Wimbledon, Sinner contro Djokovic. ancora "Mission Impossibile". Ma per poco (Scanagatta). Il padrone detta legge. "Meglio di un anno fa. Mi serve esperienza. Sono di nuovo felice" (Crivelli). Fenomenole (Ercoli). Alcaraz show, Medvedev divorato (Giammò). Nole inarrivabile. Non è ancora tempo per Sinner (Azzolini). Fine del sogno (Semeraro).

Rassegna stampa

Wimbledon, Sinner contro Djokovic. ancora “Mission Impossibile”. Ma per poco (Scanagatta). Il padrone detta legge. “Meglio di un anno fa. Mi serve esperienza. Sono di nuovo felice” (Crivelli). Fenomenole (Ercoli). Alcaraz show, Medvedev divorato (Giammò). Nole inarrivabile. Non è ancora tempo per Sinner (Azzolini). Fine del sogno (Semeraro).

La rassegna stampa di sabato 15 luglio 2023

Pubblicato

il

Wimbledon, Sinner contro Djokovic: ancora “Mission Impossible”. Ma per poco (Ubaldo Scanagatta, Quotidiano sportivo)

Londra (Inghilterra), 14 luglio 2023 – Non è bastato un ottimo Jannik Sinner per eliminare un quasi perfetto Novak Djokovic. In finale a Wimbledon ci va nuovamente il serbo, che ha sconfitto l’azzurro in tre set, nonostante una bella partita disputata dall’altoatesino. Sinner si è arreso per 6-3, 6-4, 7-6, cedendo al tie break nell’ultimo set. La cronaca del match. Primo set -[…] Il primo a servire è Novak Djokovic, che si ritrova subito a doversi impegnare per evitare il break di Sinner. Il tennista azzurro è bravo a portarsi sul 30-40, ma poi, per due volte, si vede cancellate le chance di passare in vantaggio. Nole tiene la battuta ma ottimo inizio per Jannik, autore di un paio di colpi notevoli. Il numero uno d’Italia, però, deve difendersi da una palla break nel suo primo turno al servizio e non ci riesce: il serbo è cinico e sfrutta l’opportunità per andare sul 2-0. Sinner continua a mostrare bei colpi, tra cui un passante incrociato in avvio di terzo game, ma il rivale non sbaglia niente e conferma il break. L’altoatesino torna a servire e lo fa in maniera eccellente: primo ace del match per lui e un solo punto concesso all’avversario, che perde il primo gioco. Sinner prova a rientrare nel set e si conquista una palla del contro-break con quattro accelerazioni super di rovescio, che mettono in difficoltà Djokovic. Proprio Nole, però, riesce a sventare la palla break e chiude il game a suo favore. Il tennista azzurro serve molto bene da quando è andato sotto di un break e tiene persino a zero il rivale nel 2-4. Djokovic, però, sembra non mollare neanche un centimetro: nel game decisivo sfodera quattro servizi vincenti di cui tre aces, che lo aiutano ad assicurarsi il primo set per 6-3.  Secondo set – Jannik Sinner parte al servizio in questo secondo parziale e lo porta a casa, perdendo due punti ma prevalendo dopo il 30 pari. Il tennista numero uno in Italia entra bene nel secondo game, ma purtroppo stecca sul 30 pari e concede a Nole la chance di chiudere il gioco, che il serbo non si lascia certo scappare. Il break del numero due al mondo giunge al terzo gioco: Sinner va sotto per 0-40, complice anche il primo doppio fallo della sua partita. L’altoatesino annulla due delle tre palle break, ma alla