Il derby Sinner-Berrettini a Toronto (Azzolini, Bertolucci, Ercoli). Navratilova: «No alle atlete trans» (Martucci)

Rassegna stampa

Il derby Sinner-Berrettini a Toronto (Azzolini, Bertolucci, Ercoli). Navratilova: «No alle atlete trans» (Martucci)

La rassegna stampa di mercoledì 9 agosto 2023

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Il derby tra italiani speciale solo per noi (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Nel derby conta solo il risultato. Lo diceva Trapattoni, chiudendo la frase con uno spericolato «dolenti o nolenti, è così». Ma siamo nel calcio e il calcio è un’altra cosa. […] Il derby del tennis, è diverso, perché non ha fine, non c’è torneo che non ne proponga quattro o cinque, e a nessuno verrebbe in mente di scrivere un pezzo per un incrocio fra due americani, o due spagnoli. Ma quando il derby è tutto nostro, allora lo spartito cambia. Forse perché siamo ancora disabituati all’idea che l’Italia del tennis possa farcire i tabelloni di azzurri e proporsi all’estero con un match che interessi una cerchia più ampia di spettatori. Invece, è proprio ciò che succede. Perché dal 2019 il nostro tennis ha un Top Ten, perché Berrettini è un finalista a Wimbledon e piace alle mamme e alle figlie, perché Sinner è «l’unico che possa battere Alcaraz, a parte Djokovic», secondo la sentenza emessa da Ivanisevic. Non solo. Nel recente passato siamo riusciti benissimo a tener banco con una partita tutta italiana. Il derby tra le amiche Vinci e Pennetta, che fece da ultimo atto agli US Open 2015, destinati – si pensava – al Grand Slam di Serena Williams, conquistò i newyorchesi. Un buon viatico viene dagli otto derby nelle 12 finali Atp che hanno consegnato un titolo all’Italia. Panatta a Senigallia 1971 e Firenze 1974, contro Mulligan (naturalizzato italiano) e Bertolucci; Zugarelli a Bastad 1976 contro Barazzutti, che si rifece al Cairo 1980 contro Bertolucci. Poi Pistolesi a Bari 1987 su Cancellotti, Narducci a Firenze 1988 su Claudio Panatta, Sinner a Melbourne 2021 contro Travaglia e Musetti a Napoli 2022 di fronte a Berrettini. Così la vigilia tra Berrettini e Sinner siamo noi a renderla un po’ più speciale di quanto non sia a tutti gli effetti. Si sono sfiorati molte volte, avrebbero potuto incrociare le racchette quando Matteo era già top ten (dal 2019) e Sinner bazzicava il circuito da apprendista, o quando i due si avvicinarono in classifica (quella del primo novembre 2021 assegnava a Berretto il numero 7 e a Semola il 9). Invece si ritrovano di fronte oggi, a Toronto, in una situazione del tutto ribaltata. Sinner è stabile in Top Ten ormai da cinque mesi, Berrettini, un infortunio via l’altro, è finito a un passo dal numero 40. Restano più vicini, forse, sul piano emotivo e del gioco. Matteo in decisa ripresa dopo un Championship giocato con grande intensità, e contro avversari che non sembravano favorire un rilancio: Sonego, De Minaur, Zverev, prima della sconfitta in ottavi contro Alcaraz cui ha sfilato un set. Sinner finalmente semifinalista in uno Slam, grazie a un tabellone fortunato (il francese Halys, 79, il migliore in classifica tra quelli affrontati) ma anche percorso con il giusto piglio. Fino al match con Djokovic, che lui sostiene aver giocato al meglio (e a me ha dato l’impressione di non aver osato il dovuto). Per entrambi, la missione è uno US Open da protagonista. Ma per Matteo, fuori dalla teste di serie, non sarà facile. […]

