Sinner credici «Contro Nole puoi cambiare il futuro» (Crivelli). Sinner erbivoro in tre mosse (Nizegorodcew). Sabalenka emula Serena (Marcotti). L'urlo di Alcaraz (Azzolini). Medvedev ferma il sogno Eubanks (Strocchi). Match Point (Piccardi). Avere vent'anni a Wimbledon (Martucci). L'impresa da neo-mamma Svitolina (Fusani)

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Sinner credici «Contro Nole puoi cambiare il futuro» (Crivelli). Sinner erbivoro in tre mosse (Nizegorodcew). Sabalenka emula Serena (Marcotti). L’urlo di Alcaraz (Azzolini). Medvedev ferma il sogno Eubanks (Strocchi). Match Point (Piccardi). Avere vent’anni a Wimbledon (Martucci). L’impresa da neo-mamma Svitolina (Fusani)

La rassegna stampa di giovedì 13 luglio 2023

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Domani Djokovic. L’Italia lo spinge devi crederci – Sinner credici «Contro Nole puoi cambiare il futuro» (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Non si vive la storia. La si scrive. E domani pomeriggio Jannik Sinner avrà tra le mani i fogli che possono consegnarlo al romanzo dell’eternità. Una semifinale nel tempio di Wimbledon, la prima in carriera in uno Slam. Di fronte, la sfida più ardua e impegnativa che al momento il tennis, e probabilmente lo sport, possano metterti di fronte: un match contro Novak Djokovic, sette volte vincitore a Church Road, il signore di questi prati, che insegue il Major numero 24 e soprattutto sogna il Grande Slam. Dodici mesi fa, nei quarti, Jan si ritrovò in vantaggio di due set prima di subire la feroce rimonta di Nole. Ma un anno è un secolo, a questi livelli, e la crescita della Volpe Rossa è la premessa di un incrocio assai ostico e tuttavia non impossibile, come riconoscono i cinque esperti che abbiamo interpellato per analizzare la contesa tra il numero 2 e il numero 8 del mondo. […] Nicola Pietrangeli è stato il primo italiano a cullare il sogno di una vittoria a Wimbledon, nel 1960, quando venne sconfitto in semifinale da Laver. Da sempre grande estimatore di Sinner, non è sorpreso di vederlo così lontano sull’erba londinese: «Regolare, oggi Sinner è più forte di un anno fa quando fece i quarti, quindi non grido al miracolo. Certamente ha avuto un po’ di fortuna nel tabellone, ma soprattutto è stato bravo. Perché poi giochi contro chi hai davanti, chi è arrivato a quel punto». Un cammino che induce all’ottimismo: «Ci è arrivato benissimo, sta giocando alla grande. Jannik è tosto, con Djokovic se la gioca. Non dimentichiamoci la sua età: spesso ci si aspetta da lui chissà che cosa, ma ha solo 21 anni. Tra due o tre magari vince Wimbledon, se non lo vince già quest’anno. Di Jannik mi piace come sta in campo, la sua compostezza e la sua tranquillità. Vedo favorito il serbo, si meriterebbe di vincere un altro Wimbledon, però la tranquillità di Jannik nella loro sfida potrebbe essere un fattore». […] Di lui, si è sempre detto che dei quattro Moschettieri della Davis 1976 fosse il più portato per l’erba: «È vero, ero un discreto giardiniere». Tonino Zugarelli, a Wimbledon, in quell’edizione della Coppa trascinò l’Italia al fondamentale successo contro la Gran Bretagna e oggi ritiene che l’erba più famosa del mondo possa tornare a darci una grande soddisfazione: «Sinner può battere Djokovic e vincere il torneo, sarebbe il giusto riconoscimento per il nostro tennis e per il valore del giocatore. Certamente lo attende una partita difficilissima, conosciamo le qualità del campione serbo, ma Jannik arriva all’appuntamento in grande fiducia, consapevole del suo livello, e quando arrivi tra primi quattro di uno Slam non puoi precluderti nessun traguardo. Nessuno è invincibile. E non credete alla storiella che in cinque partite ha avuto avversari scarsi: a volte è più difficile battere giocatori che stanno dietro in classifica, perché hai la pressione del risultato a tutti i costi. Ma lui l’ha gestita benissimo». Sono ore di tensione ma anche di grande soddisfazione per il capitano di Coppa Davis e d.t. azzurro: un proprio giocatore in semifinale a Wimbledon rappresenta l’eccellenza e dà la rappresentazione migliore del movimento. Filippo Volandri si attende una partita da consegnare agli annali: «Sarà un match ad alta intensità e ad alta velocità, in cui entrambi arriveranno al loro livello massimo di rendimento. Sappiamo bene come Djokovic riesca a innalzare il suo gioco più si avvicina l’obiettivo e mi aspetto lo faccia anche Sinner. Jannik ha sicuramente delle chance, che aumenteranno se saprà prendere l’iniziativa e muovere la palla fuori dalle solite diagonali. Ma sarà determinante la gestione dei punti decisivi, dove Djokovic è un maestro: penso alle palle break, perché magari Nole ne concederà appena un paio. A ogni modo, dobbiamo esser orgogliosi del traguardo raggiunto da Jannik, sono in contatto continuo con lui e il morale è alto». […] A Paolo Lorenzi, già numero 1 d’Italia nel 2017, oggi apprezzato commentatore Sky e vicedirettore degli Internazionali, va riconosciuto di aver pronosticato destini di gloria sull’erba per Sinner in tempi non sospetti: «È una superficie su cui non può pensare troppo e dunque deve affidarsi più all’istinto, lasciando correre meglio il braccio. E poi ha i movimenti perfetti per l’erba, in particolare le scivolate, e in questo è molto simile a Djokovic. Jannik fin qui ha giocato un torneo perfetto, senza mai rischiare nulla e senza mai dare l’impressione di andare in sofferenza, e non conta che gli avversari fossero di classifica più bassa: se hanno battuto i più forti, significa che sono più in forma. Sarà certamente una partita molto diversa da un anno fa, perché Jannik non può più accontentarsi di vincere un paio di set e Djokovic è consapevole che il livello dell’avversario è cresciuto. Mi aspetto un grande spettacolo». […] Nel 1987, pur perdendo da Ivan Lendl, Paolo Canè giocò una delle migliori partite di sempre di un italiano a Wimbledon. E fin dalla prime uscite ha individuato il grande valore di Sinner: «Bisognava solo dargli del tempo, la sua non poteva che essere una maturazione graduale. Fin qui ha fatto il suo, battendo rivali meno forti, e non era affatto scontato. Ora il livello si alza in modo clamoroso, ma Jannik può senz’altro rimanere in partita con le sue qualità tecniche. E poi mi sembra abbia ritrovato la voglia di divertirsi, gioca con la mente più libera. Djokovic ha rischiato molto con Hurkacz e anche con Rublev non ha iniziato bene: se gli accadrà anche contro Jannik, la partita potrebbe riservargli delle difficoltà improvvise. Certo, alla fine conterà molto l’approccio mentale: Noie ha giocato 46 semifinali Slam, Sinner è alla prima…» .

