Coppa Davis: gruppi regionali per mettere d'accordo l'antico e il moderno?

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Coppa Davis: gruppi regionali per mettere d’accordo l’antico e il moderno?

La Coppa Davis si trova a dover coniugare il fascino degli incontri “casa-trasferta” con la praticità dei raggruppamenti in sede unica. La proposta dei gruppi regionali per mettere d’accordo due necessità apparentemente inconciliabili

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L'intera delegazione azzurra con la Coppa Davis - Davis Cup Finals 2023 Malaga (foto Marta Magni)
 

Non si è ancora spenta la grande eco mediatica provocata dalla vittoria di Sinner all’Open d’Australia e già nello scorso fine settimana si è passati alla prima fase della Coppa Davis 2024 che, per il gruppo di élite, ha coinvolto 24 nazioni impegnate nei “Qualifiers”.

Come noto, l’Italia non è stata coinvolta in questa fase in quanto, come vincitrice della Coppa Davis 2023, è stata ammessa di diritto alla fase a gironi di settembre, così come la finalista Australia e le due wild card Gran Bretagna e Spagna.

Dei risultati di questi 12 incontri, alcuni dei quali terminati sul filo di lana, abbiamo dato conto nel corso dello scorso fine settimana. In questa sede, invece, ci premeva sottolineare ancora una volta come questa tanto controversa manifestazione, profondamente cambiata nella sua formula dalla “rivoluzione Kosmos”, riesca ancora a suscitare emozioni uniche nei suoi protagonisti nonostante la mancanza di alcune componenti che ne avevano accompagnato la storia ultracentenaria.

Le lacrime di Nicolas Massu, capitano della nazionale cilena, dopo la vittoria del match decisivo da parte di Alejandro Tabilo sul peruviano Ignacio Buse la dicono tutta su quello che significa la Davis in quel Paese, nel quale ci sono intere zone devastate dagli incendi e le cui popolazioni sono state ricordate dalla ex medaglia d’oro olimpica: “Questa vittoria è per coloro che stanno passando un momento difficile – ha detto Massu davanti agli spalti gremiti dello Estadio Nacional di Santiago nonostante fosse già passata la mezzanotte – nella speranza che possa portar loro almeno un po’ di felicità”.

Il match tra Cile e Perù, vinto 3-2 dai padroni di casa, ha ricordato a tutti, nel caso in cui ce ne fosse bisogno, il fascino della componente “casa-trasferta” della Coppa Davis, ovvero gli incontri giocati sul campo di una delle due rappresentative. Ma non è stato il solo: la sfida decisa al tie-break del terzo set nel singolare del 2-2 tra Argentina e Kazakistan, giocata sulla terra battuta di Rosario, nella quale Sebastian Baez si è preso di rabbia gli ultimi quattro punti contro Dmitry Popko mentre la luce stava svanendo nella sera dell’estate argentina ha regalato un momento di grande intensità emotiva.

E vale la pena notare che nulla è stato tolto alla drammaticità di questi incontri dalla distanza dei due set su tre di tutti i match: il “best of five” avrebbe allungato le partite e reso alcuni di questi scontri tanto epici quanto forse impossibili da seguire da un’audience televisiva che non può avere a disposizione giornate intere (e sarebbero state tre invece che due) per seguire le vicende della Davis.

L’ITF da quest’anno ha concesso maggiore flessibilità sulla programmazione degli incontri: quando questa nuova formula ha debuttato, i match “casa-trasferta” dovevano disputarsi di venerdì e sabato, per lasciare la domenica come giornata di viaggio per i giocatori che dovessero raggiungere la sede del torneo successivo. Tuttavia ora si è assistito a diverse formule, con alcuni Paesi ospitanti che hanno deciso di giocare nelle giornate di sabato e domenica per massimizzare la presenza del pubblico. L’incontro tra Ucraina e USA si è addirittura svolto giovedì e venerdì sul neutro di Vilnius, in Lituania, per facilitare il ritorno dei giocatori Americani verso Dallas, sede del successivo torneo ATP.

