Nadal, inizia il lungo addio (Giammò, Azzolini, Crivelli). Medvedev cresce, ora c'è Tsitsipas (Crivelli). Il mondo di Kalinina-Kudermetova (Marchetti)

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Nadal, inizia il lungo addio (Giammò, Azzolini, Crivelli). Medvedev cresce, ora c’è Tsitsipas (Crivelli). Il mondo di Kalinina-Kudermetova (Marchetti)

La rassegna stampa di venerdì 19 maggio 2023

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Nadal, inizia il lungo addio (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Fermate gli orologi, staccate gli occhi dal calendario, interrompete qualsiasi conto alla rovescia. Lui non giocherà. Dopo le ultime settimane scandite da ritiri, speranza e dolori, ieri Rafa Nadal ha rotto gli indugi e in una conferenza stampa convocata nella sua Accademia di Manacor ha dichiarato «non potrò giocare il Roland Garros». La lesione rimediata lo scorso 18 gennaio in Australia non è guarita. E quelle che dovevano essere sei, al massimo otto settimane necessarie per farla cicatrizzare, sono lentamente diventate un tempo indefinito: «la verità è che non sto bene e ora devo capire perché». E’ una decisione che pone fine a «mesi di frustrazione» e che non riguarda solo lo Slam parigino, torneo da lui vinto quattordici volte e che anche quest’anno, secondo i suoi colleghi, lo avrebbe visto come il favorito numero uno qualora si fosse presentato al via. «Non mi pongo alcuna data per il rientro – ha infatti aggiunto – lo farò solo quando sarò pronto per farlo». Per ora basta così, niente più tennis o allenamenti per «un mese e mezzo, forse due, dopo gli ultimi in cui ho dato il massimo per provare a recuperare». Piede, costole, addominali, psoas: gli ultimi due anni di Nadal sono una lunga lista di infortuni e «lesioni che mi hanno impedito di vivere con gioia una parte importante della mia vita». Anni complicati, «durante i quali sono però riuscito a vincere titoli importanti, ma il mio corpo non è stato più in grado di sostenere il lavoro quotidiano». Un’ultima possibilità di rientro ieri Rafa, fiduciosamente, l’ha collocata nel finale di stagione e nella Coppa Davis, rodaggio definitivo per quello che è invece il suo vero e ultimo obiettivo della carriera, ovvero «presentarmi in campo il prossimo anno per quella che sarà la mia ultima stagione con la garanzia di poterla giocare e di potermela godere». Il piano «è quello di salutare tutti i tornei dove sono stato felice, non so se ci riuscirò ma voglio provarci. Non voglio che il mio ultimo anno sia un anno da comparsa. Mi piacerebbe fare le Olimpiadi, però aspettiamo e vediamo, non mi va di dire una cosa e poi farne un’altra. Il mio fisico ha alzato bandiera bianca e ha detto: basta così. Una tappa si chiuderà e ne comincerà un’altra non meno felice». Troverà un circuito molto più competitivo di quello che ha lasciato. […] «Non sono una persona irrazionale, sono cosciente della situazione – ha chiosato il trentaseienne – ma vale sempre la pena di fare uno sforzo in più, e lo farò perché non penso di meritarmi di chiudere così, perché voglio che il mio capitolo finale sia diverso da questo, e se non fosse così, che sia almeno con la consapevolezza di aver fatto tutto quello che potevo per chiudere nel modo in cui volevo farlo».

Nadal, il lungo addio: «Il corpo ha deciso» (Daniele Azzolini, Tuttosport)