Alcaraz e Medvedev gli altri Fab con Sinner e Djokovic – Sinner erbivoro in tre mosse (Alessandro Nizegorodcew, Il Corriere dello Sport)

Jannik Sinner sogna sui prati di Wimbledon. La prima semifinale Slam della carriera arriva sull’erba, dove un paio di anni fa l’azzurro faceva fatica letteralmente a stare in piedi. Sconfitto al primo turno di qualificazioni nel 2019, battuto all’esordio due anni dopo da Marton Fucsovics, Sinner aveva messo in fila solamente 18 match sui prati […] sino all’edizione 2023 all’All England Club. Sinner sta sfruttando la regola aurea dell’erba: più ci si gioca, meglio si gioca. L’altoatesino, già bravo a raggiungere i quarti di finale nel 2022, è diventato erbivoro. Come, quando e perché è arrivato il salto di qualità su questa superficie? Lo raccontano tre specialisti italiani, che nel recente passato hanno raccolto grandi risultati sull’erba di Wimbledon: Davide Sanguinetti (quarti di finale nel 1998), Gianluca Pozzi (ottavi nel 2000) e l’italo-belga Laurence Tieleman (terzo turno nel 1993 e clamoroso finalista al Queen’s cinque anni dopo). […] «L’aspetto in cui Sinner e cresciuto maggiormente riguarda il fisico – spiega Sanguinetti, ex n.42 ATP – Il tono muscolare è cresciuto considerevolmente e, grazie a ciò, riesce a coprire il campo in maniera eccellente, giocando a velocità elevata sempre più a lungo. Anche il servizio è migliorato, ma in futuro potrà far ancor più male con questo fondamentale. Forse dovrebbe essere ancora più aggressivo accordando gli scambi». Sanguinetti, che sull’erba in carriera vanta 23 vittorie nel circuito, si è soffermato sull’aspetto mentale. «La testa di Jannik è sempre straordinaria. Da questo punto di vista è un super campione e lo sta dimostrando». […] «La differenza con il recente passato per Jannik, è legata alla capacità di muoversi in maniera sempre migliore sull’erba». Gianluca Pozzi, che in carriera ha battuto ben quattro Top10 sul verde (Agassi, Medvedev, Rios e Safin), non ha dubbi nell’individuare i motivi del salto di qualità erbivoro di Sinner. «Muoversi bene non è fondamentale solo per chi va a rete, ma anche per i giocatori che basano il proprio stile di gioco sui colpi da fondo campo. Ha maggiore equilibrio, si muove velocemente ed è molto bravo ad accorciare la preparazione dei colpi per un timing migliore. I suoi, non particolarmente arrotati, si adattano molto bene all’erba». Tecnicamente l’ex n.40 ATP ha notato un servizio più incisivo, soprattutto negli ultimi dodici mesi. «Dovrebbe concretizzare ancor di più con alcune discese a rete e variare un di più la direzione dei colpi, ma parliamo di piccoli particolari. Deve curare l’imprevedibilità». È la forza mentale, però, secondo Pozzi, ad aver spiccato in questa edizione di Wimbledon. «Jannik è stato bravissimo a resettare dopo due tornei di preparazione giocati non bene […], ma è stato l’atteggiamento a Londra, con un tabellone favorevole, a colpire: approfittare dell’occasione non è da tutti, è da grandi giocatori“. […] Non tutti ricordano Laurence Tieleman, ma l’italo-belga è stato negli anni 90 uno degli azzurri più forti sull’erba, con tanto di vittoria su Tim Henman al Queen’s. Uno specialista assoluto della superficie. «Credo che coach Darren Cahill sia stato molto importante per la crescita tecnico-tattica sui prati di Sinner […] Ora gestisce molto meglio le palle in avanzamento, grazie a una posizione più offensiva, e la corsa verso la rete per giocare le volée. Non è più timido nell’attaccare per chiudere il punto al volo. Vivere tanti match su questa superficie aiuta tantissimo; e i tornei di preparazione, seppur giocando non benissimo, sono stati importanti. Un altra chiave è il servizio, molto più fluido e imprevedibile. Se metterà il 70% di prime, spingendo con convinzione da fondo campo, contro Djokovic potrà farcela. Forza Jannik».

Matador Alcaraz Rune è domato (Ronald Giammò, Il Corriere dello Sport)

Era la prima volta che due ventenni si affrontavano in un quarto di finale a Wimbledon. E a giudicare dalle rispettive credenziali, non sarà certo l’ultima […] in cui Carlos Alcaraz e Holger Rune incroceranno i loro cammini. Nulla gli pare precluso. Titoli, record, futuro. Per ora, ed è questo quel che ha detto il primo vero confronto tra i due, è ancora Carlitos a dominare la scena. Dominare. Tre set a zero, senza aver mai dato alcuna impressione di vulnerabilità o allergia alle scorribande che il danese timidamente ha provato ad allestire. «E’ incredibile […] E’ come un sogno essere in semifinale in un torneo così grande e prestigioso come Wimbledon. Non credevo di poter giocare ad un livello così alto su questa superficie». Evidentemente, non lo credeva neanche il suo avversario. Spregiudicato nel volerlo sfidare a viso aperto e anche lui […] finito preda della pressione e del ritmo asfissiante impresso al match dallo spagnolo. Per quanto esiguo nel punteggio, il risultato non è mai stato in discussione. Almeno fino al 3-3 del tie-break del primo set, quando i due avevano assommato entrambi 41 punti, a conferma dell’equilibrio vissuto fin li. […] Decisivo si è rivelato un doppio fallo di Rune che ha consentito ad Alcaraz di ottenere il mini break, e da lì di involarsi verso il primo vantaggio di giornata. Un dettaglio, forse, ma atteso con un’inevitabilità che già prima si era manifestata in una maggiore conoscenza della superficie, un più diffuso repertorio di colpi e nell’intelligenza degli accorgimenti tattici adottati dallo spagnolo. «Dal secondo set in poi mi sono un po’ più rilassato, ma è stato il primo a mettere il match su questi binari e a permettermi di giocare il mio miglior tennis», ha saggiamente riconosciuto Carlitos a fine match. E’ stato allora, quando chiamato a rincorrere, che Rune ha capito di non aver soluzioni valide per invertire la rotta, e a nulla stavolta son valse scaramucce e provocazioni sotto forma di qualche chiamata del “challenger” di troppo e ghigni e asciugamani gettati lì e là. Alcaraz è invece rimasto coerente col suo piano di gioco, continuando ad invogliare il danese al confronto a campo aperto, toreando con lui tra pallonetti e smorzate, non confidando troppo nell’istinto, dimostrando quanto il sapere cosa occorra fare sia in alcune situazioni più importante del fidarsi di ciò di cui si è capaci. Adesso sarà semifinale contro Daniil Medvedev: «Ci siamo sfidati due volte, di cu una proprio qui […] Ha un gioco che si adatta benissimo all’erba, ma per ora voglio godermi questo momento perché giocare una semifinale a Wimbledon non è una cosa che capiterà ogni anno». Sicuro, Carlitos?

Sabalenka emula Serena: «Combattiamo l’odio» (Gabriele Marcotti, Il Corriere dello Sport)

Una vittoria, in modalità accelerata, dai molteplici significati. Basta meno di un’ora e mezza ad Aryna Sabalenka per liquidare la statunitense Madison Keys, e guadagnare così la seconda semifinale all’All England Club, dopo quella del 2021. Con impressionante facilità la favorita n.2 del seeding ha ribadito una volta di più di essere […] la giocatrice più in forma del circuito. Come testimoniato dalle tre semifinali Slam consecutive raggiunte negli ultimi nove mesi, impreziosite dal trionfo di Melbourne: impresa riuscita l’ultima volta a Serena Williams nel 2016. Una costanza di rendimento che si riflette anche nei match vinti da gennaio, già 40, abbastanza per ipotecare un posto nelle Finals di fine anno. E che l’interessata fa risalire proprio all’esclusione da Wimbledon del 2022, quando l’organizzazione aveva vietato la partecipazione ai giocatori di Russia e Bielorussia. «Ero molto triste per non poter giocare qui, ma allo stesso tempo ho pensato che fosse anche un’opportunità per ripartire da capo […] Per tre o quattro settimane mi sono allenata molto bene, preparandomi al meglio per gli US Open, e quel lavoro ha dato i suoi frutti». [..] Diversamente da un’altra sua connazionale, Viktoria Azarenka, fischiata sonoramente al termine del match perso contro l’ucraina Elina Svitolina, Sabalenka non si è lamentata per il tifo sbilanciato a favore della sua avversaria. E ha accolto con piacere il comunicato emesso ieri dalla WTA che ha fatto chiarezza sul rifiuto delle tenniste ucraine di stringere la mano alle avversarie russe e bielorusse al termine dei match. «Mi aspettavo che il pubblico stesse dalla parte di Madison, ma anche se l’hanno sostenuta calorosamente, l’atmosfera sul Centrale è stata fantastica. Piuttosto sono contenta che sia uscito quel comunicato, perché nessuna giocatrice dovrebbe essere ricoperta d’odio». Nel prossimo turno la attende Ons Jabeur, che ha vendicato la sconfitta subita nella finale dello scorso anno, battendo in tre set Elena Rybakina. La 25enne di Minsk, che in caso di approdo in finale diventerà la nuova n.1 al mondo, detronizzando la polacca Iga Swiatek, è in vantaggio negli scontri diretti 3-1. «Non sono stupita di affrontare Ons in semifinale, perché ci siamo allenate assieme prima di questo torneo e so che è una giocatrice fantastica. L’erba esalta il suo gioco», le parole di Sabalenka.

Sinner con i top 3. Magia Wimbledon – L’urlo di Alcaraz l’incredibile Hulk (Daniele Azzolini, Tuttosport)