fine capitola con un altro errore di dritto, che sta diventando una consuetudine quest’oggi. Il quarto game è folle: Djokovic viene punito dal giudice di sedia per aver urlato in ritardo rispetto al colpo, e così il serbo va sotto 15-30. I due contendenti vanno ai vantaggi, Sinner si guadagna con fatica e sudore la palla del contro-break e, dopo uno scambio condotto alla perfezione, la sciupa con un dritto ancora difettoso. Il giudice di sedia assegna un warning a Djokovic per time violation al servizio, ma il serbo non si fa distrarre dal secondo richiamo arbitrale di questo gioco e riesce prima a portarsi in vantaggio, poi a chiudere il game grazie a un gratuito di rovescio dell’italiano. Jannik torna a servire e concede solo un punto all’avversario. Sinner è ancora pienamente in partita e lo dimostra nel game di servizio di Djokovic, che riesce a tenere e salire sul 2-4, ma in alcuni colpi sembra soffrire il gioco dell’italiano, che si sta comportando egregiamente contro un Nole finora impeccabile. Il vero problema di Sinner oggi risiede nel dritto, che lo mette in difficoltà nel suo turno alla battuta. Concesse due palle break, l’altoatesino alza il livello, si prende dei rischi ma riesce a cancellare entrambe le opportunità del doppio break per Nole: quattro vincenti di fila ed è 3-4 a favore del serbo.[…] Sinner, però, non riesce ad approfittarne e ora deve servire per rimanere nel set. L’altoatesino lo fa con efficacia, ma purtroppo si deve arrendere e incassare il secondo set sul 6-4, poiché Nole infila due ace e mette in discesa il game decisivo. Terzo set – Jannik inizia al servizio e lo tiene, pur concedendo due punti a Djokovic, che dopo mette in serie delle prime imprendibili e a sua volta pareggia il conto dei game. Sinner rischia tantissimo nel terzo gioco: proprio come nei primi due parziali del match, il tennista azzurro rischia di incassare un break in avvio di set. Sotto per 0-40, Jannik è strepitoso nel mantenere la calma e si tira fuori dai guai con cinque punti di fila, che gli permettono di mantenere la battuta. L’altoatesino risponde colpo su colpo e veramente bene sul servizio di Djokovic, porta lo scambio ai vantaggi ma non riesce a guadagnarsi la chance per avere una palla break. Sinner tiene il servizio, poi ha una opportunità sul servizio del rivale per aprirsi la strada verso il break, ma fallisce nuovamente un dritto comodo dopo un ottimo scambio. Sopra per 5-4, l’azzurro ha due palle break sul servizio di Djokovic. Il pubblico acclama l’altoatesino e il serbo si innervosisce: è bravo, però, ad annullare le palle break per allungare la partita e poi se la prende un po’ mimando il gesto del pianto nei confronti degli spalti. Sinner si ricompone dopo un momento di stizza e mantiene il servizio che lo porta sul 6-5. I due contendenti vanno al tie break. Sinner conquista un mini break sul primo servizio di Nole, ma commette un grave doppio fallo di spinta e vanifica il vantaggio. Jannik commette un gratuito di rovescio e concede un mini break. Djokovic va a servire per il match e chiude il tie-break sul 7-4 a suo favore, volando così in finale.

