Berrettini: "Tante volte ho avuto voglia di dire basta"

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Berrettini: “Tante volte ho avuto voglia di dire basta”

Matteo parla a cuore aperto delle difficoltà fisiche e psicologiche: “Non poter competere mi ha fatto conoscere il buio”. Negatività ora superata: “Il tennis è una magnifica condanna che mi regala gioia immensa”

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Matteo Berrettini - Montecarlo 2023 (foto Facebook Rolex Monte-Carlo Masters)
 

Come si sente dire spesso “Il tennis lo ha inventato il diavolo” e Adriano Panatta ha persino dato questo titolo al suo libro. Lo sport al giorno d’oggi non è solo impegno fisico ma ha sempre più un impatto a livello mentale. Gli appassionati, spesso quelli occasionali, vedono solo il lato ludico, degli eventi e dei ricchi montepremi che girano soprattutto ai livelli più alti. Sempre più al giorno d’oggi emergono le difficoltà di vivere la pressione che la fama comporta. Questo tema molto delicato è stato toccato da Matteo Berrettini in un’intervista concessa a Walter Veltroni per il Corriere della Sera.

Una passione, quella del tennis, che è non è stata però un amore a prima vista: I miei genitori, che erano e sono soci in un circolo del tennis, hanno depositato una racchetta tra le mie mani quando avevo tre anni. Ma non mi piaceva, volevo fare judo, arti marziali. Poi fu mio fratello a convincermi che il tennis era più divertimento che pura fatica.”. Scintilla che scoppio più avanti sebbene Matteo abbia una percezione del rapporto divertimento-fatica rispetto al fratello Jacopo: “ A otto anni ho ripreso la racchetta e non l’ho mai più posata. Il rapporto tra fatica e divertimento è cinquanta e cinquanta, ma alla fine sono sempre riuscito a divertirmi, nella fatica. Mi piace competere, mettermi alla prova, cercare costantemente di superare i miei limiti”.

Sport che ha permesso a Berrettini di scoprire molto più su di sé:” Sul campo da tennis non ho segreti, conosco e riconosco ogni singola emozione, ogni gesto, ogni fragilità e ogni potenza. Il mio corpo e il mio cervello non hanno più segreti. Nel tennis, nella solitudine di quello sport che pure è sotto gli occhi di tutti, mi sento come un entomologo di me stesso. Ogni gesto è pensato, vissuto e sofferto. Perché da ogni gesto dipende l’esito di ciò che fai”.

Uno sport che, come detto, non è solo fisico ma ha anche un grande impatto mentale, con la sconfitta che non risparmia nessuno: “Il tennis ti insegna a perdere. Anche i migliori, anche nelle migliori stagioni, devono bere il calice della sconfitta. Io odio perdere, ma ho sempre usato la sconfitta per migliorarmi. Per me è un motore più grande della vittoria. Non sentirmi più in quel modo mi spinge a cercare il modo per rimuovere quel difetto che mi ha fatto perdere una partita o un torneo. A Wimbledon, l’anno della finale. Ho fatto un percorso incredibile e può starci, di perdere con Djokovic. Ma ero così vicino al titolo che ancora rivedo il film di quel match per capire dove potevo fare meglio”.

Dalla finale di Wimbledon, Berrettini ha dovuto far fronte ha diversi problemi fisici che hanno condizionato l’ultimo periodo: “. Nell’ultimo anno ho vissuto troppi strappi mentali e fisici. Ci sono stati dei momenti in cui la mia testa e il mio corpo non erano allineati, chiedevo troppo all’uno o all’altro. Clinicamente è stato uno strappo dell’obliquo interno. Credo di aver chiesto troppo al mio corpo”.

Disallineamento tra fisico e mente che ha portato il tennista romano a quello che si può definire un buio psicologico, che ha colpito diversi campioni, dal noto ritiro alle Olimpiadi della ginnasta Simone Biles, allo stop dalla pallacanestro del cestista spagnolo Ricky Rubio: “Era legato al fatto di non competere. Non poterlo fare, in appuntamenti importanti, mi ha fatto conoscere il buio. E il buio sembra non avere fine, sembra ti inghiotta perché invece di stare fermo e rifiatare, ti scavi da solo un abisso. Sono stati momenti brutti, che non mi sono piaciuti. Ma sono stati fondamentali per farmi ritrovare le ragioni della gioia di fare quello che ho iniziato da bambino e che ha occupato tutta la mia vita”.

Periodo buio che lo ha visto scivolare dall’essere idolatrato alle aspre critiche di fan ed esperti: “Non mi sono mai sentito solo. Però in quei giorni mi sono sentito spaesato, a disagio. Mi sembrava ingiusto che, per qualcosa che atteneva al mio fisico, dovessi ingurgitare tanta cattiveria”. Problema su cui hanno inciso anche i social: “Estraniarsi o allontanarsi perché qualcuno parlava male di te mi sembrava un atto di debolezza. Ma ora mi rendo conto che stavo facendo come Don Chisciotte con i mulini a vento e quindi ho rallentato molto, quasi spento del tutto. Mi sono accorto che il mio stato d’animo cambiava in relazione al tono di cento persone che scrivevano i loro legittimi, ma spesso ingiusti, commenti che arrivavano direttamente nelle mie mani. Mi sono accorto che il mio umore aveva il dovere di dipendere da ben altro. Oggi, però, mi sento bene dentro e ho il sorriso, quando scendo in campo”.

Periodi cupi che hanno fatto pensare più volte a Berrettini di appendere la racchetta al chiodo: “Tante volte ho avuto voglia di dire basta. Nel 2020 ho avuto un’annata complicata e ricordo di aver fatto il pensiero, che mi aiutava a dormire, di prendere il passaporto, non dire nulla ad anima viva e fuggire dove nessuno avrebbe potuto trovarmi. Mi è capitato di pensarci, nei giorni bui. Pensavo ma perché devo subire tutta questa pressione, il senso di colpa per il mio corpo ferito… La vita è una, non ha repliche. Ma poi il tempo, il confronto con gli altri mi hanno fatto capire che io sono felice solo se scendo in campo e respiro quell’atmosfera. E sono infelice se non lo faccio”.

Per fortuna di tutti gli appassionati italiani Berrettini ha deciso di continuare la sua carriera: “È una magnifica condanna, che mi sono scelto. E che ancora oggi, di nuovo oggi, mi regala gioia immensa”.

Nel leggere queste parole, arriva il sostegno morale di Nick Kyrgios, che su Twitter, commenta così l’intervista di Matteo: “Mi dispiace sentire queste cose amico mio! Sono contento che comunque ne sei uscito! Sono qui se ti serve qualsiasi cosa”.

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