 Il “vamos” che chiude il match e più di un grido, è un urlo che si trasforma in ruggito. Carlos Alcaraz, Carlitos sul tabellone segna punti del Centre Court, dà sfogo al proprio animo ferino, quel quid di animalesco e brutale che non può cancellare né sottacere, ma appena stemperare con i larghissimi sorrisi che dispongono in formazione militare i brufoli di un volto ancora bambino. Avere venti anni e vincere dieci partite di seguito sulla superficie più scombiccherata del tennis. Anche la più adulta, dato che l’erba non ammette solo il gioco d’istinto, ma chiede che i punti vengano pensati prima di passare a dare loro una forma definitiva, e rendere in tal modo accettabile anche il ricorso all’impulso immediato. Ma chissà se questo Carlitos lo sa. Forse sì, e allora permettetemi di girare la domanda: chissà se è disposto a conviverci con questi pensieri che fanno da base al nostro sport. Non so dire. Vince di forza, il più delle volte, ma nel suo tennis c’è di tutto, in una scala armonica che obbligherebbe qualsiasi direttore d’orchestra a un continuo utilizzo di pastiglie contro il mal di testa. Sa passare da forte, fortissimo a leggero, leggerissimo in un batter di ciglia, ed è difficile che perda il controllo dei colpi. Un fenomeno. Con numeri da fenomeno. Prima semifinale sull’erba dei Championships a venti anni, primo titolo Slam a 19 […], numero uno ormai da 27 settimane complessive. Più di Nadal, il suo idolo numero due. Molto più di Federer; l’idolo da sempre amato. Rune, l’altro ventenne, s’inchina. Ha dato battaglia per un solo set, e si è spento sul più bello, concedendo il tie break su un doppio fallo, poi allo stesso modo anche il break nella seconda frazione. Troppo poco, contro Alcaraz, che dopo aver superato lo scoglio del primo set è corso via felice senza più sussulti né contraccolpi, fino ai 4 match point […] che hanno dischiuso le porte alla semifinale con Medvedev. «L’ho incontrato due volte, il russo, la prima proprio qui, a Wimbledon», racconta Carlitos, «e mi dette una stesa che ancora ricordo. Poi l’ho battuto a Indian Wells, quest’anno. È un grande campione e sa giocare bene sull’erba. Sarà una semifinale importante, come lo era questo quarto cui sono giunto nervosissimo. Ma Rune lo conosco bene, abbiamo percorso un bel tratto insieme. Siamo amici, anche se in campo è quasi una parola priva di senso». È un tennis che fa pensare quello di Rune e Alcaraz. II tennis dei quarant’anni in due non conosce la solitudine. La teme, forse nemmeno la concepisce. Di sicuro non la sopporta. Condivide le scelte tattiche in un continuo, a volte stralunato conversario con il box dei rispettivi consigli di amministrazione. Sono nati tennisti-aziende, e finiranno per cambiare il tennis. Forse già lo stanno facendo. Non importa spiegare che il nostro sport ha sempre imposto ai suoi protagonisti, e di sicuro continuerà a farlo, di assumersi la responsabilità delle scelte sul campo, momenti in cui si è a tu per tu con l’avversano e occorre chiedersi – in solitudine, appunto – che cosa sia giusto, e meglio, fare. Inutile, i quarantenni in due non se ne danno per inteso. Ogni colpo è l’occasione per proseguire il dialogo con il loro seguito di coach, fisioterapisti, manager, genitori. Il Consiglio di Amministrazione, appunto. Costretti a seguire la partita quasi fossero in campo anche loro, i consiglieri, sudati, spettinati, con il fiatone. Carlos Alcaraz e Holger Rune sono instancabili nelle richieste di continue correzioni da apportare al tracciato del match studiato a tavolino. Alla fine, l’idea migliore, il consiglio, l’esortazione condivisa al momento giusto, è probabile che si rivelerà vincente. Ma sarebbe difficile ritenerla farina del loro sacco. Non quello di Carlos, e nemmeno quello del giovane Holger. Alcaraz appare più libero. Ferrero, il coach di sempre, gli lascia volentieri spazio, sa che i colpi del suo preferito, da soli, assumono connotazioni tattiche, anche se nascono per lo più dall’istinto. Hanno però la capacità di cambiare il match. Com’è successo nel primo set, quando Rune si è molto avvicinato, nell’intensità del gioco, a quella di Alcaraz. Lì lo spagnolo ha lavorato una smorzata di buona fattura, ma non decisiva, che Rune ha rilanciato scatenando il lob di Carlitos. Gran rincorsa e nuovo avvicinamento a rete di Rune, sempre più aggressivo, ma incapace di raggiungere il passante millimetrico a uscire dettato da Alcaraz quasi con una contorsione del busto. Una prova d’autore, che il danese ha subìto come una condanna. E non ha più tentato una sola smorzata fino al termine del match. Per il resto, botte da orbi, talvolta avventurose. Ma sempre con lo spagnolo a dettare i tempi della partita. Alcaraz è al terzo Wimbledon, Medvedev al quinto, e sono entrambi alla prima semifinale su questa superficie. Carlos mette le mani avanti, si dice convinto che il russo sia fortissimo sull’erba. Ma forse Daniil se ne deve ancora convincere. Nel 2021 raggiunse gli ottavi, miglior risultato fino a quest’anno. E con Alcaraz non si trova benissimo. Sono un problema i troppo istintivi, non si sa mai dove andranno a colpire. Medvedev poco li sopporta. Appuntamento a domani, come Sinner-Djokovic, la rivincita, dopo che Jannik avrà cucinato la pasta al pomodoro. Che porta bene.

Medvedev ferma il sogno Eubanks. Ma quanta fatica (Gianluca Strocchi, Tuttosport)

A un certo punto si è trovato spalle al muro, sotto 2 set a 1 contro un avversario ispirato che pareva aver indossato un mantello con una grande “S”‘ sul petto. Però Daniil Medvedev ha saputo ritrovare lucidità ed efficacia per piegare al 5° set Christopher Eubanks raggiungendo per la prima volta la semifinale a Wimbledon. Dagli Australian Open2022 il russo non si spingeva così avanti in una Slam. La partita sembrava essersi messa in discesa per il n. 3 del mondo, capace di strappare la battuta in avvio al sorprendente statunitense e gestire il vantaggio senza concedere palle-break. Da quel momento, tuttavia, come liberato dalle ansie per il suo primo quarto di finale in un Major, il 27enne pennellone di Atlanta […] ha ritrovato lo stato di grazia dei turni precedenti, dopo il primo titolo nel tour sull’erba di Maiorca. Servizio quasi illeggibile e leggerezza nel chiudere il punto a rete (44 totali), entusiasmando i 12mila spettatori del Court 1, a cominciare dall’amica Coco Gauff. Quasi un tornado, Chris, ad abbattere le trame di Medvedev, due set conquistati in poco più di un’ora e l’impressione di poter diventare il primo esordiente sui prati di Church Road a centrare le semifinali dai tempi di David Nalbandian 21 anni fa. Il trionfatore di Roma è però stato bravo a tenere a bada rabbia e frustrazione. È riuscito a ritrovare punti dalla prima di servizio (il 95% con 28 ace), pur fallendo le 2 uniche palle-break ricevute dal n.43 Atp (nel live ranking ora salito al 31° posto). Ma al tie-break ha fatto la differenza la solidità di Daniil […], tale da incrinare le certezze del due volte campione universitario americano, che sapeva di aver vinto gli ultimi 9 disputati. E nella frazione decisiva, esausto, Eubanks (non sono bastati 74 vincenti) ha ceduto al campione degli Us Open 2021. «Dopo il set di apertura non volevo che la partita andasse al 5°, ma a fine 3° set volevo arrivarci, perché non avevo altra scelta […]. C’è stato un momento in cui ho perso completamente il gioco, ho iniziato ad affondare e a fare molti errori. Ma nel 3° ho costruito qualcosa e mi ha aiutato a essere presente nel 4°. Dal tie-break ho giocato alla grande e sono davvero felice. In semifinale con Alcaraz dovrò fare molti ace. Puoi giocare la migliore partita della tua vira sull’erba e perdere tre tie-break e a nessuno importerà se hai giocato bene». La semifinale della parte inferiore del draw femminile sarà Aryna Sabalenka-Ons Jabeur […]. Nel giorno in cui Naomi Osaka è diventata mamma di una bambina […], la 25enne di Minsk ha sbarrato la strada alla statunitense Madison Keys. Sabalenka torna in semifinale dopo l’exploit 2021 ed è a una partita dallo strappare il n.1 alla polacca Iga Swiatek. La 28enne tunisina […] si è imposta in rimonta sulla 24enne kazaka Elena Rybakina, prendendosi la rivincita per la finale pensa 12 mesi fa.

Match Point (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera)

