Rendimento ATP per superficie 2023: Djokovic spicca sul cemento, Alcaraz troneggia su terra e erba

ATP

Rendimento ATP per superficie 2023: Djokovic spicca sul cemento, Alcaraz troneggia su terra e erba

Seconda posizione sul veloce per Jannik Sinner, soltanto decimo sul rosso. Matteo Arnaldi primo italiano per rendimento sui prati, dove spiccano Eubanks e Bublik

Pubblicato

il

Novak Djokovic (sinistra) e Carlos Alcaraz (destra) – ATP Cincinnati 2023 (foto via Twitter @CincyTennis)
 

Da quando (a partire dalla prima metà del ventunesimo secolo) con l’avvento dei Tre Mostri, le superfici una volta ben diverse tra loro sono state omologate – di fatto impoverendo tecnicamente, da un punto di vista delle differenti proposte stilistiche, il tennis attuale – gli specialisti sono quasi del tutto scomparsi. Nel ventennio che va dagli anni ’80 sino al termine del successivo decennio si sono potuti ammirare erbivori del calibro di John McEnroe, Boris Becker, Pat Cash, Stefan Edberg, Michael Stich fino ad arrivare a Pistol Pete, Patrick Rafter e Goran Ivanisevic. Ma anche meravigliosi terraioli, gatti funambolici in grado di raccattare dai teloni qualsiasi cosa, come Mats Wilander, Ivan Lendl, Thomas Muster, Guastavo Kuerten senza dimenticare la grande scuola spagnola di Sergi Bruguera, Carlos Moya, Albert Costa, Juan Carlos Ferrero…..

Al di là comunque dell’etichetta di specialista o meno, a quel tempo se volevi provare a vincere Wimbledon dovevi necessariamente seguire a rete prima e seconda altrimenti eri semplicemente spacciato, inerme dinanzi all’eventualità assolutamente utopistica di poter anche soltanto immaginare d’intavolare uno scambio da fondo: gli infidi rimbalzi erbivori, con la palla che appena toccava terra moriva, erano ineluttabilmente contrari a un tale scenario.

Mentre sulla terra, tutti quei giocatori che primeggiavano sull’erba spesso e volentieri apparivano dei veri e propri pesci fuor d’acqua sul mattone tritato – e viceversa. Non si poteva prescindere dall’avere un bagaglio tecnico completo, privo di punti deboli: non bastava una prima di servizio robusta, non bastava limitarsi a perseguire l’uno-due cercando di sfondare la difesa avversaria con il primo colpo dopo la battuta. Era necessario esibire capacità tattiche di costrutto, geometrie sviluppate, abilità nel variare le traiettorie e gli effetti, possedere visione del campo anche in orizzontale sapendo discernere oculatamente l’utilizzo della smorzata: sì, era obbligatorio possedere manualità esecutiva nella palla corta ma soprattutto – aspetto ancora più pregnante d’importanza – il senso tennistico per saperla fintare e mascherare con dovizia. La stesso tocco che sui prati bisognava elargire al volo davanti alla rete, dosando profondità e angolazione delle volée: le quali erano nella maggioranza dei casi conseguenza di un servizio spinto a tre quarti di velocità, ricercando dunque più il piazzamento che la botta semi-piatta in grado di generare un quindici diretto.

Insomma prima era uno scontro tra passanti, tuffi volanti e veroniche; ora il tutto è stato ridotto a chi sa “menare” meglio come un fabbro – con tutto il rispetto per questa onorabile professione – ed è in grado di reggere l’intensità fisica e mentale del braccio di ferro fondocampo-centrico. Naturalmente, come in tutti gli sport della modernità, la creatività del giuoco ha lasciato inevitabilmente spazio al predominio della forza fisica e della resistenza aerobica. Chiaramente ad incidere in tal senso sono state le migliorie della scienza applicata alla preparazione atletica: nuove, e più efficienti, metodologie di recupero e irrobustimento della propria cifra fisica. Dulcis in fundo, attrezzature costruite con materiali che rendono la generazione di potenza all’impatto molto più semplice richiedendo uno sforzo minore rispetto al passato. Per cui, il risultato conclusivo di cotale processo di trasformazione dello sport con la racchetta è rappresentato dalla seguente affermazione: omologazione dell’ispessimento fisico verso l’alto, appiattimento stilistico verso il basso.

Addentrandoci ora nel tema del nostro articolo, con questa introduzione di matrice storica si voleva evidenziare il fatto che l’analisi che vi presentiamo sarebbe potuta essere più interessante e variegata se ci trovassimo in un’epoca tennistica che ancora consentisse la presenza di modi differenti d’interpretazione del gioco del tennis. Ciononostante, i numeri riescono sempre a fotografare l’andamento di una stagione tennistica, perciò diamo uno sguardo alle tre Top 20 per superficie (cemento, terra, erba) stilate grazie alle statistiche raccolte su Tennis Abstract. Tre i valori valutati per realizzarla nel seguente ordine di rilevanza: percentuale di vittorie relativa alle condizioni di gioco analizzate, bilancio tra vittorie e sconfitte, numero totale di incontri giocati sulla superficie presa in esame. Non sazi, però, abbiamo voluto aggiungere un quarto parametro per appurare quali tra i tennisti del circuito ATP siano stati in grado di far fruttare la loro superiorità stagionale da specialisti in effettivi risultati finali: ossia finali disputate e trofei messi in bacheca.

