Il piano dell'incredibile Djokovic: Riscrivere la storia del tennis (Piccardi), Djokovic e Federer sono subito maestri (Cocchi), Dai Djoko ogni tanto non vincere (Valesio), Bolelli-Fognini quanti rimpianti (Giorni), Pliskova trascinatrice la Repubblica Ceca rimonta (Crivelli)

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Il piano dell’incredibile Djokovic: Riscrivere la storia del tennis (Piccardi), Djokovic e Federer sono subito maestri (Cocchi), Dai Djoko ogni tanto non vincere (Valesio), Bolelli-Fognini quanti rimpianti (Giorni), Pliskova trascinatrice la Repubblica Ceca rimonta (Crivelli)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi
 

Il piano dell’incredibile Djokovic: Riscrivere la storia del tennis

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 16.10.2015

 

Un weekend di vacanza a Venezia con Jelena, basco in testa e occhiali da sole per non farsi riconoscere tra le calli. Il primo compleanno del piccolo Stefan, l’erede che affacciato sugli ampi possedimenti di Djokerland, si sentirà dire: un giorno tutto questo sarà tuo. E poi di nuovo al lavoro, l’ultima settimana dell’anno in ufficio: veloce indoor della 02 Arena di Londra, Atp Finals, un’altra pietra miliare sulla strada della leggenda. Obiettivo poker. «Ad appena 28 anni, Djokovic ha doti tecniche e fisiche straordinarie. Nell’ultimo mese non è stato al meglio e ha vinto comunque. Io lo vedo dominatore dei prossimi anni: contando che ne ha davanti almeno quattro ad altissimo livello, per un totale di 16 Slam, credo possa superare Federer nel numero dei Major conquistati, diventando il più forte di tutti i tempi. Sì, penso che Djokovic sia in grado di sbriciolare qualsiasi record del tennis». Corrado Barazzutti — «maestro» nel lontano 1978 quando il Master si giocava nel mitico Madison Square Garden (ultimo azzurro ad aver partecipato in singolare: prima di lui solo Adriano Panatta nel ’75 a Stoccolma —, oggi capitano di tutte le nazionali, ha appena assistito, da bordo campo, allo sfortunato debutto di Simone Bolelli e Fabio Fognini, prima coppia italiana nel Master di specialità (7-6, 3-6, ug da Jamie Murray, fratello di Andy, e John Pears). Ed è pronto all’ennesimo monologo stagionale del Djoker: «Mi spiace per i nostalgici di Federer e i tifosi di Nadal: il dominio di Djokovic rischia di estendersi ben oltre questo torneo se pensiamo che dopo i Giochi di Rio lo svizzero potrebbe ritirarsi e che i giovani emergenti stentano a fare il salto di qualità». Ginnico e molleggiato com’è il serbo, non esiste un rischio di logoramento, come Rafa? «No. Novak gioca più vicino alla riga e fa correre molto gli altri. Non è sottoposto allo stesso logorio fisico e mentale di Nadal. Il suo tennis di pressione gli concede ampi margini di gestione delle energie». Finito nel girone con Federer, Berdych e Nishikori, lo strafavorito ieri ha esordito triturando il giapponese 6-16-1 (Roger ha domato il ceco 6-4, 6-2), giusto per mettere le intenzioni in chiaro. Le sue statistiche 2015, d’altronde, fanno spavento: tre quarti di Slam (lo sgambetto a Parigi del mostruoso Wawrinka in bermuda da spiaggia brucia ancora), 6 titoli Master 1000,14 finali su 15 tornei Atp giocati (il miracolo è di Karlovic a Doha), 78 vittorie. Meglio che nello stratosferico 20, la stagione in cui esplose. «Rischiare la pelle sotto le bombe, ti segna: non sentirsi mai appagato è il segreto di Djokovic, che credo abbia ancora margini di crescita — conferma Raffaella Reggi, ex n.13 del ranking, la prima delle nostre donne ad affrontare un Master —: le volée, il vuoto mentale che a Parigi contro Wawrinka lo lasciò all’improvviso senza un piano B. Novak è un martello, non dà respiro. Superfici sempre più lente (l’erba non è più erba, i campi veloci non sono più veloci), attrezzi e palle lo avvantaggiano». E gli avversari? «Murray con la testa già alla finale di Coppa Davis è un’incognita. Wawrinka può vincere e perdere con tutti. Nadal, finché respira, io non lo do mai per morto. Certo, rispetto al Master 2014, vorrei vedere match più equilibrati…»……

