Maria Sharapova dice basta: "Perdonami tennis, ti dico addio" (Cocchi, Semeraro, Azzolini, Sisti)

Rassegna stampa

Maria Sharapova dice basta: “Perdonami tennis, ti dico addio” (Cocchi, Semeraro, Azzolini, Sisti)

La rassegna stampa di giovedì 27 febbraio 2020

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Sharapova, favola senza lieto fine: “Troppo dolore, è ora di smettere”

Diva Sharapova, anche il ritiro è una sfilata: «Tennis scusami» (Federica Cocchi, Gazzetta dello Sport)

Non avrebbe mai ceduto alla tentazione di un «tour d’addio», celebrazioni all’americana e false lacrime di nostalgia. No, Maria non avrebbe mai potuto. E così, per annunciare al mondo l’addio al tennis a 32 anni, 28 dei quali con la racchetta in mano, la Sharapova ha scelto una lettera alle due principali riviste di moda e spettacolo: Vogue e Vanity Fair. Come una diva che dice addio alle scene, perché Maria Sharapova è stata ed è una diva. Aldilà di simpatie o antipatie, vittorie o sconfitte, Maria ha portato il tennis su un altro livello. Trionfi e spettacolo. Red carpet e affari. In campo più nemiche che rivali, più sofferenze che gioie, non ultima una squalifica per doping che l’ha tenuta fuori dal campo quasi un anno e mezzo, dando il colpo di grazia a una carriera già ammorbata dagli infortuni. Nonostante tutto Maria Sharapova sorride, lo fa mentre legge la lettera che lei stessa ha scritto per salutare la sua prima vita. Come un set Masha è seduta su una poltrona grigia, vestita nel suo solito stile elegante ma casual. Indossa una camicia bianca. Il rossetto rosso acceso contrasta con la pelle diafana da siberiana. Inizia a leggere le parole di commiato con serenità, senza lasciarsi andare alla commozione. «Come si fa – recita – a lasciarsi alle spalle l’unica vita che si è mai conosciuta? Come si fa ad abbandonare i campi da gioco su cui ci si allena fin da bambina, il gioco che si ama. Che ti ha portato lacrime indicibili e gioie incredibili, uno sport in cui hai trovato una famiglia, insieme ai tifosi che ti hanno sostenuto per più di 28 anni? Ti prego di perdonarmi, tennis: ti dico addio». Sul profilo Instagram annuncia l’addio con una immagine tenerissima. Una biondina di 6 anni su un campo da tennis con una racchetta grande quanto lei. È Maria, appena arrivata in Florida dopo aver attraversato il mondo con il padre. Partiti da Sochi, dove papà Yuri e mamma Yelena erano fuggiti dopo il disastro di Chernobyl, direzione Florida per inseguire il sogno: «Appena arrivata dalla Russia tutto mi sembrava immenso — continua nel suo racconto la tennista —. Immenso come i sacrifici dei miei genitori». Che uniti alla sua caparbietà hanno portato frutti straordinari, in campo e fuori. Il primo Slam, Wimbledon, a 17 anni: «Ero una ragazzina che faceva ancora collezione di francobolli e non ho realizzato la grandezza di quella vittoria fino a che non sono diventata adulta. Per fortuna…» […] Negli spogliatoi non ha mai riscosso troppe simpatie: «Non devo fare amicizia con le altre, devo batterle», diceva del rapporto con le colleghe, prima su tutte Serena Williams. E quando, a marzo del 2016, ha scioccato il mondo annunciando la positività al meldonium e la conseguente squalifica («non chiuderò la carriera qui, in questa sala con questa orribile moquette»), l’epiteto più carino nei suoi confronti era «imbrogliona». Quindici mesi di purgatorio per rientrare a Stoccarda nell’aprile del 2017, ancora una volta sola contro tutti. Durante i mesi di stop forzato, ha continuato a migliorarsi, ad allenarsi, a studiare. Un master ad Harvard per curare al meglio i suoi interessi, compreso il marchio di caramelle «Sugarpova», lanciato nel 2012 e arrivato a fatturare quasi 20 milioni di euro nel 2019. La rivista Forbes, specializzata nel fare i conti in tasca ai big, ha stimato la sua fortuna in 320 milioni di euro. E nel 2019, nonostante abbia potuto giocare soltanto 18 partite per i problemi alla spalla che l’hanno costretta a lasciare, ha guadagnato 6 milioni di sole sponsorizzazioni […]

Arrivederci Masha, diva di ghiaccio (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

