Che festa Sonego! (Azzolini). Sonego, che compleanno. Festa anche in campo (Crivelli). «Non ho paura di piangere» (Ercoli). E' l'ora di Sinner. Roma lo aspetta (Martucci)

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Che festa Sonego! (Azzolini). Sonego, che compleanno. Festa anche in campo (Crivelli). «Non ho paura di piangere» (Ercoli). E’ l’ora di Sinner. Roma lo aspetta (Martucci)

La rassegna stampa di venerdì 12 maggio 2023

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Che festa Sonego! Soffia le candeline e spegne…Chardy (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Le feste dello sport a Roma vivono di coreografie spontanee, e mescolano i fatti del campo alle emozioni che si spalmano sulle tribune in un dialogo fitto tra giocatore e pubblico che nasce da duemila e 776 anni di sperimentata consuetudine alle tradizioni gladiatorie. Aggiungete una torta, una candelina (una basta, ché a fine partita il fiato è quasi sempre corto), un messaggio all’amico, e il gioco è fatto. Lorenzo Sonego, da ieri ventottenne, è un torinese che vive da romano, senza averne l’aspetto né quello zinzino di prosopopea di chi è convinto di aver visto tutto, nella vita, solo per il fatto che a Roma è già successo tutto, non una ma infinite volte. Dei romani condivide però la filosofia di vita, e la applica con naturale adattamento. Insomma, vede Roma e diventa romano. Un torinese de Roma, che è certo una specie a parte. il pubblico lo percepisce, e gli diventa amico. Lo incalza con i modi di qui, «dottò, datte ‘na mossa», e lo esalta. «Sone Go!». Lo consiglia anche: «Arifaje la smorzata, che ce piace vedé come se cappotta». E lui esegue a nome di tutto il pubblico. Si dà una mossa ed entra nel match, dopo un avvio un po’ intorpidito, e poi “go!” parte rapido in solitaria, senza quasi curarsi dell’avversario. Al quale però non manca di rifilare il malefico drop shot per vedere, forse anche lui incuriosito, se quello davvero “cappotta”, cioè vi arriva rantolando e si ribalta su se stesso nel tentativo di allungarsi per recuperare la palla. Nei suoi percorsi romani, Sonego è stato il primo a raggiungere le semifinali, tra i ragazzi della nuova generazione del nostro tennis, imitato da Sinner nell’ultima edizione. Accadde due anni fa, in una giornata lucente e complicata nella quale Sonny liquidò Rublev prima di fare a spintoni con Djokovic, sfilandogli persino un set. Non è Panatta, ma “è uno di noi”, e tutti i suoi sforzi, quell’aria da combattente inesausto che gli si appiccica addosso tra una corsa e l’altra, meritano una riedizione dei Saturnalia, la festa più popolare di Roma antica, dedicata al ritorno dei mitici anni dorati. Applausi. E un bel messaggio alla fine per l’amico Berrettini, scritto anche quello a nome di tutti: “Matte ci manchi!”. «Mi dispiace per lui, siamo grandi amici. So quanto ci teneva a giocare, non vedo l’ora di rivederlo in campo», la dedica finale. Prima della torta per il compleanno numero 28, che se solo potesse Sonego porterebbe tra il pubblico. L’avversario, Jeremy Chardy, francese, trentasei anni, più coach (di Humbert) che giocatore, è di quelli che tutti vorrebbero incontrare in avvio di un torneo così. Per questo è abbastanza esprimersi sul match. Sonego l’ha preso come un allenamento, e mi sembra che la scelta sia stata azzeccata. Ha corso, ha sudato il giusto, ha vinto facile. […] Sonny ringrazia e prepara il march successivo, con il giapponese Nishioka, il più scarso tra le teste di serie sulla terra rossa. Si sono incontrati una volta nelle qualifiche del 2019 a Montecarlo. Vittoria di Sonego per 6-0 al terzo set. […]