 

Djokovic e Federer sono subito maestri

 

Federica Cocchi, la gazzetta dello sport del 16.11.2015

 

Aleggia nell’aria un leggero profumo di cioccolata. Quella che Djokovic è solito regalare agli addetti ai lavori quando vince un torneo. Quella con cui Kei Nishikori cercherà consolazione dopo la batosta presa dal numero uno del mondo nella prima partita delle Atp Finals. Un 6-16-1 che sbriciolerebbe il morale di chiunque, per come è venuto, con un’esibizione di potere totale da parte del serbo che, sostanzialmente, ha fatto del giapponese quel che ha voluto. «Sono stato bravo, sì. Credo di aver mostrato il mio tennis migliore contro Kei — spiega Nole dopo il match —. Sono entrato in campo deciso, concentrato, pieno di fiducia». Difficile non averne se continui a inanellare record su record, compresa la striscia positiva di 23 match: Nole non perde da Cincinnati, solo Federer ha fatto meglio, nel 2006 con 24 vittorie consecutive. E nelle Finals che cercherà di vincere per la quinta volta, la quarta consecutiva, Djoker è a 15 successi di fila. SEGRETO La ricetta magica di Djokovic sta nel lavoro: «Qual è il mio segreto per vincere? Eh certo, lo vengo a dire voi», scherza il numero uno che poi spiega: «Ho 28 anni e ho raggiunto un livello altissimo di forma fisica, tecnica, solidità mentale. Tutto questo crea la ricetta magica. Sono molto fortunato perché amo il mio lavoro, non mi pesa allenarmi, seguire una dieta e fare sacrifici». Da quando è diventato padre, il 21 ottobre del 2014, Djokovic ha forse una marcia in più, ha aggiunto un tassello che mancava alla sua completa maturazione anche a livello personale: «La mia famiglia è fondamentale — continua — avere una moglie e un figlio c he ti danno equilibrio nella vita quotidiana è molto importante. In generale io ho avuto incontri fortunati nella vita e ho trovate persone con cui collaboro che sono il valore aggiunto della mia carriera». SERIO Il campione quasi si commuove quando pensa a quello che è accaduto a Parigi, ora che è padre la sua sensibilità in materia è superiore. Il suo Paese, la Serbia, è da mesi un punto di passaggio per migliaia di profughi che cercano di arrivare in Germania: «Stiamo vivendo una terribile crisi umanitaria nel mondo e in Serbia io stesso attraverso l’Unicef sono stato testimone di quanta gente, famiglie, bambini piccoli è costretta a compiere questi viaggi allucinanti. Ho passato una giornata in uno di questi punti in cui si aiutano le famiglie di passaggio, ho giocato con i bambini e pensavo a quanto deve essere difficile per loro. Noi tutti dobbiamo fare del nostro meglio per aiutare chi soffre». KEI Soffre, fortunatamente solo per una partita di tennis, il buon Nishikori che, nonostante abbia tentato di lottare, non è mai stato all’altezza dell’avversario. Anche il servizio non è stato dalla sua parte, poche prime che hanno dato all’implacabile Nole la possibilità di attaccare sulla risposta: «Un po’ è stata colpa mia, non ho giocato come avrei potuto — racconta mesto il giapponese — ma lui a un certo punto era incontenibile. Non sapevo come fare a metterlo in difficoltà, mi faceva continuamente correre da una parte all’altra»…..

 

Dai Djoko ogni tanto non vincere

 

Piero Valesio, tuttosport del 16.11.2015

 

Dai Nole, perdi il Masters. Fallo per noi, ma pure per te. Sai anche tu, nel tuo profondo almeno, che se la stagione dovesse chiudersi con un altro tuo trionfo costruito su vittorie come quelli di ieri sul malcapitato Nishikori, non sarebbe una bella cosa La quale (non bella cosa) proietterebbe pure sulla prossima di stagione un’ombra minacciosa. L’anno che va a concludersi è stato rallegrato dal successo di Wawrinka a Parigi, dalla resurrezione di Nadal, da certi successo di Federer e, nel femminile, dalla splendida sportiva di cui sono state protagoniste a New York Serena, la Vinci e la Pennetta. Ma il fatto è che il dominatore della stagione sei stato solo tu, esimio Djokovic. Con una superiorità perfino umiliante per i tuoi avversari, dato di cui si è reso drammaticamente conto ieri Nishikori. Una superiorità che si prolunga da così tanto tempo da mettere in condizione chi la osserva di non sapere più a quali a v: ettivi votarsi per definirla e con quali motivazioni giustificarla. Una superiorità che è stata così interiorizzata da tutti da essersi trasformata in una certezza. Djokovic gioca, Djokovic vince sempre di lasciando agli avversari qualche battaglia, Djokovic trionfa Ma tale serie di eventi in crescendo sta diventando un problema per il tennis. Vediamo perchè. Nole stravince come solo gli stracampioni sanno fare. Ma non ha ancora sviluppato (e a questo punto è difficile che ci riesca) un suo personalissimo modo di stravincere. Non è Tomba, Nole non ha punti deboli ma il tennis ha bisogno di pathos e personaggi umani Senna, non è Maradona: anche se il livello e la quantità di successi che ha raggiunto e che raggiungerà gli hanno consegnato il pass per entrare nell’Olimpo occupato dai succitati nomi e da altri come loro. Schiaccia gli avversari come un’asfaltatrice livella il catrame appena posato al suolo, in forza di una fisicità debordante nei minimi particolari, di una capacità innata di esprimere il meglio (e il risolutivo) nelle condizioni più estreme, di una conquistata amicizia con la fatica. Ma col tempo ha via via smarrito per strada quella dose di eccentricità (peraltro quadrata come i suoi capelli) che aveva fatto di lui uno dei tennisti più amati quando ancora non era un dominatore assoluto: vuoi per le imitazioni, vuoi per la confidenza che era solito concedere ai raccattapalle; vuoi perfino per la scelta di inserire nel proprio staff Boris Becker quando questi pareva più sull’orlo di uno scivolamento esistenziale; era un ragazzo, il Djokovic, che rappresentava il perfetto punto d’incontro fra l’appassionato di circolo, il ragazzino che sogna di diventare campione e il campione vero. Poi questa sua natura si è affievolita perché per raggiungere un’eccellenza assoluta bisogna essere macchine o poco di diverso. Perdendo il Masters magari dopo una finale epica davvero Nole riconquisterebbe la sua natura umana. E forse sarebbe lui il primo a doversene compiacere.

 

Bolelli-Fognini quanti rimpianti

 

Alberto Giorni, il Giorno del 16.11.2015

 

