Serena, fantasma Italia. Dalla Vinci alla Giorgi, ritorno dopo lo shock (Clerici). Vai Camila, ricordati di Roberta (Giorni). L'Imbattibile e nuovi record: “Mai così forte” (Crivelli). Vinci: “La sbronza di New York non mi è ancora passata, ma qui vince Serena” (Cocchi). Djokovic, Grande Slam ora o mai più (Valesio)

Rassegna stampa

Serena, fantasma Italia. Dalla Vinci alla Giorgi, ritorno dopo lo shock (Clerici). Vai Camila, ricordati di Roberta (Giorni). L’Imbattibile e nuovi record: “Mai così forte” (Crivelli). Vinci: “La sbronza di New York non mi è ancora passata, ma qui vince Serena” (Cocchi). Djokovic, Grande Slam ora o mai più (Valesio)

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Serena, fantasma Italia. Dalla Vinci alla Giorgi, ritorno dopo lo shock (Clerici)

Serena contro Giorgi, qiesto è il primo incontro che mi è balzato agli occhi, allo Australian Open! Mi è parso, per un attimo, che un sorteggio simile fosse dovuto a Carlo Della Vida, il più straordinario regista che il tennis abbia mai avuto, uno che metteva in campo i match migliori, sorteggiandoli con biglie numerate e appositamente gelate, per distinguerle. Chissà i pensieri di Serena, rimasta quattro mesi a riflettere sul suo tragico destino italico. Sta per vincere il suo meritatissimo Slam, che la immortalerebbe insieme a Smith Court, Connolly, Graf, e le rimangono davanti due italianuzze mediterranee, quasi coetanee, quasi mai illuminate dai riflettori mediatici. Ringrazia i suoi dei e si avvia all’inizio delle celebrazioni sul mastodontico Arthur Ashe. Ma ecco che quella fragilina di Roberta Vinci, col suo rovescetto a una manina, con i suoi tagliuzzi da sartina, la mette a disagio, le sottrae la pallina, la fa d’improvviso dubitare di quella che riteneva certezza E, d’un tratto, le mostra un mondo mai immaginato, che la costringe a ripensare a tutto daccapo. Ora Serena, dopo un periodo di assuefazione al destino, e un trauma solo dall’apparenza muscolare, ritorna in campo, e contro un’altra italianuzza. Una giovane donna rimasta bambina, come il giorno in cui il coach Piatti e io la vedemmo giungere dal Sudamerica, e consigliammo a un generoso Club comacino di ospitarla, nel suo asilo tennistico. Camila Giorgi mi sembra davvero la piccina dai meravigliosi gesti istintivi di dieci anni fa, uniti all’incapacità di integrarli con una visione più matura del tennis. Battesse Serena, l’illogico copione della vita mostrerebbe la sua irrazionalità a quelli teatrali. Al di fuori di questo interesse più che personale, rimane il dubbio attorno al quale si infittisce la curiosità generale. Rivedremo una copia dell’anno passato, nel tennis di questo 2016, o arriverà il ricambio nel quale molti sperano. Simile novità pareva verificarsi nell’ultimo Slam del 2014, quello americano, con la finale tra gli ancora poco noti Cilic e Nishikori. Per varie ragioni che non esamino si è ritornati ai soliti, grandissimi, Djokovic e Federerissimo. Ci si chiede, dunque: Djoko sarà capace di affermare storicamente la sua superiorità con un nuovo Slam? E Federer, sarà ancora in grado di restare efficiente per più di 3 set, e magari vincere lo Slam N.18? Riguardo a Federer, ho saputo da un amico che lo svizzero ha, quantomeno, cambiato allenamento, oltre che allenatore. Ora che Edberg è ritornato alla sua vita quotidiana, Ljubicic ha abbandonato Raonic per occuparsi di Roger, ma in che modo? I due si alleneranno soltanto a giorni alterni, intorno alle 5 ore complessive. Basterà?

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Vai Camila, ricordati di Roberta (Alberto Giorni, Il Giorno)

