Accorciamo i match: massimo 2 ore. Riscaldamenti troppo lunghi

Editoriali del Direttore

Accorciamo i match: massimo 2 ore. Riscaldamenti troppo lunghi

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TENNIS ATP FINALS – “Non voglio stare qui per scaldare una poltrona- dice il CEO dell’Atp Chris Kermode – Nè far cambi radicali per cambiare. Ma se restiamo fermi torniamo indietro. Tutto va rapido, i ragazzi non hanno tempo. Il tennis deve adeguarsi al tempo di cellulari e tablet.”

LONDRA – “Sono state le sei ore di meeting più interessanti da quando, un anno fa, sono diventato chief executive dell’Atp” mi dice Chris Kermode nell’ATP lounge dell’02 Arena davanti a due tazzine di caffè.

Si riferisce all’incontro che c’è stato ieri mattina con alcuni ex campioni dell’ATP Tour, John McEnroe, Mats Wilander, Boris Becker, Carlos Moya, e con alcuni “advisors” (consiglieri) come lo stilista Tommy Hilfiger, appassionatissimo di tennis (e non solo perchè ha sposato l’ex moglie di Gianni Ocleppo, di cui è ottimo amico), il vicepresidente di Saatchi&Saatchi Robert Senior, il CEO dell’agenzia londinese di comunicazioni Freud Communication Matthew Freud, un executive della TV britannica David Hill.

Sono stati sei ore di brain-storming affascinanti, esplosive, sono venuti un po’ da tutti molti spunti davvero interessanti sui quali lavorare. Un concetto sul quale tutti hanno concordato è

che restare fermi ed immobili vorrebbe dire fare un passo indietro. Il tennis è in buona salute, i numeri crescono quasi dappertutto, spettatori in aumento ovunque, audience tv idem…”Ma un business è un business, se non ci si lavora e non ci si aggiorna nessuno sport ha il diritto di vivere di rendite di posizione”.

Ieri in conferenza stampa Kermode aveva accennato al declino del pugilato, oggi mi ha parlato del cricket, che nel Regno Unito è stato uno dei major sports fino a poco tempo fa “ma ha tempi assolutamente non al passo con i tempi e ne sta pagando lo scotto. Allargare gli orizzonti del microcosmo tennis è importante, non limitarsi ad ascoltare gli addetti ai lavori ma anche coloro che vivendo al di fuori dell’isola tennis, vedono magari cose che a noi sfuggono. Sono certo che aprirsi alle opinioni altrui porterà un qualche sicuro giovamento e sia pur senza precipitare niente non vorrei nemmeno far passare troppo tempo”.

Kermode non lo ha detto, non lo avrebbe certamente mai detto a me, ma la mia sensazione è che del suo ATP board sia parzialmente insoddisfatto. Forse non sono stati capaci di esprimere la creatività che ci vorrebbe. Ci sono più interessi da coprire e rappresentare – e questa è ancora un’altra mia sensazione – che non idee concrete da portare avanti nell’interesse generale.

Un progresso è certamente quello del calendario e dei premi: “Fino al 2018 è tutto definito, le date, i tornei, i montepremi. Fino a un paio d’anni fa ci si muoveva ogni due anni e c’era sempre una qualche incertezza. Ora non c’è più, per 4 anni. E questo dovrebbe consentire una migliore pianficazione per qualcunque business, chiunque sia a condurlo”.

Il discorso vale per il circuito maggiore, non ancora per i Challenger, una materia in maggiore evoluzione ed ebollizione.

I nostri tornei che soffrono di più sono gli ATP 250, quindi a maggior ragione i challenger…Sui primi potremmo pensare di condurre le nostre prime sperimentazioni, se dovessimo introdurre qualche modifica”.

In effetti – ho detto io – se l’accesso ai tabelloni dei 250 avviene con l’usuale sistema di selezione e qualificazione, la gente rischia di vedere sempre gli stessi giocatori, quelle solite vecchie conoscenze piazzate fra il 60mo e il 100 posto con pochissimi nomi nuovi a livello di prospect…e non è il massimo della vita! Ci fosse almeno la chance di poter ammirare, appunto, i Kokkinakis, i Kyrgios, i Quinzi se anche non fossero riusciti a salire nei primi 120…beh credo che l’interesse, sia dei media, sia degli spettatori…crescerebbe notevolmente. Sbaglio?-

“No, non sbagli, sono delle stesso avviso, ma bisogna vedere come ci si può arrivare senza creare squilibri e comportamente penalizzanti per qualcuno che non meriterebbe di essere penalizzato. Quando sono cresciuto come…modesto tennista c’erano junior forti a 18 anni che a 19 erano nel circuito, oggi non è più così. Non sono sicuro sia solo un problema di punti, di difficoltà ad emergere soltanto per una questione legata ai pochi punti che distribuiscono i futures e i challenger – dice replicando a quella che era stata parte della mia domanda – penso piuttosto che sia la diversa fisicalità del gioco contemporaneo…se non ce la fanno a venire fuori prima dei 23 e dei 24 anni”.

Sull’argomento dei challenger e della facilità con cui i giocatori finiscono nella trappola delle combines avevo già chiesto ieri in conferenza stampa nel corso di una domanda così lunga che McEnroe ci aveva scherzato su “Accorcia la domanda Ubaldo, sennò ci perdiamo il match che comincia alle 14…”.

Su scommesse e combines dobbiamo vigilare e lo sappiamo. Ma non posso entrare nei dettagli. Lo sport deve essere vero…nel momento in cui non lo è ..diventa un problema serio”.

