Musetti-show, adesso Djokovic (Giammò, Azzolini). Alcaraz: "Troppe pressioni, non sorridevo più" (Semeraro)

Rassegna stampa

Musetti-show, adesso Djokovic (Giammò, Azzolini). Alcaraz: “Troppe pressioni, non sorridevo più” (Semeraro)

La rassegna stampa di venerdì 4 novembre 2022

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Impresa Musetti, ma c’è Djokovic, il test più duro (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Recita il proverbio: per evitare di sprofondare sempre più in basso occorre prima smettere di scavare. Vittorie come quella ottenuta ieri al torneo di Parigi Bercy da Lorenzo Musetti contro Casper Ruud (4-6, 6-4, 6-4) proiettano invece tutto verso l’alto, ben oltre la superficie di un risultato già di per sé unico, trattandosi della sua prima vittoria in carriera contro un top-5 e per di più giunta in rimonta. Ridefiniscono ambizioni e limiti, attestano progressi che né la stanchezza di fine stagione né un tabellone resosi ostico strada facendo son riusciti a vanificare. E il cui raccolto si potrà meglio giudicare l’anno prossimo, quando il carrarese non sarà chiamato a difendere punti preziosi fino all’appuntamento estivo di Amburgo, sede quest’anno del suo primo titolo in carriera. Per adesso c’è quest’ultimo segmento di 2022 ancora da giocare, che oltre al primo quarto di finale in un Masters1000, vedrà Musetti impegnato da testa di serie n.1 alle ATP NextGen Finals di Milano prima di aggregarsi alla spedizione azzurra di Malaga. «Sono felicissimo di come ho giocato, ho avuto bisogno del mio miglior tennis – ha dichiarato a caldo Musetti a fine match – Sto migliorando e sono molto orgoglioso di essere nei quarti di finale. Dopo aver perso il primo set sono stato bravo ad aspettare il colpo migliore per attaccare». Aver tenuto testa a uno dei giocatori più atletici del circuito, costringendolo spesso a scambi vicini ai venti colpi, vissuti con i piedi ben saldi sulla riga di fondo campo e sovente conclusi con frustate capaci di far scattare in piedi l’arena di Bercy, è stata ben più di una conferma, costruita tanto nella testa quanto nel braccio. La prima, capace di non disunirsi quando ritrovatosi sotto di un set; il secondo, abile nel disegnare i suoi ricami di sempre su quel cemento che in molti non ritenevano lavagna adatta per le sue traiettorie. Macché: «Sto giocando meglio, sto esprimendo il mio miglior tennis, credo di poterci giocare molto bene e questo è un vantaggio perché la maggior parte dei tornei si disputerà su questa superficie e vincere partite di questo livello, di questa intensità su questa superficie mi dà una bella motivazione per il futuro». Futuro che da ieri, perLorenzo Musetti, fa ancor più rima con opportunità. […] «Sicuramente ora gli obiettivi sono cambiati: dal superare qualche turno a vincere qualsiasi torneo. Poi l’obiettivo sarà pensare a uno Slam. Ora è quello di giocare una partita aperta con chiunque sia il mio avversario». Sarà Novak Djokovic, l’avversario più feroce che c’è.

Un tocco d’artista (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Il primo è un rovescio in lungo linea, il marchio di fabbrica del match e insieme il brand di casa Musetti. Lo esegue con grazia naturale, il braccio che corre veloce disegnando nell’aria un gioco di spinte e contro spinte che si sommano nella forma finale di un colpo di fulmine, che non è amore a prima vista, ma produce effetti simili sugli avversari, rende le gambe molli e i pensieri ondivaghi. Poi viene l’ace, questo di nuovissima installazione tra i meccanismi funzionali di una macchina da tennis costruita con artigianale devozione. Basta voltare a ritroso qualche pagina, in questa storia che racconta di un ventenne che si sta scoprendo capace di stare fra i campioni, per meravigliarsi dell’assenza di quel colpo che oggi Musetti utilizza con la familiarità che si ha per un vecchio amico. Quel servizio così penetrante, lindo nel movimento quanto efficace nella traiettoria, che viaggia sui binari dell’alta velocità oltre i 200 chilometri orari, si è aggiunto in corso d’opera. E’ successo dopo Wimbledon, per decisione comune. E lo ha cambiato. Il terzo è una demi volée che viene dal gioco del Piccolo Mandrake Tennista, eseguita come se nulla fosse poco oltre la metà campo, a depositare la palla in diagonale, nel punto più lontano, dove neanche sgommando su una Kawasaki Casper Ruud sarebbe riuscito a raggiungere. E siamo all’atto finale. Il quarto punto nasce da una combinazione all’apparenza più semplice, ma di estrema ricercatezza nell’appoggio finale, eseguito in volée con il rovescio, in contropiede, mentre Ruud spariva dalla parte opposta del campo ritenendo che la logica avrebbe spinto Musetti a scegliere quella direzione. Ma Lollo, in tutta evidenza, ama seguire gli impulsi del momento e renderli logici nell’atto stesso in cui dà loro la forma finale. Ed è la differenza tra logica e creatività. Rovescio in lungo linea, ace, demi volée e volée in contropiede compongono l’ultimo all in di Lorenzo nella sfida contro Casper Ruud, il game vinto a zero che gli ha dato la vittoria nel terzo set e un posto nei quarti a Parigi Bercy. E dentro a quel poker così raffinato, c è tutto Musetti. Con la voglia ormai dichiarata di crescere, di salire la scala delle attuali gerarchie, e di vincere ancora tanto, ma senza rinunciare a impreziosire il percorso, e lasciare qui e là le tracce che riconducano all’artista. […] La vittoria di ieri apre porte nuove per il ventenne di Carrara, città di mare e di monti dove s’insegna a stare a galla e a scalare dislivelli. Ruud è il primo Top 5 che Musetti regola in singolar tenzone il quarto Top Ten. […] La vittoria firmata da Musetti è anche la prima, quest’anno, del nostro tennis su un Top Five. Il confronto è stato tra i più combattuti e di livello elevato in questo “mille” Musetti lo racconta così: «Nel primo set ho tenuto bene, ma ho avuto un passaggio a vuoto sul 5-4 in favore di Casper. Può capitare, è quanto mi sono detto, ma da lì in poi friggevo, dandomi dello stupido. Non è così difficile accorgersene, quando va male alzo la voce, altrimenti sto zitto e pedalo. Importante è stato il break sul 2 pari della seconda frazione, anche se Ruud se l’è subito ripreso. Ho capito che c’era modo di infrangere le sue difese. Mi sono calmato e credo che il mio tennis si sia sistemato. Ho fatto da capo il break al nono gioco e da lì ho preso velocità. La vittoria ha preso forma con l’ultimo break, sul 2 pari del terzo. Sono stato calmo nei momenti in cui era necessario esserlo. È una buona notizia. Giocare sul cemento mi piace sempre di più. […] A inizio stagione scendevo in campo per un buon piazzamento. Ora lo faccio per vincere. E nel 2023 voglio dedicarmi con la massima attenzione agli Slam». Qualche indicazione verrà dal match odierno. Di fronte avrà Novak Djokovic, non solo un campione (2-0 nei testa a testa), ma anche un tennista che ha una risposta a ogni quesito possa proporgli il match. «So bene che può battermi» fa Musetti, «ma è l’occasione per provarci». Ed è quello che speravamo dicesse.

