Sinner tra i fantastici 4 (Crivelli). Sinner a due soli esami dalla laurea (Ercoli). Sinner, la solitudine che pesa sul favorito (Azzolini). Alcaraz ko e sull'orlo di una crisi di nervi (Giammò)

Rassegna stampa

Sinner tra i fantastici 4 (Crivelli). Sinner a due soli esami dalla laurea (Ercoli). Sinner, la solitudine che pesa sul favorito (Azzolini). Alcaraz ko e sull’orlo di una crisi di nervi (Giammò)

La rassegna stampa di domenica 13 agosto 2023

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Sinner tra i fantastici 4 (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La Torcia Umana, per i capelli rosso fuoco e la caparbia tenacia che ha avuto di riaccendersi dopo le delusioni parigine. Come già in avvio di stagione, Jannik Sinner si è accomodato con autorevolezza nel sacro consesso dei più forti, e a due settimane dagli Us Open c’è pure lui tra i Fantastici Quattro che si stanno prendendo la scena in quest’annata in cui il tennis ha ritrovato finalmente la normalità. Intanto, Jan è l’unico giocatore che fin qui nell’anno ha raggiunto almeno le semifinali in quattro Masters 1000: dopo Indian Wells, Miami e Montecarlo, obiettivo centrato anche a Toronto, dove ieri notte ha incrociato le lame con l’americano Tommy Paul, giustiziere a sorpresa del numero uno del mondo Alcaraz. Sinner è il più alto in classifica rimasto ancora in corsa nell’appuntamento canadese, e ciò significa che nel primo e sostanzioso warm up verso lo Slam newyorkese ha fatto meglio del grande rivale spagnolo e di Medvedev, in attesa del rientro di Djokovic a Cincinnati questa settimana, con il computer che si è divertito a mettere l’azzurro proprio dalla parte di Novak, per un eventuale, caldissima sfida nei quarti. Insomma, Sinner sta consolidando la crescita, fisica e di consapevolezza, già mostrata attraverso la favolosa semifinale di Wimbledon, con la conseguenza di un deciso riposizionamento al centro del villaggio tennistico: con i punti aggiornati a ieri, è quarto nella Race verso le Finals di Torino, uno dei grandi obiettivi stagionali e ormai pressoché una formalità. Non solo: le ritrovate certezze hanno convinto i bookmakers ad accostargli quote piuttosto basse per l’apoteosi agli Us Open, dove l’anno scorso perse ai quarti una memorabile partita contro Alcaraz, poi trionfatore finale. Facendo la media tra le più importanti agenzie di betting, l’allievo di Vagnozzi e Cahill è il quarto favorito dietro Carlitos, Djokovic e Medvedev e davanti a Rune e Tsitsipas. Del resto, in una recente intervista a un quotidiano serbo, l’allenatore di Novak, Goran Ivanisevic, ha dichiarato di temere solo due rivali per il suo fenomenale assistito a New York, vale a dire Alcaraz e appunto Jannik. Un’investitura che non modifica l’approccio della Volpe Rossa alle sfide che lo attendono: «La parte mentale è la più importante del gioco. Quest’anno ho fatto errori da questo punto di vista. Per esempio, al Roland Garros. Li ho avuto la mentalità sbagliata. Ma dagli errori ho imparato qualcosa. Ora mi sento molto bene a livello mentale. Ovviamente posso fare ancora meglio, imparo molto anche in allenamento, quando sono stanco o sento dei dolori. Devo saper sopportare queste cose perché accadono anche in partita. Si può lavorare un sacco su questo».[…]

Sinner a due soli esami dalla laurea (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)