Sonego, che compleanno. Festa anche in campo (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Una candelina per la vittoria e compleanno con il sorriso: Sonego bagna le 28 primavere con una prestazione sfavillante sul Centrale e alla fine riceve la torta del festeggiato. Certo, il 36enne Chardy crollato al numero 591 del mondo dopo un infortunio e in gara con il ranking protetto, rappresenta un cioccolatino fin troppo semplice da scartare, ma gli appena cinque punti regalati con la prima e nessuna palla break concessa testimoniano di un Sonny decisamente sul pezzo. D’altronde, due anni fa, il torinese visse da queste parti una delle settimane più scintillanti della sua vita, allungandosi fino alle semifinali e spaventando Djokovic dopo aver sconfitto Thiem e Rublev. Dalla sua parte di tabellone c’è Alcaraz, che troverebbe appunto in semifinale, e dunque perché non sognare ancora: «In questi due anni il tennis si è evoluto molto, è cresciuto il mio livello ma anche quello degli altri giocatori. Vincere è sempre più difficile, per cui non mi preoccupo se per il momento non riesco a salire in classifica: oggi essere in top 50 è già un grandissimo risultato. Comunque penso di essere migliorato sul piano dell’aggressività: adesso i più forti preferiscono comandare il gioco che difendersi e anche noi stiamo lavorando per prendere subito il comando dello scambio». Al secondo turno lo attende il giapponese Nishioka, la più bassa delle teste di serie, con cui ha giocato una sola volta, nelle qualificazioni di Montecarlo nel 2019: «Ma a ogni modo lo conosco bene e l’abbiamo studiato guardando molti video. Sta giocando a un livello molto alto. E un avversario difficile, che si muove molto bene. Ha un timing incredibile con il rovescio. Sicuramente sarà molto fastidioso, mi attende una partita dura nella quale dovrò cercare di perdere meno campo possibile». E guadagnarsi probabilmente Tsitsipas, magari pensando a un’altra dedica per Berrettini, ricordato ieri nella tradizionale frase sulla telecamera: «E’ brutto non vedere Matteo qui a Roma, so quanto lui, da romano, tenga a essere presente, a vivere questo torneo. Dopo tutti i guai fisici che ha avuto, non avrei proprio voluto vederlo fermo un’altra volta per un infortunio. Mi manca perché e uno dei mie più grandi amici e penso che manchi alla gente vedere un giocatore di livello così alto su questi campi. Spero che il prossimo anno ci sia e faccia un grande risultato». E mentre i giovani leoni azzurri, […] perdono tutti allo stesso modo, cioè giocando alla grande per due set prima di sciogliersi, il «vecchio» Cecchinato torna a vincere un match a Roma dopo quattro anni piegando agevolmente McDonald e proseguendo nel cammino di rinascita dopo quello che ha definito «il peggior anno della mia vita»: «Tra l’infortunio al gomito e la morte di mio zio, per me un secondo padre, sono stati momenti difficilissimi. La classifica scendeva sempre di più, non mi dimenticherò mai quel 206 nel ranking… (ora è 83, ndr)». Come non comprenderlo: nel 2018 arrivò al numero 16 del mondo dopo l’incredibile semifinale al Roland Garros maturata anche attraverso un’impresa contro Djokovic: «Toccare il fondo forse mi ha fatto bene. Ho letto tante cattiverie sui social, attacchi feroci che mi hanno fatto male, ma anche venire voglia di dare di più. Di riprendermi il posto che merito». La cura: preparazione invernale con Alcaraz e ritorno ai Challenger. «E’ stato molto difficile accettare di ricominciare dal basso. Subito l’ho visto come una retrocessione, poi ho capito che dovevo affrontare ogni sfida con il piglio giusto per risalire». Bentornato, Ceck.

«Non ho paura di piangere» (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)