«Lo ha deciso lui», dice Rafa. “Lui” è il suo corpo, nei confronti del quale il campione di quattordici Roland Garros continua a portare grande rispetto, malgrado nell’ultimo periodo, un anno più o meno, siano sorte divergenze e incomprensioni. Si vogliono bene, sapete… ma non si capiscono più come una volta. Non fossero legati anima e corpo (appunto) avrebbero già deciso di dormire in stanze separate… Nadal era certo di convincerlo a riprendere la collaborazione che aveva permesso di fondare un binomio indissolubile, inossidabile, premiatissimo, perfino invidiato per gli spazi inesplorati che insieme hanno percorso, Rafa alla guida e “lui” motore instancabile. Ma non è stato così. È giunto il momento di una tregua. Breve, più lunga, definitiva, si vedrà… […] Rafa ne parla malinconico, lo fa a suo nome e, con qualche tono più freddo, anche a nome di “lui”, il quale riottoso gli ha cancellato uno a uno tutti i tornei cui sperava di partecipare. Via Montecarlo, di Barcellona manco a parlarne, Madrid non è utile. Proviamo Roma! Niente da fare, “lui” ci ha provato ma dopo un po’ ha alzato bandiera bianca. Tende a grippare, come non ci fosse più olio a lubrificare gli organi meccanici. E allora Parigi, ultima speranza, ma appesa a un filo, e al dunque vana. La decisione finale non può che essere un’altra. Smettere per qualche tempo con lo sport, gli scatti, le piroette, gli sforzi, le corse e tutto quel gioioso assortimento di giochi agonistici che avevano vissuto assieme. Portare la temperatura del motore a zero e attendere. «Sarà lui a farmi sapere quale sarà il seguito di questa vicenda, ma spero che questa decisione azzeri poco a poco i malanni, e gli faccia tornare la voglia di riprovarci». Se questo accadrà, e Rafa ne parla come del più bel regalo di fine carriera, sarà per tornare a fare come ordina la propria testa. «L’obiettivo, ora, è quello di riprendere quando sentirò di poterlo fare. I problemi fisici mi hanno tolto la gioia di giocare. Mi fermo per provare ad assaporare appieno la prossima stagione, che probabilmente sarà l’ultima. Non so quanto sarà lungo lo stop, forse mesi, ma se ne avrò la possibilità voglio tornare per dire addio a tutti i tornei che sano stati importanti nella mia carriera, ma voglio farlo essendo competitivo. Se avessi continuato ad allenarmi, a tentare di giocare, come ho fatto finora nella speranza di rientrare, penso che “lui” non mi avrebbe più messo nelle condizioni di farlo». È un lungo addio. Il secondo cui assistiamo. E non così dissimile da quello che Rafa ha vissuto lo scorso settembre a Londra, unendo le proprie lacrime a quelle di Federer. Due fenomeni dello sport destinati a una parabola comune, che ha mischiato vittorie, amicizia, solidarietà, reciproco apprezzamento. […] Un addio da preparare per tempo, da riempire di significati, e di applausi da parte dei sostenitori, anche loro a lungo divisi e alla fine riuniti sotto il segno dei due primattori. Ciò che ha ricevuto Federer, nella festa di addio, avrà Rafa quando sarà il momento. Anche le lacrime… E’ stata di qualche tempo fa la confessione di Nadal, sul seguito della festa di addio di Roger della foto che li riuniva piangenti mano nella mano. «Era difficile non emozionarsi in una serata simile. Quando sono tornato in albergo, da solo nella mia stanza, mi sono commosso di nuovo, e ho pianto a dirotto. È stato un rapporto bello fin dall’inizio e negli anni si è rafforzato. Abbiamo vissuto qualcosa di speciale e di comune. Il nostro modo di vedere il mondo e lo sport, il tennis stesso, ha fatto sì che il nostro rapporto personale fosse probabilmente più importante di quello professionale». Il quindicesimo Roland Garros era l’obiettivo di quest’anno. Forse l’unico. Una vittoria avrebbe consegnato a Nadal un record rotondo, perfetto e probabilmente imbattibile, tale da cambiare ogni decisione. Forse la sua carriera si sarebbe interrotta lì, chissà… Nei pensieri di Rafa c’è ancora voglia di provarci. «Sto meglio rispetto alle ultime settimane, speravo che i segnali fossero tali da condurmi a Parigi, ma non è stato così. Sono triste, è una stagione che si arena nel nulla. Ma il mio corpo ha detto basta e io non posso farci niente. Salvo concedermi la speranza di provarci ancora una volta, fra un anno. Gli ultimi mesi sono stati difficili, fra alti e bassi e tante frustrazioni. Ma penso di essermi meritato un addio diverso da un annuncio in conferenza stampa». […]