Mai così giovane, mai così forte. Uno come Jannik Sinner l’Italia non lo aveva mai avuto. Per certificarlo non serviva la settimana di Toronto, ma la quarta semifinale stagionale a livello Masters 1000 è un ulteriore indizio. Il quasi ventiduenne di San Candido, compirà gli anni mercoledì, in una sola stagione nella categoria ha collezionato un numero di semifinali maggiore di quelle raggiunte nell’intera carriera da Fabio Fognini (due a Montecarlo e una a Miami), che nel Principato vanta però il titolo del 2019. Il paragone nei confini nazionali non ha l’obiettivo di sminuire gli eccellenti traguardi di chi sta trascinando il movimento azzurro, ma vuole sottolineare la straordinarietà di chi non solo ha il potenziale per essere un fenomeno generazionale, ma già oggi potrebbe essere considerato il non plus ultra del tennis visto nello Stivale. In una disciplina dove andare a ritroso per fare paragoni può creare controversie, il rischio raddoppia quando si tratta la storia del tennis italiano. La nascita dell’Era Open nel 1968 è la linea di confine che permette di tenere traccia delle statistiche in modo uniforme senza dover apporre asterischi. Cancellare quanto avvenuto prima sarebbe uno smacco alla storia, come farebbe giustamente notare Nicola Pietrangeli, vincitore del Roland Garros 1959 e 1960, oltre che detentore di vari record come quello dei match disputati e vinti in Davis (164 e 120). […] Se con il passare del tempo il tennis potrebbe aver perso in eleganza, è altrettanto vero che le evoluzioni di una delle discipline globali per eccellenza non rendono sostenibile alcun tipo di paragone a quasi un secolo di distanza. I Masters 1000 nascono solamente nel 1990 come ATP Championships Series, per poi passare da ATP Super 9 e Masters Series prima dell’attuale denominazione. Entrando nell’Era Open dunque equiparare i risultati ottenuti da Panatta e dai suoi contemporanei a quelli di Sinner risulta nuovamente un compito arduo. Questo perché tornei che in seguito hanno guadagnato la prestigiosa denominazione di Masters Series, come Amburgo, in quel periodo erano equivalenti a eventi che in seguito non hanno avuto la stessa considerazione. Nella rivalità a distanza di quasi cinquant’anni Sinner è naturalmente chiamato al trionfo Slam (Panatta vinse il Roland Garros 1976) e a quelli nei Masters 1000, per effettuare il sorpasso statistico. Con almeno un quarto di finale disputato in ogni Slam (quest’anno a Wimbledon la prima semifinale) e 35 match vinti nei Major (sesto azzurro di sempre, il primo è Pietrangeli a quota 86), l’altoatesino ha già fatto meglio degli altri del gruppo Davis del 1976. […]

Sinner, la solitudine che pesa sul favorito (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Se esiste una solitudine dei favoriti, è il momento di farci i conti. Sinner s’iscrive alla settima semifinale della stagione, che se non è un record poco ci manca, ma per una volta il peso del torneo è tutto sulle sue spalle. È l’ultimo Top Ten rimasto in gara, gli altri sono già partiti per Cincinnati, ultimo Masters 1000 dell’estate americana. Anche Alcaraz, che gli ha lasciato in dono Tommy Paul, l’americano che lo ha battuto e contro il quale non ha ancora capito come giocarci, «corre come una spia e certe volte non capisco dove stia per colpire», ha dichiarato Carlos, assai poco sollevato di sapere che potrebbe ritrovarselo di fronte al terzo turno di Cincy. È un’occasione per JS, ma porta con sé qualche lieve turbamento, che dovrà essere gestito. Abituato com’è al rispetto degli avversari, il rischio non è di sentirsi più forte della concorrenza ancora in gara quanto quello, a tutti gli effetti contrario, di avvertire un qualche disagio nel misurare come siano cresciute le attese nei suoi confronti. In un torneo che dal 2010 ha visto due vittorie di Murray tre di Djokovic e di Nadal, una a testa di Tsonga, Zverev e Medvedev, gli organizzatori sperano che l’ultima conquista di Pablo Carreno Busta, un anno fa, venga presto cancellata dal nome di uno dei primi dieci. Sono loro per primi a fare il tifo per Sinner iscritto ormai da sei mesi al Club dei più forti. […] Potrebbe anche essere, Jannik, il secondo azzurro a vincere un “1000”, in questo scorcio di terzo millennio, dopo il successo a Montecarlo di Fabio Fognini (inutile contare successi e finali di Panatta nei tornei poi diventati Masters, come Stoccolma nel 1975 e Roma l’anno dopo). Infine renderebbe decisamente più solido il quarto posto nella Race, salendo a 4.175 punti, una soglia che negli anni passati ha sempre condotto alle Finals. Sulla carta Sinner è favorito. Ma il tennis, lo sapete bene, è sport dispettoso, intreccia i risultati tessendo diaboliche strategie. Dunque, fate finta che non vi abbiamo detto alcunché. È meglio così… Di sicuro, è piaciuta la prova di Sinner contro Gael Monfils, tornato al tennis dopo un lungo infortunio. Si era rivisto al Roland Garros, ma a Wimbledon aveva preferito accudire la piccola Skai (dieci mesi) e lasciare che ai Championships partecipasse solo la moglie, l’ucraina Elina Svitolina, poi giunta in semifinale. «Gael è incredibile, ha un talento che va oltre l’immaginazione, è un piacere rivederlo in campo», ha raccontato JS dopo la vittoria. «Il pubblico lo adora. Con Gael è sempre così… È stato un match duro, difficile, perché non sapevo che casa stesse per combinarmi. Del resto, dovevo provare a spingere la palla, anche se non troppo, per non dare ritmo al tennis di Gael, ché dopo sono dolori a stargli dietro». Il francese ha approfittato di un passaggio a vuoto di Sinner sul 4 pari del secondo set, gli ha sfilato il break e ha pareggiato le sorti del match. Jannik è stato bravo a restare sul pezzo, non ha subito il contraccolpo, e alla prima occasione del terzo set ha confezionato il break che lo ha lanciato sul 3-1 e poi verso il successo pieno. «Mi piace giungere spesso al dunque, nei tornei in cui gioco. Essere in semifinale è importante, vuol dire poter recitare un ruolo da protagonista. Vuol dire esserci, cioè essere lì con i migliori del torneo, pronto a dire la mia. Ho chiesto a Darren Cahill, per questo match con Monfils, di farsi sentire, di sostenermi a gran voce, lui è un tipo taciturno, ma ho visto che si è dato da fare. Sapevo che il tifo sarebbe stato per Gael, e volevo che quaIcuno mi incitasse. L’esperienza coni due coach sta andando davvero bene, mi insegnano tante cose, discutiamo molto. E nei ritagli di tempo Darren mi istruisce anche a giocare come si deve a golf…».