Il padrone detta legge (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Fuori piove un mondo freddo. Dentro, sul campo più famoso del mondo, il giardino del tempio, sotto un tetto da cento milioni di euro, in due ore e 47minuti si consuma la tempesta perfetta che si abbatte su Sinner ed eleva ancora e sempre verso l’empireo il signore di questi prati e degli Slam, Novak Djokovic. Un anno fa, nei quarti, la Volpe Rossa vinse I primi due set prima di subire la feroce rimonta del titanico rivale, stavolta si arrende in tre, ma in un contesto tecnico ben più sostanzioso e con un livello di gioco, di rapidità di esecuzione, di profondità e intelligenza di soluzioni che non può suonare come una bocciatura completa per Jannik, alla prima semifinale Slam contro le 46 del Djoker. Un divario di esperienza, di gestione della pressione, di lettura tattica dei momenti decisivi del match ancora impossibile da colmare e che si sublima nei due chirurgici break, uno per set, ottenuti dal serbo, nelle sei palle break non sfruttate da Sinner, compresi i due set point che avrebbero mandato la partita al quarto e magari cambiato il flusso mentale della sfida, o ancora nel doppio fallo dell’azzurro per il 3-3 che vanifica il minibreak d’apertura del tie-break, prima di due errori da fondo per la sentenza definitiva. Generazioni Accade, quando devi sempre viaggiare al massimo con il braccio e con la mente per rimanere nella scia di un gigante, come testimoniano i 22 errori di dritto di Jannik, di cui quattro sulle palle break: tensione, certo, ma anche il velenoso disegno strategico di Djokovic, che insiste sulla diagonale di rovescio per aprirsi il campo e poi cambia fronte, costringendo il rivale a colpire in corsa e fuori dalla sua comfort zone. Diventano cosi 35 le finali Slam conquistate dal serbo, record assoluto onnicomprensivo (ha staccato la Evert ferma a 34), la nona a Wimbledon dove ha vinto sette volte ed insegue perciò le otto corone di Federer, un’impresa che avrebbe un sapore particolare perché nessuno avrebbe mai immaginato che il regno di Roger sopra quest’erba benedetta un giorno potesse essere insidiato. All’ultimo atto, domani, la sfida più eccitante che esista, quella contro Alcaraz, di generazione in generazione con in palio pure il numero uno per chi vince: «Sicuramente è la partita che tutti aspettavano – conferma Nole —, la più attesa: io sono affamato, lui è affamato, sarà bello viverla». Sul Centrale, il Djoker non perde da dieci anni esatti (finale con Murray del 2013), a Wimbledon è in striscia positiva da 34 partite e soprattutto vede all’orizzonte, un’altra volta, il Grande Slam, come già nel 2021, Carlitos permettendo: «Non è un segreto che gli Slam siano la priorità più alta per me. Ogni volta che inizio la stagione, voglio raggiungere il massimo in questi quattro tornei, organizzo i mie programmi di allenamento e la mia vita agonistica secondo queste priorità. Ma il lavoro non è finito fino a quando non solleverò il trofeo». Ostacolo Una fame inesausta, a 36 anni, dopo 401 partite nei Majors e con rivali che adesso potrebbero essere quasi suoi figli, ma che ancora devono sottostare alla legge del più forte: «È stata una partita dura, più vicina di quanto dica il punteggio, Sinner si è costruito le sue occasioni e ha dimostrato di essere uno dei leader della sua generazione e uno dei giocatori più forti del mondo. Amo far parte di questa nuova generazione». […]. Questa, poi, è casa sua: «Wimbledon è il torneo che mi regala più emozioni, sto giocando il miglior tennis della carriera, probabilmente, i 36 anni forse sono i nuovi 26 e comunque non ho mai guardato all’età come a un ostacolo». Da vecchio marpione, in realtà, usa la parola «hindrance», la stessa che gli rivolge il giudice di sedia sull’1-1 del secondo set quando Nole lancia un urlo belluino colpendo un rovescio, prendendosi il punto contro per aver infastidito, in questo modo, il colpo dell’avversario: «È la prima volta in carriera che mi succede, forse il tetto ha amplificato il rumore – sorriderà sarcastico – ma a ogni modo rispetto la decisione dell’arbitro». Ci proverà pure una parte del pubblico, a fine terzo set, a toglierlo un po’ dal match, ottenendo soltanto che sia ancor più ferocemente concentrato sull’obiettivo. Tuoni e fulmini. Il ciclone Djokovic.

