Sinner, colpi dal silenzio: "Se parlo, perdo il filo" (Semeraro). La forza delle donne secondo Serena (Cito). Il tennis è più Fèlix, a Rio è cominciata l'era dei Millennials (Cordella). ATP Finals, entrano in gioco le imprese: ora tocca al governo (Rossi, Guccione, Longhin)

Rassegna stampa

Sinner, colpi dal silenzio: “Se parlo, perdo il filo” (Semeraro). La forza delle donne secondo Serena (Cito). Il tennis è più Fèlix, a Rio è cominciata l’era dei Millennials (Cordella). ATP Finals, entrano in gioco le imprese: ora tocca al governo (Rossi, Guccione, Longhin)

La rassegna stampa di martedì 26 febbraio 2019

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Sinner, colpi dal silenzio: “Se parlo, perdo il filo” (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Lo smash vincente, e l’esultanza minima. Anzi, minimalista. Jannik Sinner viene da Sesto in Val Pusteria, a 17 anni e 6 mesi è diventato il primo tennista classe 2001 capace di vincere un torneo Challenger: a Bergamo, battendo 6-3 6-1 Roberto Marcora in finale e lasciando 14 game in tutto negli ultimi tre turni agli avversari. Da ieri nel ranking mondiale è numero 324, il primo under 18 e il quarto, se contiamo i “millennials”, dietro i classe 2000 Felix Auger-Aliassime (n.59 e finalista a Delray Beach), Rudolf Molleker (183) e Nikola Kuhn (259). «Abbiamo lavorato duro, continueremo a farlo» ha esalato alla fine, impugnando con imbarazzo il microfono. Con la racchetta se la cava decisamente meglio, e del resto la maneggia da quando aveva 4 anni. Fino ai 13 sciava anche, e mica male: campione italiano di categoria in slalom. «Da noi lo sci è tradizione, ma io sentivo che il tennis poteva diventare parte della mia vita», ha spiegato nei giorni scorsi a SportFace. «Quando ho avuto la fortuna di conoscere Massimo Sartori ho preso la decisione di trasferirmi a Bordighera. Fino a 14 anni i risultati migliori arrivavano ancora dallo sci, però a me piace giocare. E lo sci non è un gioco». Jannik picchia duro e parla poco. L’etica del lavoro, la capacità di farsi notare senza fare rumore l’ha imparata da mamma e papà, cameriera e cuoco in un rifugio sulle Dolomiti; a Bordighera, al Piatti Tennis Center, ha trovato ambiente e stimoli giusti. Da lì passano grandi campioni, lo staff – i preparatori Dalibor Sirola e Dragoliub Kladarin, l’osteopata Claudio Zimaglia – conosce a memoria il sentiero che porta al professionismo. I primi mesi, passati a casa di un coach croato dell’academy, sono stati duri. La pazienza lo ha ripagato. «È una fortuna poter vedere tanti tennisti forti durante la preparazione invernale – spiega Jannik che ora è seguito nei tornei da Andrea Volpini – Perché da ciascuno posso prendere qualcosa». Piatti oggi predica giustamente cautela e pazienza («Bravo, però è solo l’inizio»), ma già un anno fa ci indicava la zazzera rossiccia di Jannik con l’attenzione che si rivolge ai predestinati. «Un giorno – ha ricordato simpaticamente Marcora dopo la finale di Bergamo – Riccardo mi ha detto: vieni ad allenarti con questo ragazzino. Giocaci oggi, perché un giorno contro di lui ne farai pochi». Di game, intendeva. Dallo scorso anno Sinner ha deciso di mollare il circuito giovanile per dedicarsi ai Futures, quello di Bergamo era appena il quinto Challenger che giocava. In campo del resto ha già la calma del veterano, e i paragoni con l’altoatesino Andreas Seppi, il primo prodotto di successo di coach Sartori, già si sprecano. Stesso stile, riservatezza poco social, un tennis in fondo simile: ritmo e geometrie da fondocampo, buon servizio, rovescio bimane solido. Il diritto è più lavorato di quello di Andreas e Jannik va più volentieri a rete a prendersi il punto. In silenzio, senza paura. «Noi altoatesini parliamo poco – ammette – In campo il fattore mentale è importantissimo e se palo perdo il filo» […]

La forza delle donne secondo Serena (Cosimo Cito, Repubblica)