Un derby mai visto (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Finalmente il derby tanto invocato è arrivato: la prima sfida sfida tra Matteo Berrettini e Jannik Sinner si svolgerà nel secondo turno del Masters 1000 di Toronto. Un torneo che è la prima prova della tournee americana, nonché prima tappa dell’avvicinamento all’ultimo Slam dell’anno, gli Us Open. Ma già da qui si potranno avere buone indicazioni sullo stato di forma dei due giocatori, sulle possibilità di effettuare un’ ottima prova nello Slam di New York. E in particolare per Jannik, nel caso in cui dovesse mantenere i livelli più recenti, la concreta possibilità di mantenere o migliorare l’ottima posizione nella corsa verso le Finals di Torino. Matteo viene da un periodo complicato, non solo fisicamente ma anche mentalmente anche se in questo match non avrà nulla da perdere. Solo l’erba di Wimbledon sembra avergli ridato un po’ di fiducia tanto da intravedere la luce in fondo al tunnel. Necessita però di ulteriori verifiche attraverso successi e questo scontro fratricida potrebbe in caso di vittoria lanciarlo in orbita per questo finale di 2023. Messi alle spalle tutti i problemi potrebbe avere una seconda parte di stagione di altissimo livello visto che dopo il cemento – ricordandosi che agli Us Open è già stato semifinalista nel 2019 – arriverà la stagione indoor a lui particolarmente favorevole. […] Jannik in caso di sconfitta sa che finirebbe nell’occhio del ciclone e nel tritatutto mediatico, ma il cemento è da sempre la sua superficie preferita, non ha avuto intoppi in questa annata dal punto di vista fisico e dopo il richiamo tecnico effettuato al termine dei tornei sull’erba, dove ha raggiunto la semifinale a Wimbledon persa contro Novak Djokovic, è pronto per affrontare i tornei nord americani. In questo periodo di allenamento ha potuto lavorare molto sul servizio e ha trovato la soluzione probabilmente ottimale: ha limato le ultime imperfezioni unendo i piedi prima del caricamento e velocizzando il movimento totale rendendolo così più fluido. La diagonale di sinistra e un tennis più equilibrato nei colpi di rimbalzo dovrebbero aiutarlo a contenere le proverbiali sbracciate di diritto di Matteo. Stando anche attento a non farsi irretire dalle sue soluzioni in back. Matteo dal canto suo dovrà come sempre chiedere il massimo sostegno dal servizio per fiaccare la risposta di Jannik e per non spendere troppe energie con gli scivolamenti laterali. […]

Sonego si arrende. E oggi c’è il derby (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)

A Toronto è arrivata la prima sconfitta azzurra, Lorenzo Sonego si è arreso ad Andy Murray. Dopo l’operazione alle anche il britannico non ha più avuto la continuità del passato, in patria il suo ritorno è stato definito tra i più grandi della storia, ma la sua grandezza continua ad emergere. In alcuni frangenti è stato così anche contro Sonego che si è arreso per 7-6(3) 6-0 dopo 2 ore e 9 minuti. Per il torinese si è trattato di una prestazione a due facce, con il grande rammarico per un primo parziale perso al tie-break dopo 1 ora e 27 minuti e con due set point non sfruttati in risposta sul 4-5, 15-40. Per più di un’ora l’italiano ha giocato un tennis propositivo, condito da tante discese a rete con esito altalenante. L’approccio al confronto è stato giusto, come confermato dal grande equilibrio di una frazione dove prima della risoluzione al long set erano state annullate 3 palle break per parte. Nel tie-break, dopo l’iniziale mini-break di Sonego, è arrivato il cambio di passo dello scozzese, che vincendo sei punti consecutivi ha allungato e messo il timbro sul parziale. La ripartenza non è stata delle migliori per Lorenzo, che nel secondo set ha trovato meno incisività in battuta. Le problematiche sono emerse anche nello scambio prolungato, dove dall’equilibrio di inizio match si è passati al dominio di Murray. Il 6-0 è uno score severo ma è perfettamente fedele all’andamento del finale di match. Restano dunque quattro gli italiani in corsa nel Masters 1000 canadese, con la certezza di vederne almeno uno agli ottavi di finale. Sarà il vincente dell’atteso derby tra Jannik Sinner e Matteo Berrettini. L’altoatesino per classifica e per quanto fatto in stagione è favorito, ma per il suo ritorno in campo dopo Wimbledon avrebbe potuto desiderare un ostacolo più agevole. Lesordio di Matteo è stato ottimo, condito da una grande prova al servizio contro il francese Barrere, sconfitto 6-4 6-3. La difficoltà del test è relativa, ma l’ex numero 1 d’Italia ha ritrovato i colpi che gli erano mancati per sei mesi e ha anche ritrovato un discreto ritmo partita che gli permette di affrontare con la sicurezza del passato i momenti cruciali. […]

