Rune-Medvedev, finale inedita (Azzolini, Crivelli, Ercoli, Marchetti). Rybakina è la regina di Roma (Giammò)

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Rune-Medvedev, finale inedita (Azzolini, Crivelli, Ercoli, Marchetti). Rybakina è la regina di Roma (Giammò)

La rassegna stampa di domenica 21 maggio 2023

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La forza di Rune, più vikingo che Jedi (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Da un punto di vista cinematografico, il sorpasso di Holger Rune a Casper Ruud, vale quello di Bullitt, un film del 1968 nel quale la Mustang di Steve McQueen saliva sulle strade a terrazza di San Francisco come una gazzella. La similitudine nasce dall’inizio che non ti aspetti, due macchine che si lanciano all’inseguimento prima che si accenda il verde del semaforo, tra il fumo e il grande stridore delle gomme che artigliano la strada sulla spinta di motori esagerati, e dalla certezza di essere a tu per tu con il quadro finale del film, e del match in questo caso. Rune McQueen raggiungerà Hickman Ruud e il caso sarà risolto. Il sorpasso di Bullitt è al n.8 della classifica degli inseguimenti cinematografici che il pubblico meglio ricorda, stilata da YouTube. Al primo posto c’è il Ritorno del Cavaliere Oscuro, ma Batman, in questo nostro tennis, al momento ha un unico porssibile interprete, Carlos Alcaraz. Eppure i due si avvicinano, Holger e Carlos, intendo. L’approdo alla prima finale romana spinge il danese al sesto posto, il suo best ranking e l’obiettivo di salire sul podio entro la fine della stagione assume finalmente un senso diverso, e una dimensione praticabile. […] Rune aveva ceduto a Ruud i primi quattro confronti della carriera, ma è in vantaggio su Medvedev per 1-0 e su Tsitsipas per 2-0. Il fatto che il giovane Holger abbia finalmente trovato il modo di mettere Ruud alla porta, scalzandolo chi ricorrenti incubi di non essere il più forte tra i Vikings tennisti, rilancia la domanda su quale sia la fonte che dà forza a questo ventenne, quale la bevanda magica che lo trasformi in uno dei pochi (quasi) invincibili di questa stagione. Non ha i colpi robusti e “facili” di Alcaraz, sebbene disponga di notevoli doti tennistiche, né l’esperienza di un team che lo prepari ai match come accade a Sinner. Non ha un servizio alla Berrettini, e nemmeno il tocco di un giocoliere. Ha di tutto un po’, nel proprio profilo tecnico, e nell’insieme il suo gioco non mostra lacune di alcun tipo, ma niente che lo possa porre al primo posto di una qualsiasi classifica dettata dai colpi base del nostro sport. La sua forza sorge da dentro e ho l’impressione che sia in gran parte da esplorare. Rune possiede doti di resistenza infinite, sa mutare tattica in corsa, sa arrangiarsi, se il pubblico lo attizza si esalta, se lo spernacchia gli fa quasi un piacere e diventa imbattibile. Non vuole essere simpatico a nessuno, forse non lo interessa nemmeno essere il primo, ma vincere. Tutto. E il Roland Garros in particolare. Perché il suo obiettivo resta quello dichiarato un po’ troppo spensieratamente da ragazzino, diventare più forte di Nadal. Per questo il sorpasso operato su Ruud nel secondo set ha fatto intuire che il match, per il norvegese, fosse ormai segnato. Vinto il primo al tie break, Ruud è andato avanti di un break, fino al 4-2 nella seconda frazione. Lì Rune ha acceso il turbo […]. Quattro game ingoiati come fossero plum-cake. E match ribaltato. «Ho giocato male il terzo set, non ho creduto in me stesso» ha spiegato Ruud, ma su quel sorpasso spericolato, poco da dire: «E’ stato bravo lui, speravo di avere nuove chance, ma Holger ha tenuto meglio di me». […] Poi la pioggia. Tanta. Troppa… La seconda semifinale, senza screzi fin lì, è stata spostata negli spogliatoi. Quattro pari. Poi l’hanno riportata sul campo. Un game appena e 5-4 per Tsitsipas. Alla ripresa, poco prima delle 21,30 c’è il tempo per un doppio fallo che regala il set a Medvedev. Il russo si ripete nel secondo e conquista la prima finale “mille” sulla terra in un match di oltre sei ore, una e tre quarti effettivi. […]

