima e affetto. È questo il segreto della rinascita del giocatore? «Lo conosco da quando aveva 15 anni, lo avevo convocato nell’allora Coppa Europa. Sono stato suo capitano in Davis, allenatore. Siamo sempre rimasti in contatto e io, forse, so come prenderlo». E come si prende un tipo frizzante come lui? «Fabio si fida di me e io di lui. Cerco di dirglielo, di farglielo capire. Faccio il possibile perché rimanga sereno, tranquillo. Gli spiego che, se non se ne va dal campo, è uno che fa paura agli avversari. Se trova serenità, può usare tutte le armi del suo tennis, vario e divertente. Non ce ne sono tanti che giocano come Fabio…». ? Fognini dice che lei gli ha ridato l’ordine di cui aveva bisogno. Che cosa significa? «Ora non vorrei entrare troppo nei tecnicismi. Però cerco di farlo giocare dove si trova meglio. Di fargli usare di più il dritto, coprire il rovescio, manovrare di più». Però si lamenta: troppi cesti.. «Tanti cesti e tante palle, l’ho fatto palleggiare tanto per fargli ritrovare la sensibilità. Soprattutto dopo essere stato fermo a lungo per il problema alla fascia plantare ne aveva bisogno». Dove può arrivare? «Siamo qui per andare avanti il più possibile. Sulla terra, Fognini può ancora dire la sua, nonostante appunto l’età e gli acciacchi». A Roma ci aveva detto che la vostra collaborazione si sarebbe interrotta dopo il Roland Garros… Non è che avete cambiato idea? «Per ora restiamo così, poi chi lo sa? Sarò sempre disponibile a dargli una mano, ma non viaggerò con lui in America, devo stare appresso alla mia Accademia a Roma. Ho i miei allievi, e i nipoti da seguire. Mi piace aiutare i nuovi talenti a crescere, trasferirgli quello che so». Anche con i “vecchi talenti” non se la cava male. Chi lo sa…
Con Sonego e Musetti colpi da maestro (Alessandro Nizegorodcew, Il Corriere dello Sport)
Sonego solido, Musetti maturo. I due azzurri volano al terzo turno del Roland Garros senza apparente difficoltà, dominando i propri incontri dal primo all’ultimo ’15’. “Sonny” ha superato Ugo Humbert, già sconfitto in una clamorosa rimonta a Montecarlo qualche settimana fa, con il punteggio di 6-4 6-3 7-6(3). Il campo 14 di Parigi, sempre caldissimo per i tennisti francesi, non è mai riuscito a entrare in partita. «Ero molto tranquillo sulla tattica da adottare […]. Tranne qualche piccola difficoltà nei primissimi minuti, ho sempre avuto le idee chiare. Ero consapevole, sereno, ho affrontato la partita con la massima fiducia». Sonego se la vedrà ora con il campione di Montecarlo Andrey Rublev, che l’azzurro ha sconfitto clamorosamente nei quarti degli Internazionali BNL d’Italia 2021. Lorenzo Musetti, entrato in campo nella serata transalpina, ha realizzato il cosiddetto match perfetto contro il russo Shevchenko […]. Il punteggio […] rende al meglio l’idea della differenza vista in campo. Il ligure tornerà in campo al terzo turno contro Cameron Nome, già sconfitto da Musetti poche settimane fa a Barcellona. Avanzano intanto Tsitsipas, Alcaraz e Djokovic. Costretto al ritiro Monfils per problemi fisici: niente sfida con Rune che va al terzo turno direttamente. […]. Si ferma al secondo turno il torneo di Matteo Arnaldi, già bravissimo a superare Galan all’esordio. Il ligure, al primo Slam in main draw della carriera, ha lottato a lungo alla pari con il talentuoso canadese Denis Shapovalov, che si è imposto alla fine in quattro set con lo score 6-2 3-6 6-2 6-3. “Shapo” sarà il prossimo avversario di Carlos Alcaraz, che un po’ a sorpresa ha lasciato un set per strada contro il giapponese Taro Daniel, dominando però i restanti tre. Nulla da fare per Sara Errani, sconfitta dalla rumena Irina-Camelia Begu 6-3 6-0. Il solito problema al ginocchio ha invece stoppato Camila Giorgi, che dopo aver perso il primo set 6-2 contro la statunitense Jessica Pegula ha