La formula di questa Davis non è perfetta, questo lo si è capito da tempo. E l’ITF, ora di nuovo in controllo della manifestazione dopo il fallimento della parentesi Kosmos, sta procedendo per tentativi allo scopo di trovare una non facile quadratura del cerchio, ovvero di salvaguardare quanto di buono aveva ancora la vecchia formula della Davis amalgamandolo con il nuovo elemento dei gruppi con girone all’italiana che semplificano notevolmente la vita ai giocatori, rendono la competizione logisticamente più prevedibile e soprattutto limitano i costi di gestione.

La soluzione con i quattro raggruppamenti a settembre e le finali a eliminazione diretta a novembre sembra essere promettente, ma ci sono ancora troppi incontri che si disputano davanti ad arene semivuote popolate solo da poche centinaia di tifosi. I raggruppamenti in sede unica, se da una parte consentono una più efficiente pianificazione logistica e limitano i cambi di superficie imprevisti per i giocatori, dall’altro in alcuni casi tolgono la componente del pubblico che molto spesso è stata il sale degli storici incontri di Coppa Davis. Uno dei pilastri della visione Kosmos, quello della “Coppa del Mondo del tennis” si è dimostrato subito una chimera irraggiungibile, e intorno a quello è crollato tutto il costrutto della società di Piqué. Aspettarsi che il tennis possa avere un numero sufficiente di appassionati disposti a viaggiare da un capo all’altro del mondo per seguire la propria nazionale, e farlo ogni anno, si è dimostrato totalmente irrealistico.

È necessario trovare dei correttivi per fare in modo di portare l’atmosfera degli incontri “casa-trasferta” nelle arene dei raggruppamenti. E uno di questi correttivi potrebbe essere quello di raggruppare le squadre tenendo in considerazione un qualche criterio territoriale. Fino a questo momento tutti i gironi all’italiana della “nuova Davis” si sono disputati in Europa: molti dei giocatori di punta sono europei, la maggior parte delle squadre in gara sono europee, e quindi è abbastanza logico che ciò avvenga. Ma se si guarda la lista delle 16 qualificate ai gruppi di settembre in questo 2024 si nota che ci sono ben cinque squadre del continente americano: Argentina, Brasile, Canada, Cile e USA.

Se fosse possibile organizzare un raggruppamento con quattro di queste nazionali in Nord America la Davis ne beneficerebbe immensamente: un evento di una settimana in una grande arena in Canada o negli USA, in una città dalla forte componente immigratoria nella quale ognuna delle nazionali sudamericane potrebbe contare su una base di tifosi “autoctoni”, con le forti rivalità storiche di queste nazionali (per esempio Canada vs USA, Argentina vs Brasile, Argentina vs Cile solo per dirne alcune) a creare un’atmosfera incandescente sugli spalti.

I giocatori americani non dovrebbero recarsi in Europa dopo lo US Open e prima dello swing asiatico, in quel periodo il basket NBA e l’hockey NHL non sono ancora iniziati, quindi non dovrebbe essere difficile trovare la disponibilità di uno delle arene iconiche di Stati Uniti o Canada. In questo modo, inoltre, si beneficerebbero anche le televisioni che in questo modo avrebbero qualche partita scaglionata dal fuso orario invece da avere quattro eventi pressoché tutti in contemporanea in Europa.

D’altronde anche le leghe professionistiche americane come appunto la NBA e la NHL hanno creato le “division”, sotto-raggruppamenti che fanno sì che alcune squadre si affrontino più spesso che altre, le quali non solo limitano i giorni di viaggio negli intensissimi calendari delle leghe professionistiche, ma sono anche disegnate per alimentare le rivalità storiche in modo da creare un sempre maggior numero di incontri che possa infiammare l’interesse dei tifosi.

La Coppa Davis ha bisogno di trovare un meccanismo simile per far sì che sempre meno partite asettiche si disputino nel vuoto rimbombante di un’arena deserta. Tra qualche settimana il sorteggio decreterà i quattro raggruppamenti di settembre, quando almeno due delle tre sedi sembrano più o meno sicure (Bologna, Valencia e probabilmente una nel Regno Unito). La quarta sede lo scorso anno fu Spalato, in Croazia, ma quest’anno la Croazia dovrà disputare i playoff per salvarsi dopo la sconfitta in casa con il Belgio durante lo scorso weekend. Sarà improbabile che l’urna decreti un gruppo totalmente americano, ma per la Coppa Davis e per il tennis sarebbe una manna dal cielo. C’è da sperare che l’ITF se ne accorga, e agisca di conseguenza.

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