Sul gap esistente fra gli Slam e i Masters 1000 Kermode è più che consapevole, non si fa troppe illusioni sulla possibilità di ridurlo, ma anche lui sembra come il suo predecessore abbastanza convinto che il solo modo per avvicinarli un pochino sia di far crescere quattro SuperMasters…da dieci-dodici giorni l’uno. Vecchia storia, nihil novi sub sole, ma prima o poi ci si arriverà.

Ma se fra i quattro ci sarà Roma, mah, non se ne è proprio parlato perchè tanto non me l’avrebbe mai detto.

Dove si è aperto di più è il discorso del gioco che…a volte è troppo lungo. Kermode ne è molto più che persuaso: “Oggi nessuno riesce a seguire un match per 5 ore. Ok, forse per la finale di Wimbledon…ma Wimbledon è un torneo che la gente segue anche se di tennis non segue normalmente nulla. Gli stessi protagonisti in una finale a Wimbledon hanno un’audience televisiva di cinque dieci volte tanto quella di una finale di un altro torneo…è come l’inglese che non si perderebbe mai il Gran Premio di Ascot, e poi durante l’anno non guarda una sola corsa. Ma io credo che per i nostri tornei sia stato giusto abbandonare i tre set su cinque, anche se qualcuno ricorda ancora epiche finali in cinque set…ma i giovani non sono più disposti a dedicare tanto tempo ad un solo match…e poi nemmeno tutti i match sono uguali, un conto è Federer-Nadal, un conto è un match con altri due giocatori meno noti e popolari”.

E a questo proposito, su questa lunghezza d’onda, Kermode ha un’idea chiarissima in testa: “Non esiste che un match sia preceduto da un quarto d’ora di riscaldamento, con il giocatore che dopo un ingresso con gli squillli di tromba va a sedersi per un paio di minuti, poi fa cinque minuti di palleggio, poi torna a sedersi, poi gioca un game, poi ripassa dal suo posto, si riferma un’altra volta, poi va a prendere l’asciugamano….ancora ancora lo si può concepire per un torneo indoor dove c’è musica, immagini, distrazioni varie…ma in un torneo all’aperto è una perdita di tempo pazzesca, crolla la tensione dell’attesa dall’ingresso in campo in poi…e anche qui, mica tutti i giocatori sono Nadal, Federer o Djokovic…Questo non è più accettabile…due minuti possono bastare, giusto per non sentirsi dire dal giocatore che si è fatto male perchè non si è potuto scaldare. Si scaldi da qualche altra parte…Su questo punto prometto che interverremo presto”

L’altro problema che sorge è quello delle troppe pause: “Finisce un set e fino al 4 pari del secondo set ci sono tempo morti, di interesse troppo poco coinvolgente…occorrerebbe fare in modo di annullare quelle pause…Come? Questo è ancora dibattuto…comunque il tempo ideale di un match di tennis deve essere intorno alle 2 ore e non alle 4. Chissà che non sarebbero gli Slam a seguire noi, una volta che sarà chiaro a tutti che le nuove generazioni non possono seguire un match che finisce 9-7 al quinto….dopo qualche anno non sapranno nemmeno più che esistevano, e ricorderanno le grandi battaglie finite 76 al terzo”.

Mmmm, sembrava quasi che Chris Kermode avesse immaginato nel pomeriggio quel che sarebbe accaduto alla sera con lo straordinario match giocato e vinto da Roger Federer su Stan Wawrinka.

Match a proposito del quale ho inviato un commento 2 minuti dopo la conclusione, e che ho postato in calce all’articolo scritto da Luca de Gaspari.

Qui lo copio ed incollo:

“La più bella partita dell’anno, con quattro match points salvati da Federer – anche se tre di quelli Wawrinka se li è mangiati a rete facendo un serve&volley coraggioso quanto incosciente considerata la sua mano quadra! – e adesso la gente, tutta quella che era all’02 Arena e molti di quelli che erano alla tv, avranno la finale che volevano, Djokovic contro Federer, il n.1 contro il n.2 del mondo.

In che condizioni si presenterà Federer in finale non è dato sapere. Certo la partita di stasera è stata pazzesca, soprattutto pe rle emozioni che ha riservato, anche se non tutte l 2 ore e 48 minuti sono state memorabili. Ci sono stati momenti in cui i due hanno giocato benissimo ma momenti anche in cui ci sono stati parecchi errori.

Ha sempre spinto di più Wawrinka, che sul 5 pari del tiebreak decisivo poteva vantare 44 vincenti contro 22 di Roger (sarebbero diventati 24, quelli di Roger, anche se alcuni dicono 25). Ma inevitabilmente aveva sbagliato anche molto di più. 26 per errori Federer e Wawrinka 48.

Match davvero incredibile per come si è dipanato.

I miei collaboratori qui sono venuti a ringraziarmi come se fosse merito io! In effetti una sola partita ha riscattato tutto un Masters deludente. E speriamo a questo punto che la finale, quella tanto sospirata, non deluda adesso le attese.

Per la seconda volta a Londra (dopo Wimbledon) arrivano quindi in finale Novak Djokovic e Roger Federer, insieme ai loro coach, Boris Becker e Stefan Edberg che disputarono tre finali a Wimbledon fra il 1988 e il 1990. Davvero un parterre de roi. Un altro periodo indimenticabile per il tennis, proprio come quello che stiamo vivendo.

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