abbandonato il Philippe Chatrier. […]. Oggi tornano in campo cinque italiani impegnati in match di secondo turno. Occhi puntali su Jannik Sinner: l’altoatesino se la vedrà nel primo pomeriggio, sul Suzanne Lenglen, con l’ostico tedesco Daniel Altmaier che tre anni fa proprio a Parigi sorprese Matteo Berrettini al terzo turno. Giulio Zeppieri avrà l’onore di aprire il programma sul campo centrale dei Roland Garros sfidando Casper Ruud. Un match sulla carta difficilissimo, ma nei fatti non impossibile per caratteristiche. Andrea Vavassori, dopo l’impresa all’esordio contro Kecmanovic, avrà un incontro alla portata per proseguire il sogno parigino. Il piemontese sfiderà l’argentino Olivieri, qualificato e proveniente da un primo turno di 5 durissimi set; esattamente come Vavassori. […]. Nel femminile sfide alla portata per Jasmin Paolini, opposta alla serba Olga Danilovic, ed Elisabetta Cocciaretto, che avrà i favori del pronostico contro la svizzera Waltert. Tornano in campo, in doppio, anche Bolelli e Fognini contro Granollers/Zeballos.
Fognini, Musetti e Sonego: avanti tutti – Il ruggito di Fognini «Sono vivo» (Ronald Giammò, Il Corriere dello Sport)
«Sto bene, ed è la cosa più importante. Quando tennis e fisico vanno insieme posso ancora dire la mia». Ruggisce d’orgoglio Fabio Fognini, vincitore in tre set contro l’australiano Kubler e approdato perla decima volta in carriera al 3° turno del Roland Garros, «il mio Slam preferito». Ma è un ruggito, il suo, venato di nuova consapevolezza e nuova maturità. Vuoi per l’età, per gli infortuni che lo hanno accompagnato in questi ultimi mesi pregiudicandone prestazioni e penalizzandone il ranking, rischiando di estrometterlo da quei tabelloni che carriera e successi reclamano per sé, o di costringerlo a trafile di qualificazioni […] riservate a chi invece sul circuito deve ancora farsi le ossa. Kubler era avversario tanto robusto quanto grezzo, per domarlo occorreva tenerlo prima a bada, lasciarlo sfogare mantenendo alta la concentrazione e un livello costante di gioco per poi affidarsi al braccio e all’istinto delle giornate migliori. […]. «Sono soddisfatto […] vincere 3-0 non è facile specialmente dopo quel 2°set che si era complicato. È un altro tassello qui a Parigi, un’altra chance per giocare un’altra partita e approdare alla seconda settimana». Come già accaduto in passato, a rendere più complicate del previsto le operazioni del 2° set è stato lo stesso Fognini, portatosi subito avanti 4-0 e poi incappando in un passaggio a vuoto con un turno di servizio ceduto a zero che ha consentito a Kubler di riportarsi sul 4-3: errori, fretta, eccesso di confidenza. Un tunnel prolungatosi oltre il 5-5 fino al tie-break risolutore. A venire in soccorso di Fognini è stata l’esperienza, e con lei la consapevolezza di aver già vissuto momenti simili, la volontà di non farsi risucchiare da ombre e inquietudini e la voglia di portarla casa. «Voglio semplicemente continuare a sognare e giocare come sto giocando», ha ancora sottolineato Fognini davanti ai microfoni. […]. Un tennis che non ha nulla a che vedere con il ranking in cui attualmente boccheggia […] ma i cui lampi si erano già intravisti al Foro Italico. L’azzurro ha chiaro in mente il pensiero che i Roland Garros giocati ormai siano superiori a quelli che ancora potrà disputare. Ma non è ancora arrivato il momento di crederci davvero, adesso conta solo il “qui e ora” e un terzo turno che lo metterà di fronte all’austriaco Ofner: «È una chance sia per me che per lui, sa che arrivo da un infortunio, è giovane, ha giocato prevalentemente Challenger ma se è arrivato fino al 3° turno vuol dire che qualcosa di buono lo ha fatto […] devo recuperare più energie possibili perché non si recupera più come prima. Ma l’energia nervosa c’è ancora, è dentro di me ed è viva».