«Il gomito? Sto bene. Amo giocare a Roma, qui ho vinto sei volte e ho vissuto anche altre finali perse. È il torneo su terra dove ho ottenuto più successi e spero sia un trampolino per il Roland Garros». Novak Djokovic tranquillizza i tifosi: il suo sarà un Foro Italico a pieno servizio. il campione in carica degli Internazionali BNL d’Italia ha parlato alla vigilia del suo esordio, previsto oggi in sessione serale contro l’argentino Tomas Martin Etcheverry (n.61 ATP) . Reduce da un problema al gomito destro, che lo ha parzialmente condizionato nelle sconfitte di Montecarlo e Banja Luka cormo Musetti. e Lajovic, il tennista di Belgrado è pronto per l’accoppiata Roma-Parigi, obiettivo finale dove tenterà l’assalto allo Slam numero 23: «Quando giochi a questi livelli c’è sempre qualche cosa che ti dà fastidio sul piano fisico e non ho più 25 anni, ma come ho detto sono pronto. Etcheverry? Non lo conosco molto ma ho visto sui social i suoi post dove fa il conteggio di quanti punti ci separano (ride). Gli auguro il meglio, con eccezione di questa settimana». Numero 1 del mondo ad inizio torneo, alla fine della prossima settimana Djokovic sarà costretto ad un nuovo passaggio di scettro con Carlos Alcaraz. Anche in caso di difesa del titolo infatti la matematica riconsegnerà la vetta del ranking allo spagnolo, che gioca a Roma per la prima volta in carriera dopo aver saltato la scorsa edizione. […]: «È strano che quest’anno non abbiamo giocato neanche un torneo insieme, finora è stata una “relazione a distanza”. A fine torneo diventerà numero 1 e se lo merita perché sta giocando un tennis fantastico. A Parigi sarà un avversario da battere, a prescindere dalla presenza o meno di Nadal». Djokovic appare sereno, lo si è percepito ieri in conferenza stampa e ancora prima nell’allenamento con Jannik Sinnes in cui ha vinto un set per 6-3 prima di fare un andata e ritorno Roma-Milano per assistere all’Euroderby di Champions conclusosi con una sconfitta del suo Milan. Adesso è solo questione di tempo e partite su una superfine come la terra dove il processo di adattamento gli ha spesso richiesto più tornei: «Ci sono tanti fattori che rendono ogni rimbalzo di palla diverso. Il vento può spazzare via lo strato superficiale di terra o, a seconda del meteo, il terreno può essere più duro o più soffice. A volte ti puoi sentire sopraffatto nell’adattarti a tutto questo, quindi mi servono più sessioni di allenamento per lavorare sui colpi e sulle tattiche». Djokovic ha poi scavato nei ricordi, ampliando il discorso alla vita di tutti i giorni: «Ho fatto tante scelte importanti nella vita, in primis quella di fare l’atleta pro’. Quando sei giovane non sai cosa significhi, non dico che la mia vita sia difficile, ma come in quella di tutti ci sono sfide e ostacoli da superare. In un mondo di etichette si viene giudicati se si mostrano delle debolezze perché si è ritenuti deboli, per me invece è il contrario. Piangere può essere una liberazione e credo che questo è qualcosa in cui tutti possono riconoscersi».

E’ l’ora di Sinner. Roma lo aspetta (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Essere tennis italiano oggi è battere dopo due giornate di Roma il record di biglietti venduti dell’anno scorso: 235.826 tagliandi e incasso di 19.950.000 euro contro i 230.385 e 16 milioni di euro del 2022. Essere tennisti italiani oggi è essere ottimi esempi di comportamento in campo e fuori. «Non lo sport più disastroso dello sport italiano come diceva l’allora presidente del Coni, Petrucci ma il contrario», gongola il presidente FITP, Angelo Binaghi, artefice massimo del nuovo Rinascimento. Com’è essere Jannik Sinner, il caposcuola «de noartri» che pubblicizza i quaderni Pigna e rafforza l’ingresso della FITP nella scuola? «Non ho mai preso voti negativi, magari qualche volta ho dimenticato qualcosa a casa, siamo stati tutti bambini e abbiamo fatto degli errori». E essere la prima autentica speranza di un nuovo campione di casa agli Internazionali d’Italia 47 anni dopo Adriano Panatta? «Essere un esempio è il risultato di quello che ho fatto negli anni passati e di quello che sono stato prima. Devo tanto ai miei genitori e alle scelte che ho fatto perché sono andato via da casa presto e ho investito tanto sulla mia passione che per fortuna ora è il mio lavoro. Vedere i bambini felici quando firmo una pallina mi fa capire quello che sono in quel momento. Poi certo bisogna sempre andare in campo e vincere partite, e io sono qui per vincerne il più possibile. Nel nostro torneo più importante noi italiani possiamo dire che siamo favoriti tutte le settimane, io a ogni torneo sento che posso fare qualcosa di positivo. Ma non facciamo paragoni, ci sono stati campioni che hanno fatto cose più importanti, come Pietrangeli e Panatta». Da 8 del mondo, Sinner fa l’esordio direttamente al secondo turno e solo stamattina alle 11, contro Kokkinakis: «Sento una pressione positiva, qui c’è tanta gente che mi vuol bene e mi spinge nei momenti di difficoltà in campo. Il pubblico può essere una carta da giocare, l’ho visto a Torino, alle Finals e in coppa Davis. Giocare a Roma dà una sensazione unica già quando entri in campo». E Djokovic? «Ha un’esperienza unica e quando è stato in difficoltà poi a Roma si è sempre ritrovato, dopo che ha passato i primi turni torna il favorito». E Alcaraz? «Porta tutta la sua esperienza e positività». […]

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