"Finché non si gioca, difficilmente si comprano racchette": intervista alla mente di Snauwaert

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“Finché non si gioca, difficilmente si comprano racchette”: intervista alla mente di Snauwaert

Abbiamo intervistato l’amministratore delegato dello storico marchio di racchette, tornato sul mercato nel 2019. “Stavamo andando bene in Giappone, ma anche in Spagna e Belgio. La ripartenza del tennis? Bisognerà fare le cose per bene”

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Skype bollente, quello del direttore, che per raccontare come sta reagendo il tennis a tutte le latitudini ha deciso di popolare settimanalmente il canale YouTube di Ubitennis con una nuova intervista. Questa volta ha chiacchierato con Roberto Gazzara, amministratore delegato e principale azionista della Snauwaert – azienda fondata nel 1928 da Valler Snauwaert e Eugeen Depla. Con le racchette Snauwaert hanno giocato Mecir, Smid, Gerulaitis e Pernfors; il marchio ha lasciato il mercato nel 1991 per tornarvi nel 2019 grazie alla visione di Gazzara. In questa prima intervista – ce ne sarà una seconda sulle operazioni di sanificazione del campo da tennis – Gazzara ci ha raccontato come un’azienda che produce racchette affronta una crisi così dura.

“Non è un periodo facile. Il mondo del tennis in generale ne sta soffrendo, dal circuito che non si sa se e quando ripartirà quest’anno, alla fruizione da parte di tutti. I negozi sono chiusi, ma anche gli altri canali distributivi non lavorano in questo momento e se lavorano lo fanno in maniera infinitesimale rispetto a prima. Perché finché non si gioca, le persone difficilmente pensano di acquistare una racchetta“.

LA VIDEO-INTERVISTA COMPLETA

Il Giappone è il mercato dove siamo partiti prima e dove c’è un attenzione maniacale alla qualità e alla performance del prodotto. Questi criteri di scelta hanno un peso molto più elevato che in altre aree del mondo e questo ci ha facilitato perché io ho sempre impostato tutti i miei progetti al massimo della qualità e della performance. Li stavamo andando estremamente bene, avevamo una crescita a tre cifre ogni anno. Ma sono contento anche di come stiamo partendo in Europa, come in Spagna e in Belgio.

“La prima problematica è legata al sourcing, perché per tutte le aziende, da noi che siamo un’azienda ancora piccola ai grandi marchi, la produzione della racchetta avviene in Asia. Ci sono 4-5 fabbriche principali che producono praticamente per tutti i marchi. Fabbriche e uffici in Cina sono rimasti chiusi per un mese e mezzo quasi due, questo ha fatto sì che molti ordini sono rallentati. Quindi all’inizio si sono chiusi i rubinetti a monte, adesso si sono chiuse le dighe a valle, nel senso che vendite ce ne sono poche, per cui ci troviamo in una situazione generalizzata in cui i negozianti hanno comprati molti dei prodotti di inizio collezione e hanno i negozi belli pieni. In Italia ed Europa, il 70% delle vendite avvengono tra metà marzo e giugno-luglio. Marzo e aprile sono persi, maggio anche fino a quando non si tornerà a giocare…”

C’è chi parla del 50% e chi dell’80% di perdita di fatturato. Armani ha detto di voler rivedere il modello dell’alta moda, che non deve essere più quello del rincorrere il ricambio continuo dei prodotti. Le nostre racchette erano in collezione da tre anni e avevamo già programmato di tenerle un altro anno almeno, proprio perché vogliamo dare continuità, però negli ultimi anni si è visto che la frequenza con cui venivamo rinnovati i modelli o le tecnologie, anche solo i colori della racchetta stessa, era quasi annuale o biennale in alcuni casi. Mi auguro, anche per la salute del retail e dei negozi specialistici, che ci sia un’azione a protezione del magazzino. Se a fine anno ci saranno le collezioni nuove, chi avrà i magazzini pieni adesso si troverà costretto a svalutare e scontare tantissimo. Mentre se l’industria considerasse di mantenere i prodotti per un periodo più lungo, magari anche per il prossimo anno senza fare nuove introduzioni commerciali, garantirebbe ai negozianti una non svalutazione del proprio magazzino. So che qualche marchio ci sta pensando e mi auguro che vengano fatte delle scelte per preservare l’intera industria, tutta la catena di valore fino al negoziante e all’utente finale”.

“Il nostro magazzino è abbastanza pieno per coprire le vendite di tutto l’anno e ho degli ordini in corso che mi verranno spediti a settembre, ma che erano previsti inizialmente per maggio. Il vantaggio di essere piccolini è che non ho magazzini enormi, immagino che aziende con fatturati più alti abbiano fatto degli approvvigionamenti più importanti”.

La chiusura d’intervista è un messaggio di speranza. “Spero che si riparta. Ormai parliamo di mondo post-Covid. Io faccio sempre l’esempio delle mascherine, è un problema nostro occidentale. Io sono sempre stato abituato ad andare in Asia e quando una persona in Asia ha il raffreddore, per cultura ed etica, la mascherina se la mette. È sempre stato così, è una cosa che dovremmo iniziare a fare anche noi come segno di civiltà. Stesso dicasi per lo sport. Abbiamo visto le valutazioni di rischio, siamo i meno rischiosi. Con il tennis dovremmo essere in grado di ripartire, bisognerà essere intelligenti e fare le cose per bene.

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