II tennis, come la vita, ha un doppiofondo sdrucciolevole: i punti non valgono tutti allo stesso modo, sennò il sorprendente Chris Eubanks, dalla Georgia con furore, con i suoi 102 ace e 321 vincenti (battuto il record di Agassi nel ’92: 317), sarebbe il nuovo Arthur Ashe, e invece ha perso ieri con Medvedev. C’è una realtà oggettiva. Tra Novak Djokovic e Jannik Sinner, avversari domani nella semifinale di Wimbledon […], la differenza sono 14 anni, due mesi, 26 giorni, 23 titoli Slam, 6 Atp Finals […], 38 Master 1000 […], 389 settimane trascorse al n.1 […]. A zero. L’unica voce nella quale il barone rosso, a 21 anni, può dire la sua è il conto delle semifinali Slam: 46 a 1. Affrontare il Djoker nel Major in cui non perde da 44 incontri sul centrale, rappresenta la sfida più alta che un giovane aspirante campione possa trovare sulla strada. E Sinner lo sa. Però le grandi imprese sono fatte di svolte repentine del destino (vedi Jacobs ai Giochi di Tokyo), di rivoluzioni non annunciate (Chang a Parigi nell’89), di stravolgimenti sulla carta inimmaginabili, resi possibili dal coraggio individuale, dagli allineamenti straordinari dei pianeti e dal karma. Anche le giornate, in un’esistenza, non sono tutte uguali. Con l’imponderabile infilato dentro il borsone Gucci, Jannik tornerà sul campo centrale per cercare di riprodurre, meglio e per intero, la mezza impresa dell’anno scorso, quando nei quarti di Wimbledon volò avanti due set a zero prima di incassare a denti stretti il prepotente ritorno del Djoker, che poi avrebbe vinto il torneo. «Ho imparato la lezione […]. Certe distrazioni con Novak non potrò permettermele, perché lui le fa pagare care. Ma io sono diverso, mi sento cambiato». Un altro Sinner. Ma, ahinoi, il solito Djokovic che, a 36 anni, non dà cenni di cedimento. Ha già intascato due Major fin qui, sogna il Grande Slam che nessuno realizza dal ’69 (sarebbe impresa epica: chi potrebbe mai azzardarsi a dire che il serbo non è il più grande di tutti i tempi, poi?), si centellina con intelligenza lanciato verso la missione della vita: accreditarsi sui libri di storia come migliore di Federer e Nadal, gli altri due Immortali inseguiti e superati. Difficile affrontare l’eroe di Belgrado sostenuto dall’epica dell’impresa. Jannik ha un servizio che spesso lo toglie dai guai però il Djoker è il miglior risponditore del circuito. «Io mi sento meglio in campo, gioco lo slice senza pensarci, vado più a rete: spero di poter usare tutti i miei colpi» si dice Jannik ad alta voce per convincere, innanzitutto, se stesso. E fa bene, perché senza la certezza di poter ribaltare il mondo la partita è persa in partenza. I precedenti, 2-0 per il serbo, lasciano il tempo che trovano. Wimbledon […] è un luogo spaziotemporale a parte, sospeso tra il 1877 e il 2023, popolato di fantasmi e fragole e applausi cadenzati, in cui sono possibili cose che altrove nemmeno sarebbero immaginabili (vedi l’ucraina Svitolina, neomamma, che elimina la regina Swiatek). Per concedersi la chance di abbattere il totem, Sinner dovrà essere la migliore versione di se stesso, con l’incoscienza del neofita e la sana arroganza del ragazzo armato della pretesa di rottamare il veterano. Non ha niente da perdere, il suo torneo è già trionfale così. Se libera il braccio e la mente, se si crede un semidio pagano per un pomeriggio, se osa l’inosabile, se si fida e affida all’esistenza che sa perfettamente cosa fare per lui, Jannik Sinner batterà Novak Djokovic. Se. 

