Roland Garros, Aliassime: "Devo scoprire cosa non mi fa stare bene". Fognini: "Ora è fondamentale il recupero fisico"

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Roland Garros, Aliassime: “Devo scoprire cosa non mi fa stare bene”. Fognini: “Ora è fondamentale il recupero fisico”

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Fabio Fognini (sinistra) e Felix Auger-Aliassime (destra) - Roland Garros 2023 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

Non è decisamente un momento positivo per Felix Auger-Aliassime, che dopo una fine di 2022 entusiasmante, culminata con la vittoria in Coppa Davis dopo tre tornei vinti consecutivamente, in questa stagione ha avuto poche occasioni per gioire. Il Roland Garros non ha fatto eccezione, con l’uscita al primo turno per mano di Fabio Fognini e anche in parte di un malessere che non gli ha fatto chiudere occhio la sera prima del match.

Ora che la spalla era più o meno a posto, anche se non in condizioni ideali, è arrivato questo malessere che non mi ha fatto dormire e che mi ha impedito di fare tutte le solite preparazioni prima della partita – ha dichiarato il canadese dopo il match – Ho fatto molta fatica a scaldarmi stamattina e in campo, dopo appena un set, mi sono venuti i crampi. Ho provato a resistere, ma non è stato sufficiente. Ora che c’è un po’ di tempo cercherò di fare dei test per capire i motivi per cui la mia salute è così traballante in questo periodo: oltre all’infortunio che mi ha fatto ritirare, sono stato male anche a Lione, e voglio scoprire perché capita così stesso. Vorrei ritornare in campo soltanto quando sono in salute”.

Malessere o non malessere, in ogni modo per Fognini si è trattata di una vittoria certamente di grande prestigio, “soprattutto perché tre settimane fa a Roma non ero nemmeno sicuro di poter giocare”.

Sono contento, anche se mi sono accorto che non era al 100%, ma sapevo che anche quando un campione di quel livello si ritira nel torneo precedente, in uno Slam proverà comunque a giocare, infortunio o non infortunio”.

Essere stato ai box per un mese e poi fare terzo turno a Roma, anche se non sono riuscito a giocare al meglio contro Rune che poi è arrivato in finale, di più non credo potessi chiedere. Sto bene, sapete che con Corrado [Barazzutti], c’è stima reciproca, sa come stimolarmi, mi conosce da quando avevo 15 anni. Da un certo lato abbiamo avuto fortuna, perché mi ha rimesso in sesto, tecnicamente e fisicamente, dopo che ho lavorato tanto per giocare questi tornei; da un altro lato abbiamo avuto sfortuna, perché sono stato costretto a saltare la parte più importante della stagione per me. Anche perché mi è costato molto a livello di ranking, facendomi scendere fino al n. 130.”

Se sto bene so di poter dire la mia, la cosa difficile è il recupero, che mi dà più problemi di un tempo, ma l’aspetto positivo è che a 36 anni sono ancora competitivo. Non so se questo sarà il mio ultimo Roland Garros, le somme si tireranno a fine ano. Adesso voglio guardare l’aspetto positivo, che sono ancora da corsa e che ho battuto tre set a zero un giocatore come Aliassime”.

C’è stata occasione anche di parlare della sua avventura agli Internazionali BNL d’Italia, dove per la prima volta l’hanno accompagnato sia sua moglie Flavia Pennetta, sia i suoi tre figli, Federico, Farah e Flaminia:  “A Roma sono venuti anche tutti i bambini, anche se la prima sera quando siamo tornati in albergo io e Flavia ci siamo guardati e ci siamo detti che forse era meglio rimanere a casa… perché finché devo fare questo mestiere devo cercare di farlo al meglio. Sono contento che Federico sia venuto a Roma dove ha vissuto momenti molto belli che credo si ricorderà per sempre, ma quando sono durante un torneo non sono nella condizione di poter dedicare loro il tempo che vorrei”.

Nel quarto d’ora che ha dedicato alla stampa, poi, Fognini ha concluso con un ragionamento di ampio respiro sulla differenza tra il tennis giocato dai rappresentanti della sua generazione, a partire dai suoi coetanei Djokovic e Murray e quello mostrato dalle nuove generazioni. “È un tennis diverso, molto più aggressivo. Dei miei coetanei solo Novak quando era in forma non ti faceva giocare, ora si gioca in maniera molto più aggressiva. Per noi l’aspetto mentale era fondamentale, e io l’ho potuto sperimentare in prima persona quando ho dovuto affrontare il problema degli attacchi di panico. Io sono sempre stato un giocatore irascibile in campo, ho avuto alti e bassi mentali, ma devo anche pensare che questa mia testa mi ha portato qui dove sono, e forse se ne avessi avuto un’altra non avrei vinto tutte le partite che ho vinto. Mi dispiace non essere arrivato più avanti negli Slam, ma purtroppo ho giocato in un periodo nel quale arrivare ai quarti di finale era più o meno come arrivare a Roma e vedere il Papa. Questa è l’unica cosa che quando smetterò probabilmente mi mancherà un pochino”.

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