Navratilova: «No alle atlete trans» (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Non citate James Russell Lowell e la sua massima: «Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione». Che i politici ribadiscono ogni santo giorno. Martina Navratilova, la mitica regina del tennis, paladina dei diritti degli omosessuali non ha cambiato idea nell’attaccare la Federazione delle racchette yankee, la USTA, che di recente ha aperto i suoi tornei femminili Over 55 ad atlete trans: «Il tennis femminile non è per atleti maschi falliti, non è giusto e non è onesto. Verrebbe consentito agli Us Open, solo sulla base dell’auto-identificazione? Non credo… E’ patriarcato per gli uomini biologici insistere sul diritto di entrare negli spazi creati per le donne. Quanto è difficile da capire?». Oggi, a quasi 67 anni, non la pensa diversamente da quando ne aveva 24, quando ridiede impulso alla sua vita e alla sua carriera, prima facendo coming out, e poi inserendo nel nuovo team Nancy Lieberman, “Lady Magic”, la più grande giocatrice del basket, e la motivatrice/palleggiatrice Renée Richards, la prima transessuale del tennis, scoprendo la preparazione atletica e la dieta vegana. Per la profuga ceca gli US 1981 coincisero con la concessione della cittadinanza statunitense e con una nuova consapevolezza di sé che passava anche per le iniezioni di pensiero laterale di Richard Raskind, ex capitano della squadra di tennis a Yale, poi militare nella Marina degli Stati Uniti che alla fine degli anni Sessanta scoprì di sentirsi donna, cominciò ad assumere ormoni femminili e, contro il parere della famiglia, cambiò sesso con un’operazione chirurgica. Una volta Renée, col suo servizio potente, da buon giocatore diventò una tennista più forte, s’iscrisse agli Us Open 1976, ma si rifiutò di sottoporsi al test del sesso e solo l’anno dopo ebbe ragione dalla Corte Suprema di New York e agli US Open del ’79 arrivò al terzo turno battendo Mary Carillo e Vermaak, arrendendosi poi alla Evert. Mentre in doppio arrivò in finale, nel 1977, stoppata dalla Navratilova (in coppia con Betty Stove) e nel misto toccò le semifinali insieme a Ilie Nastase. In carriera sconfisse avversarie di qualità come Mandlikova, Hanika, Ruzici e Shriver e nel 2000 è stata inserita nell’Hall Fame del tennis, simbolo di chi si sottopone a un intervento chirurgico di riassegnazione del sesso e chiede di essere trattato alla pari. Già nel febbraio 2019 la Navratilova aveva espresso il suo concetto in un tweet e in un articolo sul Sunday Times: «Non puoi soltanto dichiararti donna per poter competere con le donne. Bisogna avere certi standard. Avere un pene e gareggiare con le donne non è uno di questi. Un uomo può decidere di diventare donna, assumere ormoni come è richiesto dalle associazioni sportive, vincere tutto e allo stesso tempo guadagnare una fortuna, poi può cambiare di nuovo la sua decisione e tornare a fare figli se desidera. È insano e ingannevole». Adducendo una motivazione più scientifica: «Ridurre il livello di ormoni non risolve il problema, un uomo sviluppa più muscolatura e più densità ossea, assieme a un più alto numero di globuli rossi, sin dalla nascita, e l’allenamento allarga la forbice. Transgender e transessuali sono diversi: questi ultimi hanno subito un intervento chirurgico e il passaggio è stato completo. Come Renée Richards che poi iniziò a competere con le donne. Io non ebbi alcuna obiezione, diventò anche mia amica e mia allenatrice». Non ha cambiato idea.

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