“Le mie stagioni di solito cominciavano con una vittoria slam, o nella peggiore delle ipotesi a Dubai, o in qualsiasi altro torneo. Nel 2024 non ho ancora vinto nessun titolo, non sono abituato a questa sensazione”.
Novak Djokovic nel corso della conferenza stampa successiva alla sconfitta con Luca Nardi non ha nascosto la sua delusione: il numero uno del mondo non disputava il torneo di Indian Wells da cinque anni e sperava di rientrare sul palcoscenico californiano con un risultato diverso. Le prestazioni con Vukic e Nardi hanno sorpreso ma solo fino ad un certo punto: Nole a Melbourne aveva già giocato le stesse partite salvandosi, grazie all’esperienza e alla distanza del tre su cinque, con Prizmic e Popyrin, rispettivamente al primo e al secondo turno dell’Australian Open, in entrambi i casi in quattro set lottati. Djokovic peraltro a dire il vero nel corso di tutta la trasferta australiana non aveva mai veramente convinto: nella United Cup (un evento che mette in palio punti ATP ma che ha il sapore dell’esibizione) aveva sconfitto Lehecka e Zhang, perdendo però da De Minaur, mentre a Melbourne aveva dominato solamente uno stanco Mannarino (reduce da tre maratone nei primi tre turni), soffrendo coi già citati Prizmic e Popyrin ma anche con Fritz nei quarti di finale, prima di cedere piuttosto nettamente a Sinner: “Uno dei miei peggiori match di sempre”.
Perfino la platealità di questo tipo di dichiarazioni non convince e rappresenta perlomeno un campanello di allarme: nel momento in cui ogni sconfitta diventa una delle “peggiori sconfitte”, significa che hai un problema: e qual è il problema di Djokovic? Nole sembra diventato improvvisamente lento, perde campo con troppa arrendevolezza nel braccio di ferro da fondo campo, fatica a trovare il ritmo in risposta, come se avesse improvvisamente perso un pizzico di brillantezza. Nardi ha giocato un terzo set di livello altissimo, mettendo a segno 16 colpi vincenti a fronte di 4 errori gratuiti, ma la partita è stata anche tanto altro: Djokovic nel primo set regalava tra i due e i tre punti a game con errori piuttosto banali, travolto dalla prima di servizio slice- da destra- dell’avversario. Una delle sue risposte cult, quella di dritto, da destra, in allungo, sembra infatti l’abbia un po’ abbandonato: lo stesso Sinner nel corso di tutti i loro incontri recenti ha punito spesso il serbo in quell’angolo, sbattendolo fuori dal campo. Il tema non è tanto la risposta in sè, il colpo, il tema sono ovviamente le gambe: Djokovic ha costruito una carriera sull’anticipo e sugli angoli del contrattacco. Perfino un campione come Nole, specialmente a 37 anni, diventa innocuo se si allontana dalla riga di fondo (e in generale, età a parte, la difesa estrema dal telone non è mai stato uno dei punti di forza del campione serbo): nelle prime settimane del 2024 è sembrato di vedere il tipico Djokovic delle recenti edizioni di Montecarlo, e non gli stiamo facendo un complimento.
Una versione umana del robot, per farla breve, una versione spaesata e balneare che ha regalato pomeriggi di gloria inaspettata ai vari Musetti, Davidovich Fokina, Vesely e Evans, una versione che però aveva in quei casi delle giustificazioni più che solide: Montecarlo è il primo torneo di alto livello della stagione sulla terra battuta e i big come Djokovic non calpestano il rosso da quasi un anno e hanno bisogno di qualche settimana per ritrovare la confidenza con la superficie, coi rimbalzi irregolari e con le scivolate. Oltretutto Nole, non potendo disputare i 1000 americani di Marzo per la questione legata al vaccino, negli ultimi anni si presentava a casa sua (nel Principato) dopo una lunga inattività e con il vero obiettivo primaverile, il Roland Garros, distante quasi due mesi. Montecarlo non era niente di più di un allenamento, Montecarlo era solo una piccola parte della preparazione.
In questa edizione di Indian Wells probabilmente ci si aspettava invece qualcosa in più: una reazione, una grande partita con Sinner o Alcaraz, l’orgoglio del numero uno.
Partiamo da un presupposto: per Djokovic diventa complesso trovare e ritrovare le motivazioni nei tornei che non siano eventi del Grande Slam, è inutile negarlo, la faccia giusta la conserva comprensibilmente per gli slam (dove, oggi e domani, parte e partirà come uomo da battere) o al massimo per le Finals. Sono ormai secoli che negli ‘altri’ tornei si diverte (scegliendoli con contagocce) a far sfogare i suoi presunti avversari, però stavolta forse la situazione era un po’ diversa, considerando la sconfitta all’Australian Open, stavolta aveva voglia di tornare a sorridere con un trofeo in mano, per vincere l’ennesima sfida con sé stesso, e il nervosismo con cui ha rimproverato Nardi a fine partita lo dimostra.
Il numero uno del mondo non è sicuro di giocare a Miami, dice che ci rifletterà nel corso dei prossimi giorni: ma nemmeno un Masters 1000 prestigioso come quello in Florida ci aiuterà eventualmente a capire, quelli come Miami sono eventi di marketing e solamente di contorno per un 24 volte campione Major. La classifica e i punti rappresentano l’ultimo pensiero di Nole e per capire se la prossima destinazione del navigatore serbo sarà il viale del tramonto bisognerà avere la pazienza di aspettare gli slam, il prossimo a Parigi, e poi quello dopo, e poi le Olimpiadi (il vero grande obiettivo stagionale?) e poi un altro slam ancora, e così via, augurando a Djokovic di non incontrare tennisti italiani nel percorso verso il 25esimo titolo.
Negli ultimi 12 mesi il serbo ha infatti perso nove partite e di quelle nove sconfitte ben cinque sono arrivate contro tennisti italiani: Sinner l’ha battuto tre volte (Round Robin delle ATP Finals di Torino, secondo singolare della semifinale di Coppa Davis a Malaga, semifinale dell’Australian Open), Musetti l’ha sconfitto negli ottavi di finale del torneo di Montecarlo e infine, nella notte italiana di lunedì, è arrivato il miracolo di Nardi.
In sintesi dall’inizio del 2023 Djokovic ha un bilancio di 2 vittorie e di 5 sconfitte contro i tennisti italiani e di 62 vittorie e 5 sconfitte contro i tennisti provenienti dal resto del mondo.