Social media e appetibilità: la ricetta di Kosmos per rilanciare la Coppa Davis

Interviste

Social media e appetibilità: la ricetta di Kosmos per rilanciare la Coppa Davis

Seconda parte dell’intervista esclusiva con Javier Alonso e Galo Blanco. “La strategia alla base della nuova Davis è quella di attirare un pubblico più giovane”. La flessibilità nella gestione dei diritti TV e i problemi del ‘prodotto tennis’

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Coppa Davis 2019 (foto via Twitter, @KosmosTennis)
 

Nella prima parte dell’intervista esclusiva con Javier Alonso e Galo Blanco (che trovate cliccando su questo link) si è parlato della vision di Kosmos, delle discussioni con ITF e ATP e della prospettiva sportiva della nuova Coppa Davis. In questa seconda e ultima parte, la sostenibilità economica, i diritti televisivi, la profilazione degli utenti e i social media.


LA PROSPETTIVA ECONOMICA


Quando sono usciti i numeri della vostra offerta da tre miliardi di euro per 25 anni si è subito levato un bel po’ di rumore mediatico…
Alonso: Non so da dove sia venuto fuori quel numero, visto che è un numero molto ‘markettaro’. In pratica quel numero è la somma di tutte le spese che sosterremo, in termini di diritti all’ITF, premi ai giocatori, più tutti i vari costi. È la somma di tutto. Ma al di là del numero esatto c’è una cosa che vorrei sottolineare: questo progetto si sarebbe potuto fare perfettamente anche senza la ITF. Se avessimo messo a disposizione questo denaro direttamente ai giocatori saremmo riusciti comunque a organizzare l’evento. Noi però abbiamo sempre creduto fin dal principio che per la sostenibilità di questo progetto fosse necessario garantire una sostenibilità a lungo termine anche al movimento tennistico.

E mantenere il rapporto con la ITF in questo caso era sensato per poter sostenere le federazioni e quindi anche un mantenimento del livello del gioco, in un’epoca in cui giocare a tennis ad alto livello diventa sempre più costoso e non certo alla portata di tutti. Questo circolo vizioso potrebbe essere mortale alla fine per il tennis stesso come sport agonistico d’elite. E su questo faccio un esempio personale. Io a 12 anni ho potuto usufruire di una borsa di studio della federazione spagnola per poter venire a Barcellona ad allenarmi con i migliori. E se non fosse stato per quella opportunità me ne sarei rimasto nel mio paesino sperduto e non sarei diventato un tennista professionista.

Parlando in termini di sostenibilità economica, quali sono le fonti di ricavo che avete pensato? E come avete immaginato la gestione dei diritti, anche in relazione ai nuovi media, contenuti OTT? (Per OTT si intende la modalità di distribuzione dei media via internet, scavalcando la distribuzione tradizionale. Un esempio recente è DAZN ad esempio, ndr).
Alonso: Non credo che ci sia nessuno che sappia dove andrà il mondo della televisione nel futuro. Adesso c’è molta gente che parla di OTT, che è un formato molto valido. Però capire come sarà il mix distributivo e di consumo da qui a 5 a 10 anni penso che nessuno sia in grado di prevederlo. Ad esempio in Spagna adesso si sta verificando il caso di una società che distribuisce contenuti OTT come Netflix attraverso il canale di Movistar. Le varianti agli scenari base sono molteplici. Il futuro sarà OTT, piuttosto che pay-tv o free-to-air? Non lo so, sarà probabilmente di tutto un po’ e le cose varieranno da mercato a mercato.

Ad esempio in Inghilterra, che è un mercato già più maturo nel pay-tv, hai parecchio consumo di questa tipologia. A livello di business plan come ricavi sicuramente i diritti sono una linea di business, sponsoring è un’altra, abbiamo ricevuto dei contributi dalla comunità di Madrid per poter organizzare l’evento nella capitale spagnola, visto l’indotto che si potrebbe generare sul territorio. Abbiamo le attività di vendita di biglietti e di hospitality. Riteniamo che nel medio termine ci siano parecchi elementi che giocano a nostro favore. Nel breve abbiamo invece ereditato i contratti della ITF che però nel giro di tre anni spireranno. Di conseguenza nel giro di qualche anno avremmo le mani libere per poter commercializzare secondo i nostri canoni l’evento.

