Grand Slam, parte terza: Wimbledon - Pagina 2 di 2

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Grand Slam, parte terza: Wimbledon

Nuovo appuntamento con il racconto più intrigante di tutta la off season. I protagonisti della nostra storia si spostano sull’erba londinese e il mistero si infittisce

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Il trofeo dei Championships - Wimbledon 2018 (foto @Sport Vision, Chryslène Caillaud)
 

Tennis Integrity Unit Headquarter, Roehampton – Lunedì 7 Febbraio

“Signor Veyveris…”. “Buongiorno Yura. Ha passato un buon weekend?” “Buongiorno. Ottimo grazie. Ho indagato come lei suggeriva riguardo alla casa fornitrice per gli orologi del signor Kiraly”. “Cosa dicono?” “Non c’è nessuno sponsor.  Il tennista indossava un orologio a ogni match per sua scelta personale, non per obblighi di contratto”. “Questo cambia qualcosa nelle nostre indagini?” “Ci permette di scartare qualche ipotesi. Per esempio quella del furto. Kiraly non giocava con un orologio di valore. Ho controllato i prezzi online, oscillano fra i 50 e i 70 euro”. “Sicuramente adesso potrà comprarne uno di maggior lusso”. Chiosò Connor. L’investigatore non pareva granché convinto della pista dell’orologio. Ora che anche i controlli più approfonditi avevano negato l’esistenza di inusuali giri di scommesse, l’inchiesta per lui era chiusa e non vedeva l’ora che l’attenzione mediatica sul caso calasse, per tornarsene a indagare sulle sue amate combines a livello Futures.

“Scusi se la disturbo ulteriormente. Ora che sappiamo che l’orologio sparito non era un pezzo unico, né di valore, né personalizzato, un’altra opzione si apre”. “Quale sarebbe?” “Un orologio in commercio può facilmente essere sostituito con un pezzo identico”. “Vediamo se ho capito: mi sta dicendo che qualcuno avrebbe rimpiazzato l’orologio di Kiraly prima della finale con un pezzo identico per poi farlo sparire a fine partita?” “È possibile”. “E a che pro?” “Non lo so, possiamo indagare ulterior…”. “Cara Yura, conosce il rasoio di Occam?” Fece Connor dondolandosi sulle gambe posteriori della sedia come suo consueto. Era il segnale che stava mettendo quel briciolo di interesse in più nella conversazione, solitamente con lo scopo di chiuderla il prima possibile.

“No, signor Veyveris”. “È un principio del metodo scientifico: ‘A parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire’. È inutile formulare più ipotesi di quelle che sono necessarie per spiegare un fenomeno, quando quelle disponibili sono già sufficienti”. “Non lo conoscevo”. “Prende il nome da Mister Occam, un tizio cui cambiarono il rasoio elettrico prima di radersi con uno difettoso, e si prese la scossa”. “Sul serio?” “No signorina Sung, la sto prendendo in giro. Era un filosofo medievale. Era per dirle di non complicare troppo le cose. La spiegazione che lei propone è da romanzo giallo. Supposizioni eccezionali necessitano prove eccezionali. Mi trovi quelle prove e possiamo tornare a parlare di orologi magici”.

Magazzini Harrods, Kensington, Greater London – Sabato 2 Luglio

“Signor Siles, congratulazioni per la sua vittoria di ieri e grazie per la sua disponibilità in un momento così importante”. “Si figuri. Mi ero dato disponibile per l’evento quando non sospettavo affatto che avrei raggiunto la finale. E poi noi tennisti nei nostri day-off abbiamo bisogno di un po’ di svago”. “Il suo manager sarà qui a momenti. Io sono Priscilla Firth e l’assisterò durante le prossime due ore. Come sa non è obbligato a firmare autografi tutto il tempo, le chiediamo semplicemente di interagire con i clienti e a mezzogiorno in punto chiuderemo la sessione con una piccola sorpresa e un rinfresco”. Ah, la celebrità. Per Erwin Siles si era aperto un mondo non solo di vittorie, premi e riconoscimenti, ma anche di interviste, servizi e comparsate come quella odierna. Era cresciuto in un Paese senza libertà di stampa, era finito in un sistema senza libertà dalla stampa.