Sonego, Musetti, Fognini: è qui la festa – Fognini e Musetti E’ potenza Italia (Gianluca Strocchi, Tuttosport)
Uno è un veterano di 36 anni, che ha regalato all’Italtennis il primo titolo in un Masters 1000 e ha ancora voglia di correre dietro a una pallina, l’altro è un Next Gen che con il suo tennis spumeggiante si è già guadagnato un posto nei top 20 e ha fatto innamorare gli appassionati, non solo del Belpaese. In un mercoledì parigino con tanto azzurro Fabio Fognini e Lorenzo Musetti hanno staccato in modo autoritario il pass per il 3° turno del Roland Garros, dispensando sui campi del Bois de Boulogne il loro talento: il giocatore di Arma di Taggia, trionfatore a Monte-Carlo 2019, ha sbrigato in tre set la pratica Jason Kubler […], confermando che il ritorno di Corrado Barazzutti al suo fianco lo ha rigenerato. «Mi sento bene e quando tennis e fisico vanno a braccetto posso ancora dire la mia ad alto livello […]. Sono contento di essermi creato un’altra chance per provare ad arrivare alla seconda settimana nel mio Slam preferito: voglio semplicemente continuare a sognare». Sulla sua strada Fognini, scivolato al n.130 Atp, troverà l’austriaco Sebastian Ofner, n.118, capace di estromettere lo statunitense Sebastian Korda, n.30 del ranking e 24 del seeding, apparso in giornata no. In serata il 21enne di Carrara ha dato spettacolo sul Suzanne Lenglen travolgendo il russo Aleksandr Shevchenko, che a Roma aveva fatto penare Jannik Sinner. Schemi chiari, su cui poi ricamare variazioni come volée, passanti, smash in salto: insomma la miglior prestazione stagionale di Musetti […], che in un’ora e 40′ archivia il discorso e compie un altro passo verso la seconda settimana. Per raggiungerla dovrà superare l’ostacolo Cameron Norrie, che ha imposto l’alt al qualificato Lucas Pouille, restituito al tennis dopo il buio della depressione e dell’abuso di alcool. Lorenzo e il mancino britannico si sono affrontati un paro di mesi fa negli ottavi a Barcellona, con affermazione in rimonta del pupillo di Simone Tartarini. Chi sarà promosso da questo incrocio sarà molto probabilmente lo sfidante di Carlos Alcaraz, n.1 del mondo, approdato al 3° turno concedendo un set al giapponese Taro Daniel. Si è invece dimezzata la pattuglia tricolore che contava quattro unità al 2° turno femminile. Camila Giorgi […], opposta all’americana Jessica Pegula, n.3 del mondo e del tabellone, si è ritirata dopo aver perso il primo set 6-2 per il riacutizzarsi del problema al ginocchio destro. Semaforo rosso anche per Sara Errani […], che ha resistito fino al 3-3 del primo set prima di subire un parziale di 9 giochi a 0 da parte della rumena Irina Camelia-Begu […]. Per anni Roger Federer ha estasiato milioni di appassionati con la sua classe sconfinata fino al ritiro del 2021. Ora la leggenda del tennis ha deciso di collaborare con Waze, diventando la nuova voce guida durante la navigazione: potrà essere ascoltata in inglese, francese e tedesco dagli utenti, che diventeranno “partner di doppio” e potranno ricevere indicazioni stradali infarcite da simpatici riferimenti al tennis. Roger ha smesso di giocare, ma l’azienda Federer funziona eccome.
Sonego, è il tempo della consapevolezza (Daniele Azzolini, Tuttosport)
La furia di un tempo, ubriacante qualche volta, stordente quasi sempre, non sarà la parte di sé che Lorenzo Sonego rimpiangerà per prima, al termine del cambiamento che è ormai in atto e sembra condurlo verso una dimensione più compiuta del suo essere tennista di molte e buonissime speranze. C’è una misura diversa nel suo gioco, nel suo stesso disporsi in campo, nel prendere atto delle problematiche sempre diverse. La veste dell’eroe impavido e sfortunato, del guerriero che ce la mette tutta, ma per quanto si dia da fare non sempre basta a porre rimedio agli errori commessi, sembra pronta per riposare nell’armadio dei ricordi. Era un’immagine cara a Sonego, ma non più attuale, un caldo grembo nel quale riparare al sorgere di impreviste difficoltà, di cui non ha più bisogno. Ora è il tempo della consapevolezza, è questa la via, imboccata dopo una stagione di ansie prepotenti, di domande senza risposta, a fronteggiare le troppe sconfitte, gli alti e bassi fulminanti e all’apparenza privi di logica. Il reset ha funzionato, ha proiettato nuove visioni, esortando più attente valutazioni di sé. Erano da salvare gli istinti battaglieri, non la foga fine a se stessa. Era da accogliere una visione multidimensionale dei match sostituendolo all’osservazione per compartimenti stagni. Non era facile, mi metto nei suoi panni e mi chiedo come avrà fatto a uscirne così bene e in così breve tempo. Ma sono convinto che il Sonny di oggi, sia un passo avanti e non soltanto diverso da quello di prima. Il match di secondo turno con Ugo Humbert era un test interessante, sia per il discreto livello del francese, che i “cugini” si ostinano a considerare tra i campioni del futuro, sia per l’insieme di insidie che rappresentava. Un giocatore avanti in classifica, seppure non di molto […], battuto da Sonny due mesi fa a Montecarlo, quando il nuovo Sonego stava prendendo forma, da affrontare in un campo piccoletto ma molto ben attrezzato per la cagnara, che un gruppetto di ragazzini ha organizzato trovando sponda nel resto del pubblico. Attorniato da siffatte trappole, Sonego ha reagito con la calma dei molto forti, prendendo possesso del match con le sue armi più consolidate. In tre set ha ceduto un solo break, subito ripreso peraltro, e sui turni di servizio dell’italiano Humbert non è andato oltre il magro bottino di un “quindici”. «Amo giocare con il pubblico tutto dalla mia parte, a Roma mi capita spesso […]. Sapevo bene pertanto che stavolta tutto il tifo sarebbe stato contro di me, così prima di scendere in campo mi sono imposto di accettare il trattamento che mi avrebbero riservato. Com’è giusto e corretto, in fondo. Ma devo dire che mi sono trovato a mio agio, nel tifo contrario, e di aver tratto da esso la voglia di far bene. E soprattutto di fare presto…». Ne sono sortiti tre set limpidi e molto incoraggianti, nei quali Sonny ha avuto quasi sempre la prima e anche l’ultima parola, strappando applausi per un punto concesso a Humbert, su una palla giocata mentre un raccattapalle disattento si era avventurato sul campo. «Sarebbe stato comunque punto suo. Giusto darglielo». Sonny è rimasto calmo in ogni occasione, ha guidato gli scambi, ha contenuto gli errori, non ha commesso sciocchezze come quella di incaponirsi su soluzioni promettenti ma poco realistiche. E’ andato al sodo. Non si è trattato di una prova di maturità, ma di lieta e composta serenità. Humbert, piuttosto, lui sì che è precipitato nel vortice degli errori gratuiti e delle letture senza senso. Sui colpi vincenti il match è finito dalla parte del torinese, ma in misura ragionevole, 32 a 25. E’ sui “fautes directes” che la forbice si è allargata a dismisura: 21 per Sonego, addirittura 45 per il francese. Venti […] i punti in più per Sonny nella conta finale. «Serenità è la parola giusta […]. Ho saputo trasformare in modo positivo ogni momento del match. Ho dato sostanza al mio gioco, sono molto soddisfatto della mia prova, non posso davvero negarlo». Il seguito ha il volto ossuto e il sorriso stralunato di Andrey Rublev. Match aperto, malgrado i molti meriti stagionali del russo, vincitore a Montecarlo. Due precedenti, uno per parte. Al russo quello di Vienna, nella finale del 2020, sul sintetico indoor. Al torinese, la replica romana nel 2021, il match che condusse Sonny alla semifinale contro Djokovic. Era, quello, un Sonny in grande forma fisica. Ma questo potrebbe essere migliore. Se il tema è la consapevolezza, credo sia giusto annotare i passi avanti compiuti da Matteo Arnaldi, opposto a un avversario che più volte in passato ha creato problemi agli italiani, Denis Shapovalov. Nella sconfitta, scandita dalle spericolate iniziative del canadese, è da annotare la composta replica del giovane italiano. Non è cosa da poco, con un’esperienza ancora così ridotta alle spalle, strappare un set a Shapovalov, ma Arnaldi vi è riuscito e l’ha fatto sembrare persino normale. Matteo ha 22 anni, Sonego cinque di più, ma il tempo non cambia le cose, la consapevolezza è un bene prezioso e va inseguito con tutto l’impegno necessario. Matteo è sulla buona strada, la sconfitta con Shapo resterà tra quelle da ricordare.
Intervista a Umberto Ferrara – “Vi svelo il Sinner segreto in palestra lo tormento ma gli concedo un dolce” (Paola Rossi, La Repubblica)
Umberto Ferrara è uno dei quattro moschettieri della squadra di Jannik Sinner […]: 54 anni, cura la parte fisica. Con lui Cecchinato ha raggiunto la semifinale a Parigi. In passato, anche capitan Volandri ha beneficiato delle sue “cure”. Quando lei è entrato nello staff di Sinner, cosa si aspettava? «C’era Simone Vagnozzi che conoscevo bene. Jannik lo avevo visto a Bordighera, quando era arrivato da ragazzino. Io ero all’ultimo anno lì, è stato solo un incrocio. Non sapevo proprio che persona fosse». Ma s’era fatto qualche idea. «Avevo l’idea che fosse un lavoratore, mi piaceva anche che mi sembrasse un ragazzo molto serio, saggio». Jannik ha tenuto fede alle aspettative? «Si. L’idea che avevo si è rivelata corretta, Jannik è esattamente quello che mostra: una persona cui piace essere un tennista». Non c’è trucco né inganno. «No, no: ha proprio una passione per la racchetta. Gli piace stare in campo, mettersi a disposizione». Messa cosi sembra una favola. «Beh, ha il suo carattere e i suoi momenti, ovviamente. Però è un tipo che ascolta molto, sia Cahill che Vagnozzi. Vuole migliorare ogni giorno senza preconcetti, poi se c’è qualcosa che non lo convince manifesta le sue perplessità». Ma non è un tipo viziato. «Assolutamente. Ha un approccio molto collaborativo, si lavora bene con Jannik». E dal punto di vista atletico? «Eh, c’era del bel materiale sui cui lavorare. Avevo di fronte un ragazzo longilineo, di circa due metri e abbastanza magro. Forse da potenziare muscolarmente». Cosa che è avvenuta, a occhio. «Ed è ancora un atleta sul quale c’è da lavorare. Quelli che sono venuti prima di me avevano puntato su delle cose, hanno fatto un buon lavoro. Ora puntiamo su altro, tra cui l’incremento della forza». Ha incontrato difficoltà? «Semplicemente il fatto di essere entrato in corso d’opera. L’obiettivo immediato è stato il recupero dagli infortuni. Poi, pian piano abbiamo cominciato a lavorare tenendo presente che la stagione agonistica era in pieno svolgimento». E quale protocollo usa? «Abbiamo iniziato con carichi di lavoro più soft. Ma la preparazione di cui ha bisogno è quella di un ragazzo, un atleta della sua età e con la sua morfologia: la differenza la fanno i carichi di lavoro. Poi voglio rispettare il lavoro sulla rapidità, piuttosto che sulla potenza metabolica». Quindi non vedremo mai un Sinner versione Hulk. «Ah, ah, ah. Certo che facciamo attenzione al discorso della forza, ma senza tralasciare le altre componenti di cui il tennista ha bisogno per essere performante. Il mio lavoro è trovare la strada per permettergli di esprimersi al meglio». Sveli il segreto. «Ma no: c’è il tennista che ha bisogno di un programma basato più sulla forza, però magari finisce sovrappeso. Un punto cruciale poi è il recupero. Il tennis ci insegna che più si va avanti e più è fondamentale: recupero fisico, alimentazione, riposo supplementare». Ma Sinner che tipo di atleta è? «Jannik ha, per chi lo conosce, priorità diverse rispetto ai suoi colleghi. Io, come preparatore, devo sapermi inserire nel suo contesto, perché il tempo di fare quello che voglio io ovviamente non ce l’ho». Cosa vorrebbe fare Sinner? «Giocare a tennis, soprattutto. Molto meno invece la roba mia: io sono l’antipatico