Avere vent’anni a Wimbledon (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Viva il tennis e le sue tante facce, le sue storie, le sue continue traduzioni. Aspettando Sinner-Djokovic, la semifinale da sogno italiano di domani, la delicatissima rivincita ancora contro-pronostico dei quarti di 12 mesi fa […] Wimbledon si accende. La giocoliera Ons Jabeur vendica in rimonta la finale 2022 contro la potente russa/kazaka Elena Rybakina; a braccio di ferro Aryna Sabalenka spezza Madison Keys: l’attaccante “old style”, il pivot Usa Christopher Eubanks, fa impazzire il pubblico con 74 vincenti e anche Medvedev (28 ace!), crollando al quinto set di fisico e di testa al russo, che festeggia la prima semifinale ai Championships. Finché, come gran finale di giornata, nella prima sfida Slam fra i ventenni terribili, Alcaraz e Rune, lo spagnolo sottolinea la superiorità sull’amico-nemico, qualificandosi per la prima volta fra i magnifici 4 ai Championships. Proprio come il nostro Sinner, che di anni ne ha 21, ma ha enormi speranze, qualità ed ambizioni. Da erede legittimo dei Fab Four. […] La foto di Alcaraz e Rune, tredicenni, compagni di doppio a Tarbes, è nella testa e nel cuore dei due precocissimi campioni che, per un giorno, non possono essere freddi e calcolatori come al solito. Sono già numero 1 e 6 del mondo, hanno in bacheca i loro bravi scalpi e super trofei […], ma ricordi ed emozioni gli ribollono dentro, come le relazioni di tutti i giorni, fuori dal campo, le cene, gli scherzi, le difficoltà, i sacrifici, la scalata al vertice. Per cui fanno un po’ a gara a chi è più bravo, a chi tira più forte e, nello sforzo, perdono anche il famoso sorriso-manifesto di chi è felice di esserci. Carlos ha più tutto, si sa, a cominciare dalla tecnica che gli viene dalla nascita sulla terra rossa, mentre Holger, nato sul veloce, è più istintivo. Forse lo spagnolo ha più bisogno del supporto dei padri, quello vero, Carlos senior e quello putativo, l’ex numero 1 del mondo, Juan Carlos Ferrero, che gli fa da coach […], mentre il danese dal viso imberbe e la grinta da “nuovo Connors”, col suo clan ci litiga spesso, alla Djokovic, ma è già fortissimo di suo. Peccato che, ancor di più sull’erba, Alcaraz, neo campione al Queen’s, è ancor più forte che altrove: concede solo una palla-break nel primo game anche se qualche volta strafa e vuole fare lo splendido, cercando ricami e soluzioni impossibili, comanda e decide. Con Rune che non riesce a stargli dietro di velocità e potenza.[…] Una folle seconda di servizio tirata al massimo da Holger sul 3-3 del tie-break decide il primo set. «Ero molto teso, nervoso, già è duro un quarto Slam, per di più a Wimbledon e contro un amico», confesserà Carlos che ruggisce dopo il 7-6, liberandosi. «Poi, finalmente, mi sono sbloccato e sono riuscito a giocare il mio miglior tennis e anche a mettere da parte l’amicizia». Un’altra seconda a 220 all’ora del monello danese influenza, sul 4-4, il break del secondo set, mettendolo con le spalle al muro nel terzo parziale senza storia. Bocciandolo per la mancanza di alternative contro un avversario che va in confusione per le troppe scelte a disposizione. Ma quant’è duro avere 20 anni, a Wimbledon, in una partita così importante, col mondo intero che guarda e giudica? Di certo, dopo la prima vera sfida fra i prospetti più importanti – dopo i 3 mini set pro-Spagna alle Next Gen Finals di Milano 2021 e il successo danese per ritiro a Bercy – Carlitos marcia più deciso verso la semifinale con Medvedev. Oggi donne: Svitolina-Vondrousova e Jabeur-Sabalenka. 