Rendimento 2023 sul cemento

Partiamo occupandoci dei primi venti per rendimento sul duro-veloce, indoor-outdoor, perciò una casistica nettamente più ampia se confrontata con le successive, considerando in particolare il numero di eventi sul cemento contestualizzato all’intero Tour maggiore per la stagione appena andata agli archivi. Nel 2023 l’ATP ha ospitato 79 competizioni – consideriamo distaccate, come se fossero due distinti tornei, le finestre della Davis di settembre e novembre. Mentre escludiamo dall’analisi la fase di qualificazione settembrina dove è la squadra ospitante a scegliere la superficie su cui va in scena il tie.

Su 79 complessivi sono ben 41 gli eventi sul cemento: il doppio di quelli sulla terra, 21, irriverente il paragone con l’erba che ospita solo 8 tornei in stagione. Entrando finalmente nel focus della questione, vediamo come i primi quattro posti rispecchino alla perfezione il quartetto in cima al ranking mondiale: tuttavia non nel medesimo ordine. Alla cima della piramide cementosa c’è però sempre lui, il cannibale di Belgrado, Novak Djokovic con il suo imperioso 94,9% di partite vinte, due sole quelle perse nella semifinale di Dubai contro Medvedev e nel Round Robin delle Finali ATP con un certo Kid di Val Pusteria: ovviamente la percentuale di Nole va però parametrata sui 39 match giocati. Un dato che nella Top 20 della speciale graduatoria vede soltanto quattro giocatori aver disputato meno partite sul cemento nel 2023: Alcaraz, solamente quarto in classifica, con 37; Korda con 33; Jarry con 27, Khachanov con 37.

Ma è la seconda piazza ad inorgoglire il movimento azzurro, perché troviamo Jannik Sinner con l’83,3% di successi spalmati però su 54 partite – 15 match in più del fenomeno serbo – con un bilancio di 45-9. A chiusura del podio leggiamo il nome di Daniil Medvedev, 80,3%, ossia colui che ha disputato più partite di tutti: 61, di cui 49 vinte.

La Top 5 viene infine chiusa da Taylor Fritz che dunque recupera cinque posizioni rispetto alla sua reale classifica. Tra i primi venti, coloro che presentano il maggiore divario fra il loro personale ranking e quello specifico per questa superficie sono Sebastian Korda e Arthur Fils: il primo 24° ma nel rendimento sul cemento, il francese 36° in classifica mondiale guadagna 16 posizioni. Entrambi hanno però giocato, soprattutto il finalista delle Next Gen, decisamente meno rispetto agli altri colleghi di racchetta: 33 e 28 match disputati.

Sorprende, questa volta in negativo, anche il posizionamento di Andrey Rublev che da quinto uomo della racchetta mondiale si ritrova addirittura in 17esima piazza.

Se invece ne facciamo una questione di titoli e di finali raggiunte, complessivamente davanti a tutti c’è Daniil Medvedev con 8 ultimi atti sul cemento nel 2023: 4 di questi sono divenuti trofei in bacheca, 2 ‘500‘ – Rotterdam e Dubai – il Masters 1000 di Miami e il 250 di Doha. Tra le finali perse ovviamente da evidenziare la sconfitta a Flushing Meadows e quella di Indian Wells. Segue con 7 finali disputate il nostro Jannik Sinner: i titoli conquistati nei cinquecento di Pechino e Vienna, il successo nel ‘250’ di Montpellier e soprattutto il trionfo all’Open del Canada.

A questi si aggiungono gli atti conclusivi persi proprio per mano del russo, in Florida e nel cinquecento olandese sopra menzionato: tuttavia il Sinner si è preso la sua rivincita in Cina e Austria. In ogni caso ciò che spicca nettamente, e che probabilmente avrebbe annullato il piccolo gap con il nuovo orso del tennis se soltanto Med non avesse centrato la finale di New York, è il percorso di Torino alle Nitto ATP Finals: un risultato talmente prestigioso dal rendere quasi (per l’appunto, se il moscovita non si fosse spinto fino in fondo nell’ultimo Major dell’anno) ininfluente il titolo in meno alzato.

Quando però se ne fa una questione di percentuale di successo nelle finali giocate, beh, allora un 36enne serbo non conosce rivali: 6 titoli su altrettanti finali disputate in stagione sul cemento, e su 7 trofei in totale vinti nel 2023: 2 Slam, Melbourne e US Open, 2 Masters 1000, Cincinnati e Parigi-Bercy, e la ciliegina del Master piemontese. Aveva invece aperto la serie vincendo ad inizio stagione in quel di Adelaide, unico titolo “minore” del suo 2023.

Perciò, tenendo in considerazione il prestigio dei tornei vinti da Novak e pur avendo inserito nell’analisi il numero minore di partite giocate sul cemento rispetto ai suoi due avversari più temibili – Sinner e Medvedev – la conclusione del nostro excursus cementoso è la seguente: il tennista che ha avuto il rendimento migliore sul cemento nel 2023 è Novak Djokovic.

Pagina 2:
Rendimento sulla terra
Rendimento su erba

Pagine: 1 2

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement