Ennesimo cambio in FIT(P) alla direzione della Comunicazione: auguri a Alessandro Catapano perché anche la sua non sia una gestione miope

Editoriali del Direttore

Ennesimo cambio in FIT(P) alla direzione della Comunicazione: auguri a Alessandro Catapano perché anche la sua non sia una gestione miope

L’ex giornalista di Gazzetta dello Sport ha lasciato la direzione delle pagine sportive de Il Messaggero. Succede a Luca Colaianni, sostituito dopo appena 9 mesi. L’invito a non sposare l’idea del monopolio informativo ma a mostrare personalità

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0esima Assemblea Nazionale FIT Firenze 16/10/2022 Nuova grafica FITP Foto Giampiero Sposito
 

La Federtennis (FITP perché ora c’è anche il padel) ha scelto il suo nuovo direttore della Comunicazione Istituzionale in Alessandro Catapano, ex giornalista della Gazzetta dello Sport che il 6 maggio del 2021 era diventato direttore delle pagine sportive de Il Messaggero succedendo dopo diversi mesi di interregno a Massimo Caputi (anche lui ex direttore della comunicazione FIT), il cui rapporto con il quotidiano romano si era bruscamente interrotto nell’ottobre del 2020.

Catapano è stato in passato anche autore del programma “L’aria che tira” condotto da Myrta Merlino su La7, la tv di Urbano Cairo.

Una volta un direttore delle pagine sportive di un quotidiano importante come quello romano difficilmente avrebbe lasciato il proprio giornale per passare a lavorare per una federazione sportiva, avveniva semmai il percorso inverso (accadde per Caputi…), ma i tempi sono cambiati: la  crisi dei giornali cartacei è sempre più evidente e forse anche questa ne è una piccola riprova.

Mi è stato riferito che Catapano, giornalista sportivo autorevole, era diventato piuttosto insofferente nei rapporti con la direzione de il Messaggero, soprattutto dopo che il quotidiano romano aveva rinunciato a coprire con un proprio inviato il mondiale di calcio in Qatar.

L’aver deciso di abbandonare il Messaggero, come ha fatto Catapano, sembrerebbe  dimostrare una certa personalità. Almeno vista dall’esterno. L’ho conosciuto molto superficialmente tempo addietro, troppo poco per sapere davvero che tipo sia.  Personalmente mi auguro che quella personalità ce l’abbia, anche se non so nulla di quelli che siano stati i veri motivi per l’abbandono. Non riesco a stimare le persone che non ce l’hanno. Ci sono troppo persone che pur di riscuotere uno stipendio accettano dai loro capi ogni tipo di imposizione, anche quando non la condividono. Chi è stato ed è un giornalista con una propria educazione deontologica deve avere sempre grande rispetto soprattutto per se stesso e la propria professione, per le proprie opinioni: guai se subisce o accetta sempre di subire quelle di chi gli è gerarchicamente superiore anche quando non le condivida. Non potrebbe essere un bravo giornalista chi attacchi sempre il carro dove voglia l’editore. Lo dico sempre anche ai miei collaboratori. Apprezzo più quelli che obiettano, alla fine, e magari contestano una mia decisione – se lo fanno con garbo e educazione – che coloro che mi darebbero sempre ragione.

Nella posizione che verrà ricoperta ora da Alessandro Catapano non si può dire che sia durato molto il suo predecessore Luca Colajanni, 56 anni e un passato nella comunicazione della Ferrari in un periodo assai poco brillante per la scuderia di Maranello.

Ma amico del potente “consigliori” factotum di Angelo Binaghi Giancarlo Baccini (che aveva conosciuto proprio in Ferrari senza conquistarsi troppe simpatie), Colajanni era subentrato a un collega torinese (anch’egli non riconfermato) e ha occupato quel posto dal primo di marzo 2022, dunque per soli 9 mesi. Già ad ottobre si sapeva che il suo contratto non sarebbe stato rinnovato. Carattere ombroso, introverso, assai più esperto per il mondo dei motori che per quello delle racchette (tennis e padel) Colaianni non aveva legato né con i maggiori responsabili FIT – altrimenti il rapporto non si sarebbe interrotto – né con buona parte dei giornalisti più specializzati con i quali avrebbe dovuto invece creare un rapporto di collaborazione. Non necessariamente simpatica…ma perché anche no?

