Vagnozzi: "Sinner è un ragazzo che ascolta, l'obiettivo restano le ATP Finals. Oggi se a 20 anni non sei in top10 sei considerato un fallito"

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Vagnozzi: “Sinner è un ragazzo che ascolta, l’obiettivo restano le ATP Finals. Oggi se a 20 anni non sei in top10 sei considerato un fallito”

“Il nostro rapporto è cresciuto, bisognava conoscersi”. Alla vigilia di Wimbledon Simone Vagnozzi racconta l’evolversi del rapporto con Jannik Sinner e il resto del team: “Cahill persona intelligente e alla mano”

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Simone Vagnozzi e Jannik Sinner - Roma 2023 (foto Francesca Micheli, Ubitennis)
 

Wimbledon è ormai alle porte e venerdì 30 giugno, alle 11, scopriremo quale sarà il possibile cammino degli italiani nel tabellone principale dei Championships. Le speranze più importanti non possono che essere riposte su Jannik Sinner, n°1 d’Italia e testa di serie n°8, pienamente recuperato dopo il ritiro precauzionale ad Halle contro Bublik. Alla vigilia del terzo Slam dell’anno, il suo allenatore Simone Vagnozzi ha ribadito ancora una volta quale sia l’obiettivo principale del 2023: “Vogliamo arrivare alle ATP Finals da titolari, non da riserve come accaduto due anni fa” – spiega il classe 1983 a La Repubblica. “Stiamo cercando di ampliare ulteriormente il bagaglio di Jannik, non deve solo essere mirato ai risultati, che naturalmente desideriamo. Il tennis non è una gara sprint tipo i cento metri dell’atletica, ma una maratona.

Ex tennista professionista, con un best ranking di n°161 ATP, Vagnozzi ha allenato tra gli altri anche Marco Cecchinato (nell’epoca della semifinale a Parigi) e Stefano Travaglia, utilizzando però con ciascuno metodi diversi. E la voglia di diventare allenatore, una volta conclusa la sua carriera, a Simone non è mai mancata: già mentre giocavo sapevo che mi sarebbe piaciuto ed ero convinto che avrei potuto farlo bene. In fondo ero coach di me stesso, ai nostri tempi si faceva fatica economicamente e quindi si era soli. Mi piace dare una mano ad altre persone, penso che per fare il coach bisogna essere tanto altruisti”. Dopo una carriera vissuta lontano dai riflettori, Vagnozzi non è certamente un personaggio alla ricerca di attenzioni: “Ho un look molto tranquillo, come l’amico di tutti i giorni. Molti coach di tennis si pongono come fossero dei guru ma, onestamente, siamo solo degli allenatori di tennis. È un bellissimo lavoro, ma non siamo medici che salvano vite umane. Bisogna anche sapersi guardare allo specchio secondo me”.

Spostando il focus su Jannik Sinner, emerge quanto l’altoatesino sia un ragazzo umile e sempre disposto all’apprendimento. Jannik fa tante domande. Quando mi chiamò iniziammo a parlare, gli spiegai quello che secondo me poteva essere il suo percorso più giusto. Poi, man mano che ci siamo conosciuti, abbiamo trovato feeling e fiducia reciproca, che credo sia la parte principale del rapporto” – spiega Vagnozzi. Sinner è un ragazzo che ascolta le cose che gli dici e talvolta pone dei dubbi. Ma sa che deve migliorare: io allenatore propongo delle cose, lui giocatore le deve ascoltare e ci deve credere, perché se le cose vengono fatte senza fiducia non servono a niente. Il nostro rapporto è cresciuto, bisognava conoscersi. Stiamo cercando di renderlo un giocatore migliore. Oggi c’è un problema culturale, cioè che se a vent’anni non sei diventato un top ten sei considerato un fallito: è grave”.

Non è così frequente trovare un giocatore con due allenatori, come invece accade nel team Sinner. Al fianco di Vagnozzi c’è anche Darren Cahill, che ha già vinto tanto in passato al fianco di tennisti importanti: È diverso condividere il giocatore con un altro coach, è un’esperienza che mi mancava. Personalmente è un altro aspetto che mi può far migliorare, un tassello per me in futuro: Darren ha avuto altre esperienze con giocatori che hanno vinto titoli importanti, ci sono cose che posso sicuramente prendere da lui. Bisogna essere un po’ elastici e intelligenti: saper fare un passo indietro, a volte, oppure saper dire la parola giusta, o la propria opinione al momento giusto. Cahill è persona molto intelligente e alla mano, abbiamo creato un buon feeling e una buona fiducia tra di noi. Abbiamo la fortuna di vedere tante cose allo stesso modo”.

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