Quindi siete sulla stessa lunghezza d’onda di altre organizzazioni che gestiscono diritti sportivi come la Premier League, le leghe professionistiche americane. In altre parole la vostra idea è quella di cercare di superare l’attuale frammentazione nella vendita dei diritti del tennis e avere una strategia globale per vendere il prodotto?
Alonso: Sì, è un buon punto. Noi stiamo commercializzando i diritti in diversi territori e ogni realtà è distinta. In Italia c’è il canale della federazione in free-to-air e in quel caso è il logico approdo. In Germania, Svizzera e Giappone ci stiamo orientando su DAZN invece. ATP media cerca di commercializzare i tornei di classe 500 e 1000. Ma d’altro canto ci sono i tornei del Grande Slam che fanno storia a sé. Questa atomizzazione obbliga i canali che vogliono distribuire il prodotto tennis a intavolare negoziazioni diverse con soggetti diversi, con svantaggi sia per la domanda che per l’offerta. Dal punto di vista dell’offerta di tennis, non viene presentato un prodotto completo ma solo delle porzioni. Dal punto di vista della domanda di tennis, è difficile avere un pacchetto completo e questo disorienta anche i consumatori, che a seconda dei tornei devono saltare da un canale all’altro.

Adesso basicamente vendete diritti, ma state pensando di evolvere verso un modello più sofisticato, come DAZN per intenderci? Pensate di proporre la vostra applicazione OTT indipendente per vedere le partite via internet?
Alonso: È sempre il solito discorso, non si può prevedere come sarà di preciso lo sviluppo nel panorama dei media, anche se ci sono delle linee di tendenza. Per quanto ci riguarda sicuramente provvederemo a sviluppare la nostra OTT, non so ancora se sarà disponibile già dal primo anno, ma sicuramente dal 2020 sarà in linea. È vero che ci sono territori difficili da raggiungere. Inoltre ci sono utenti che hanno una necessità di consumo più specifico che meglio si soddisfa via OTT. Io vengo da una lunga esperienza in Dorna (Motogp) e lì succedeva che anche in paesi dove il consumo televisivo era consolidato, vi era una porzione di utenti che desiderava la personalizzazione nel consumo che poteva dare una OTT. La carta vincente di una OTT è che può fornire molti più contenuti di una televisione normale.

E in relazione al tema dello sfruttamento dei dati cosa ci potete dire? Ad esempio la Liga sta sviluppando modelli di profilazione avanzati per raccogliere informazioni sugli utenti, sulle loro caratteristiche, le loro preferenze e i loro modelli di consumo. Come pensate di declinare questi temi?
Alonso: Rakuten (un’azienda giapponese di commercio elettronico con sede a Tokyo in Giappone e già sponsor del Barcelona, ndr) è socia di Kosmos. Per loro la gestione di grandi moli di dati è la normalità e ci stanno aiutando in questo. Il problema nel tennis e nel mondo dello sport in generale, è che le nuove generazione sempre meno si siedono davanti a un televisore a guardare un evento senza interruzioni. Quindi la leva dei social media nel promozionare e accompagnare l’evento sportivo è un fattore chiave. L’aspetto social connesso all’evento sportivo è sempre più imprescindibile nel lungo termine, specie considerando l’atomizzazione del consumo a singoli frammenti.