“Meglio di un anno fa. Mi serve esperienza. Sono di nuovo felice” (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

[…] Jannik Sinner, che sulle montagne ci è nato, si è reso conto anche un anno dopo di quanto sia impervia la via che conduce alle vette di Djokovic, eppure la prima semifinale Slam racconta di un sogno non irraggiungibile. Jannik, che cosa non ha funzionato del suo piano di gioco? «Novak ha giocato molto bene, e nei momenti di grande pressione ha addirittura alzato il livello. lo sono soddisfatto della mia partita, ho avuto le mie chance: palle break nel primo e nel secondo set, due set point nel terzo. Nonostante il risultato possa dire il contrario, credo sia stata una partita migliore rispetto all’anno scorso, mi sono sentito più vicino al suo livello: allora, dopo aver perso i primi due set, non mi ha più fatto vedere la palla». La freddezza e la lucidità nel punti decisivi si possono allenare? «Si allenano solo giocando tante partite di questo genere. A 21 anni ovviamente non puoi essere completo, spero di costruirmi l’opportunità di arrivare spesso in fondo ai grandi tornei: solo così si cresce». Quale deve essere il prossimo passo per vincere partite di questo livello? «Come ho detto, sto cercando di procurami queste situazioni di gioco più spesso. Sapevo prima della partita che sarebbe stata una sfida difficile, ma è per questo che mi alleno. Mi sentivo pronto, sono entrato in campo con la giusta mentalità, con la convinzione di vincere. Credo di aver dimostrato di non aver paura di giocare questo tipo di partite. La prima semifinale in uno Slam non può essere mai facile, il mio livello è stato buono, nei momenti di pressione però mi sono un po’ incasinato. Ma cercherò di eliminare gli aspetti negativi e di guardare avanti». Che cosa l’ha colpita di più di Djokovic? «Lo sappiamo, è un grandissimo campione. Non si è mai rilassato, è stato sempre attento, si è mosso benissimo. Eppure alla fine siamo divisi da appena dieci punti. Sono deluso perché ho perso, ma non ho rimpianti». Le si chiedeva un passo in più, ed è arrivato la prima semifinale Slam. Che cosa si porta a casa da questa esperienza? «Sono sicuramente maturato rispetto all’anno scorso, sono arrivato a Wimbledon con una mentalità diversa, perché stavolta ero consapevole di poter esprimermi bene sull’erba. Ho giocato tutte le partite come se fossero una finale, ed è questa la lezione più importante che ho imparato: non devo dare nulla per scontato, d’ora in avanti sarà questo lo spirito con cui mi avvicinerò a ogni partita». A proposito di futuro, quali sono i suoi programmi adesso? «Devo parlare con il mio team, sicuramente sono molto ben allenato, mi sento preparato e vorrei giocare, ma sinceramente non so se farò dei tornei prima dei Masters 1000 americani e se sarà terra o cemento». Dopo Parigi aveva detto di non divertirsi più come prima in campo. E dopo Wimbledon? «Sono felice di me stesso. Sono tra primi cinque della Race per Torino. E sono sicuramente più tranquillo rispetto a due settimane fa».

Fenomenole (Lorenzo Ercoli, Il Corriere dello Sport)

Un primo set che vale una partita. Novak Djokovic continua a riscrivere la storia del gioco e con il suo dominio dà a volte l’impressione di riscrivere anche le regole. Nella disciplina che per antonomasia non porta mai alla sconfitta prima della stretta di mano, il serbo può permettersi il lusso di non doversi preoccupare troppo e contro Sinner è stato ancora così. Dei 308 primi set conquistati a livello Slam, ben 303 si sono tradotti in vittorie. Un record difficile da concepire, con le uniche eccezioni di cinque sconfitte giunte per mano di Wawrinka (tre), Nadal e Melzer; quest’ultimo l’unico nella storia ad aver rimontato Nole da 2-0 sotto. La semifinale di Wimbledon non è mai stata in in dubbio, il 6-3 6-4 7-6(4) inflitto all’altoatesino è parte dell’ennesima “masterclass” di una carriera vissuta con il piede sull’acceleratore.[…] NUMERI «Sono contento di far parte di questa nuova generazione. I 36 anni sono i nuovi 26». Così ha scherzato il 23 volte campione Slam, ma la consapevolezza è quella di chi continua a ritoccare senza sosta le proprie statistiche. Sogno Grande Slam è la sua corsa all’oro, ma nell’attesa ci sono gli otto “inarrivabili” Wimbledon di Federer da raggiungere già con la finale di domani contro Alcaraz. La storia e l’immaginario collettiva non dimenticano lo svizzero come re dei Championships, ma i numeri gradualmente depongono sempre più in favore di un giocatore a tratti troppo irriverente per piacere al pubblico londinese. In un torneo dove non perde dal 2017, ritiro nel secondo set per un problema al gomito destro nel quarto di finale con Berdych, sono arrivati a 34 i match vinti consecutivamente. Se il campo statistico si restringe al Centre Court, sona addirittura 45 le vittorie in fila, con Roger Federer e Helen Wills Moody nettamente staccati a quota 32. RISPOSTE. […] Sull’erba di Wimbledon l’ecletticità del serbo e a tratti inscalfiblle e la risposta ha fortemente indirizzato la sfida. Se al servizio ha concesso qualcosa in più, riuscendo comunque ad annullare sei palle-break compresi i due set-point del terzo parziale, quando ha dovuto ricevere è stato sontuoso. Nel punto lungo l’arsenale di soluzioni a disposizione del numero 2 del mondo è sempre più vario e nella sfida contro l’altoatesino non ha avuto bisogno di esplorarle tutte. Nel terzo set sono due i momenti chiave che precedono il tie-break: prima Nole fallisce tre palle-break da 0-40 sull’1-1, poi dal nulla si trova a dover salvare due set-point sul 4-5,15-40. I dieci minuti del tie-break finale sono un concentrato di emozioni, con Djokovic che da 1-3 sotto beneficia di un doppio fallo avversario per lanciarsi in fiale. «Il punteggio non racconta ciò che è successo in campo. Jannik è stato ad un passo dal vincere il terzo set, ma poi ha sbagliato qualcosa e mi ha fatto rientrare – le parole di Nole, che non manca però di elogiare Il rivale – Sinner ha dimostrato ancora perché è uno dei leader della nuova generazione. La chiamata di hindrance? Avrebbe potuto cambiare la partita. Non ho disturbato l’avversario, ma sono riuscito a ricompormi. L’età per me non è un fattore di disturbo. Questo sport mi ha dato tanto, lo amo e voglio ricambiare la mia gratitudine giocando finché potrò».Il messaggio di Djokovic è chiaro, 23 non è il limite.