Nadal, «Torno nel 2024» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Sul suo regno parigino non tramonterà mal il sole della leggenda, perché 14 successi al Roland Garros restano probabilmente la più grande impresa sportiva di sempre. Ma Sua Maestà Nadal, per la prima volta in carriera, è consapevole che il tramonto si avvicina. E così, nell’attesa conferenza stampa alla sua Accademia di Manacor, Rafa annuncia che quest’anno non sarà al via del torneo più amato, perché le condizioni fisiche dopo l’infortunio all’ileopsoas della gamba sinistra patito agli Australian Open non sono migliorate come sperava. Dal 2005, anno del debutto (con vittoria), il maiorchino non aveva mai mancato l’appuntamento con lo Slam del Bois de Boulogne: 112 partite vinte e appena 3 sconfitte, con Soderling nel 2009 e Djokovic nel 2015 e nel 2021, mentre nel 2016 si era ritirato prima del terzo turno contro Granollers per un infortunio al polso sinistro. Non solo: rivela che non giocherà più per il resto della stagione, cercando di recuperare uno status atletico conforme alle sue ambizioni in vista di un possibile rientro nel 2024, che in ogni caso sarà la sua ultima stagione sul circuito. Insomma, nella mezz’ora in cui, microfono alla mano, t-shirt e jeans, si collega in streaming ai computer di tutto il mondo, l’inossidabile, immortale signor Nadal rivoluziona il presente del tennis prospettando il ritiro. Dopo l’addio di Federer a settembre, un’altra epoca che sta per chiudersi: «L’infortunio non è guarito come volevamo, perciò non gioco al Roland Garros e non ho intenzione di andare a Parigi solo per giocare ed essere lì. Non è una decisione che ho preso io, ma è una decisione che ha preso il mio corpo. Dopo la pandemia, il mio fisico non è stato in grado di sostenere il lavoro quotidiano e i troppi problemi mi hanno sottratto il piacere di giocare. Quindi mi devo fermare per diversi mesi, non so quando tornerò ad allenarmi, dipenderà dal mio corpo. Non voglio mettermi nella posizione di dire una data – un mese, due mesi, tre mesi – e poi doverla posticipare. Riprenderò quando sarò pronto mentalmente e fisicamente». In realtà, tra le pieghe della chiacchierata, Rafa accenna a un possibile obiettivo agonistico, le finali di Coppa Davis a novembre a Malaga, se la Spagna si sarà qualificata dopo i playoff di settembre: «Sarebbe bello, e solo se il capitano volesse. Realisticamente, vorrei iniziare bene il 2024, con la garanzia di poter essere competitivo e con la certezza che sarà il mio ultimo anno in campo. Il piano è quello di giocare nella prossima stagione í tornei che più di tutti ho amato e che maggiormente hanno segnato la mia storia da professionista anche per non disputare un anno da comparsa. Cercherò di farlo grazie al ranking protetto ma senza togliere wild card a nessuno. Olimpiadi 2024 al Roland Garros? Proverò sicuramente a partecipare ma non posso dire se quello sarà il mio ultimo torneo in assoluto». L’assenza da Parigi, e di conseguenza la perdita del 2000 punti del successo di un anno fa, a giugno lo porteranno fuori dai 100 per la prima volta dal 14 aprile 2003. Chiaramente, un Nadal completamente ristabilito, anche se così indietro nel ranking, avrebbe la fila di tornei alla porta pronti a garantirgli un invito, ma la scelta della classifica protetta, oltre a non travalicare gli interessi dei giocatori minori cui una wild card può cambiare una stagione, gli consentirà di affrontare alcuni appuntamenti addirittura da testa di serie. […] In queste ore i numeri interessano davvero molto poco a Nadal, già proiettato a una nuova vita senza l’assillo del tennis e dei risultati a ogni costo: «È arrivato il momento di scaricare il corpo completamente e lasciare che recuperi al meglio. Sottoporlo ad altri mesi come quelli passati, avendo come unica fonte di soddisfazione la possibile vittoria finale, non era un’opzione possibile a questo punto della mia carriera. Sono arrivato a un punto nel quale le vittorie non possono essere l’unica considerazione. Credo di essermi meritato di non finire la mia carriera in una conferenza stampa. Quando arriverà il giorno di lasciare, vorrei che arrivi con la consapevolezza di aver fatto tutto quello che potevo per finire nella maniera in cui volevo finisse. Prendere questa decisione è stato un processo di accettazione, di onestà verso me stesso. Non si tratta di una decisione drammatica, tutto ha un principio e una fine. Nel prossimo futuro proverò a fare le cose che non sono riuscito a fare negli ultimi vent’anni, con il vantaggio di non avere orari da rispettare. Voglio provare a tornare a competere per gli obiettivi più importanti, ma non so quale sarà la realtà». […]