Alcaraz: “Troppe pressioni, non sorridevo più” ( Stefano Semeraro, La Stampa)

Accor Arena di Parigi-Bercy, un paio di giorni fa. Frances Tiafoe, talento della nouvelle vague tennistica americana, scorge Carlos Alcaraz seduto su un divanetto e corre a dargli un cinque. «Guardate chi c’è qui: the Chosen One, il Predestinato!». E giù una risata. Perché è impossibile non sentirsi di buonumore accanto a Carlitos, il fuoriclasse che sorride, il primo degli otto maestri che fra poco più di una settimana si riuniranno a Torino per le Atp Finals. A poco più di 19 anni il ragazzo di El Palmar, ha già vinto il suo primo Slam diventando il più giovane numero uno della storia, con quasi tre anni di anticipo sul suo idolo d’infanzia Rafa Nadal. L’ennesimo prodotto a chilometro zero di una bottega d’arte che negli ultimi 25 anni ha sfornato campioni a ritmi industriali. Carlos senior con il tennis ci ha provato, senza grande fortuna. Con l’erede ha azzeccato tutte le mosse, affidandolo a 13 anni a Juan Carlos Ferrero, numero uno a inizio millennio, che per sei anni se l’è covato come se fosse figlio suo. Un team ristretto, molto unito, grandi ambizioni nutrite di valori semplici e vestite dall’umiltà dei fuoriclasse veri. Carlos, in due anni è passato dal numero 490 al numero 1: talento naturale a parte, qual è il segreto di un successo così precoce? «Per me la cosa più importante è divertirmi in campo. Godermi il tennis. Dicono che sorrido sempre, ma non è qualcosa di forzato, mi viene naturale. Se non hai passione per quello che fai, a certi livelli non ci arrivi».

In primavera, dopo una serie di grandi successi, il buonumore sembrava svanito. E al Roland Garros è arrivata una sconfitta inattesa.

Mi sono accorto che non sorridevo più. Facevo fatica a reggere la pressione delle attese che tutti nutrivano nei miei confronti. Ne ho parlato con il mio allenatore, e abbiamo concluso che quando non mi diverto, le cose per me non girano bene. Ho dovuto ripartire da lì.

E a New York in settembre è rinato vincendo gli Us Open. Ma a Sinner nei quarti ha dovuto anche annullare un matchpoint: che cosa ha pensato in quel momento?

A come dovevo giocarmi il punto. Se lo vincevo, okay. Altrimenti sarei andato a rete a stringere la mano a Jannik. È stata una delle migliori partite della mia carriera, un match equilibratissimo. Potevamo vincerlo entrambi. […]

Ad Amburgo ha perso in finale con Musetti: Lorenzo può seguire le sue orme?

Ha il fisico e le qualità per fare il salto di qualità. E i risultati lo dimostrano. Con lui e gli altri italiani vado d’accordo, con Jannik siamo amici. Italiani e spagnoli si assomigliano molto.

Djokovic e Nadal sono al tramonto?

No, l’anno prossimo mi aspetto che siano ancora lì, a lottare per chi vince più Slam. Sempre ad altissimo livello. Negli ultimi anni il tennis è diventato sempre più veloce, i giocatori dal punto di vista atletico sono migliorati enormemente. Sarà un tennis molto fisico, ma credo che prima o poi bisognerà rendere più lente le superfici. […]

Che tipo è lei fuori dal campo?

Quello che sembro: un ragazzo semplice, sorridente, sempre allegro. Mi piace giocare a golf o starmene a casa con la famiglia e i miei amici, l’importante è avere qualcosa da fare. Tante cose sono cambiate nella mia vita, soprattutto l’attenzione dei media, ma io sono rimasto lo stesso. Diventare numero uno era il mio sogno, ma non mi aspettavo di farcela così in fretta. Ora vorrei restare in vetta il più a lungo possibile, e vincere molti altri Slam. […]

A fine novembre guiderà anche la Spagna nelle Final 8 di Coppa Davis di Malaga. Meglio l’insalatiera o le Atp Finals?

L’obiettivo principale, a questo punto della mia carriera, sono le Finals di Torino. Perché ci saranno in campo gli otto migliori del mondo ed è un torneo molto difficile da vincere.

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