Alcaraz show, Medvedev divorato (Ronald Giammò, Il Corriere dello Sport)

“Cosa devo fare?», si chiede Daniil Medvedev, in svantaggio di due set e sotto 3-0 cercando lo sguardo del suo coach Gilles Cervara in tribuna. Sguardo smarrito, se potesse Cervara allargherebbe le braccia. Perché contro il Carlos Alcaraz visto ieri in campo per il russo c’é stato ben poco da fare, battuto in tre set con un 6-3 periodico al termine di un match mai stato in discussione. Domani sul Centrale si giocherà la finale da tutti attesa e in palio, oltre al trofeo, ci sarà anche l’occasione di riprendersi o consolidare la leadership nel ranking. Eppure ci aveva provato, Medvedev, a mettere la partita sui binari a lui più congeniali: innescare lo scambio, accecare il ritmo imposto dallo spagnolo confidente di poterlo sostenere e di trovare lì l soluzioni per intaccarne la solidità. […]. lln.3 del mondo si è presentato all’appuntamento con un solo piano di gioco, allergico alla discesa a rete, e impacciato quando costretto a declinarla più per necessità che per scelta. «Essere arrivato in finale è un sogno, lo so, l’avevo detto anche prima di questa semifinale, ma non posso ancora crederci», ha sospirato emozionato Alcaraz a fine match, lui che domani sarà il terzo spagnolo a contendersi il titolo nella storia di Wimbledon dopo Santillana e Nadal. LA CHIAVE. L’unico pedaggio pagato dal murciano nel cammino verso l’ultimo atto è stata l’emozione avvertita quando ormai il risultato non sembrava più in discussione. Due break concessi, i soli, a Medvedev in un terzo set il cui copione il russo stava già provvedendo da sé a rendere privo di qualsiasi inciampo. «Nel terzo set è stato difficile chiudere il match — ha poi ammessolo spagnolo — son dovuto rimanere concentrato, lui voleva restare in partita e nei momenti chiave ho dovuto tirare fuori il meglio». Contro Djokovic non è detto che basti. L’esperienza è una grande alleata, la paura una nemica da tenere alla larga. Il ricordo di Parigi è ancora fresco, ma «adesso c’è una finale che mi aspetta, non bisognerà avere paura e provare a godersene ogni momento», ha dichiarato Alcaraz salutando il Centrale come a voler esorcizzare quel fantasma già conosciuto e che sente essere oggi l’unico avversario in grado di fermarlo. La notte e Djokovic diranno se sarà riuscito a scansarne l’abbraccio.

