Murray nuovo principe del Foro Djokovic (Crivelli), Murray incanta Roma Djokovic si arrende (Clerici), Djokovic cede lo scettro Murray nuovo re di Roma (Lombardo), Djokovic cede lo scettro di Roma a Murray (Giua), Anche Djokovic si stanca Murray nuovo re di Roma (Semeraro)

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Murray nuovo principe del Foro Djokovic (Crivelli), Murray incanta Roma Djokovic si arrende (Clerici), Djokovic cede lo scettro Murray nuovo re di Roma (Lombardo), Djokovic cede lo scettro di Roma a Murray (Giua), Anche Djokovic si stanca Murray nuovo re di Roma (Semeraro)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Murray nuovo principe del Foro Djokovic

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 16.05.2016

 

Sotto gli scrosci intermittenti che fanno tanto taverne e whisky, Andy travolge Djokovic e gli infligge la prima, vera sconfitta da nove mesi a questa parte, e non ce ne vogliano il Federer del Masters, poi regolato in finale, il Lopez di Dubai, beneficiato dalla congiuntivite, o il Vesely di Montecarlo, aiutato dalla stanchezza del robot: questo botto pesa di più, perché terremota la stagione sul rosso a una settimana da Parigi e perché dalla finale di Cincinnati contro Federer ad agosto, Nole non si era mai più inchinato a un top ten. E poi c’erano i precedenti, 23-9 per il numero uno e quattro vittorie su quattro sulla terra. Nonché la sfida di appena una settimana fa a Madrid, con Djokovic al solito più determinato e feroce nei tre o quattro punti che decidono il destino vincente di una partita. Solo che per una volta è Muzza a travestirsi da Djoker, affondando tutto il peso delle sue bordate da fondo su un rivale con le gambe ammaccate da una settimana di durissime battaglie. Andy usa il servizio come una clava, ottenendo i primi 10 punti del match e conquistandone 11 su 12 con la prima nel set d’apertura: «Credo che la battuta sia stato il principale segreto di questa settimana, non tanto per i punti che mi ha consentito di ottenere, ma perché quando servo bene anche tutti gli altri aspetti del mio gioco migliorano: se tengo facilmente i miei turni, poi sono più aggressivo quando devo fare il break all’avversario». Novak, invece, stravolto da cinque giorni faticosissimi (è rimasto in campo 5 ore e 26′ complessive tra quarti e semifinale, contro le 2 ore e 33′ dello scozzese), perde spesso la misura dei colpi, non trova conforto nell’uso esagerato della palla corta e soprattutto si mette a duellare con l’arbitro (l’argentino Steiner, ndr) fin dall’inizio: «II problema non era la pioggia – rivela Djokovic – ma il fatto che si scivolava molto e nei primi tre game per quattro volte ho rischiato le caviglie. Si trattava solo di interrompere per qualche minuto e consentire che si mettesse a posto il campo». FAMOLIA Alla fine però, nonostante una sconfitta bruciante (e da doppio campione in carica), Nole avrà parole di zucchero: «Gli ho fatto gli auguri di buon compleanno e gli ho detto di godersi un po’ la famiglia». In tribuna, tuttavia, c’è solo mamma Judy, perché Kim e la figlioletta Sophia sono rimaste in hotel, dove si sono addormentate alle sette di mattina visto che la piccola non ne voleva sapere… Ci sarà tempo per lei, intanto papà diventa il primo britannico a trionfare a Roma dopo 85 anni (Hughes nel 1931) e interrompe la diarchia Nadal-Djokovic che imperava dal 2004 (Moya su Nalbandian): «Sono orgoglioso di aver vinto questo torneo, per tutti i grandi nomi che mi hanno preceduto. Sicuramente ero più fresco di Novak, ma contro di lui devi comunque giocare la tua miglior partita per riuscire a batterlo e a volte neppure basta. E immagino potrà essere orgogliosa anche mia figlia, quando si renderà conto di tutto questo: l’ultima cosa che ho fatto prima di entrare in campo è stato di guardare una sua fotografia». PROSPETTIVE E così, senza allenatore dopo il divorzio dalla Mauresmo che incredibilmente ha finito per caricarlo e deresponsabilizzarlo (ora lo segue l’amico Jamie Delgado, in attesa di nuove prima di Wimbledon), Muzza si presenta al Roland Garros da numero 2 del mondo…

 

Murray incanta Roma Djokovic si arrende

 

Gianni Clerici, la repubblica del 16.05.2016

 

Un amico, che mi dice di aver firmato a un bagarino una cambiale di settecento euro per penetrare al Centrale, riceve tutta la mia comprensione, tanto da farlo ammettere abusivamente (è un vero scrittore) alla Tribuna Stampa. Sotto un cielo privo di luce, con un vento che solleva onde accecanti di polvere rossa, assistiamo alla finale tra la campionessa del mondo, Serena, la nuova speranza americana Madison Keys. Dapprima entusiasta, l’amico lo diviene via via meno, sinché, alla fine del primo bruttissimo set, il delusissimo scrittore si spinge a domandarmi: «Ma è possibile che facciano tanti errori?». Li avevo rilevati anch’io, rispondo, ma, vergognandomi di non aver tenuto uno scout attendibile, prendo a contare. Conta e conta, mentre Serena gioca sinceramente male, e Keys sbaglia una quantità di servizi per colpa del lancio altissimo e del vento, giungo a un risultato che rimarrà forse tra i record. Sui 48 punti che consegnano a Serena il quarto dei suoi Internazionali d’Italia, qualcosa come 36 sono errori. Seguono simile scoraggiante match due celebrazioni. La consegna della racchetta d’oro, un’invenzione di un collega scomparso, Lino Cascioli, a Mima Jausovec (1976 ), dimenticata vincitrice, e al mio amico Stan Smith, per me indimenticabile vincitore di Wimbledon, oltre che Presidente della Hall of Fame. E, per rendere la giornata storica, vengono ricordati i nostri quattro eroi di Santiago del Cile 1976. Furono premiati in Cile indossando la cravatta della Hall of Clerici, un club di non facile accesso, ma mentre li applaudo, sono un po’ deluso che, dei viaggiatori a Santiago, sia rimasto solo io ad averla al collo. È seguita una finale contraddistinta da alcune componenti, tra le quali elencherei l’ottima forma di Andy Murray, a fronte della insufficiente condizione di un Djokovic costretto, per tre volte, a faticose vittorie di tre set. Nel tentar di immaginare il vincitore del torneo, ne avevamo discusso iersera con amici avveduti, e ci eravamo trovati d’accordo che gli avversari precedenti fossero stati molto più impegnativi per Nole, come Nadal e soprattutto Nishikori, che era andato vicinissimo a batterlo. serbo ha però dalla sua tali qualità di winner che avrebbero potuto aiutarlo a superare una condizione ancora insufficiente. Come l’ho visto però ricordare un lieve incidente alla caviglia, e discutere molto vivacemente con l’arbitro Stener, per il fastidio provocato dall’intermittente gocciolio, mi sono reso conto di quanto la sua concentrazione fosse oggi scalfita. Quanto ai colpi, va detto che, da una somma della loro lunghezza, come si fa al Roland Garros, Murray avrebbe certo guadagnato qualche centinaio di metri. Sono sempre più perplesso, per la presenza massiccia di televisioni e di cronisti, che possa esser utile riferire le semplici successioni del punteggio. Mi limiterò quindi a ricordare le sequenze indicative, nel primo set di 12 punti a 2, utile a condurre Murray in vantaggio di quattro giochi a uno, e la seconda, sempre in favore di Andy, da 1-2 a 4-2 nel secondo, con 14 punti a 8. Nel sottolineare che il due su tre, e il tre su cinque sono sport diversi quanto lo slalom gigante e quello speciale, il prossimo Roland Garros si annuncia più interessante, perché Nole non è certo solo, nell’essere il favorito. Murray, e anche Nishikori, l’hanno dimostrato.

 

Djokovic cede lo scettro Murray nuovo re di Roma

 

Marco Lombardo, il giornale del 16.05.2016

 

Fino una decina di giorni fa a Roma c’erano due certezze: il sole e Novak Djokovic. Ed invece alla fine gli Internazionali d’Italia, e con loro il numero uno al mondo, si sono consegnati ad Andy Murray, e pure abbastanza docilmente. Una delle finali più umide che il tennis ricordi ha dunque fatto un regalo allo scozzese nel giorno del suo compleanno e a sentire lui è la prima volta che lo passa vincendo, facile perfino. Perché il doppio 6-3 che ha concluso il torneo è arrivato quasi senza sorpresa ha regalato al tennis una nuova verità: anche Djokovic, ogni tanto, suda. E successo appunto ieri, in una partita figlia dello sforzo che il serbo aveva dovuto compiere per superare Nishikori nella semifinale di sabato conclusa a sera tarda non c’è stato infatti tempo per recuperare e poi la pioggerella fastidiosa che ha bagnato tutto il match, la terra rossa diventata perfida e un Murray molto sul pezzo, hanno fatto il resto. E in considerazione del fatto che nelle ultime undici edizioni avevano vinto solo Nadal (7) e Nole (4), capirete il perché di un’impresa. «Ho giocato una settimana perfetta e ho saputo approfittare del fatto che Nole era un po’ stanco» ha detto Andy dopo aver preso il trofeo dalle mani di uno Stan Smith che si è presentato per ritirare la Racchetta d’Oro alla carriera rigorosamente “Stan Smith” ai piedi. «Ho avuto tante ore e tante emozioni sul campo questa settimana, forse troppe per essere fresco – ha ribattuto Djokovic, seccato ma con garbo -. Non capisco solo perché il match non sia stato sospeso qualche minuto per mettere a posto il campo: era diventato fango e rischiavamo di farci male. Diciamo che l’arbitro ha voluto dimostrare la sua autorità su di me, gli faccio i complimenti. Ma, detto questo, Andy ha meritato di vincere». Giusto e cavalleresco. Co-si come avrebbe meritato miglior sorte il sorriso cavallone di Madison Keys, ma se alla fine di un match Serena ti dice «tu sarai la prossima numero uno del mondo» vuol dire che l’appuntamento è solo rinviato. La Williams ha vinto 7-6, 6-3, sfoggiando poi il suo italiano molto migliorato nelle interviste a bordo campo e in sala stampa, il tutto per dire in sintesi che per Parigi è pronta: «Mi sento bene anche se quest’anno ho giocato poco. L’importante è essere a posto al momento giusto». Ovvero questo, per sfortuna del resto del tennis femminile. Roma insomma chiude cosi, dopo giorni di grande entusiasmo e siparietti davvero gustosi. Menzione d’onore per i genitori di Djokovic, primi ad alzarsi in piedi ed applaudire dopo il punto vincente di Murray. Ed anche per l’idea di celebrare i campioni della Davis 1976, faticosamente radunati sul Centrale dopo una serie di trattative: G dove gli americani avrebbero fatto uno show, si è assistita ad una premiazione un po’ freddina, visti i veti incrociati di alcuni protagonisti. Ma mettere uno accanto all’altro Pietrangeli, Panatta, Ber-tolucci, Barazzutti e Zugarelli merita comunque un plauso. Menzione al contrario invece per i due presentatori scelti per le premiazioni: lei che insiste per far dire qualcosa in italiano a Murray suggerendogli un complicatissimo «ciao», lui che fa una domanda a Djokovic e poi non gli passa il microfono, provocando il sollecito spazientito del serbo. II tutto dopo aver presentato gli sconfitti delle finali come “il secondo classificato”. Attendiamo, a questo punto, una classifica finale.

 

Djokovic cede lo scettro di Roma a Murray

 

Claudio Giua, la gazzetta di Mantova del 16.05.2016

 

Dopo undici anni s’interrompe il duopolio di Rafael Nadal e Novak Djokovic, abituati dal 2005 a scambiarsi la corona di re di Roma sul Centrale del Foro Italico. Il nuovo corrispettivo tennistico di Francesco Toni è Andy Murray, da domani numero 2 della classifica ATP. Domenica scorsa nella finale del Masters madrileno il serbo numero 1 al mondo aveva sofferto per sconfiggere lo scozzese in tre set (6-2 3-6 6-3), ieri Andy ha sofferto poco e vinto facilmente in due set (6-3 6-3). Il ribaltamento di ruoli è conseguenza diretta a due accadimenti che si sono combinati negli ultimi giorni. Il primo è frutto di un processo cominciato molto tempo fa: l’uomo che odiava la terra fino al 4 maggio 2015 (giorno del suo primo successo “rosso” a Monaco di Baviera con Philipp Kohlschreiber, bissato la domenica successiva a Madrid con Nadal) è ora consapevole che nel Risiko tennistico globale i suoi territori non sono necessariamente solo coperti d’erba verde o di sintetico multicolore. Il secondo accadimento è conseguenza diretta del sorteggio per il tabellone degli Internazionali che ha riservato a Murray avversari di scarso peso mentre Djokovic ha penato negli ottavi con Thomaz Bellucci, nei quarti con Nadal e soprattutto nella semifinale con Kei Nishikori, finita sabato in tardissima serata. Non è epica né indimenticabile la finale tra Serena Williams e Madison Keys. Nonostante il blasone della numero 1 WTA e la voglia di emergere della numero 17 (da domani) il match è la fiera degli errori possibili e impossibili tra i quali trovano spazio rari intermezzi di gioco. Serena è poco mobile, reagisce in ritardo, è prevedibile, non riesce a trovare gli “strettini” che di solito le fruttano quindici a grappoli. Soprattutto, è fallosa: non riuscendo ad anticipare, spesso colpisce quando la palla è bassa e l’affonda a rete. Si affida al servizio, peraltro poco incisivo. Madison, all’inizio, è tutta un’altra storia.Ma il campione è quello che non si fa staccare nemmeno sulla salita più dura, che combatte e, alla fine. Così va nel primo set, che Serena vince al tie break. Il secondo set è per lei una passeggiata, deve solo preoccuparsi di sbagliare di meno e di tenere a debita distanza Keys. Il 6-3 arriva dopo 1 ora e 23 minuti e sancisce il diritto di Serena di appuntarsi al petto la quarta medaglia al valore del Foro Italico. II tennista Andy Murray ha festeggiato anche il suo 29esimo compleanno

 

Anche Djokovic si stanca Murray nuovo re di Roma

 

Stefano Semeraro, la stampa del 16.05.2016

 

Allora abbiamo un nuovo campione da terra battuta. Si chiama Andy Murray e ha compiuto ieri 29 anni regalandosi il primo successo a Roma, per giunta sul numero 1 del mondo Novak Djokovic, 6-3 6-3 in un’ora e 35 bagnata di pioggerellina fine fine, very british. L’ultimo, e unico, altro britannico capace di farcela agli Internazionali d’Italia era stato Pat Hughes, nel 1931. Meglio tardi che mai. In tutti i sensi. «La faccenda storica è bella, ma a me interessa di più che, dopo quello di tanti campioni più recenti, sulla coppa di Roma ora ci sia anche il mio nome», dice Andy, il primo anche a rompere un consolato romano di Nadal e Djokovic che durava ormai dal 2005. «In realtà ho sempre avuto le caratteristiche per giocare bene sul rosso, non sull’erba e sul cemento, e i miei coach me lo ripetevano; forse mi mancava la convinzione di poterlo fare. Da due anni invece la terra è diventata la mia migliore superficie (tre degli ultimi 5 tornei Murray li ha vinti sul lento, ndr), ed è una cosa che non mi sarei mai aspettato». L’Uomo Che Cadde sulla Terra, come avrebbe titolato David Bowie, insomma adesso ci crede. E lo si è visto anche da come, sotto gli occhi di un Totti molto ammirato, ha imbozzolato una versione peraltro non di primissima scelta di Djokovic. Cambi di ritmo, dropshot assassini, pazienza; angoli sapienti, servizi ben collocati; e persino una perfetta «veronica», giocata forse in onore di Adriano Panatta, onorato sul centrale a 40 anni dal suo magico 1976. La dedica ufficiale invece è andata alla moglie-mamma Kim e alla piccola Sophia Olivia, quattro mesi: quello al Foro è stato fra l’altro il primo trionfo di Murray da papà. Il bi-campione uscente Djokovic, va detto, a Roma è arrivato un po’ fané e si è ulteriormente esaurito negli ultimi tre giorni, passando in campo cinque ore e mezzo fra il quarto di finale con Nadal e la disidratante semifinale vinta con Nishikori alle 11 di sera di sabato, mentre Murray conduceva una serie di guerre-lampo. Ci eravamo abituati a considerarlo un Iron Man senza lati deboli, Nole, ma è fatto di carne (e pochissimo glutine) anche lui: ieri è andato rapidamente in tilt senza mai entrare veramente in partita. La vittoria di Murray riapre così ufficialmente i giochi per il Roland Garros, e regala a Roma la firma del terzo Fab Four dopo quelle di Nadal e Djokovic. Manca solo Federer, ormai. Chissà che non sia per l’anno prossimo. Meglio tardi, che mai.

 

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