Per respirare un po’ di normalità, aveva fatto la stessa cosa dell’anno prima, quando ai magazzini Harrods ci andò da semplice turista curioso. Aveva preso la Tube fino a Marble Arch e attraversato Hyde Park a piedi. Ma anche lì lo avevano riconosciuto. Passanti, utenti della metro, persino un affabulatore di Speakers’ Corner lo aveva invitato a condividere con lui il piedistallo per dire qualcosa alla folla. Ma non aveva tempo se voleva essere all’appuntamento per le 10. Aveva organizzato tutto il suo manager, lui doveva solo andare lì, fare il simpatico, posare per i selfie, osannare Harrods ed intascare cinquemila sterline. Più o meno quello che guadagnò con il suo primo Futures di livello a Newcastle.

Una giovane con un registratore si avvicinò. “Signor Siles, posso farle qualche domanda?” “Buongiorno. In teoria non sono qui per interviste con la stampa, ma lei ha un sorriso cui è difficile dire di no. Se è una cosa breve però”. “Solo una dichiarazione al volo”. “Con piacere. Con chi ho l’onore di parlare?” “Emilia Carpenter, del Melbourne Observer”. L’atteggiamento amichevole di Siles cambiò improvvisamente e il suo sorriso di circostanza si trasformò in un sincero broncio. “Mi è mancata molto la vostra testata lo sa? Mi chiedevo come mai non vi foste ancora fatti vivi. Di solito mandano quella sua collega finlandese. Sa, quella con tanti amici nel settore…”. “Miss Ristomaatti è rimasta a Melbourne. Abbiamo una sede qui a Londra e la redazione ha pensato non valesse la pena di mandare lei fin qua. “Potevano fare lo stesso ragionamento a Parigi”.

“Signor Siles, come giudica le sue chances di vittoria domani?” “Cara Emilia, quando un agente immobiliare vuole vendere una casa sa cosa fa?” “No”. “Prima mostra all’acquirente due case banali. È per adattare il compratore a una sensazione di mediocrità. Poi al terzo tentativo, boom: piazza l’appartamento cui davvero tiene, così che il confronto con i primi due lo faccia risaltare ancora di più”. “Non capisco”. “Emilia, salti le due domande di cortesia e mi faccia direttamente la terza, quella che la interessa”. “Pare che la presenza a Londra di Sandor Kiraly non sia legata semplicemente al suo desiderio di assistere al torneo, ma che ci sia stata una richiesta da parte della Tennis Integrity Unit per un’udienza a Roehampton. È qualcosa che riguarda anche altri tennisti? È qualcosa che coinvolge anche lei?”

Hotel Gran Chancellor, Melbourne – Venerdì 28 Gennaio, ore 9:52

Ed è game, set e match per Sandor Kiraly! Il giovane tennista ungherese è il nuovo campione dell’Australian Open. Incredibile signori, oggi siamo stati testimoni della storia! Ed ecco che Kiraly si appresta a ricevere il trofeo dal rappresentante dello sponsor Kia, il signor Cho. Il quale sembra anche voler accarezzare il giovane campione, ecco che allunga una mano verso il suo volto… Ma cosa fa? Lo sta schiaffeggiando! Mister Cho sta schiaffeggiando ripetutamente Sandor Kir…

Con un’ultima sberla ben calibrata Sandor si risvegliò. Davanti al suo letto con la mano ancora tesa stava il coach Demtchenko. “Vassily, ma sei pazzo? Stavo sognando di vincere gli Australian Open…”. “E rimarrà un sogno se continui a tornare in hotel accompagnato a notte inoltrata. Non lo sai che stasera hai una semifinale? Contro il numero uno del mondo? Pensi che Foley sia lì perché scopa una sconosciuta la sera prima di un match di cartello?” “Vassily, stai mancando di rispetto alla mia gentile ospite”. Disse Sandor indicando la ragazza bionda al suo fianco che, nonostante il trambusto, solo ora si stava lentamente risvegliando. “Ti chiedo scusa per il casino, Kaisa”. “Sandor sentimi bene – riprese Vassily – sei di fronte ad una chance che capita una volta nella vita. Ora ti senti forte e invincibile perché sei in un momento magico in cui tutto funziona, ma ciò non significa che sarà sempre così. Cogli l’attimo e concentrati per questi ultimi giorni. Cerca di avere un approccio professionale. Da lunedì potrai fare festa quanto vuoi.