La Nike festeggia il trentesimo anniversario dello slogan Just do it e ha creato un capolavoro di un minuto e mezzo durante il quale Serena Williams recita un vero e proprio inno alle donne dello sport. Dream crazier è stato presentato durante la cerimonia di consegna degli Oscar, una delle più black-friendly della storia del cinema, durante la quale la tennista è intervenuta come presentatrice di A star is born, il film di Bradley Cooper vincitore di una statuetta. Durante il suo intervento, vestita di rosso Armani, Serena ha attirato l’attenzione delle stelle di Hollywood con un suo discorso sui sogni: «Sognare è facile, renderli realtà è difficile, qualunque sia il sogno». Così, durante i 90 secondi dello spot Nike, mentre scorrono le immagini delle imprese agonistiche di Katherine Switzer, Caster Semenya, Diana Taurasi, Ibtihaj Muhammad, Simone Manuel, della nazionale Usa di calcio, si ascolta la voce fuoricampo di Serena che, alla fine, parlando di sé, dice: «Pazzesco, come vincere 23 Grand Slam, avere un bambino e tornare per continuare a vincere». Crazy, come qualunque altro pregiudizio, racconta la tennista nata nel Michigan, sulla donna nello sport, descritta ancora troppe volte come “strana, emotiva, svitata, melodrammatica, pazza”: «Quindi se ti vogliono chiamare pazza va bene, mostra loro quello che una pazza può fare». E la chiusa, fortemente emozionale: «È da pazzi fino a quando non lo fai». Dunque, just do it. Una scelta perfetta, quella della Nike: la scelta di Serena, lottatrice in campo e sulla trincea dei diritti, delle lotte per la parità di genere nello sport, un corpo-icona fatto di muscoli e valori. Donna di eccessi, come nella finale dello Us Open contro Naomi Osaka, quando attaccò il giudice di sedia tacciandolo di maschilismo («se fossi stata un uomo tutto questo non sarebbe successo» disse lei, dopo un warning) e per questo beccò 15mila dollari di multa e una valanga di insulti da haters e commentatori assortiti […] Pazza, leggendaria, infinita Serena.

Il tennis è più Fèlix, a Rio è cominciata l’era dei Millennials (Gianluca Cordella, Messaggero)

Fèlix Auger-Aliassime è talmente precoce da far sembrare anziani i suoi colleghi della Next Gen. Mentre il tennis mondiale plaude agli Under 21 che ormai sgomitano tra Slam e Masters 1000, questo ragazzone di 191 centimetri lascia tutti con un dubbio: non è che per trovare il nuovo Roger Federer sia meglio guardare altrove? “Altrove”, nella fattispecie, è Rio de Janeiro dove il 18enne canadese ha raggiunto la finale dell’Atp 500 locale, diventando il primo Millennials a giocarsi un titolo del circuito maggiore. Nato allo scoccare del secondo millennio a Montreal ma cresciuto a Quebec City, Fèlix è il frutto del Canada multietnico: papà Sam istruttore di tennis togolese, mamma Marie insegnante del posto. E una sorella, Malika, pure tennista. Per forza di cose, insomma, impugna la racchetta già a cinque anni. Non che fosse complicato prevedere per lui un futuro nel tennis: è nato l’8 agosto, lo stesso giorno di Federer, che è tra i primi ad accorgersi del suo talento, al punto da volerlo al suo fianco a Dubai, a fine 2017, per una sessione di allenamento in vista della nuova stagione. In realtà, in quel momento storico, Auger-Aliassime ha già fatto parlare di sé. Il 23 marzo 2015, qualificandosi al Challenger di Drummondville, diventa il più giovane di sempre a entrare in un tabellone del circuito e ottiene il suo primo punto Atp: a 14 anni e poco più è il primo Millennials a entrare nel ranking mondiale. Migliora di partita in partita e nel 2017 vince due Challenger a Lione e Siviglia e scollina tra i migliori 200 del mondo […] E, ad agosto, festeggia i 18 anni guadagnandosi il main draw di uno Slam, gli Us Open. Il sorteggio lo abbina a Denis Shapovalov, l’altro giovane talento che proietta il Canada verso un gran futuro in Davis. Un anno separa i due, che si conoscono da sempre. Si sfidano costantemente da quando hanno 7/8 anni. Durante il terzo set, Fèlix ha un mancamento, si inginocchia, si ritira e scoppia in lacrime. Il mondo scopre la fragilità del futuro campione: Aliassime soffre di una tachicardia congenita che, durante le battaglie estreme, specie per condizioni meteo, lo mette ko. «Ci si convive e passa con il tempo», assicurano i suoi tecnici. E infatti a Rio non se ne accorge nessuno […] Aveva cominciato il torneo da 104 dell’Atp, il canadese. Da ieri è numero 60 […] Chi li osserva da sempre giura che, tra lui e Shapovalov, quello forte sia lui. La finale persa in Brasile, insomma, è solo un insignificante dettaglio che non cambierà il corso della storia.

ATP Finals, Ilotte: “Le imprese pronte a finanziare fino a 2,5 milioni di euro” (Gabriele Guccione, Corriere Torino)

«Noi ci siamo». Questo è il messaggio uscito dall’incontro di ieri sera, a Palazzo Birago, tra la sindaca Chiara Appendino e il mondo delle imprese. Un messaggio accompagnato dalla promessa del presidente della Camera di Commercio, Vincenzo Ilotte, di staccare un assegno da 1,5 a 2,5 milioni di euro. Se all’esecutivo M5S-Lega — restio a dare il via libera alla fidejussione da 78 milioni per la candidatura di Torino agli Atp Finals 2021-2025 — serviva un segnale, eccolo: «Il territorio è pronto a fare la sua parte, ora tocca al governo — ha dichiarato Ilotte, dopo due ore di faccia a faccia —. Abbiamo la disponibilità del sistema imprenditoriale a impegnarsi per 1,5 milioni. Ma potremmo arrivare anche a 2,5». Torino è determinata a strappare a Londra, Singapore e Tokyo i maestri del tennis mondiale […] Ieri sera in via Carlo Alberto c’era tutto il mondo delle imprese che conta, a cominciare da quelle «di sistema»: Iren, Intesa Sanpaolo, Gl Events, Robe di Kappa, con il patron Marco Boglione grande sponsor di Appendino, e poi le associazioni di categoria, dall’Unione industriale ad Ascom e Confesercenti. Tutti per affermare di essere pronti a fare la loro parte, anche mettendo mano al portafoglio, se necessario. Ma, come ha detto senza mezzi termini, sempre ieri, ma in Consiglio comunale, la sindaca Appendino, questo non basta: la volontà di trovare 1,5-2,5 milioni da aggiungere ai 3 milioni suddivisi tra Comune e Regione (a copertura parziale dei costi dell’evento, pari a 50 milioni l’anno), non potrà supplire all’impegno (inderogabile) del governo. «Le imprese piemontesi, e tra queste Lavazza, sono disponibili — ha rimarcato Appendino — a fare la loro parte, ma per andare avanti con la candidatura servono le garanzie: tenterò di averle fino all’ultimo, abbiamo ancora qualche giorno, bisogna provarci». La sindaca ha ripercorso anche l’iter che ha portato alla candidatura: «Il sottosegretario Giancarlo Giorgetti aveva scritto una lettera dove si diceva disponibile a seguire il percorso, ma poi quando è stato il momento di fornirle non sono arrivate. L’interlocuzione va avanti e devo precisare che i fondi dei privati erano previsti dal primo giorno e noi stiamo lavorando per concretizzare queste disponibilità». A fare da sponda alla sindaca anche il M5S, da cui è arrivato l’ennesima critica al governo gialloverde. «Torino merita rispetto — ha attaccato il pentastellato Marco Chessa —. Noi non ci stiamo al boicottaggio di questa candidatura da parte del governo. Ci manda a fare un incontro che già sarebbe tra Davide contro Golia e in più non ci dà nemmeno la fionda, o ancor peggio dice che ce la darà tra venti minuti» […]

ATP, 10 milioni dalle categorie Appendino: ora tocca al governo (Andrea Rossi, Stampa Torino)