In una «02 Arena» blindata dopo gli attentati di Parigi, inizia con molti rimpianti l’avventura di Bolelli e Fognini alle Atp Finals londinesi di doppio. La prima coppia italiana di sempre a partecipare al prestigioso torneo di fine stagione è stata sconfitta al fotofinish dal britannico Jamie Murray (fratello maggiore di Andy) e dall’australiano Peers 7-6(5), 3-6, 11-9. Il rammarico è grande perché il match è stato deciso da pochissimi punti. Il primo set è volato via dopo un doppio fallo di Bolelli sul 5-5 del tiebreak, poi gli azzurri hanno reagito allungando la partita al terzo, un «super tiebreak» al meglio dei dieci punti. Sul 9-8 per gli avversari, Bolelli ha annullato il primo matchpoint con il servizio, ma il secondo ha sigillato 1’11-9 definitivo. Ora la situazione del girone si complica: Simone e Fabio non possono più sbagliare e torneranno in campo domani contro i gemelli americani Bryan, travolti a sorpresa 6-4, 6-3 dall’indiano Bopanna e dal rumeno Mergea. L’ottimismo però non manca: «Siamo ancora vivi — ha detto Fognini, sostenuto in tribuna da Flavia Pennetta —, abbiamo avuto sfortuna nel tiebreak finale, ma siamo ancora in corsa e dobbiamo rimanere concentrato. Fiducioso anche Bolelli: «Un po’ di emozione su un campo così importante c’è stata, ma non abbiamo giocato male». Dopo un toccante minuto di silenzio in onore delle vittime di Parigi, con il campo illuminato dalla bandiera francese, è entrato in scena Djokovic, che ha aperto le Finals di singolare lanciando un chiaro avviso ai naviganti. Si prevede tempesta per i suoi avversari: il serbo ha demolito 6-1, 6-1 un Nishikori troppo arrendevole, puntando con decisione al quinto Masters. Poi Nole è stato premiato perché chiuderà l’anno da incontrastato numero 1 del mondo: «Questa è sera dubbio la miglior stagione della mia carriera». In serata, ha passeggiato anche Federer con Berdych: 6-4, 6-2 il risultato per lo svizzero che ha mostrato il solito tennis brillante. Oggi è il turno del «girone Nastase»: alle 15 Murray-Ferrer, alle 21 Nadal-Wawrinka. Intanto, a Praga, finale thriller della Fed Cup, decisa all’ultimo set del quinto match. Trionfa 3-2 la Repubblica Ceca che conferma il titolo, il quarto degli ultimi cinque anni, grazie al doppio di spareggio. Alla Russia non è bastata una super Maria Sharapova, che aveva siglato il momentaneo 1-2 battendo 3-6, 6-4, 6-2 la Kvitova. Protagonista della rimonta la ceca Karolina Pliskova, che ha riscattato alla grande la sconfitta di sabato: prima ha dominato 6-3, 6-4 la Pavlyuchenkova poi, insieme alla Strycova, ha dato il via alla festa superando 4-6, 6-3, 6-2 Pavlyuchenkova e Vesnina.

 

Pliskova trascinatrice la Repubblica Ceca rimonta

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 16.11.2015

 

Decide la più giovane, la meno esperta, quella che avrebbe dovuto avvertire più delle altre la tensione di una giornata infinita. La Fed Cup resta in Repubblica Ceca, quarto successo in cinque stagioni, e l’eroina è l’ultima arrivata in nazionale, Karolina Pliskova, numero 11 del mondo, che prima vince un delicatissimo singolare contro la Pavlyuchenkova con la Russia avanti 2-1 e poi, schierata a sorpresa anche in doppio al posto dell’acciaccata Safarova, prende per mano la Strycova e regala il 3-2 in rimonta che manda i visibilio i 12.000 della 02 Arena. Un anno meraviglioso, con l’ingresso nella top ten e il trionfo a squadre appena alla seconda convocazione: «E’ sicuramente una delle più belle vittorie della mia vita, è tutto così incredibile!». NESSUN MIRACOLO Non riesce così il miracolo a Maria Sharapova, alla prima finale in car• Le padrone di casa vincono 3-2 grazie ai due punti portati dalla più giovane: Sharapova vincente ma senza trofeo riera, anche se la sua presenza ha portato i due punti previsti alla Russia. Il match contro la Kvitova, che ha aperto la seconda giornata e rappresentava la rivincita della fresca semifinale al Masters vinta dalla ceca, ha regalato oltre due ore e mezza di emozioni, iscrivendosi tra i più belli della stagione. Travolta nel primo set da una Kvitova semplicemente perfetta su una superficie capace di esaltarne potenza ed aggressività, Masha dimostra una volta di più le doti da agonista indomabile. Così, dal secondo set, guadagna campo, si apre angoli da fondo con il fenomenale dritto e poi approfitta del leggero (e solito, verrebbe da dire) calo mentale e tecnico della ceca, battendola in tre set: «I Io fatto il mio dovere — dirà un po’ sconsolata —ho vinto i miei due singolari come mi era richiesto. Peccato, abbiamo dato il massimo ed io sono stata particolarmente orgogliosa di giocare questa finale, in un team si respira un’aria diversa rispetto ai tornei». Ci riproverà, statene certi.

 

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