Simona Halep, lo spazio e il tempo - Pagina 4 di 4

Al femminile

Simona Halep, lo spazio e il tempo

Analisi del gioco della vincitrice del Premier di Montreal, fortissima per alcuni aspetti ma anche con alcuni limiti sorprendenti

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Un tentativo di interpretazione
Penso che ogni giocatrice di altissimo livello abbia le proprie specificità, e dunque per cercare di descriverla non sempre le categorie più comuni sono quelle più adatte. Halep lo conferma: è una attaccante o una difensivista? Dovessi rifarmi ai commenti dei lettori di Ubitennis sarebbe impossibile stabilirlo, visto che su di lei ho letto descrizioni agli antipodi. Forse la causa di questa discordanza sta nel fatto che si prova a raccontarla da punti di vista impropri, che non consentono di mettere a fuoco le sue caratteristiche profonde.

Secondo me Simona non è né una attaccante né una difensivista, e non credo che possa essere il numero di vincenti che produce (più o meno alto a seconda dei match) che può dirimere il giudizio. Semplicemente nel suo caso non penso siano le categorie che la identificano nel modo migliore. Piuttosto la definirei una regolarista, una giocatrice in grado di produrre un tennis di livello molto alto e molto stabile;  le variazioni statistiche dipendono quindi soprattutto dal genere di avversaria che affronta.
Da regolarista il suo tennis si pone come una specie di unità di misura: costante e invariabile. Di conseguenza quando scende in campo contro chi non è in grado di esprimersi alla sua velocità o intensità, Halep finisce per prendere l’iniziativa e ottenere più vincenti. Mentre quando scende in campo contro chi spinge ed è in grado di far viaggiare la palla più velocemente di lei (ma non sono in molte), allora risulta più orientata al contenimento. Ma non è tanto Simona che cambia, né tanto meno il giudizio su di lei: cambia l’avversaria.

C’è un altro aspetto che mi sembra interessante nella valutazione complessiva di Halep. Ho l’impressione che il diverso apprezzamento nei suoi confronti, più o meno alto, possa essere un modo indiretto per capire che cosa ci piace di più del tennis.
Se amiamo le geometrie, la loro articolazione, la costruzione dello scambio alla ricerca degli spazi vuoti o del contropiede, in Simona troveremo una interprete di altissima qualità. Perché, come detto, non è solo una esecutrice sopraffina, ma è anche molto ricca nello sviluppo del gioco nello spazio: ogni angolo, ogni direzione da fondo appartiene al suo repertorio, e con queste capacità stimola in noi spettatori il gusto per il tennis più geometrico.
Se invece amiamo un tennis più sviluppato attraverso le variazioni di ritmo, le soluzioni che si svincolano dalla regolarità del metronomo di gioco, magari con un certo grado di improvvisazione, inevitabilmente finiremo per preferire altre giocatrici; perché sotto questi aspetti ci sono tenniste che offrono più di Simona.

Fin qui l’interpretazione di quello che vediamo in campo. Il passo successivo sarebbe provare a capire perché ci troviamo di fronte a una giocatrice tanto creativa e ricca in alcuni aspetti del gioco (spazio) quanto scarna e avara in altri (tempo). Anche perché sappiamo che è in grado di eseguire colpi e schemi differenti rispetto a quelli governati dai due topspin di base. Perché decide di utilizzarli raramente? Anche se da osservatori esterni è impossibile arrivare a conclusioni certe, propenderei per due spiegazioni, che non sono in contraddizione e potrebbero anche convivere tra loro.

La prima spiegazione è caratteriale. Le testimonianze di coloro che lavorano con Simona o l’hanno conosciuta da vicino, ce la descrivono come una professionista estremamente seria, metodica, esigente con se stessa; alla continua ricerca del miglioramento, fino al limite del perfezionismo. Forse proprio questo perfezionismo potrebbe portarla a considerare (più o meno consciamente) la variabile tempo non come una opzione positiva, ma piuttosto come una perturbazione del proprio mondo tennistico, fatto di geometrie, angoli e direzioni accuratamente gestite e controllate.

Un paio di esempi. Quando si esegue una smorzata, se non si ottiene il vincente diretto si rischia di entrare nella sfera dell’irrazionale: spesso dopo un drop-shot l’avversaria corre in avanti, aggancia la palla in extremis e cerca innanzitutto di mandarla oltre la rete, in qualsiasi modo. E da quel momento in poi possono svilupparsi situazioni imprevedibili, corpo a corpo, rincorse in avanti e indietro: scambi in cui la palla si muove senza un progetto, spinta dall’emergenza. È il dominio dell’improvvisazione: l’opposto del mondo logico e totalmente sotto controllo di una perfezionista come Halep. Se non si trattasse solo di tennis, si potrebbe prendere in considerazione la dicotomia fra apollineo e dionisiaco.
Nella finale di domenica scorsa contro Sloane Stephens, Simona ha giocato “alla Halep” per gran parte del match, salvo un passaggio tra la fine del secondo set e l’inizio del terzo, nel quale ha utilizzato alcune palle corte. Su uno dei set point del secondo set ha fatto ricorso sia a delle moonball che alla smorzata: è stato nel frangente in cui sembrava essere in un momento di difficoltà fisica. In pratica solo quando le sue normali certezze (atletiche e mentali) erano messe in dubbio ha provato ad allungare e/o accorciare i tempi di gioco, avventurandosi su un terreno diverso dal solito.

La seconda spiegazione potrebbe essere legata alla collaborazione con il suo allenatore, Darren Cahill. Potrebbe essere lui a spingerla ad adottare queste scelte. Magari ha valutato che questo modo di condurre il match risulta per Simona il più redditizio sia sul piano tecnico che mentale. O magari sono le analisi e i numeri post match ad aver portato lo staff tecnico a conclusioni che inducono Halep a ricorrere a certe soluzioni di gioco evitandone quasi sistematicamente altre. Impossibile saperlo con certezza.

Per quanto mi riguarda, come spettatore sono sempre per la massima varietà; per cui mi piacerebbe vedere da parte di Simona il tentativo di applicare la stessa creatività che mette nell’uso dello spazio anche sul piano del tempo. Ma forse è pretendere troppo. Del resto anche così è già la numero 1 del mondo.

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P.S. Una avvertenza rispetto alla scelta dei video. I filmati vanno intesi come semplici riferimenti, come un completamento rispetto a quanto descritto nel testo; ma non è su quegli specifici esempi che si basa l’analisi.

Questo è l’articolo di approfondimento che avevo preannunciato nel pezzo dedicato alla vittoria di Simona Halep al Roland Garros 2018.

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