N.B. integrativa al pezzo originalmente pubblicato: A seguito di precisazione comunicatami dal diretto interessato, Colajanni godeva di un contratto a tempo indeterminato ed è stato lui a decidere di interromperlo. Nel precisarmi…Colajanni non ha ritenuto di precisarmi anche se alla base della sua decisione ci fosse stata un’insoddisfazione legata ad una eccessiva limitazione dei suoi poteri di intervento (quale sarebbe stata ad esempio una comunicazione allargata anche al marketing, svolta invece da altri personaggi perennemente incombenti e ingombranti…Baccini? Martinasso?) o magari fosse la conseguenza di un mancato adeguamento economico seguito ad una sua richiesta respinta.

Di certo non aveva legato con il sottoscritto, quando dimostrandosi più realista del re, aveva sostenuto perfino al torneo ATP di Firenze  – dove i giornalisti in grado di seguirlo in maniera seria e professionale non erano certamente 35, quanti ne furono improvvidamente accreditati – che non c’era motivo per accreditare più di un giornalista per Ubitennis.com che – avrebbe dovuto saperlo – non rappresenta un solo sito ma tre, con il sito inglese Ubitennis.net e quello spagnolo Ubitennis.es. 

La stragrande maggioranza di quei 35 accreditati (diciamo un numero più vicino ai 30 che ai 25) non la si vide mai all’opera, la sala stampa era costantemente deserta; con i giocatori stranieri mi sono trovato spesso solo soletto o al massimo con un altro collega o due a intervistarli in una lingua che non fosse l’italiano. Altro aspetto di cui si sarebbe dovuto tener conto per un torneo internazionale che non “ospitava” giornalisti stranieri.

Eppure non avrebbe dovuto essere difficile capire che se un sito come Ubitennis.com pubblica anche 18 articoli in un solo giorno, con più di un accreditato  avrebbe potuto coprire in maniera assai più esaustiva quell’evento nell’interesse generale del torneo, della sua promozione, dei suoi sponsor, in Italia come all’estero.

 Il Corriere della Sera non merita di essere trattato come lo “Strillo di Lambrate”, né Repubblica come “L’Urlo di Canicattì” (e qui mi scuso con le due simpatiche località citate a sproposito). Ugualmente Ubitennis non può essere trattato alla pari dell’ultimo dei siti. Dovrebbe essere facile da capire e, quindi, semplice anche agire di conseguenza.

Fu invece concesso un solo accredito al sottoscritto, sebbene io dovessi scrivere oltre che per Ubitennis anche per il giornale locale, La Nazione, e dovessi fare servizi quasi quotidiani per Radio Sportiva e Radio Bruno. Quando un match serale finiva tardi la sala stampa era deserta, salvo che per i colleghi di Supertennis ovviamente.

Quando cercai civilmente di far valere le mie ragioni, fin dal primissimo giorno dapprima mi si obiettò: “Se scrivi un articolo per la sezione speciale de La Nazione del lunedì, poi perchè dovresti aver bisogno di un altro accredito a torneo iniziato? Devi scrivere per Radio Sportiva? Quella radio non ha chiesto l’accredito…quindi vuol dire che non gli interessa coprire il  torneo” (ma la verità era che a Radio Sportiva, oltre un milione di ascoltatori al giorno, pensavano l’avrei coperto io). Per quanto riguarda Radio Bruno essa  aveva inviato una richiesta di accredito, ma poi il giornalista accreditato si era ammalato ed era stato impossibilitato a venire; ne fu richiesta la sostituzione: non venne concessa. “Troppo tardi…” fu scritto (in pratica).

Alle mie rimostranze mi fu risposto: “Chi sei te per discutere sugli accrediti? Come ti permetti? Il giorno che sarai te il responsabile …ma finchè non lo sei…”. Erano obiezioni ragionevoli, accettabili? No comment. 

Osservo soltanto che alle Olimpiadi di Tokyo, non il torneo Futures di Roncobilaccio insomma, gli accreditati di Ubitennis erano tre. E a quasi tutti gli Slam tre o più di tre. Come alle precedenti Olimpiadi, dove ogni accredito è una conquista.

Auguro ad Alessandro Catapano buona fortuna per il suo nuovo lavoro, che gli auguro di riuscire a poter svolgere con sufficiente autonomia e con intelligenza (virtù indispensabile in tutte le situazioni gestionali), pur sapendo che la cosa non è sempre semplice quando si ha a che fare con un’azienda come la FITP che è oggettivamente diventata – soprattutto negli ultimi 20 anni – competitor editoriale e financo commerciale di tutte le testate giornalistiche che si occupano di tennis. Un conto è far soldi – e in questo occorre riconoscere a Angelo Binaghi che è bravissimo, chapeau – un altro è far tutta terra bruciata attorno a sé.