Medvedev cresce, ora c’è Tsitsipas. Una semifinale ad alta tensione (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Sarà un sabato scintillante. Nel senso che produrrà fuoco e fiamme. Tsitsipas contro Medvedev, amici mai: una semifinale quantomeno frizzante (l’altra e Rune-Ruud). Tra loro le storie tese risalgono addirittura al 2018 a causa di un nastro malandrino per il quale il greco non chiese scusa e da allora i rapporti non sono mai migliorati. L’altro giorno si sono incrociati sul nuovo ponte che collega la players lounge al Centrale e platealmente entrambi hanno cambiato direzione. Sul campo, invece, non hanno certamente accusato problemi. Il greco, finalista un anno fa, si è liberato facilmente dl Coric, con il quale era sotto 3-2 nei precedenti, confermando il feeling con Roma e con le condizioni particolari di quest’anno, con le palle rese pesanti dall’umidità Medvedev invece non lascia neppure le briciole al qualificato tedesco Hanfmann. Arrivato al Foro senza aver mai vinto una partita nel torneo in tre partecipazioni, l’Orso russo si sta adattando in fretta a una su perfide sempre mal digerita: «Credo nelle mie possibilità, qui a Roma è strano visto che non ero mai riuscito a vincere nemmeno una partita, ma sentivo in allenamento che stavo giocando davvero bene. È splendido essere arrivato in semifinale., non mi sento il favorito perché Ruud e Rune sono due giocatori che sulla terra hanno probabilmente qualità migliori delle mie e Tsitsipas è uno dei primi tre giocatori al mondo sul rosso, ma quando arrivi così lontano non puoi più metterti un limite». Per Daniil, che è avanti 7-4 nei precedenti, si tratta della seconda semifinale in un 1000 sulla terra dopo Montecarlo nel 2019. La vittoria nel torneo gli consentirebbe tra l’altro di scavalcare Djokovic al numero 2 in classifica e di essere seconda testa di serie al Roland Garros. Non male, per chi non ha mai amato il rosso.

Il mondo di Kalinina-Kudermetova (Christian Marchetti, Corriere dello Sport)

Se il mondo non fosse l’attuale versione tridimensionale e lisergica del Risiko, le due storie che seguono probabilmente passerebbero quasi inosservate. La russa è Veronika Kudermetova e, oltre alle palline, da un po’ di tempo a questa parte deve mandare dall’altra parte anche le polemiche. Colpa dello sponsor, la potente Tameft, una sezione della quale fornisce pneumatici all’esercito di Putin. E colpa… degli allenamenti: li svolge dalle parti del Cska, il club sportivo dell’esercito russo. Suo padre Eduard giocava a hockey proprio nel Cska. Sullo sponsor, la diretta interessata ha fatto sapere: «Datemi regole precise e io le rispetterò». Sul Cska, invece, ha assicurato: «Non frequento più quel posto». L’ucraina è Anhelina Kalinina, che come Veronika è allenata dal marito. Ma si prepara in Slovacchia, mentre la sua famiglia, con i bombardamenti, ha dovuto trasferirsi nell’appartamento di Anhelina a Kiev. Nel frattempo, lei sta pagando la ristrutturazione della casa di Nova Kakhovka bombardata con i soldi guadagnati a Wimbledon. Finora, a Roma, ha già giocato contro la russa Blinkova al secondo turno e non le ha stretto la mano. Esattamente come Krutykh con il russo Shevchenko nelle qualificazioni maschili. Terzo confronto Russia-Ucraina a Roma è stato Kalinskaya-Yastremska e no, non hanno bisticciato. Ai quarti di finale, Anhelina ha vinto contro la brasiliana Haddad Maia la partita più lunga dell’anno (3 ore e 41) per poi esplodere tutto, e forse molto di più, in un pianto liberatorio. Il tennis dice che, alle 15.30 di oggi, sul Centrale andrà in scena la prima semifinale tra la numero 12 del mondo Kudermetova e la numero 47 Kalinina. I precedenti parlano di una vittoria per parte, lo sport racconta il confronto tra due ragazze di 26 anni. […]

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