A molti era sembrata una provocazione. Quasi uno sberleffo: le Atp Finals di tennis non si possono organizzare soltanto a spese dello Stato, diceva qualche giorno fa il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, plenipotenziario della Lega, dopo aver garantito soltanto a novembre che il governo avrebbe stanziato garanzie per 80 milioni. «Si faranno a Torino solo se si creeranno sinergie con il territorio», aggiungeva. Bene, se la provocazione aveva come obiettivo il sistema Torino – inteso come istituzioni e categorie produttive – ha colto nel segno: ieri la città ha reagito e l’ha fatto in maniera plastica, dimostrando che il territorio è compatto ma soprattutto pronto a investire e scommettere sull’evento. Dieci milioni, due all’anno. Tanto è disposto a mettere sul piatto il sistema delle organizzazioni di categoria, riunite ieri in Camera di Commercio con la sindaca Chiara Appendino e Diego Nepi Molineris, direttore marketing e sviluppo del Coni, che gestisce la parte operativa del dossier. Un segnale esplicito al governo. Un modo per rilanciare la palla a Roma, destinazione Palazzo Chigi, perché è li che si deve decidere il futuro della candidatura di Torino ed è da lì che devono arrivare i soldi che ancora non ci sono. Mancano quattro giorni […] Si decide il 15 marzo a Indian Wells, ma entro venerdì le candidate devono fornire le garanzie economiche. E, al di là delle stilettate di Giorgetti, devono essere garanzie pubbliche: 80 milioni. «Siamo ancora in corsa», assicura Chiara Appendino. «Il territorio ha fatto quel che doveva, ora tocca al governo rispettare gli impegni assunti. E qui non si tratta di fare un regalo a una città amica o meno, ma di cogliere un’occasione per tutto il Paese». Frase impossibile da equivocare: persino un amministratore che ha fatto dell’aplomb istituzionale un marchio di fabbrica comincia a spazientirsi. Del resto i patti erano chiari. Ogni edizione delle Atp Finals costa circa 50 milioni e sulla suddivisione del budget c’era un’intesa formale: 16 milioni dal governo, 1,5 a testa da Comune e Regione, 20 da biglietti, merchandising e diritti tv, gli altri 11 da sponsor e privati. Torino ha garantito la sua parte e si sta adoperando con i privati: alla riunione di ieri sera, insieme con le associazioni di categoria, c’erano i rappresentanti di alcune aziende – da Lavazza a Robe di Kappa – intenzionate a sostenere la corsa. «Abbiamo mostrato che il territorio è coeso e vuole cogliere quest’opportunità», spiega il presidente della Camera di Commercio Vincenzo Ilotte. «E abbiamo lanciato un segnale a chi sollecitava un nostro impegno economico». Ora manca il governo. La sindaca lo dice in modo esplicito ma dialogante e non smette di utilizzare tutti i canali diplomatici di cui dispone. Altri – come il consigliere del Movimento 5 Stelle Marco Chessa – usano toni un po’ più rudi, a dimostrazione di una città che si sente usata come merce di scambio nelle trattative tra alleati di governo: «Torino merita rispetto e considerazione. Invece la nostra candidatura è stata indebolita. Il governo non può boicottarci, né usarci per trattare sulle Olimpiadi» […]

ATP, il sistema delle imprese garantisce un milione e mezzo (Diego Longhin, Repubblica Torino)

«Minimo un milione e mezzo. Ma potremmo arrivare anche a due milioni e mezzo». Ecco il segnale che voleva lanciare il presidente della Camera di Commercio, Vincenzo Ilotte, al sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega allo Sport, il leghista Giancarlo Giorgetti sulle Atp Finals, i campionati del mondo di tennis. «Noi ci siamo – dice Ilotte – Giorgetti voleva una reazione da parte del territorio. Eccola. Oltre ai fondi che già i privati metteranno nei cinque anni, rispetto alla quota del governo noi possiamo mettere questo». Sui 18 milioni del primo anni che deve mettere lo Stato, per gli altri quattro anni sono 15 milioni per anno, il sistema delle associazioni e delle imprese, capitanato dalla Camera, può integrare con 2,5 milioni. Quello che riesce a ottenere dopo due ore e mezza di discussione a Palazzo Birago con una trentina di rappresentanti delle associazioni di categoria e qualche big, come la Robe di Kappa, Gl Events, Sagat, Biraghi, Lavazza, Iren, il gruppo Cln, Pininfarina, General Motors e Reale Mutua. Tutti pronti a sponsorizzare, ma di quello se ne parlerà più avanti. Ora bisogna mettere i soldi per portare a casa l’evento e Ilotte chiude dicendo che «un milione e mezzo, fino a due e mezzo ci sono sul piatto della partita». Chi li mette i quattrini? Un po’ la Camera di Commercio e poi il sistema. Insomma, un beau geste per non fare brutta figura e soprattutto per portare avanti la partita a poker con il governo e con il sottosegretario Giorgetti. Il governo gialloverde sembra che sia rimasto scottato dal fatto che Torino sia arrivata nella short list e che abbia ricevuto dagli organizzatori, di fronte alla mancata copertura da parte del governo, quindici giorni si proroga. La scadenza è fine febbraio. «Nonostante l’idea sia nata tardi e una candidatura che inizialmente poteva sembrare debolissima, siamo nella lista ristretta – dice Appendino – abbiamo possibilità di farcela». Si tratta delle Atp tra il 2021 e il 2025, cui concorrono anche Londra, Singapore, Tokyo e Manchester. «Comune e Regione hanno fatto la propria parte, ora deve farla il governo», dice la sindaca di Torino Chiara Appendino in Sala Rossa. «Dal primo giorno la Città, con tutti gli altri attori coinvolti – dice Appendino – ha fatto tutto il possibile e sta continuando a lavorare». Che si tratti di una partita a poker con un esecutivo, in teoria amico, ma che si mostra ostile sui grandi eventi, lo si capisce anche dalle parole di Appendino: «Le imprese sono disponibili a far la loro parte sulle Atp Finals, ma per andare avanti servono le garanzie del governo. Il sottosegretario Giorgetti aveva scritto una lettera dove si dava disponibile a seguire il percorso, ma poi quando è stato il momento di fornirle non sono arrivate», dice Appendino. «Fino alla scadenza tenterò di farci avere le garanzie, bisogna provarci fino all’ultimo. Le garanzie del governo servono e non possono essere messe da un soggetto privato. Abbiamo qualche giorno per cercare di far sì che la candidatura vada avanti». In tutto quattro giorni […] Il capogruppo Pd, Stefano Lo Russo, denuncia le incertezze della sindaca: «Abbiamo fatto un brutta figura a chiedere la proroga per dare le garanzie figuriamoci se poi non la otterremo» […]