«Perdonami, tennis: ti dico addio». A 32 anni Maria Sharapova si ritira, e lo fa da grande Diva, una delle più grandi che lo sport ha avuto in questo scorcio di millennio. La Greta Garbo del tennis – bionda, fascinosa, glaciale – che non si era mai davvero ripresa dall’unico vero inciampo di una carriera da Oscar (36 tornei vinti, 5 Slam, 21 settimane da n.1 del mondo sparse fra il 2005 e il 2012): la positività al Meldonium ammessa a denti stretti a marzo del 2016, che le era costata un anno e mezzo di stop. Dopo il rientro (maggio 2017), Masha non è più la stessa. Ha vinto solo un torneo, a Tianjin, in Cina; il resto sono state polemiche – per le wild card ricevute da una «ex dopata», come sostenevano le colleghe più rosicone – fatiche e sconfitte. Troppo poco per un ego come il suo, affilatosi fra mille difficoltà dopo l’addio alla Russia e a mamma Elena, a sei anni, per trasferirsi negli Usa solo con papà Yuri, 700 dollari, una raccomandazione di Martina Navratilova e la voglia feroce di diventare la migliore di tutte partendo dalle lacrime nel dormitorio comune dell’Academy di Nick Bollettieri in Florida. «La prima volta che ho visto un campo da tennis – ha raccontato nella sua lettera d’addio affidata alle pagine molto glamour di “Vanity Fair” – mio padre ci stava giocando. Avevo quattro anni, a Sochi, in Russia, ero così piccola che la racchetta accanto a me era il doppio della mia taglia. A sei anni ho viaggiato fino in Florida con mio padre. Allora il mondo intero sembrava gigantesco, l’aereo, l’aeroporto, l’America distesa davanti a me. Tutto era enorme, come il sacrificio dei miei genitori». Ce l’ha fatta Masha, il suo sogno americano si è trasformato in realtà. Ma anche le favole riuscite prima o poi finiscono […] Quasi tre decenni fatti di vittorie, della rivalità scalena con Serena Williams, messa in ginocchio da 17enne nella leggendaria finale di Wimbledon nel 2004, e poi mai più battuta, tranne che nelle Wta Finals di quello stesso anno. Di altri due trionfi a Parigi, uno a New York e uno a Melbourne (è tra le dieci giocatrici ad aver vinto almeno una volta i quattro Slam), ma anche dagli infortuni ripetuti alla spalla che l’hanno costretta a due operazioni e a depotenziare il leggendario servizio. Nei periodi di pausa in cui Masha si è costruita l’altra sua immagine, quella di “business woman” – vedi il marchio di caramelle stradolci Sugarpova – di icona commerciale e mondana oltre che sportiva, superdonna sempre issata su tacchi vertiginosi nonostante il metro e 88 di altezza. Per undici anni è stata la sportiva più pagata al mondo, per la rabbia di Serena che la batteva regolarmente in campo, un “marchio” fra i più riconoscibili al mondo […] «La mia forza non è mai stata quello di sentirmi superiore alle altre tenniste – ha spiegato a “Vanity Fair” – Mi sono sempre sentita sul punto di cadere in un burrone, ed è per questo che ogni volta sono tornata in campo, per capire come continuare a salire» […] «Guardandomi alla spalle mi rendo conto che il tennis è stata la mia montagna. Il mio percorso è stato pieno di valli e deviazioni, ma la vista dalla cima era incredibile. Dopo 28 anni e cinque titoli del Grand Slam, sono pronta a scalare un’altra montagna, per competere su un altro tipo di terreno». Buona vita, Masha. Ti aspettano altri panorami favolosi.

Maria, l’ultimo show (Daniele Azzolini, Tuttosport)