Guerriero Rune, arriva in finale e avvisa Medvedev (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Dalla danza della pioggia esce la finale che non t’aspetti. Perché se Rune continua a cavalcare il momento magico nei Masters 1000, con un record di 18 partite vinte e appena 4 perse da novembre, quando trionfo a Bercy, bissando a Roma la finale raggiunta un mese fa a Montecarlo, era difficile immaginare, alla vigilia, un epilogo del torneo che potesse coinvolgere Medvedev. Lo diceva la storia: in tre partecipazioni, non aveva mai vinto una partita al Foro, e certamente la terra è la superficie che gradisce di meno (non ci ha mai vinto un torneo ed è appena alla seconda partita per il titolo dopo Barcellona 2019). E invece eccolo li, l’ineffabile Daniil, che in una giornata snervante e interminabile per il meteo, con tre interruzioni (una di più di due ore) e la partita che riprende definitivamente alle 21.30, mantiene i nervi più saldi di Tsitsipas e conquista la quinta finale stagionale, consolidando la leadership nella Race e mettendo nel mirino il n.2 di Djokovic: supererà il serbo se oggi vincerà gli Internazionali. Ancorato al servizio, sempre lucido nella sua ragnatela che ovviamente si dipana soprattutto sulla diagonale del rovescio, l’Orso moscovita è più costante e meno umorale del greco, nervoso e costantemente in discussione con mamma Julia nei box, tanto da doverla allontanare. Tsitsi, finalista un anno fa, ha un sussulto importante nel secondo set, quando rimonta da 0-2 e si rimette in partita insieme al pubblico, che dopo aver aspettato ore vorrebbe il terzo set, ma il rovescio è troppo ballerino e qualche scelta, in particolare con la palla corta, è scellerata. E a Daniil, chirurgico nel ridurre gli errori, non resta che raccogliere, diventando il secondo russo dopo Chesnokov (1990, ko da Muster) a raggiungere l’ultimo atto a Roma. E lo festeggerà come sempre a suo modo, con un balletto del tutto personale: «L’ho visto fare agli ubriachi, mi divertiva molto. Non è stato facile entrare e uscire dal campo, riscaldarsi tante volte poteva diventare difficile, ma non mi sono mai arrabbiato, anzi l’ho presa sul ridere e mi è servito». Oggi Pomeriggio se la vedrà con Rune, decisamente più riposato, che lo ha appena battuto a Montecarlo. Se la stoffa del campionissimo si misura sulla capacità di salire di livello contro i più forti, il principe di Danimarca indossa già gli abiti del conquistatore della prossima decade. Con il successo su Ruud, ha sconfitto tutti gli attuali top 10 del ranking ad eccezione di Fritz. Aveva perso i quattro precedenti contro il norvegese, e per un set e mezzo la storia sembra ripetersi. il figlio d’arte di Oslo, mai così centrato negli ultimi mesi, serve come un ossesso (7 ace nel primo set) , tiene un ritmo altissimo e il suo pressing continuo corroborato da una grande velocità di gambe nella copertura del campo costringe Holger a giocare da posizioni scomode e senza la possibilità di spingere. Il break con cui Casper sale 3-2 (poi perfezionato con il 4-2 al servizio) ha il sapore di una sentenza, e invece finisce per esaltare la sfacciataggine tecnica del ragazzino, il suo coraggio e il suo enorme talento. Lui si aiuta pure con uno strategico timeout medico per un dolorino a una spalla — che non raccoglie i favori di Ruud («Voglio sperare che avesse davvero un problema») —e da quel momento diventa un satanasso: non perdona in risposta il calo al servizio del norvegese e le sue variazioni sul tema a ogni scambio, dalla palla corta al gioco di volo alla dirompente ricerca del dritto a sventaglio, mandano in corto circuito il software fin lì perfetto dell’avversario. L’ultimo snodo cruciale sul 4 pari del secondo set, con due palle break delicatissime annullate d’autorità, di cui una con un meraviglioso dritto sulla riga. Da li in poi, sarà un monologo. […]

La sorpresa è Rune (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)

Chissà se questa volta dopo la stretta di mano Rune e Ruud abbiano fatto in tempo ad incrociarsi nello spogliatoio. Tra possibili strascichi di una vecchia polemica parigina e il warm up di Tsitsipas e Medvedev, non è difficile immaginare l’aria pesante dei tunnel del Centrale. Questa volta fuoco ha battuto ghiaccio: Holger Rune è in finale agli Internazionali BNL d’Italia. Iniziato come ogni altro precedente, ben quattro in favore di Ruud, ieri è arrivata la reazione e il derby scandinavo è andato per la prima volta ad appannaggio del giovane danese, che in 2 ore e 43 minuti si è aggiudicato la contesa per 6-7(2) 6-4 6-2. Casper si è ritrovato, ma la soddisfazione di due settimane affoga al cospetto della terza semifinale consecutiva persa nella Capitale. Solido nella resistenza alle fiammate avversarie, brillante nelle accelerazioni con il rovescio lungolinea e nei recuperi alle inefficaci palle corte di Rune, fino al break del 7-6 3-2 il norvegese aveva interpretato una sfida da 10 e lode. A mischiare le carte, non è la prima volta quest’anno, ha pensato un medical time-out chiamato dal giovane danese per un problema alla spalla. Dopo la pausa cambia la partita. Nelle fasi iniziali del punto Rune ritrova l’incisività lo caratterizza, Ruud smarrisce il campo e mentre viene rimontato l’unico sorpasso che effettua è quello alla voce “errori gratuiti”. «Non voglio pensare fosse un medical time-out tattico – si è espresso con pacatezza il tennista di Oslo – Quando l’ho brekkato lui non stava servendo piano, ma se aveva dolore è in diritto di chiamare il fisioterapista. Potremmo rivedere la regola, ma a lui era permesso farlo e poi ha avuto il merito di giocare un grande terzo set». La stessa arringa è stata esposta dal numero 7 del mondo: «Quando sento dolore chiamo il medical time-out e voglio ricevere il trattamento, tutto qui. Alla fine ci sono i fisioterapisti ed e permesso, quindi non so bene cosa dire..». […]