“Lunedì ho il volo di ritorno per Budapest…”. “Allora farai festa a Budapest! Mi sembra di essere stato già abbastanza permissivo lasciandoti libertà nelle giornate off. Ma adesso esci e ti ubriachi anche il giorno prima del match”. “È per dare qualche chance ai miei avversari”. “Non so cosa ti sia successo Sandor, ma ad ogni vittoria diventi più pomposo – disse Vassily aprendo la porta – Fai un esame di coscienza. E preparati, fra un’ora ti voglio in campo per l’allenamento”. L’allenatore russo se ne andò, sbattendo fragorosamente la porta. “Il tuo allenatore ha ragione, dovresti concentrarti sul torneo…”. “Tesoro, il tuo ruolo in questa vicenda non è il più adatto per fare un’affermazione del genere”. Disse Sandor sarcastico mentre si alzava dal letto. “Vorrei avere la tua stessa autostima. Sembri sicuro di vincere il torneo”. “Non sembro, sono”. “Devi certamente nascondere un segreto”. “Sei anche tu sospettosa per la mia folgorante ascesa?” “No Sandor, non intendevo dire questo”. “E di sicuro non intendevi neanche pensarlo. Come non intende Vassily. Ma finché vinco andrà bene per tutti noi”.

Wimbledon, Greater London – Domenica 3 luglio

Alla fine Edwin Siles un paio di servizi li aveva persi. D’altro canto Friedrich era uno dei miglior ribattitori in circolazione e la battuta del boliviano non pareva essere così efficace come nei giorni scorsi. Forse Edwin soffriva davvero le finali. O la condizione psicologica di dover chiudere un match entro un tempo limite prima che, per incanto, la sua racchetta si trasformasse in zucca e da principe della racchetta tornasse cenerentolo. Certo, una pillolina in spogliatoio prima di scendere in campo, mezz’ora in anticipo sulla prima palla del match, gli dava 4 ore e mezza per sfruttare i suoi superpoteri nanotecnologici. Un lasso di tempo normalmente sufficiente a chiudere ogni contesa.

Eppure, in finale al Roland Garros non c’era andato lontano, costretto al quinto set da quel mastino serbo. La scienza della Smash non per forza concedeva l’imbattibilità. Ad un certo punto Siles avrebbe perso. Se ciò non fosse successo, lo avrebbe fatto di proposito per non sembrare troppo irreale. Ma non oggi, Wimbledon era un piatto troppo succulento. Magari a Toronto o Cincinnati, si poteva pensare di scendere in campo senza aiuti e sembrare occasionalmente, quando conta meno, umano. Il principe del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, con consorte e prole, osservava e applaudiva dal Royal Box. E Siles non voleva perdersi né il trofeo né tutto l’interessante contorno di strette di mano a nobili illustri, cene lussureggianti e un giro di ballo con Damaris Christodoulou, l’avvenente 28enne greca che ieri aveva finalmente coronato, dopo due finali perse, il sogno di una carriera.

Una distrazione, un turno di servizio fallace, avevano consegnato a Friedrich il secondo set e rimesso le cose in parità. Nel terzo set Siles si era portato in vantaggio ma servendo per il set aveva subito un controbreak. Il tiebreak questa volta però gli era stato amico. 6-3 4-6 7-6 in due ore e quaranta era un ruolino di marcia promettente per sigillare un secondo trionfo Slam. Mancava un set solamente. Un set per conquistare i Championships. Erwin Siles controllò una volta di più il tempo. Aveva ancora un’ora e cinquanta minuti circa, sul conto alla rovescia che aveva impostato sul suo orologio da polso. Quell’orologio cui teneva molto, regalo della persona che aveva cambiato la sua vita.

Tennis Integrity Unit Headquarter, Roehampton – Mercoledì 15 Febbraio

“Signor Veyveris, ricorda quando la settimana scorsa mi raccontò del signor Occam?” “Vuole che le ripeta il postulato?” “No, piuttosto quella storiella che si era inventato per prendermi in giro: qualcuno gli aveva sostituito il rasoio elettrico per fargli prendere la scossa…”. “Yura, non ricordo tutte le battute che faccio, sono una persona estremamente simpatica e scherzo di continuo. Qual è il punto?” “Ho motivo di credere che l’arresto cardiaco di Sandor Kiraly non sia completamente naturale…”.

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