Alcaraz ko e sull’orlo di una crisi di nervi (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Le conseguenze di certe sconfitte vanno ben oltre l’uscita di scena dai tabelloni da cui si sono materializzate. Se lo sconfitto è poi il n.1 del mondo, come accaduto a Carlos Alcaraz nei quarti a Toronto, l’effetto è duplice. E si riverbera tanto nelle convinzioni con cui i suoi avversari cominceranno ora ad approcciarlo – «batterlo si può!» – quanto negli scenari cui la debacle patita contro Tommy Paul lo esporrà da qui fino alla fine degli US Open. «Non ho giocato bene – ha dichiarato il murciano -. Ho ancora delle settimane prima dello US Open e ora devo concentrarmi su Cincinnati. Ho appreso molte lezioni qui, ma ora tutto quel che posso fare è allenarmi per provare a fare meglio». E sperare che a Djokovic non riesca il colpo nei due grandi appuntamenti con cui si chiuderà l’estate americana. Perché Nole, distante oggi nel ranking dallo spagnolo 600 punti, non ne avrà alcuno da difendere tra Cincinnati e New York, mentre Carlitos, eliminato l’anno scorso in Ohio ai quarti, atterrerà a New York da campione in carica con un bottino di ben 2.000 punti da tenersi stretto. Con la certezza che, anche in caso di due affermazioni consecutive, rischierebbe di vedersi superato nel ranking dal serbo alla fine dell’ultimo Grand Slam della stagione. A Djokovic basterà infatti giocare entrambe le finali per raggiungere quota 10.595 punti, 380 in più dei 10.215 con cui chiuderebbe Alcaraz nel caso di doppio successo. Reduce da 14 vittorie consecutive, quella contro l’americano è stata per Alcaraz la 5a sconfitta di un 2023 per lui già tempestato da 6 titoli. A rifilargliela è stato ancora Paul, come accaduto l’anno scorso a Montreal: circostanza che deve averlo infastidito non poco condizionandone forse la prestazione. Difficile ricordarlo in preda a un insolito nervosismo, tanto da vederlo lanciare la racchetta verso la sua sedia in occasione di un cambio campo giunto dopo l’ennesimo inciampo al servizio.

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