Garbiñe Muguruza e la terra di nessuno - Pagina 3 di 3

Al femminile

Garbiñe Muguruza e la terra di nessuno

Alcune ragioni per cui la vincitrice dell’ultimo Roland Garros è una giocatrice più interessante da seguire di quanto potrebbe sembrare a prima vista

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Schiaffo al volo
Sappiamo che nel tennis contemporaneo non solo si è praticamente estinta la cultura del serve&volley, ma è anche meno diffusa la capacità di effettuare al meglio la volèe classica. E  Muguruza fatica molto su questo colpo. Però rispetto a qualche decennio fa, è stato introdotto (direi per merito di Andre Agassi) l’uso dello schiaffo al volo.
Lo schiaffo al volo è un colpo tecnicamente difficile: se il timing non è esatto la palla può finire ovunque tranne che in campo. D’altra parte offre anche vantaggi rispetto alla volèe classica: non richiede cambi drastici di impugnatura (per chi adotta le prese più estreme contemporanee) e nemmeno di staccare la mano per chi usa il rovescio a due mani. Ma l’aspetto più importante da sottolineare in relazione al tema Muguruza è che di fatto lo schiaffo al volo riduce la terra di nessuno, offrendo anche a chi si trova più distante dalla rete la possibilità di chiudere lo scambio con efficacia.

Colpi in controbalzo
In alcune situazioni (specie in uscita dal servizio) negli ultimi anni si cerca sempre più spesso di colpire in controbalzo a ridosso della linea di fondo: scelta utilizzata per evitare di dover arretrare e cedere troppo campo all’avversaria. Radwanska e Kerber, ad esempio lo fanno in modo molto spettacolare, ma anche altre giocatrici, senza ricorrere a piegamenti così estremi, adottano questo colpo sempre più frequentemente. Tutto considerato anche questa tecnica, se la si usa quando ci si ritrova con i piedi dentro il campo, è una opportunità per limitare l’estensione della terra di nessuno. In questo caso non rispetto alla rete, ma rispetto alla parte più vicina alla linea di fondo.

Tenendo presenti questi due colpi, penso che Garbiñe potrebbe cercare di assecondare la propria indole, promuovendo una piccola evoluzione nel gioco contemporaneo: un tennis di grande pressione che mira anche alla massima limitazione possibile della terra di nessuno. Rimane il fatto che in alcuni casi sarà obbligata a colpire anche con la volèe classica, che dovrà sforzarsi di migliorare; ma credo sia comunque un percorso meritevole di essere intrapreso.

A mio avviso c’è un’ulteriore caratteristica che potrebbe renderla in grado di sviluppare questo tipo di gioco: Muguruza ha la capacità di muoversi nel campo in diagonale. Questo è un aspetto spesso trascurato, eppure molto importante nel tennis di oggi. Mi spiego: quasi tutte le giocatrici si spostano in modo ortogonale, a 90 gradi; percepiscono le linee del campo come dei vincoli, e di conseguenza agiscono o in orizzontale (lungo la linea di fondo) o in verticale (verso la rete).
Invece Garbiñe sa muoversi in campo con molta più efficienza e libertà perché non percepisce il rettangolo di gioco come un confine: ci entra senza timori, e con gli spostamenti diagonali anticipa gli impatti sulla parabole quando sono meno profonde. Spostarsi in diagonale significa togliere tempi di gioco all’avversaria. Sono poche le giocatrici in grado di fare sistematicamente questo: tra chi sa farlo con grande maestria cito, ad esempio, Belinda Bencic e Victoria Azarenka.

Coincidenza interessante: l’attuale coach di Muguruza è Sam Sumyk, che per diversi anni è stato allenatore proprio di Azarenka; quindi Sumyk dovrebbe avere particolare competenza in questi aspetti del gioco. Non solo: nel proporre un tennis di grande pressione Vika e Garbiñe sono giocatrici con punti in comune. Quando l’anno scorso si sono affrontate a Miami hanno dato vita ad un match di altissimo livello, tutto costruito su questi aspetti. Credo però che la bravura di Sumyk si vedrà soprattutto in senso contrario: nel modo in cui saprà cioè riconoscere le specificità e le differenze tra di loro, e agire di conseguenza.

Spero di essere riuscito a spiegare perché da un po’ di tempo a questa parte seguo con interesse le partite di Muguruza, e il lavoro con il suo coach. Alla luce di tutto questo mi interessano invece relativamente i suoi alti e bassi stagionali: quelli possono determinare i risultati dei match, ma influiscono meno sullo svolgimento e sulle scelte tecnico-tattiche messe in campo.
Fino a che punto ci sarà spazio per assecondare l’aggressività territoriale di Muguruza? E Garbiñe, con l’aiuto di Sumyk, proverà a svilupparla ulteriormente? O invece andrà verso una normalizzazione del proprio gioco, cercando di tenere a bada l’istinto all’interno di schemi più ortodossi?

Difficile saperlo oggi. Non voglio sopravvalutare la questione: non si tratta di rivoluzionare il tennis. Ma se a Garbiñe riuscisse questa piccola evoluzione sarebbe comunque, secondo me, una significativa novità di gioco. Del resto ogni progresso, non solo nel tennis, potrebbe essere interpretato in questo modo: un piccolo avanzamento nell’esplorazione della terra di nessuno.

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