In Australia, nei giorni scorsi, si sono superati i 40 gradi, e anche la febbre del tennis è altrettanto alta. Gli Open che scatteranno nella notte italiana (diretta su Eurosport dalle 1 alle 14) promettono spettacolo. Se Wimbledon è la tradizione e il Roland Garros simboleggia la grandeur francese, a Melbourne va in scena l’«Happy Slam»: sul torrido cemento australiano l’atmosfera è elettrizzante, tutti sorridono e i giocatori vogliono iniziare alla grande. Spesso è stato il torneo delle sorprese e ci piacerebbe vederne una già nel primo turno tra Serena Williams e Camila Giorgi. Chissà cosa avrà pensato la numero 1 del mondo quando il sorteggio l’ha accoppiata a un’altra italiana, ripensando al clamoroso ko con Roberta Vinci agli US Open. Serena non gioca un match ufficiale da allora e la Giorgi ama affrontare le grandi avversarie. L’americana si presenta battagliera: «Sono al 130% e non sento più dolori al ginocchio». Debuttano subito anche le altre due azzurre, con rivali meno impossibili: la russa Gasparyan per Sara Errani e l’austriaca Paszek per la Vinci. Le altre pretendenti al successo finale potrebbero essere Sharapova, Halep, Muguruza, Kvitova, ma attenzione anche alla ritrovata Azarenka. Il tabellone maschile ha un uomo solo al comando: Novak Djokovic, il cui primo debole ostacolo è il coreano Chung. Il serbo, che da grande istrione interpreta se stesso in alcuni cortometraggi appena usciti sulla sua vita, ha trionfato a Doha demolendo Rafael Nadal, punta alla sesta corona australiana e non si vede chi possa fargli lo sgambetto. L’eterno Roger Federer, reduce da un’influenza, potrebbe trovare il n.1 in semifinale e la distanza al meglio dei cinque set lo penalizza; ma pensa sempre in grande e, salutato coach Edberg, ha scelto un altro esperto ex collega, Ivan Ljubicic. Nadal è in crescita, però a Doha ha subìto un brusco risveglio, mentre Andy Murray è distratto dall’imminente paternità. Appena starà per nascere il figlio, prenderà il primo volo per l’Europa: «Lo farei anche tra semifinale e finale, la famiglia è più importante del tennis». Guardando ai giocatori di casa nostra, avremo subito in campo Andreas Seppi contro Gabashvili (all’orizzonte un terzo turno con Djokovic) e Paolo Lorenzi, chiuso da Dimitrov. Martedì esordio non agevole per Fabio Fognini con Muller e per Marco Cecchinato con Mahut, più abbordabile per Simone Bolelli con Baker. E’ l’ultimo torneo in carriera per l’idolo di casa Lleyton Hewitt, 34 anni: la standing ovation sarà da brividi.

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L’Imbattibile e nuovi record: “Mai così forte” (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport – Inserto)

A volte, ci sono domande che non hanno bisogno di risposte. E, se nel tennis di questi tempi, ci si chiedesse “Dove eravamo rimasti?”, la risposta sarebbe “Sempre qui”, nell’epoca di Djokovic l’Imbattibile. Che a Doha, nell’unico torneo in cui l’anno scorso non aveva giocato la finale, ha cominciato la stagione come l’aveva finita. Dominando. Da Melbourne a Melbourne, Nole negli ultimi 12 mesi ha infilato 11 tornei vinti e 16 finali, accumulando sul secondo in classifica (Murray) un distacco record mai visto e dando l’impressione di poter cambiare ritmo di gioco e livello di intensità a piacimento, a seconda delle circostanze e della condizione dell’avversario. Un rendimento che lo avvicina ai grandi dominatori della storia del tennis nell’Era Open, dal McEnroe del 1984 al Federer del magico biennio 2006-2007, oppure al Nadal del 2010. Certo, resta quella ferita aperta, la sconfitta nella finale di Parigi contro Wawrinka, che lo ha privato della conquista del Grande Slam completo, ma lo strapotere con cui sta scrivendo i libri della storia del suo sport avverte che ci proverà anche quest’anno. Tanto che Mats Wilander ha già sentenziato: «Se Nole non perde in Australia, poi vince anche gli altri tre Major». Intanto, dopo la passerella in Qatar, il serbo non ha lasciato grandi speranze al resto della compagnia: «Io favorito? Il mio cammino dice così, anche perché a Doha penso di aver giocato il miglior tennis della mia carriera, molto vicino alla perfezione». A dire il vero il numero uno aveva aggiunto agli obiettivi 2016 anche l’Olimpiade, più che altro per evitare cali di tensione. Intanto, però, proverà ad incrementare i suoi record, dopo essere diventato il primo giocatore dell’Era Open a conquistare lo Slam australe per cinque volte. Del resto, ci sono tornei che per ambiente, clima, feeling diventano il luogo del cuore di un giocatore e Melbourne ha questo effetto su Nole: perché, nel 2008, è stato il suo primo Slam, grazie alla vittoria in finale su Tsonga. E se poi per altri tre anni è sempre stato considerato solo il quarto incomodo tra Federer, Nadal e Murray, la vittoria del 2011 ha cominciato a cambiare le prospettive e quella del 2012, la più lunga finale di sempre di uno Slam (5 ore e 57 minuti), gli ha fatto capire di essere approdato ormai nell’empireo. Ovviamente, ci sono anche ragioni tecniche e mentali: certamente la sosta invernale rigenera, ma tornare ai 3 set su 5 dopo quattro mesi richiede una preparazione atletica ideale e Djokovic è un maestro nel portare il suo fisico alla condizione perfetta nella pausa di fine stagione; al tempo stesso, il ritorno all’attività deve essere accompagnato da una grande solidità mentale per evitare i comprensibili cali di concentrazione e nessuno è più forte di lui nella gestione psicologica di un torneo così lungo. E anche se stavolta la famiglia non sarà con lui, solo Djokovic sembra poter battere Djokovic. Come accade ai solo ai fenomeni.

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Vinci: “La sbronza di New York non mi è ancora passata, ma qui vince Serena” (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport – Inserto)

L’ultima volta che ha partecipato a un torneo Slam le è cambiata la vita e ha, in qualche modo, cambiato la storia del nostro sport. Roberta Vinci da Taranto, con quella finale conquistata grazie alla vittoria su Serena Williams, è entrata nella storia. Lei e Flavia nella bolgia di Flushing Meadows per un’edizione che si ricorderà per sempre come quella in cui Roberta ha spezzato il sogno Grande Slam di Serena l’invincibile.

Roberta, è appena iniziata una nuova stagione, come si è ripresa dalla «sbornia» di New York?

Mica sono tanto sicura di essermi ripresa eh! Scherzo… Il tennis purtroppo ti fa vivere grandi emozioni quando si vince, ma dopo una settimana si ricomincia tutto da capo con un nuovo torneo e nuove avversarie. Bisogna ributtarsi in campo a capofitto con cuore e concentrazione. Sto cercando di affrontare questo torneo con tranquillità, come ogni torneo che ho giocato dopo gli Us Open, senza esaltazioni, non mi sento di certo Highlander.

Non è Highlander, ma con quella partita incredibile si è guadagnata l’attenzione e l’affetto di tanta gente.

Si, questo è vero. Lo tocco con mano ogni giorno. Quando sono in giro molte persone mi fermano per strada, mi riconoscono e faccio tante foto con loro.

Qualche previsione sul suo torneo? Le favorite?

Non ho mai fatto previsioni su di me prima di un torneo, ma come favorite dico Serena e Halep.

Serena Williams è praticamente ferma nei tornei ufficiali da quando lei l’ha battuta in semifinale allo Us Open. Pensa che partirà per ritentare il Grande Slam?

Serena è senza dubbio la giocatrice più forte del circuito, può fare certamente il Grand Slam.

Lei e il suo coach Francesco Cinà a volte siete protagonisti di confronti divertenti in campo.

Eh già, spesso facciamo siparietti però Francesco è riuscito a tirare fuori il meglio di me. Grazie a lui sono arrivata dove sono. Spesso non lo faccio parlare al cambio campo perché mi devo sfogare dal nervosismo ma lui mi conosce e sa come prendermi: con molta pazienza. Ne ha davvero tanta.

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Djokovic, Grande Slam ora o mai più (Piero Valesio, Tuttosport)

Le tavole della legge le ha ricevute, e non da ieri: ora resta da capire se raggiungerà la Terra Santa o se sarà condannato solo a vederla da lontano. Perché anche questo può succedere a chi deve svolgere un determinato ruolo in una sceneggiatura scritta da altri senza però poter completare quel ruolo. O almeno non arrivando a godere della gloria assoluta che quel ruolo avrebbe portato a supporre. Gli dei mal digeriscono, si sa, chi troppo si avvicina a loro e talvolta godono nell’imporre uno stop ai cammini altrui proprio sul più bello (leggi: Roland Garros). Quindi bisogna cercare di distrarli. Le tavole della legge sopra citate sono una metafora degli strumenti di cui Nole dispone per imporre al tennis mondiale altri undici mesi di dittatura assoluta. Strumenti che, tuttavia, non bastano da soli per garantire al serbo il raggiungimento del suo obiettivo. Che Note sia da tempo il più forte giocatore in circolazione è fuori discussione. La sua condizione fisica, supportata da una determinazione mentale degna di miglior causa, gli garantisce da sola il ruolo di dittatore. Non c’è bisogno di inventare magie quando si arriva sulla palla prima e con maggior freschezza di tutti gli altri. E quando il fondamentale più importante, il servizio, ti mette in condizione di strutturare il tuo gioco senza affaticarti. In più metteteci pure la condizione dei potenziali avversari: i primi della lista sono alle prese con la carta d’identità (Federer), la prossima paternità (Murray), i fantasmi interiori (Nadal). Non esattamente tre condizioni ottimali per infastidire uno che invece, quando scende in campo, si trasforma in Terminator. Dunque questo sarà l’anno del Grande Slam per il Grande Dittatore? Se il tennis fosse una somma di fattori esatti la risposta sarebbe sì. Ma non sarà così: perché si profila il peso delle attese le cui conseguenze non sono valutabili. Djokovic sa che condizioni come quelle di quest’anno difficilmente saranno ripetibili. Prima o poi qualcuno capace di essere più Djokovic di lui spunterà dal mucchio, ad esempio. Ma, se saprà distrarre gli dei, magari stavolta riuscirà ad arrivare su quello scranno su cui Rod Laver è assiso indisturbato da più di 40 anni.

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