Nole inarrivabile. Non è ancora tempo per Sinner (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Non basta giocare una buona partita. Sinner la valuta più che buona», e io per carità mi adeguo, mi accodo, correggo il giudizio. Più che buona mette tutti d’accordo? Anche Djokovic, purtroppo. Evidentemente non basta nemmeno giocare una “più che buona partita” per riuscire a batterlo. […] Non so, avrei voluto che Sinner affrontasse questa prima semifinale Slam della sua carriera in termini più aggressivi, più famelici, a mascella spianata, e così facendo costringesse il Djoker a subire la personalità del nostro ragazzo delle Dolomiti. Ma è successo solo in parte. Sinner ha offerto un quadro d’assieme del suo tennis, delle proprie qualità che di sicuro gli fa onore, colpendo l’ex numero uno con schemi che mostravano velocità di palla e intuizioni che pochi posseggono. Ma si è trattato di incursioni, frastornanti come petardi fatti esplodere all’improvviso, ma pur sempre scorribande in un match che Nole ha governato fin dai primi colpi. Sinner non è riuscito a collegare quei momenti in un insieme unico, tale da renderlo ingestibile, insormontabile anche per l’ultimo dei Fab Four. Se gli posso fare una colpa, mi limito a questo. E’ la risposta di Sinner, «c’é tanto da imparare per me in una partita del genere», per quanto la ritenga apprezzabile, non cancella l’amarezza per l’occasione perduta. Altre ve ne saranno. Ha ragione Djokovic nel sottolinearlo. A 22 anni JS è appena agli inizi della propria scalata. Nole lo definisce uno dei leader della nuova generazione. Ma lui c’è ancora, e ha tutta l’intenzione di giocare a lungo. […] È un Djokovic carico di motivazioni. Ha appena messo piede nella trentacinquesima finale dello Slam, la possibilità di centrare il ventiquattresimo titolo Major appare se concreta (potrà distacccare Nadal e appaiare Margareth Smith), e poco più oltre già si intravede la montagna Grande Slam. L’imbattibilità ormai decennale sull’erba del Centre Court ne sorte confermata, il progressivo avvicinamento a Federer che di Championships ne ha vinti otto, uno più di lui, prosegue e nella finale contro Alcaraz potrà giocarsi anche la leadership del tennis. Il vincitore sarà numero uno (con 9595 punti Nole, con 9675 punti Carlitos), il modo più bello per chiudere un grande torneo. Nei primi due set, Djokovic è stato semplicemente superiore a Sinner, si è staccato quando ha voluto e ha limitato al minimo le chance di essere raggiunto. Possibilità di imprimere una svolta al match e di avviarlo in altra direzione non sono mancate a JS. Le prime due palle break le ha avute lui nel gioco d’avvio del confronto, poi un’altra, più avanti, nel primo set. Nole ne ha avuta una soltanto, nel secondo game, e su quella ha costruito l’intero edificio. Si è portato avanti 3-1 e ha dribblato tutti i possibili scogli. Lo stesso ha fatto nel secondo set, con un break nel terzo game, anche quello apparso facile, per non dire scontato. Meglio, molto meglio, per Sinner, la terza frazione. Lì Semola è risultato più battagliero, aggressivo, e il suo livello si è avvicinato non poco a quello di Djokovic. Non ha più ceduto il servizio, malgrado Nole abbia potuto disporre, nel solito terzo game, di tre palle break che avrebbero chiuso ogni discussione. Sinner li ha cancellati mettendo in campo tutto ciò che di buono ha imparato in quest’ultimo anno. Ha attaccato con precisione (22 a 17, complessivamente, i punti vincenti colti a rete per l’italiano), ha servito meglio (8 ace contro 11 di Nole), ha forzato le traiettorie verso gli angoli (44/35 per Jannik il rapporto fra vincenti e errori non forzati, 33/21 quello del serbo) . L’iniezione di entusiasmo per lo scampato pericolo ha spinto Sinner a una gara di testa, che avrebbe potuto riscrivere la storia del match sul 5-4, grazie a due set point che JS si è procurato su un Djoker sempre più preoccupato. Ma li ha falliti, e il tie break è stato a quel punto la conclusione più ovvia. Sinner ha condotto 3-1, ma nei successivi 7 punti ne ha ottenuti uno soltanto, mentre Djokovic ha prima operato l’aggancio, poi il sorpasso. Quasi avesse una cilindrata superiore. E forse proprio di questo si tratta. Il Djoker compone un tennis per altri impossibile, unisce la straordinaria precisione ai mille trabocchetti che prepara per gli avversari, e sa sfruttare svariati registri per raggiungere gli obiettivi che ha in mente. Sa colpire veloce (non velocissimo come Sinner) ma anche gestire ritmi più accomodanti, in modo da stranire gli oppositori. A Sinner è capitato. Vediamo se succederà di nuovo ad Alcaraz, dopo il ritiro a Parigi morso dai crampi più famelici proprio di fronte a Nole

