Allo US Open si festeggiano i 50 anni della parità di genere

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Allo US Open si festeggiano i 50 anni della parità di genere

Era il 1973 quando venne fondata la WTA e per la prima volta, donne e uomini ebbero lo stesso montepremi in un Major

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WTA gala - US Open 2023 (via WTA)
 

In questo US Open 2023, cadono ben due ricorrenze per il mondo del tennis e specie, per quello al femminile. Sono passati già 50 anni da quando, nel 1973 per la prima volta, un torneo dello Slam distribuiva il suo montepremi equamente tra uomini e donne. Promotrice in prima linea di questo enorme cambiamento fu Billie Jean King. La stessa che, nel medesimo anno, insieme alle Original 9, fondò la Woman Tennis Association. Un poderoso movimento femminile quello che ci fu tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’80, che ebbe effetti benefici soprattutto sul suolo statunitense dove le richieste delle giocatrici di un trattamento – economico e sportivo – equo furono accolte in primis proprio dai tornei USA.

In questo mezzo secolo, per fortuna, molte cose sono cambiate e il tennis è uno degli sport meno “maschilisti” (se escludiamo il fattore economico), ma certo c’è ancora tanto da fare, specie in altre discipline. In sport come il calcio o il basket, il gap economico tra retribuzioni è impressionate. Un giocatore di NBA guadagna mediamente in un anno, 5.3 milioni di dollari; le atlete della WNBA 130 mila dollari l’anno. Lo sport femminile ha sicuramente un appeal commerciale diverso e sottodimensionato rispetto ai colleghi, ma il lavoro – perché di questo si tratta!, è lo stesso per gli uomini e per le donne. Le ore di allenamento in campo, in palestra, in piscina, sulla pista di atletica, l’intensità, i sacrifici per raggiungere il top della propria categoria, sono esattamente le stesse. Una Serena Williams non si è allenata meno di un Rafael Nadal. E così vale per tutte le discipline.

Chi la pensa così è sicuramente Billie Jean King, intervistata dal magazine Town & Country fa il punto sulla situazione della parità di genere nello sport: Credo che siamo a un punto di svolta. […] La sfida è ottenere una retribuzione equa”. Diverse donne stanno iniziando a investire negli sport femminili e, rimanendo tra i protagonisti dello sport di racchetta, Naomi Osaka e Ons Jabeur sono tra le proprietarie della North Caroline Courage, squadra di calcio femminile che partecipa alle NWSL (National Women’s Soccer League) e la stessa Billie Jean King, insieme alla moglie Ilana Kloss, ha acquistato le Angel City FC. “In queste leghe, come la WNBA e la NWSL, si iniziano a vedere sempre più donne proprietarie. E sia uomini che donne vedono una crescita economica in futuro. Per la prima volta, credo che ora si pensi che sia un investimento vantaggioso, cosa che hanno sempre fatto investendo sugli uomini, sia che avessero successo o no. Quando investivi negli sport maschili e perdevi tutto andava bene. Ma ogni volta che investi nelle donne, ti dicono: “Perché lo fai? Perderai tutto”. Beh, indovina un po’, hanno perso soldi anche con gli uomini. Più investimenti otteniamo, maggiori sono le possibilità che abbiamo di avere successo e non fallire. È ovvio.”

Al termine dell’incontro di primo turno tra Coco Gauff e Laura Siegemund, Michelle Obama – presente sugli spalti con l’ex presidente Barack, ha presentato e invitato in campo Billie Jean King per festeggiare i 50 anni di equal prize dello US Open.

Ora il testimone è in parte passato a Jessica Pegula, eletta nel WTA Player Council due anni fa. “Continuiamo a lavorare affinché gli sport femminili siano pagati di più, come dovrebbe essere. Specialmente nel tennis, siamo un esempio perché siamo lo sport femminile meglio retribuito ed è un grande risultato. Pensiamo che comunque ci sia ancora molto da fare”.

In occasione del 50esimo anniversario della fondazione della WTA si è anche tenuto un gala a New York dove le stelle del passato e quelle del presente si sono incontrate e hanno condiviso ricordi, vittorie e sconfitte. Coco Gauff è stata chiamata a tenere un breve discorso davanti alle colleghe: “Essere qui stasera è un onore. La storia della WTA che celebriamo qui stasera riguarda un circuito fondato da donne senza paura e portato avanti da donne che portano avanti questa eredità alla quale lavoriamo ogni per mantenere”.

Qualcuno potrebbe certo storcere il naso nel leggere questa “retorica” sulla parità dei generi, specie in questi giorni in cui si è palesata la possibilità che le WTA Finals, l’evento conclusivo della stagione a cui possono partecipare solo le migliori otto giocatrici, si possano svolgere in Arabia Saudita, paese che pone vincoli alle libertà delle donne – sì, negli ultimi anni le condizioni sono leggermente migliorate ma non si può certo parlare ancora di vera libertà. Alle domanda sulla possibilità di giocare in Arabia Saudita, le top player (esclusa Ons Jabeur) hanno evitato di esporsi (qui un sunto delle risposte). L’unica ad esprimere un giudizio coerente è stata Jessica Pegula che, sostanzialmente, ha affermato “Se ci pagano bene, perché no”. E come darle torto? I ragazzi che si qualificheranno per le NextGen ATP Finals in Arabia Saudita ci andranno, eccome. Senza problemi. Le battaglie per la libertà devono combatterle solo le donne mentre gli uomini incassano?

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