Se quanto dico non fosse vero la stragrande maggioranza delle riviste di tennis che esistevano non sarebbe tristemente defunta – un’ecatombe! – nè altre sarebbero a forte rischio di estinzione.

In ossequio a una visione più lungimirante esse avrebbero invece potuto collaborare efficacemente alla promozione del tennis, che è poi il compito precipuo ed istituzionale della federazione. Di qualunque federazione per qualunque sport.

Esemplifico: al di là del tennis nazionale di vertice, e di quello internazionale che per merito di Binaghi da qualche anno si sta ampliando anche sul territorio nazionale (per anni non era stato così e io al riguardo ero stato sempre critico: errare è umano, bravo Binaghi a correggere la rotta e a non perseverare), esiste anche la realtà del massimo campionato tennistico nazionale, la serie A che fatica a sopravvivere perché i costi da sempre non godono di ritorni sufficienti, esiste l’attività dei circoli spesso in sofferenza per il caro bollette e i costi crescenti dell’attività agonistica, delle trasferte per partecipare ai vari campionati a squadre, esiste la realtà dei giovanissimi emergenti…

Di tutti questi aspetti di tennis minore non si può pretendere che se ne occupi una Repubblica o un Corriere della Sera, quotidiani generalisti con 3 o 4 pagine di sport (spesso solo 2), ma neppure una Gazzetta dello Sport e un qualunque quotidiano sportivo che fatica a riservare più di 6/8 pagine complessive a 43 diverse discipline sportive (una volta esaurite quelle dedicate al calcio) e che per tre giorni su 7 se dedica spazio al tennis – perfino in tempi d’oro come questi per il tennis italiano in fase di pieno Rinascimento – lo confina fra le “brevi”.

E’ evidente che soltanto riviste e web tennisticamente specializzati, verticali, possono dare spazio a queste vicende di tennis minore, i tornei challenger (sì, anche quelli che nel 2023 si giocheranno nella seconda settimana di un Masters 1000 come Madrid, Roma e uno Slam a Parigi, a Cagliari, Firenze e Torino), i futures, gli ITF, i femminili, gli junior.

Si può pensare che tutta l’informazione relativa a questi argomenti e settori, possa avere come unico terminale e raccoglitore il sito federale e Supertennis?

Non sarebbe una visione assai miope?

E se si arrivasse a capire che l’orizzonte dovrebbe essere più ampio, sebbene in qualche caso anche inevitabilmente critico, non converrebbe, anziché combattere con quei pochi media autonomi che insistono e resistono ad occuparsi di tennis, incoraggiarli e sostenerli in qualche modo? O quantomeno non ostacolarli?

Cicero pro domo sua?

No, cari ragazzi, lettori e dirigenti di oggi e domani, guardate oltre al proprio naso. Ubitennis è una realtà, con 30 milioni di visite annue, che può finalmente permettersi di fare a meno di aiuti finanziari FITP. Anche se certo potrebbe vivere meglio e più serenamente, se il clima perennemente conflittuale quantomeno si attenuasse. Ma tante altre realtà più piccole invece non possono permetterselo.

E una FITP un po’ più illuminata dovrebbe porsi il problema. Mi si dice proprio in questi giorni che dopo tante altre testate ahinoi già scomparse, un’altra di grande tradizione sia in fortissime difficoltà finanziarie. Ebbene, se dipendesse da me io farei di tutto per aiutarla. E sì che qualcuno potrebbe pensare che avere un competitor in meno dovrebbe favorire Ubitennis. Ma io non la penso così.

Perché a me è chiarissimo il pensiero opposto: più si parla, si scrive, si discute di tennis (e magari più di tennis che di padel, consentitemi), ovunque, nelle testate più piccole come in quelle più grandi, ma più serie di quelle info che si affidano soltanto ai social (lo capite oggi il pericolo della disinformazione che troppo spesso deriva dai social?) e meglio è per tutti, per tutto il movimento tennistico. 

Nessuno dovrebbe augurarsi un regime di monopolio informativo. Nemmeno chi quel monopolio aspiri a detenere. Sarebbe pura miopia.

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