SOCIAL E MODALITÀ DI CONSUMO


Questo tema delle differenti modalità di consumo fra generazioni è interessante. Ho letto di studi che stimano l’età media dei consumatori degli eventi tennistici in continuo aumento. Detto in altri termini è come se vi fosse uno zoccolo duro di appassionati che si è formato negli anni 80-90, che rappresenta il nucleo degli appassionati. E che al tennis sta costando molto cercare di agganciare l’interesse delle nuove generazioni.
Alonso: In realtà è un fenomeno che riguarda un po’ lo sport in generale. Questo problema ad esempio è lo stesso della Formula 1. Quanti ragazzini sono appassionati di F1 al giorno d’oggi? Prendiamo anche il calcio: io credo che mio figlio di 19 anni non abbia mai visto un match di tennis di tre ore per intero. E che anche una partita di calcio non la riuscirebbe a vedere senza metterci sopra delle interazioni social. Giusto per rimanere con questo caso concreto, credo che mio figlio normalmente guardi un paio di partite per volta, con il tablet nell’altra mano per poterle commentare. Figurati che differenza con me, che mi accontento di guardarmi il ‘Barca’ con una birra in mano! Però scherzi a parte questa è la realtà, e questa è la direzione verso cui ci stiamo muovendo. Pertanto il consumo di sport sarà sempre più influenzato dai social media. Nel futuro vedo sempre più difficile che il consumatore fruisca per intero dell’evento sportivo in sé.

Di conseguenza il problema è che la competizione non è più solo con gli altri sport, ma è una competizione che va a finire sull’intero mondo dell’entertainment, Netflix e videogiochi inclusi quindi.
Alonso: Corretto, lo sport è intrattenimento. Però il vantaggio competitivo dello sport è che è reale e in diretta, mentre le serie ad esempio, a meno di rari casi di fenomeni di costume come ‘Games of Thrones’, sono finzione. Lo sport è autentico e non si può sapere in anticipo il risultato di una partita. Ad esempio quando c’è stato l’ultimo match fra Nadal e Ferrer a Barcellona, non si può prevedere il momento dell’abbraccio fra i due, gli applausi di Rafa e la bandana lasciata sul campo da Ferru. Ed è li che trovi la connessione con la gente. È reale, sta succedendo ed è imprevedibile.

E quindi conta anche tutto quello che gira attorno?
Alonso: Assolutamente. Lo sport è importante, l’evento è importante, ma lo si deve accompagnare con tutto l’intrattenimento che si deve dare sia a chi si trova on site, sia a quelli che si trovano off site. Non ci siamo posti obiettivi da raggiungere in termini di metriche di successo sui social media. Però ci siamo posti come obiettivo quello di voltare pagina rispetto all’approccio attuale della Davis sul tema dei contenuti e della loro trasmissione sui social. Oggi riuscire a far sì che alcune centinaia di migliaia di persone vedano dei video connessi all’evento, ha lo stesso impatto di un’audience televisiva.

SENSAZIONI FINALI


Insomma, è affascinante il fatto di dare il via a un’esperienza completamente nuova…
Alonso: Senza dubbio. E sai una cosa per concludere? Qua in Kosmos abbiamo gente che se ne intende di tennis: abbiamo Galo, una ragazza che giocava in Fed Cup, ma non abbiamo solo gente che viene da quel mondo. Quello che abbiamo qua è un gruppo di persone appassionati di sport, con background diversi l’uno dall’altro. La visione del tennis a volte è un po’ antiquata. La nostra addetta stampa ad esempio viene da Red Bull Spagna, io vengo come vi dicevo dal mondo della MotoGp, abbiamo gente che viene dal calcio, altri dal nuoto. Con il bagaglio che ognuno si porta dietro possiamo contribuire a fornire una visione diversa per il mondo del tennis. Vederlo da fuori ti aiuta ad evolverlo. Io sono arrivato da un altro mondo dove si organizzano eventi di grande impatto, ma che seguono logiche diverse. Alla fine si tratta di trovare il modo di raccontare le cose in una maniera diversa. Il tennis ha una stagione lunghissima, va avanti praticamente tutto l’anno, ci sono partite praticamente sempre, e la sfida sarà proprio trovare il modo di raccontarlo con format diversi.