Medvedev vince la maratona tra pioggia e nervi (Christian Marchetti, Corriere dello Sport)

Il “fantasma” è sconfitto. La terra, la superficie tanto odiata dal 27enne moscovita Daniil Medvedev, quella in cui «non c’è mai un rimbalzo uguale all’altro» (parole sue), gli regala la prima finale a Roma. La prima finale di sempre sul rosso in un Master 1000. Oltre al fantasma, anche Stefanos Tsitsipas è sconfitto. Proprio quello che il russo numero 3 del mondo fatica anche solo a guardare ritratto in foto. Due set, un doppio 7-5, in un’ora e 47 minuti nell’arco di 6 ore e mezza per via dei rinvii per pioggia, il campo del Centrale da coprire e poi scoprire per coprirlo ancora una volta. E il giudice di sedia Mohamed Lahyani tirato per la giacchetta. O in fitto conciliabolo con il direttore del torneo Sergio Palmieri, o fischiato, o acclamato alle riprese del gioco. Sta di fatto che Medvedev vince e in finale troverà quel Rune da cui ha perso ai quarti a Montecarlo. […] Altro personaggio di una lunghissima storia da raccontare è Julia Sergeyevna Apostoli, madre del 24enne numero 5 Atp Tsitsipas. Alla ripresa definitiva dei giochi sul 5-4 del primo set in suo favore, Stefanos va in crisi, cerca il papà-coach Apostolos ma soprattutto lei, mamma, che allora prende posto alle sue spalle, gli dà indicazioni e sostegno per poi essere richiamata (giustamente) da Lahyani. Invano, visto che il finalista dell’anno scorso viene battuto per l’ottava volta (su 13) dal russo, che ora conduce anche sulla terra: 2-1. Come festeggia Daniil? Con un balletto. «L’avevo già fatto agli US Open – spiegherà – c’è questa gif che mi fa molto ridere, con un tizio ubriaco che balla proprio così. Scherzi a parte, confermo: sto giocando mio miglior tennis sulla terra e non vedo l’ora di affrontare questa finale». […]

Rybakina è la regina di Roma (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Prima di affrontarsi ieri notte nella finale degli Internazionali d’Italia, l’unica cosa in comune tra Elena Rybakina e Anhelina Kalinina era coach Stefano Vukav, da quattro anni al fianco della kazaka ma già mentore dell’ucraina dieci anni fa. Per il resto – titoli, gioco, classifica – le due non potrebbero essere più diverse. Ad imporsi è stata proprio la kazaka, che qui a Roma ha giocato la sua 15^ finale aggiudicandosi il 5° titolo in carriera. Troppo grande ancora il divario in termini di esperienza, e certo i recenti titoli da lei vinti a Wimbledon e a Indian Wells si sono rivelati un credito importante. Anche ieri notte Rybakina è scesa in campo decisa a far valere il suo status e un gioco che ha finito con lo scavare un solco nel punteggio che Kalinina con orgoglio ha provato a colmare incappando però in sempre più numerosi errori. Affatto scoraggiata dal break subito in avvio, la kazaka si è presa il suo tempo prima di riuscire a interpretare al meglio le condizioni del Centrale, coperto e riscoperto più volte nel corso della serata, e reso pesante dalla pioggia. Ritrovata la parità, ha poi iniziato a prender sempre più campo e ace dopo ace, vincente dopo vincente, con sicurezza ha gestito le operazioni aggiudicandosi con un secondo break il primo set. Nel secondo la resistenza incontrata è stata molto più leggera e le sventagliate dal fondo a tutto braccio di Rybakina si sono rivelate fendenti su cui ben poco ha potuto l’ucraina, rientrata in campo e subito ricorsa a un medical time out per un problema all’adduttore sinistro. Il volto sempre più scoraggiato, l’asciugamano ad asciugarle lacrime, Kalinina dopo un solo game del secondo set ha alzato bandiera bianca ritirandosi. […]

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