Fine del sogno (Stefano Semeraro, La Stampa)

“That’s the difference! », eccola la differenza, esclama il collega inglese in tribuna stampa quando Jannik Sinner, sul 3-1 a suo favore nel tiebreak del terzo set, esala un doppio fallo taglia gambe. La sottile linea verde che separa il successo dall’ambizione, la volontà dalla speranza. L’apprendista dal maestro. Il finale di partita – giocata tutta sotto il tetto, a Londra piove come a novembre – da lì in poi è uno scivolo serbo. Sinner vince solo un altro punto, Djokovic sei, fra cui altri tre gentili omaggi di casa Sinner, e dopo aver incamerato i primi due set (6-3 6-4) si mette in tasca anche il terzo, insieme ad un posto per la finale: la sua nona a Wimbledon, la quinta consecutiva. Se la giocherà contro Carlos Alcaraz, che nell’altra semifinale ha sradicato dal Centre Court Medvedev (e con lui il papabile imbarazzo per un finalista russo) . «E bello fare parte di questa nuova generazione», sorride il Djoker, 36 anni e non sentirli («I 36 sono i nuovi 26»), che domani in un solo colpo può ristrappare il numero uno al Nino, raggiungere Federer (8 titoli a Wimbledon), Margaret Court (24 Slam, record bisex) e sognare di nuovo il Grande Slam. Un anno fa Jannik contro il Mostro nei quarti aveva perso in cinque set, facendosene rimontare due. «Ma questo è stato un match più equilibrato e di livello migliore», sostiene con un paradosso non privo di senso il Rosso. «L’anno scorso Novak mi aveva dato qualcosa all’inizio, ma negli ultimi tre set non ero mai stato in partita. Stavolta abbiamo lottato sempre, anche sui suoi turni di battuta. E alla fine c’erano solo dieci punti di differenza». Nel tennis i punti però si pesano, e quelli che ha perso Jan valgono una tonnellata: tre palle beak nel primo set (due consecutive nel primo gioco), due set point sprecati nel terzo. Lo sfacelo del tie-break, 22 errori gratuiti di diritto. La differenza, il confine, la dogana che bisogna ancora passare. «È vero, ho fatto casino sui punti chiave», ammette. «Ma contro Djokovic non è facile, mentalmente è fortissimo». Lo ha dimostrato anche nel quarto game del secondo set, con il match ancora sul crinale, quando il giudice di sedia sul 15-15 e servizio, dopo un grugnito anomalo, prolungato e a tutti decibel, gli ha dato punto perso chiamando una «hyndrance», l’ostruzione del tennis. «Mai successo prima, forse era un’eco del tetto – ha scherzato a denti stretti il fenomeno, che ha anche applaudito gli spettatori che cercavano di disturbarlo al servizio -. Mi sono molto innervosito, il match poteva cambiare. Ma rispetto la decisione». Djokovic di semifinali Slam ne ha giocate 46, Sinner era alla prima, ha sfruttato un tabellone facile facile e fallito l’esame di maturità. Il bonus è un posto quasi certo alle Atp Finals di Torino. Djokovic è ancora un miraggio. «Match come questi non mi spaventano, volevo fare più che una bella partita. Ma sono giovane, se non avessi da imparare a 21 anni sarebbe strano. Anzi, sarebbe un peccato». […]

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement