Nadal, decima finale alle 16 contro Zverev. Ma Djokovic è tornato (Scanagatta). La legge di Nadal (Crivelli). Vince Rafa, trionfa Nole (Viggiani). Zverev, ancora lui. Batte Cilic in 2 set e cerca il bis (Cocchi). Nadal e l’ottavo sigillo che manca da cinque anni (Azzolini). Ciao Sharapova. E la Halep in finale ritrova la Svitolina (Stoppini). Halep, la finale bussa sempre due volte (Viggiani)

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Nadal, decima finale alle 16 contro Zverev. Ma Djokovic è tornato (Scanagatta). La legge di Nadal (Crivelli). Vince Rafa, trionfa Nole (Viggiani). Zverev, ancora lui. Batte Cilic in 2 set e cerca il bis (Cocchi). Nadal e l’ottavo sigillo che manca da cinque anni (Azzolini). Ciao Sharapova. E la Halep in finale ritrova la Svitolina (Stoppini). Halep, la finale bussa sempre due volte (Viggiani)

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Nadal, decima finale alle 16 contro Zverev. Ma Djokovic è tornato (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

Rafa Nadal batte Novak Djokovic, come era ampiamente previsto dai bookmaker (la sua vittoria era data a 1,16 e quella di Djokovic a 5). Raggiunge così la decima finale qui a Roma, torneo che li spagnolo ha vinto già 7 volte. Affronterà oggi alle 16 Zverev che ieri ha battuto in due ore Cilic 7-6, 7-5. Ma la notizia è che Novak Djokovic, dopo un anno e mezzo tribolato fra infortuni e crisi psicologica, è apparso finalmente in recupero. Sarà pronto però per il Roland Garros? 3 set su 5 sono duri da digerire. Molto dipenderà dal sorteggio del torneo all’avvio domenica prossima e se gli sarà dato tempo di trovare la forma fisica e mentale durante le due settimane. Basta che non gli presenti avversari «similNadal» fino alle fasi finali, perché di Rafa ce n’è uno solo. Per tutto il primo set, perso soltanto al tiebreak — uno strano tiebreak vinto dal maiorchino 7-5 ma contrassegnato da otto minibreak — Novak ha giocato quasi alla pari con Rafa. Forse non il miglior Rafa, ma certo il miglior Novak da un anno a questa parte. Ciò anche se dopo 80 minuti — più o meno lo stesso arco di tempo nel quale anche Fognini era stato in partita con lo stesso Nadal — per il serbo si è accesa la spia rossa della benzina. Nadal, che nei primi tre turni di servizio ha perso 3 soli punti (sulla falsariga del duello con Fognini dal secondo set in poi) è salito sul 3-1, 4-2, 5-3 anche se l’ottavo game ha richiesto invece 12 punti (ma senza palle break). Quando Djokovic si è visto sfuggire quel game si è spento, come demoralizzato. Però non è stato, per il resto della partita giocata ad un ottimo livello, il Djokovic depresso degli ultimi tempi. C’erano di nuovo gli occhi della tigre nel suo sguardo, le urla di autoincitamento, la grinta, i sorrisini ironici sui propri errori evitabili del vecchio Nole. «E’ la mia miglior partita di quest’anno, ma ho giocato bene tutta la settimana, sono soddisfatto del mio livello» diceva lui e gli faceva eco Rafa: «L’ho visto giocare la settimana scorsa, e qui con Nishikori, mi sembra sia sulla buona strada». Resta il fatto che Novak ha perso 14 dei 20 scambi che sono andati oltre i 9 palleggi, segno a mio avviso — e l’ho fatto presente a Nadal — di una condizione atletica ancora imperfetta. «Secondo me è soprattutto un problema mentale — ha replicato Rafa — perché quando non devi esagerare nel concentrarti colpo su colpo, perché li giochi in automatico, ti stanchi molto meno». Beh, Rafa certamente i colpi li ha automatizzati al massimo. Un tempo faceva punti quasi unicamente con il dritto, ora serve anche sopra ai 200 km orari e gioca rovesci fantastici. In finale non avrà magari vita facile, ma è soprattutto sui 3 su 5 d’uno Slam sul “rosso” che Rafa sarà probabilmente imbattibile. Perché gli altri, mentalmente e fisicamente, si stancano e lui no. Li demolisce piano piano.

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La legge di Nadal (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Arde un po’ dell’antica fiamma, e per 71 minuti il tempo sembra fermarsi, restituendo il Djokovic dei tempi d’oro, l’uomo d’acciaio che tutto prende e tutto rimanda, capace di trasformare la difesa in offesa in una frazione di secondo. Ma alla fine della 51^ puntata della saga infinita tra lui e Nadal ride solo lo spagnolo, perché dopo un anno di tormenti e di incertezze, sublimate dal ritorno al passato con coach Vajda, a Nole mancano ancora un po’ di gambe e un po’ di convinzione per poter prolungare le ambizioni della partita oltre quel primo set sfumato in un tie break che regala sette punti contro il servizio. E poi il maiorchino a Roma continua a mostrare la sua faccia più feroce, quasi che la sconfitta di Madrid con Thiem che interruppe a 50 i set vinti di fila sulla terra rossa abbia finito per innestargli nuova linfa: nei momenti chiave della fine del primo set cresce in qualità e in aggressività, il punto con cui si procura il 4-3 nel tie break è un dritto all’incrocio che toglie il fiato per bellezza e precisione, mentre il set viene sigillato da una fulminante risposta di rovescio. Questo è Rafa, enorme nell’accrescere determinazione e concentrazione adeguandosi al valore e alle doti di chi gli sta di fronte. Il break nel terzo game del secondo set, il dritto e il rovescio incrociati sul 4-3 per lui che spengono le ultime velleità del serbo, calano il sipario su una sfida intensa, il 25° successo nei confronti diretti con il serbo e il 356° in un Masters 1000, uno in più di Federer: «Pochi punti hanno fatto la differenza — dirà Rafa, che torna in finale dopo quattro anni per inseguire l’ottavo sigillo al Foro — e quando il match è diventato molto ravvicinato, credo di aver avuto più determinazione, ho giocato più aggressivo con il dritto. Ma è stata una grande partita contro un grande avversario». I complimenti e la stima di un uomo che ti ha sfidato più di cinquanta volte, la forza seppur parziale di averlo obbligato a lungo a estrarre il meglio dal suo talento rappresentano tuttavia un balsamo per la voglia di rinascita di Novak: «E’ stata una partita di grande qualità, e ringrazio per il supporto del pubblico che praticamente mi ha consentito di giocare in casa. Nadal ha meritato di vincere, perché ha giocato i colpi giusti nei punti decisivi e alla fine si è rivelato il giocatore migliore tra noi due. Ma il fatto che ci sia stata così poca differenza, penso a un paio di punti nel tie break che avrebbero potuto venire dalla mia parte, è una grande notizia per me: da questa settimana posso estrarre solo cose positive». Ed era tempo che non accadeva: «Per tornare ad acquisire confidenza, c’è bisogno di giocare tanti match, per poter confrontare il tuo livello con quello di avversari formidabili come Rafa. Voltandomi indietro e ripensando all’ultimo periodo, questa è di gran lunga la partita migliore: e mi ero avvicinato al torneo senza nessuna aspettativa». La sua apparente resurrezione non stupisce Rafa: «Non sono sorpreso del suo rendimento, perché conosco le sue qualità. Quando torni da un lungo infortunio, non è mai facile recuperare le sensazioni e la condizione di prima, ma non ho mai avuto dubbi su di lui: se vuole giocare, è perché è consapevole di poter tornare ai livelli di prima. Io penso che sarà pronto per essere un grande avversario a Parigi». Novak, di rimando, considera Rafa largamente favorito per l’11^ passerella al Bois de Boulogne, ma intanto il maiorchino occhieggia a una vittoria romana che manca dal 2013 e che porterebbe in dote anche il ritorno al numero uno in classifica, per la sesta volta in carriera: «Dirò una cosa banale, essere numero uno è più bello che essere numero due, ma nei miei pensieri non c’è quell’obiettivo. Se mi guardo dentro, la motivazione è di tornare a vincere questo torneo, perché è uno dei miei preferiti e perché sarebbe un altro titolo importantissimo. Conquistare Roma un’altra volta, nella mia mente c’è solo questo». Otto volte re: preparate i libri di storia.

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Vince Rafa, trionfa Nole (Mario Viggiani, Corriere dello Sport)

Gli Internazionali BNL d’Italia ritrovano Rafa Nadal in finale dopo tre anni di assenza, il tennis ritrova Novak Djokovic. Il Centrale del Foro italico è esploso ieri di tifo e passione per il “Clasico” numero 51, avvincente come le sfide dei tempi migliori, quando lo spagnolo e il serbo avevano messo da parte Roger Federer e spesso e volentieri se la giocavano tra loro, al punto da essersi appropriati del record del maggior numero di match disputati tra due giocatori nell’Era Open. Il match di ieri era arrivato quasi a sorpresa, dopo i dolori e le difficoltà passate e recenti del serbo, il quale negli ultimi tempi era solo sembrato il campione di sempre. E invece proprio a Roma, nel torneo da lui vinto quattro volte, Djokovic alla fine è sembrato uscito dal tunnel: ha perso per 7-6 6-3, ma se l’è giocata alla pari con Nadal, che sul rosso è sempre il Signore della Terra. In una partita intensa è stato Rafa a spuntarla, riducendo al minimo lo svantaggio nel bilancio del “Clasico”: adesso è sotto 25-26. L’ha spuntata per pochi punti (68 a 60), aggiudicandosi prima un anomalo tie-break, nel quale i due hanno faticato a far valere il servizio (8 punti sugli 11 totali strappati all’avversario), e poi un secondo set nel quale Nole di fatto s’è imposto da solo il break (a zero) nel terzo game, con ben tre errori galeotti sotto rete sul pressing e sui recuperi pazzeschi di Nadal, e poi non è riuscito a guadagnarsi una chance per il recupero, arrendendosi infine dopo 1h56′ in cui è stato però solido al servizio ed efficace con il rovescio. Nadal non vede l’ora di disputare la sua decima finale romana. «E’ vero, la vittoria mi consentirebbe di tornare numero 1 del mondo, ma a me preme soprattutto conquistare questo torneo per l’ottava volta. E bello arrivarci dopo aver ritrovato Novak come grande avversario: abbiamo disputato una grande partita, con pochissimi errori. Io sono stato bravo a cambiare ritmo, in particolare con il dritto, sia nel tie-break che nel secondo set. In ogni caso, mi fa un enorme piacere che lui abbia ritrovato il suo miglior tennis: abbiamo giocato alla pari e mi pare che sia pronto anche lui per il Roland Garros. Questa è stata sicuramente la sua migliore settimana dell’anno: non era facile, mentalmente, tornare al miglior rendimento, quando hai tanta pressione addosso, ma Novak è stato bravo a non mollare ed eccolo di nuovo qua». Dal canto suo, Djokovic lascia Roma contento e soddisfatto. «C’è stata poca differenza di rendimento tra noi, e questa è la cosa più importante. Rafa è stato appena più efficace di me nei momenti più importanti, ma il mio livello di gioco è tornato molto alto, contro il giocatore più forte di sempre sulla terra, attualmente in gran forma. A questo punto non mi resta che continuare così, per puntare con chance al Roland Garros e agli altri tornei importanti». Da Nole parole di grande affetto per Roma e il suo pubblico. «Sono fantastici, tutti quanti. Ogni anno è così, ma stavolta è stato speciale. Un grazie a loro per questa settimana fantastica che mi rilancia definitivamente, hanno creato un’atmosfera speciale per me e per Rafa».

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Zverev, ancora lui. Batte Cilic in 2 set e cerca il bis (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Provaci ancora Sascha, ma stavolta di fronte non c’è il Djokovic in dismissione dello scorso anno. Oggi c’è il più grande di tutti i tempi sulla terra, in doppia cifra a Montecarlo, Barcellona, Roland Garros e affamato di terra romana. Sono 5 anni che il maiorchino non solleva il trofeo degli Internazionali e dopo lo stop di Madrid, sicuramente la sua fame si sarà moltiplicata. Dopo la maratona notturna contro Goffin in semifinale, Zverev ha piegato Marin Cilic nella semifinale serale del Centrale 7-6 (13) 7-5. Per il tedesco numero 3 al mondo, che ha compiuto 21 anni il 20 aprile, sono così cinque le finali Masters 1000 sugli ultimi dieci eventi giocati. Il povero Marin ci aveva sperato di conquistare la finale sulla terra per la prima volta, ma sarà il ragazzone di Amburgo a giocarsi il bis contro Nadal. I precedenti col fenomeno di Manacor sono poco incoraggianti: Rafa ha vinto 4 scontri su 4. L’ultimo è stato in coppa Davis un mese e mezzo fa, quando lo spagnolo tornava da cinque mesi di stop per l’infortunio alla gamba destra. I due bombardieri ne hanno fatte di tutti i colori, tra servizi a 222 chilometri all’ora ed errori gratuiti che più gratuiti non si può. Il primo set dura un’ora e un quarto. Match in sostanziale equilibrio, che potrebbe però segnare la svolta all’undicesimo game, con Zverev che si ritrova con tre palle break, ma non ne approfitta. I due vanno al tie break, una fiera degli orrori. Zverev vola facilmente 4-0, ma viene risucchiato in un amen dal ragazzo di Medjugorie. I due fanno a gara a sprecare set point (alla fine saranno 5 per il croato, mentre Zverev si prenderà il set alla quarta occasione), e quello che sembra risentirne di più, almeno dal punto di vista psicologico, è il 2lenne che polemizza con l’arbitro per una chiamata, poi sbatte la racchetta e fa i capricci, torna al suo angolo tra i fischi, polverizza l’attrezzo di gioco, si prende un warning e torna in campo. La paura di sbagliare rende i due sempre più vulnerabili, e il primo a commettere l’errore decisivo è Cilic, per il 15-13 del tedesco. Zverev nell’intervallo si fa trattare spalla e schiena. Quando si riprende, perde subito il servizio e deve rincorrere. Ma nell’ottavo game fa il break e si riporta in corsa. Da lì cambia marcia e strappa il servizio a Cilic nel 12° game per chiudere 7-5. Chiamatela spavalderia, o arroganza dei vent’anni, ma Alexander non è uno che ha paura delle sfide, merito anche della striscia positiva che lo vede a quota 13 match vinti di fila. Oggi l’impresa non sarà agevole, ma come Nadal ha vinto 16 delle ultime 17 partite: «Sulla terra con Nadal non posso essere il favorito, ma sono felice di potermi battere a buon livello». Da grande però, vuol essere come Rafa e Roger, gli intoccabili: «Sono ancora molto lontano da loro — ha detto con un guizzo di umiltà — devo dimostrare ancora molto, sia dentro che fuori dal campo». Magari a cominciare da oggi.

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Nadal e l’ottavo sigillo che manca da cinque anni (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Rafa ha i colori della Roma, e un regalo da consegnare alla città che l’ha conosciuto bambino e gli ha insegnato a battere Federer. Terra rossa e maglia arancione, l’aria da lupetto famelico l’ha sempre avuta, così come i modi nobili e fieri di chi su queste terre, comanda. Il regalo è semplice, però ben confezionato. La finale. La decima in un torneo che non ha mai visto Rafa perdere in semifinale, a sottolineare un altro di quei record che non hanno quasi senso, che solo Federer e Nadal riescono a cucirsi. Tutto qua, vi chiedete? Rafa a Roma ha già vinto sette volte, dove sta la sorpresa? Mettiamola così, si tratta di un ritorno, ma non era scontato che Nadal fosse in grado di coglierlo e di fatto negli ultimi anni non vi era riuscito. Rafa non vince a Roma dal 2013 (ultima finale 2014), e dal 2015 non varcava la soglia dei quarti. Ha sempre affrontato il torneo per vincerlo, ma con il passare degli anni il filo che lega i tornei della storia europea, da Monte-Carlo a Parigi passando per Barcellona, Madrid e Roma, si è fatto più incerto, intralciato da inciampi prevedibili: età, infortuni, fatica. L’insistenza con cui Rafa sta cercando l’ottava festa romana, dunque, gli fa onore. Sono energie preziose quelle che lo spagnolo mette, e le sue battaglie non sono banali. Costano impegno e sudore. Ma Rafa, quest’anno, si gode felice record assurdi, le 11 vittorie nel Principato, le 11 di Barcellona, ora vuole Roma e Parigi, la grande accoppiata che ha già firmato sei volte, quattro più di Borg. Vuole l’undecima pure al Roland Garros, e non rinuncia a dimostrare a Djokovic che lui non è più una facile preda, come sembrava fosse diventato nel biennio 2015-2016. Certo, Nole ha fretta di tornare a vincere qualcosa, vuole frenare la discesa in classifica che da lunedì lo vedrà oltre il 20° posto. È in ripresa, ma non gioca più come negli anni belli, non inganni la resistenza contro Rafa nel primo set. Quando governava, il Djoker tirava quattro dritti e un rovescio, aggirava la palla, velocissimo e instancabile, per affondare il dritto anomalo e spostare Rafa fuori dal campo. Oggi gioca un dritto e un rovescio, ieri per la verità molto bene, ma è più prevedibile. Rafa ha avuto un passaggio a vuoto, dal 4-2 ha accettato un pericoloso tie-break. Ma lo ha sbrigato con grande forza d’animo, che Nole ora non sempre mostra. Il secondo set è andato via facile. «Lui bene, è in crescita, ma io a Roma tengo troppo», dice Rafa. «Non sono lontano, sto riscoprendo sensazioni magnifiche», si consola Nole. In finale Rafa trova uno stanco ma sempre tosto Sascha Zverev, detentore, che ha piegato Cilic per superiore freddezza. Ma il giovane tedesco ha perso 4 volte su 4 sul rosso contro Nadal.

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Ciao Sharapova. E la Halep in finale ritrova la Svitolina (Davide Stoppini, La Gazzetta dello Sport)

Da queste parti, quando si dice che «vai a cercare Maria per Roma», è un po’ come dire che stai tentando l’impossibile. Ecco, Maria per Roma l’ha trovata (e battuta) Simona Halep. L’ha trovata dopo un primo set che Sharapova aveva vinto a suon di botte da fondocampo. Simona è però uscita dal tunnel che la porta dritto dritto alla rivincita: un anno dopo, gli Internazionali dell’Est — prima volta a Roma con quattro semifinaliste provenienti dall’Europa orientale — se li giocano ancora Halep ed Elina Svitolina. La prima per dribblare la scaramanzia e vincere il 17° torneo della sua carriera, la seconda per cominciare a scegliere un tatuatore a Roma. «Eh sì, sarebbe davvero speciale vincere qui per il secondo anno consecutivo — ha raccontato l’ucraina dopo aver battuto secondo pronostico Anett Kontaveit —. Il mio livello di tennis ora è ottimo, ma non sono soddisfatta al 100%: per esserlo devo vincere la finale. E se riuscirò un giorno a trionfare cinque volte in questo torneo faccio una promessa: farò un tatuaggio qui a Roma». Vorrebbe dire eguagliare il record di una certa Chris Evert. Vorrebbe dire, soprattutto, aver lasciato a piedi ancora una volta la Halep, che ieri ha giocato la sua prima vera partita degli Internazionali, dopo aver perso appena sei game negli unici due turni davvero giocati. Se non è stata tutta qui, è stata anche qui la differenza tra Simona e Masha, che arrivavano a questo match con le gambe segnate da 9 ore e 48 minuti di gioco — quelle della russa — contro appena le due ore e 14 minuti della romena. In soldoni: aveva giocato più Sharapova in un match (quello con Ostapenko) che Halep in tutto il torneo. «E’ vero, il mio totale di ore giocate era maggiore, ma in campo credo di aver gestito bene questo svantaggio», ha detto Sharapova. La partita s’è decisa in fondo ad altri tre set, altre due ore e 23 minuti, in cui a Maria è riuscito quasi tutto, pure qualche recupero di dritto con la mano sinistra. Masha lascia il Foro Italico con la forte sensazione di essere tornata la tennista del pre squalifica, chissà se addirittura al livello di quei cinque Slam vinti. «Ci sono un sacco di cose positive che mi porterò via da Roma», ha raccontato Masha. Dentro una partita in cui i turni di servizio sono sembrati un dettaglio — 19 break su 27 game totali, addirittura 9 su 10 nel primo set —, il match s’è paradossalmente giocato sulla battuta che Halep, a lungo nervosa al riguardo con il suo coach, è riuscita a mantenere nel nono game del terzo set. «E’ vero, la mia non è stata una grande prestazione al servizio», ha spiegato Sharapova. La rivalità tra le due, dunque, si fa più ricca. Prima dello stop della russa per la squalifica, i precedenti tra le due erano di 6-0 per Masha, dal rientro siamo 2-1 per Simona. «Alla fine ho esultato tanto, è vero, perché sono troppo felice per questa vittoria — ha detto Halep —. Ho fatto un grande lavoro, questo è stato il mio miglior match sulla terra». E un altro all’altezza ne servirà oggi contro Svitolina. Un anno fa Simona perse un match che aveva in pugno e non solo per colpe sue. Per molti è una perdente di successo, ma Roma 2017 le sfuggì (anche) per un infortunio al piede destro nel corso del secondo set. «Ecco, ho una grande opportunità, sarà bello giocare contro Elina — ancora la romena —. Spero solo che stavolta non ci si metta di mezzo un infortunio… Al di là di tutto, non importa quale tipo di gioco farà l’avversaria. Io devo pensare al mio, restare concentrata e pensare solo a me stessa. Questo è un torneo speciale, qui gioco sempre volentieri. E non parlatemi del Roland Garros, la testa è solo alla finale». Ci mancherebbe altro. Anche perché i precedenti non sono favorevoli a Simona: Elina è avanti 3-2. E a parole ha detto di non aver paura della pressione: «E’ dall’inizio del torneo che la gente mi chiede di giocare una nuova finale. Ecco, mi è rimasta davanti una sola partita, l’ultimo sforzo: farò di tutto». Sensazioni? Ci sarà da divertirsi.

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Halep, la finale bussa sempre due volte (Mario Viggiani, Corriere dello Sport)

Signore e signori, si replica. Oggi, come lo scorso anno, saranno ancora Simona Halep ed Elina Svitolina a contendersi gli Internazionali BNL d’Italia femminili. Tra le donne peraltro non è la prima volta che a distanza di un anno va in scena la finale dell’edizione precedente: è accaduto quattro volte e in tutte le occasioni chi s’è aggiudicata il primo confronto (Smith, Evert, ancora Evert e Sabatini) ha replicato nel secondo (Turner, Navratilova, Ruzici e Seles le sconfitte). Una cabala che dovrebbe (o potrebbe), portar bene alla Svitolina. Va anche detto però che la Halep in quella circostanza rimediò un fastidiosa storta alla caviglia destra, nel primo set, e l’infortunio condizionò non poco il suo rendimento per il resto dell’incontro. Lo scorso anno Simona arrivò in finale da numero 4 del mondo e ora invece è addirittura 1, pur non avendo ancora conquistato alcuno Slam. La Svitolina invece allora era 11 e adesso è 4. Ieri hanno rispettivamente eliminato Maria Sharapova, ritrovata in pieno come Novak Djokovic (solo che la sua dissoluzione stava soprattutto nella squalifica per il caso-meldonium), e Anett Kontaveit, non ancora migliorata al punto da meritarsi una finale di Premier 5. A proposito della Svitolina, va detto che in carriera è stata capace già due volte di ripetersi a distanza di un anno nello stesso torneo. C’è riuscita infatti a Baku (2013 e 2014) e soprattutto a Dubai (2017 e 2018), altro Premier 5. E in camera ha vinto 11 delle 13 finali disputate di cui le ultime 7 consecutivamente. «Una finale mette sempre tanta pressione perché è l’ultimo gradino prima del successo finale, ma l’importante è avere l’approccio mentale giusto e non pensarci». La Halep è altrettanto felice di essere nuovamente all’ultimo atto a Roma. «Questo è il torneo che è stato il mio trampolino di lancio e spero proprio di vincerlo, stavolta. Ho portato a casa una gran partita contro la Sharapova e contro di ripetermi contro la Svitolina. L’importante è che fili tutto liscio, non come l’anno scorso…». Il riferimento all’infortunio è puramente voluto.

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