L’impresa da neo-mamma. Svitolina vola in semifinale (Claudia Fusani, Il Riformista)

Tra le favole che lo sport regala c’è senza dubbio quella di Elena Svitolina che oggi giocherà la semifinale di Wimbledon contro un’altra favola bella, quella della tunisina Ons Jabeur. Ventotto anni da Odessa, Svitolina è stata la prima tennista ucraina a diventare top ten fino a salire al numero 3 del ranking nel 2017. A marzo dell’anno scorso decide di ritirarsi. Choc emotivo, dice, colpa della guerra, «non riesco a scendere in campo, a stare concentrata». La famiglia vive a Odessa anche se lei ormai da tempo convive con il tennista francese Gaels Monfils. A novembre in realtà diventa mamma della bellissima Skai. A marzo si convince di avere ancora qualcosa da dare al tennis. Soprattutto che il tennis le può dare ancora molto. E ci riprova. Grazie alla Woman tennis association […], il sindacato delle giocatrici che ha deciso di congelare le classifiche delle tenniste che vogliono affrontare la maternità anche se sono ancora competitive, a marzo torna nel circuito grazie alla classifica protetta. Gioca i tornei di Charleston, Madrid, Roma ma esce sempre al primo turno. Non è facile tornare a competere. Fino al 250 di Strasburgo che vince contro la russa Blinkova. A fine match non dà la mano all’avversaria, ormai è un rito che si ripete da un anno in ogni torneo. Le tenniste ucraine non perdonano. Poi arriva lo slam di Parigi dove Svitolina arriva fino ai quarti. La forma sta tornando. La voglia di vincere anche. La guerra continua e i prize money vinti servono a casa. Arriva la stagione sull’erba, Wimbledon, l’Aeltc le concede una wild card. Al primo turno rischia contro un’icona del tennis femminile, Venus Williams, 43 anni, un’altra che non sa stare senza le competizioni e il fascino di certi tornei. Poi è un crescendo: Svitolina batte la belga Mertens, l’americana Kenin, al quarto turno elimina la numero venti del mondo, la bielorussa Victoria Azarenka e dio solo sa cosa è passato nella testa della ragazza di Odessa in quell’epico terzo set chiuso al tie break. Martedì Elina Svitolina è nel Centre cour di Wimbledon contro la numero 1 del mondo, la polacca Iga Swiatek. È l’unica tennista che da marzo 2022 sfoggia sul cappellino […] una spilla con il nastro giallo e azzurro, i colori dell’Ucraina. Una scelta più volte rivendicata dalla polacca, 22 anni: «Contro la Russia, contro tutte le guerre». Ha vinto Svitolina, la ragazza di Odessa, l’unica da cui martello Iga poteva forse «accettare» di perdere.

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