Djokovic da record tra i fantastici 4 (Crivelli), «si, è l'anno di Djokovic» (Viggiani)

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Djokovic da record tra i fantastici 4 (Crivelli), «si, è l’anno di Djokovic» (Viggiani)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Djokovic da record tra i fantastici 4

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 2.02.2016

 

L’obiettivo dopo il sesto Australian Open, ha nel mirino i 17 Slam vinti da Federer «Difficile, ma niente è impossibile se continuerò a seguire il mio stile di vita» Riccardo Crivelli I1mondo non basta. E’ il motto di famiglia di James Bond. Novak Djokovic non è un agente segreto, ma certamente un uomo in missione. E probabilmente i suoi avversari vi diranno che da 15 mesi a questa parte, possiede pure la licenza di uccidere. Un campione senza confini e, addirittura, quasi senza limiti. Un dominatore, conscio che la gloria pub transitare e fuggirsene, e dunque occorre rimanere preparati, sempre: «I 17 Slam di Federer? Non sono lontani, ma nemmeno tanto vicini. Devo ancora lavorare molto per vincere e raggiungere quel record. Mi serve come motivazione per continuare a lavorare, come traguardo futuro da raggiungere. Ho 28 anni, sono al top e penso di poter ancora ottenere molto. Quanto non lo so, tante cose possono succedere, ma io continuerò a seguire lo stile di vita che mi ha portato dove sono ora. Se tutto rimane così, penso che nulla sia impossibile». PSICOLOGIA Un’altra frase simbolo, che a sua volta potrebbe diventare il mantra della stagione per lui e per altri tre fenomeni a caccia di primati e prestazioni mai viste, in un 2016 culminante con l’Olimpiade, il top per un atleta. Nole come Bolt, Phelps e la Vonn, fuoriclasse per i quali il mondo non pub bastare e l’unico limite è il cielo. Del giamaicano, Djokovic non possiede il talento naturale, innato, quello che fin da ragazzino mise Usain sulla mappa dei possibili signori dello sprint. E, oggi, quando tutti e due sono diventati icone planetarie, neppure la popolarità e l’amore sconfinato dei tifosi: una mancanza che Novak avverte sicuramente e maschera con aplomb, anche se un po’ ne soffre, perché più di lui gli appassionati palpitano ancora per Federer o Nadal. A Bolt, pere, accanto alla passione per il calcio (lui tifoso milanista, l’altro del Manchester United), che comunque non fa vincere, lo accomuna la straordinaria capacità di trovare la concentrazione non appena inizia la gara (nel suo caso, la partita), da cui discende un controllo assoluto delle emozioni; così, entrambi scardinano le certezze degli avversari fin da subito, li dominano psicologicamente, dal Gatlin di Pechino al Federer e al Murray di Melbourne (o al Nadal di Doha). MOTIVAZIONI Nole ci aggiunge, se vogliamo, la congenita propensione a non cedere per nessun motivo, forgiata dagli allenamenti sotto le bombe nei Balcani, ad esaltarsi nella battaglia, nel faccia a faccia con l’avversario. In questo, assomiglia semmai a Michael Phelps, che ha vinto gare (chiedere a Cavic…) che sembravano compromesse. Sicuramente diversi per carattere (il serbo è aperto e spontaneo, l’americano sostanzialmente un musone) e comportamenti fuori dallo sport, anche se entrambi sono legatissimi alla famiglia (genitori e moglie per Novak, madre e sorella per Michael), presentano tuttavia moltissime affinità agonistiche. A partire dalla scelta di rimanere con lo stesso allenatore per anni, che si aggancia a una formidabile etica lavorativa, perché i successi nascono soprattutto in allenamento…..

 

«Si, è l’anno di Djokovic»

 

Mario Viggiani, il corriere dello sport del 2.02.2016

 

Ci risiamo. Un anno dopo, Novak Djokovic schianta ancora gli avversari agli Australian Open e se li aggiudica per la sesta volta eguagliando il record che fin qui era tutto di Roy Emerson. E si candida al sempre più sospirato Grand Slam, quello riuscito solo tre volte nella storia del tennis, a Don Budge nel 1938 e e Rod Laver nel 1962 e nel 1969. Prima di Doha, la sua quaterna nei quattro tornei che contano era offerta anche a 10 contro 1. Prima di Melbourne, la quota era scesa anche a 5/ 1. E adesso, incisa nuovamente la prima tacca, non si trova a più di 4/1. Adriano Panatta ha commentato su Eurosport le due partite di Djokovic a questi Australian Open. Ne parliamo con lui, delle reali chance che ha il numero 1 del mondo di realizzare un Grand Slam che manca da 47 anni. Allora, ce la fa o non ce la fa? «lo penso proprio di sì. Vero che Nole ha fallito lo scorso anno, ma stavolta dovrebbe riuscirci. Sta esprimendosi da tempo su livelli di gioco straordinari, adesso è nettamente il più forte». D primo Slam 2016 è in bacheca. Come è messo, per gli altri tre? «I presupposti, ripeto, ci sono tutti. Vero che ancora non ha mai vinto al Roland Garros, ma quello dove rischia di più è Wimbledon, dove magari può beccare uno di quelli che servono da far male». CI riuscisse, accadrebbe più per reali meriti suoi o per demeriti degli altri top player? «In questo momento Djokovic è dominante, come prima di lui lo sono stati Nadal e in precedenza Federer. Certo, è vero anche l’altro discorso…». Parliamo anche degli altri, allora Di quelli che bene o male sono ancora i suoi avversari più validi, che con lui sono considerati ancora i “Fab Four’: «Murray è numero 2 del mondo, ha la stessa età del serbo, ma è anche quello che ha vinto meno di tutti a livello di Slam. E domenica contro Note ha perso l’ennesima finale in Australia: ha il suo stesso tipo di gioco, ma non dello stesso livello, e quindi ci perde. La classe e il talento di Federer sono immutati nel tempo ma ormai Roger ha gli anni che ha, si fanno sentire soprattutto in uno Slam quando c’è da giocare al meglio dei cinque set. Nadal non è competitivo come un tempo, ai massimi livelli, e soprattutto non mi pare che riesca a esserlo di nuovo». E dietro questi quattro? «Wawrinka è una scheggia impazzita, come si è visto quando ha vinto in Australia nel 2014 e al Roland Garros l’anno scorso: azzecca tornei perfetti come in quei casi, ma manca di continuità. Per il resto, in classifica è appena tornato al numero 6 Ferrer, un giocatore da ammirare per costanza e tenacia ma che non ha mai vinto uno Slam, e questo dice tutto: diciamo che riassume la situazione attuale». Bè, a Melbourne almeno c’è stato Raonic che per la prima volta s’è affacciato in una semifinale dl Slam. «Serve bene, è anche migliorato, ma sul campo si muove come si muove. I-ia un fisico più da giocatore di basket che da tennista». Proprio In Australia nello staff del canadese ha debuttato Carlos Moya: un altro ex numero 1 che fa il coach. «Essere stato un bel giocatore non garantisce di diventare anche un bravo allenatore. Però sicuramente uno come Edberg ha dato nuovo sprint a Federer e anche Becker sta contribuendo ai successi di Djokovic». Quando spunterà qualche nome nuovo? «Si pensava a Dimitrov, ma forse sta mostrando…

 

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