del gruppo e il suo “torturatore”». Non gli si può dar torto, in fondo. Ma il suo lavoro sta pagando. «La cosa bella di Jannik è che è un ragazzo molto intelligente, serio. Si rende conto che se anche la veduta dalla mia finestra non è la più bella, è però quello che gli serve e quindi alla fine, obtorto collo, lavora sodo». Cosa soffre di più? «Forza, pesi, banalmente tutto ciò che riguarda la palestra, ma anche il lavoro in campo ad alta intensità: per lui essere in un campo da tennis e non avere una racchetta in mano è come fargli una violenza». Ma Sinner lo avete “scannerizzato”? Ha qualcosa di innato, un Dna particolare? «No, qui analisi non sono state fatte, lui si deve allenare da giocatore di tennis. Geneticamente è un atleta dotato. Poi è versatile e talentuoso: gioca benissimo a calcio ed è molto coordinato, nonostante l’altezza». Resta un ultimo nemico, gli infortuni: come si prevengono? «Nel tennis abbiamo movimenti davvero contro natura. Ci sono atleti che decidono di non giocare certi tornei perché hanno bisogno di recuperare, e torniamo al discorso di prima: alimentazione, sonno. E strategie come la crioterapia, vasca del ghiaccio, massaggi, osteopatia. Un aspetto cui Jannik non aveva dato importanza, e che invece adesso riveste priorità». Cosa sacrifica Sinner? «I dolci. Per lui, che è goloso, questo è un pochino faticoso. Meno male che è magro come un chiodo. Ma è chiaro che non siamo integralisti e ogni tanto un gelato, un dolce può starci. Bisogna anche essere elastici, il famoso sgarro ci sta e serve: bisogna gratificare anche il cervello, da cui parte tutto».
Tsitsipas, il filosofo della rete: “Chi è in pace è già in vantaggio” (Stefano Semeraro, La Stampa)
Papà di Atene, mamma russa, un apprendistato tennistico compiuto per due anni a Galatina, provincia di Lecce, dove pare che San Pietro si sia fermato nel suo viaggio da Antiochia a Roma. Poteva mai Stefanos Tsitsipas diventare un tennista normale, di quelli che discutono banalmente di diritti e rovesci, al limite di percentuali di servizio? Domanda retorica. Stef, il numero 5 del mondo – bulbo da hippie, fisico da bronzo di Riace, sguardo chiaro e un filo vago da profeta – non è solo uno dei candidati a vincere il Roland Garros e detronizzare Carlitos Alcaraz. È anche un atleta-filosofo, un pastore dell’essere tennistico. «Che cosa è una partita?», ha spiegato dopo la scontata vittoria sull’epigono spagnolo Carballes-Baena. «E una faccenda psicologica, che comincia già fuori del campo. Se sei in pace e in equilibrio con te stesso, già sei in vantaggio». E la tecnica, la tattica, Maestro? «Questioni minori, che si possono migliorare e sono più controllabili». La sfida, secondo Stefanos, inconsapevole discepolo di Daumal odi Gurdjieff, è una scalata interiore: «Ci sono momenti in cui il tennis mi è sembrata una montagna gigantesca, e io l’ho dovuta attraversare». La terra rossa, poi, è la «superficie spirituale» per eccellenza, suggerisce esperienze mistiche: «quando passano lo straccio sul campo è come un coltello, un rituale di pulizia dell’anima: un nuovo inizio, una esperienza visiva molto bella. Ma c’è bellezza anche quando tutto è sporco e disordinato, perché vedi lo sforzo e la fatica che devi compiere per avere successo. È la superficie su cui ho iniziato a giocare, e fa parte della mia identità». Speriamo abbiate preso appunti.