Il tennista più forte si è distrutto da solo (Andrea Tempestini, Libero Quotidiano)

«Ho gettato una carriera, non la vita». Vero: è ancora vivo e neppure lui ha ben chiaro come sia possibile. Lui è Roberto Palpacelli, tennista, tossicodipendente, alcolizzato. “Il Palpa – Il più forte di tutti”, recita il titolo del libro scritto con Federico Ferrero (Rizzoli, euro 18). L’antieroe del tennis italiano che, tra mito e leggenda, ora ha deciso di raccontare tutto. In modo crudo, struggente. Non censura niente. Dalla prima striscia di eroina («Il guaio è che mi è piaciuta»), al diluvio di siringhe e fino al giorno in cui, dopo essersi spappolato un mignolo prendendo a pugni la porta di casa, obbligò suo padre a scaldargli la dose nel cucchiaio: «Devo pure vedere mio figlio che si fa le pere…». Già, perché «con una mano fuori uso, preparare l’eroina era impossibile». Quando Andrè Agassi – nato come lui nel 1970, il parallelismo si dipana lungo tutto il libro – saliva al primo posto nel ranking mondiale, il Palpa guadagnava il suo primo punto Atp. Questo mentre entrava e usciva dalle comunità di recupero, mentre tutti i circoli tennistici di Marche e Abruzzo prima lo ingaggiavano e poi lo cacciavano per le sue bizze […] Il Palpa poteva essere «il più forte di tutti». A 16 anni disse a Panatta e Bertolucci che lui, al centro federale di Riano, non ci sarebbe andato […] A vent’anni uno dei tanti circoli che poi lo avrebbe cacciato lo spedì in India con 4mila dollari: obiettivo, entrare in classifica, là era più facile. Risultato? «In due settimane avevo guadagnato zero punti Atp, speso quattromila dollari e perso quattordici chili: da 77 ero sceso a 63». Colpa della brown sugar, l’eroina quella buona, quella indiana. Poi c’è la vita da senzatetto, un Daspo di tre anni che si beccò facendo il matto in una trasferta della Samb, una condanna a due anni per aggressione, un arresto cardiaco, un amico che gli crepa al fianco dopo una pera, iniezioni di adrenalina per riacciuffarlo a un passo dalla morte. C’è di tutto. Anche la partita leggendaria contro Ivan Ljubicic, uno che avrebbe battuto Nadal e proprio Agassi. Roberto aveva 26 anni, pochi giorni prima si era bucato davanti a papà, era un tossico vero. Finì 6-7, 6-4, 6-3. Vinse il primo set, «poi iniziai a essere stanco, a fare casino». Ma giocò alla pari con un tennista che sarebbe presto diventato uno dei migliori al mondo, «mentre io a malapena mi reggevo in piedi» […] Ma con lui c’era Enza, la compagna che per salvarlo ha scelto di «fare le barricate e combattere» […] E due certezze. La prima: «Aver bruciato gli anni in cui ci si costruisce il futuro». La seconda: «Senza il tennis, a quest’ora sarei morto».

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