Beh mi sta venendo voglia di fare un ultimo paio di domande: visto che lei viene da Dorna, quali sono le 2-3 cose che più l’hanno impattata nel cambiare ambito e lavorare qua a Kosmos sul tennis?
Alonso: Una cosa forse è l’atomizzazione del mondo del tennis, il fatto che non ci sia una linea comune che tutti seguono. Se il tennis trovasse un minimo di comunione di intenti fra i vari soggetti la qualità del prodotto per i consumatori aumenterebbe. Credo che il tennis abbia potenziale per andare molto più in là di ora. Il calcio è chiaramente anni luce avanti come impatto e come giro d’affari. Ma il tennis non è centinaia di volte meno seguito del calcio, come la vendita dei diritti televisivi lascerebbe intendere. Wimbledon lavora da solo, così il Roland Garros e così tutti gli altri. Ognuna fa la sua campagna e organizza i suoi sforzi, e tutti lottano gli uni contro gli altri in un gioco a somma zero. E non sono convinto che questo sia buono per il tennis. E anche per i consumatori tutto ciò genera un gran confusione.

I consumatori non possono appoggiarsi ad un singolo fornitore di servizi. Ad esempio Wimbledon in Spagna lo trovi su Movistar, alcuni tornei sono sul canale sportivo della televisione pubblica. Io a priori non so dove vedere gli eventi, né a che ora, né chi giocherà. Nel calcio invece è chiaro come, quando e chi gioca. E poi c’è il discorso che ovviamente se vedo giocare Cristiano Ronaldo è una cosa, se vedo giocare Chiellini è un’altra. Stesso discorso nel tennis, l’effetto traino per un evento, che ci sia Nadal o Federer, è impareggiabile. E oggi giorno è complicato sapere chi giocherà. Con la nuova formula della Davis per lo meno abbiamo introdotto qualche elemento di chiarezza: con mesi di anticipo si sa già quali nazioni competeranno nella fase finale.

Visto che siamo in argomento, quando si saprà in concreto chi giocherà per la Spagna. Ad esempio, Nadal ci sarà?
Alonso: Questo dipende dal capitano. Il limite che abbiamo dato per la fase finale è di 21 giorni prima dell’inizio, ovvero 21 giorni prima del 18 novembre. Al più tardi quindi a fine ottobre si saprà quale sarà la lista dei convocati. In un mondo ideale dovrebbe esserci una garanzia che i giocatori meglio classificati giochino i tornei più importanti.

In chiusura un’ultima domanda per Galo: come ha pensato di passare dal ruolo di coach (allenava Karen Khachanov, ndr) a questo ruolo più manageriale, che è un po’ diverso?
Blanco: Un po’ sì effettivamente (ride). Come ti ha spiegato Javier tutto è cominciato alcuni anni fa: quando mi hanno raccontato di cosa si trattava ho subito trovato il progetto affascinante. Mi sembrava affascinante perché vedevo la decadenza della Davis e mi sembrava talmente difficile che un’idea del genere potesse realizzarsi, che pensavo fosse folle. Che la ITF e le singole federazioni si mettessero d’accordo e accettassero un cambio così radicale, mi sembrava impossibile. Però quando vedi la passione che tutti ci mettevano allora vai avanti.

Eravamo letteralmente quattro gatti a Orlando il giorno della decisione definitiva e non sinceramente non ci aspettavamo di ottenere un successo del genere. Avevamo raggiunto qualcosa di storico. Ho passato tutta la vita nel mondo del tennis e portare a casa questo risultato è stato… brutale! Io sono convinto che le cose possano andare per il meglio. Alla fine mi trovavo in una situazione comoda, ho fatto il percorso classico per un giocatore una volta appesa la racchetta al chiodo. Ho cominciato a fare il coach, stavo allenando un prospetto notevole come Karen… però mi sono innamorato del progetto. E credo che questo cambiamento sia per il bene del tennis. Quello che vogliamo è che Madrid sia una festa per il tennis. Ed essere parte di questa evoluzione è un privilegio.

Articolo e intervista a cura di Federico Bertelli

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