«Non so più che cosa fare», aveva detto a Melbourne dopo la sconfitta con Donna Vekic al primo turno del suo ultimo Slam. Tanta voglia di ritrovarsi, due guance rosse di sole e d’imbarazzo, e una sensazione d’impotenza che si avvertiva fino ai piani alti delle tribune. «Se mi chiedete oggi quando tornerò in campo, e dove, con quali propositi, l’unica risposta che posso darvi è non lo so». Era una piccola bugia. Una piccola incrinatura nella corazza di coraggio, improntitudine e cinismo che si è disegnata addosso in sedici anni di tennis. Che fosse il momento giusto per farsi da parte, Maria Sharapova non se l’è sentita di dirlo in quel momento, dopo una sconfitta, per giunta contro un’avversaria che in altri tempi le avrebbero dovuto sfilare da quelle sue unghiette acuminate da diva cattiva. Lo ha fatto ieri, con un ultimo sussulto da straordinaria imprenditrice di se stessa, da autentica prima firma del tennis. Ha scritto un articolo per Vogue e Vanity Fair, e condensato l’addio in un mesto cinguettio sotto l’immagine di lei bambina, carinissima, vestita da tennis e con la racchettina, che forse è la stessa che le regalò Yevgeny Kafelnikov facendola traboccare d’amore per il nostro sport, come raccontava quando ancora era costretta a presentarsi […] «Come si fa a lasciarsi alle spalle l’unica vita che ho conosciuto? Com’è possibile allontanarsi dai campi su cui mi sono allenata, dal gioco che amo e mi ha portato indicibili lacrime e gioie, e da uno sport in cui ho trovato una famiglia?». Prosegue, bugiarda… «Nemmeno nei sogni più sfrenati ho pensato di vincere sui palcoscenici più grandi dello sport. Wimbledon sembrava un buon punto di partenza. Ero solo un’ingenua diciassettenne, collezionavo ancora francobolli e non ho compreso l’entità della mia vittoria fino a quando non sono diventata più grande. Avevo un vantaggio ma non era quello di sentirmi superiore alle altre giocatrici. Mi sentivo invece come fossi sul punto di cadere da una scogliera, ed era quello il motivo che mi spingeva a tornare subito in campo, per capire come continuare a salire». Chiude, Maria, con una onesta riflessione sui motivi del ritiro: «I problemi alla spalla sono diventati parte di me. Nel tempo i miei tendini si sono sfilacciati come una corda. La mia forza mentale è sempre stata l’arma in più, ma ha dovuto cedere all’evidenza. Nel dare la mia vita al tennis, il tennis mi ha dato una vita. Mi mancherà ogni giorno. Ma guardando indietro, mi rendo conto che il tennis è stata la mia montagna e i panorami dalla sua cima erano incredibili. Ora, dopo 28 anni e cinque titoli del Grand Slam, sono pronta a scalare un’altra montagna». Ha fatto il possibile, Maria, per uscire di scena con il glamour di una volta […] Ha conquistato tutti i titoli dello Slam, è stata in testa 21 settimane, ha vinto 36 tornei, ma è incappata nel doping e in una serie di brutti infortuni. Quando rientrò, trovò le colleghe compatte nel farle la guerra. Niente wild card alla Sharapova, dissero, ricominci dalle qualificazioni. Ne rimase sconvolta. Erano diventate tutte come lei.

Sharapova, l’ultimo rovescio. La zarina smette con il tennis (Enrico Sisti, Repubblica)

Quando vinse a Wimbledon nel 2004, racconta adesso Maria, «ero una “lattante” il cui principale interesse era la sua collezione di francobolli». Quel tempo è finito e i francobolli «staranno in un armadio chissà dove». Con una lettera a Vanity Fair Maria Sharapova ha annunciato il proprio addio al tennis. «Perdonami ma ti devo lasciare!». La “belva siberiana” ha ricapitolato i momenti cruciali del suo essere Masha. Ha spiegato come e perché certe cose toccano solo le corde più intime e profonde, esaltando e devastando: «Ho avuto gioie infinite e provato indicibili dolori». Maria ha consumato felicità, travolto avversarie, spezzato cuori. Ora vivrà da un’altra parte pensando ad altre cose, forse fuori dai riflettori, forse da madre […] Maria è stata una somma di formidabili eccessi: campionessa di Wimbledon a 17 anni, nell’età dei francobolli, poi n. 1 ad appena 18. Poi antesignana del grunting, l’accompagnamento urlato dei colpi, e musa del tennis moderno, occhi dolci e cuore cacciatore, lunghi capelli biondi e ferocia inaudita. E sportiva più pagata per 11 anni. Infine è stata vittima di una poco chiara legislazione sul doping (la squalifica per il misterioso “meldonium”). Chi brucia al doppio dell’intensità, dura metà tempo. Maria lascia a 32 anni, che sembrerebbero pochi nell’era di Federer e Serena. Ma come ci si arriva è ciò che fa la differenza. E se il corpo chiama, il cuore e la testa debbono rispondere, non far finta di niente: «All’ultimo Us Open ho capito che per me il vero successo non era più la vittoria ma scendere in campo: era chiaro che qualcosa era cambiato». Perché qualcos’altro non esisteva più: la sicurezza nei propri mezzi. Maria si era trasformata in un’ergastolana della fisioterapia: «Ho subito la prima operazione alla spalla nel 2008, poi un altro intervento a gennaio dello scorso anno. In mezzo ho fatto tante di quelle terapie che ormai ho perso il conto». Maria non è più stata lei, non ha più servito come prima e vederla muoversi a fondo campo era diventato uno strazio: «Uno può anche fare le cose giuste ma se non credi in te stessa è tutto inutile». Vero. Quando lei perdeva, ormai, perdeva una qualsiasi. Ha cercato di credere in se stessa e in Riccardo Piatti, cui si era avvicinata lo scorso anno […] Quando ha perso dalla Vekic al 1° turno dell’ultimo Australian Open, Maria già sapeva. Che sarebbe finita lì.

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