Come "scoprii" Gabriela Sabatini e lei mi fece da arbitro

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Come “scoprii” Gabriela Sabatini e lei mi fece da arbitro

Una wild card a Santa Croce per quello strano caso di omonimia. La finale al Country Club per il Botswana in palio ma mai visto. Il fairplay di un’intervista in sedia a rotelle dopo un k.o. inatteso

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Gabriela Sabatini e Ubaldo Scanagatta - Roland Garros 2019
 

Mi sembra proprio impossibile che Gabriela Sabatini abbia già 50 anni. E anche – datemi pure del macho maschilista che si “distrae” dai puri aspetti tecnici per soffermarsi en passant anche sugli aspetti estetici di un’atleta – che Gabriela sia ancora così bella con i suoi bei capelli corvini, anzi perfino ancora più bella di com’era quando ti affascinava per quel suo magnifico rovescio a una mano ma aveva quell’andatura un po’ androgina, come se fosse scesa appena da cavallo. Chissà, forse nelle Pampas di cavalli ne aveva anche cavalcati. E per tener bene in pugno le briglie si era costruita anche un bel paio di spalle.

Mi sembra impossibile che compia 50 anni perché di Gabriela ho sentito parlare per la prima volta che non ne aveva 14 e l’ho vista giocare a 14 anni e un mese. E da allora, a debita e rispettosa distanza, l’ho sempre adorata. Prima di tutto perché in un certo qual modo è un po’ come se l’avessi scoperta io. Anche se non è proprio così. E poi perché Gabriela è la sola tennista di fama mondiale che… si è seduta sul seggio arbitrale per arbitrare una mia partita sorbendosela tutta! Se a questo si aggiunge che è nata il 16 maggio, giorno di Sant’Ubaldo, capirete perché il suo compleanno non me lo scordo mai.

Gabriela non ha ancora 14 anni, quando Guillermo Salatino, grande amico e collega argentino, mi chiama da Buenos Aires. “Caro Ubaldo mi devi fare un gran favore – mi dice – qui a Buenos Aires c’è una ragazzina che ha un talento straordinario, non ha ancora 14 anni ma ti assicuro che è un fenomeno. Vorrebbe iscriversi al torneo junior di Santa Croce ma non ha la classifica per entrare e potrà farlo soltanto se le daranno una wild card. Ti giuro che la merita, fidati!”.

Io di Guillermo e della sua competenza tennistica mi fido ciecamente. Prima di diventare un grande giornalista, tv e radio broadcaster per ESPN Sud America, è stato un ottimo tennista, un prima categoria o un seconda categoria di vertice, fra i primi 20 del suo Paese. Chiamo allora il deus ex machina del torneo di Santa Croce, Mauro Sabatini, un uomo di straordinaria passione senza il quale il torneo di Santa Croce sull’Arno non sarebbe mai nato. Gli chiedo la wild card per Gabriela, riferendo le predizioni di Guillermo Salatino, facendo leva anche sulle sue origini italiane: “I nonni sono emigrati da Potenza Picena, provincia di Macerata…”, ma Mauro Sabatini mi interrompe subito: “Ubaldo mio caro, ma ti pare possibile che io possa mai negare una wild card a una tennista che si chiama Sabatini come me? – e scoppia in una fragorosa risata. Un grande.

La faccio breve. Gabriela si presenta a Santa Croce sull’Arno, mi pare fosse aprile, non ha ancora 14 anni, e vince il torneo alla grande, dopo una finale tutta sudamericana. Ma la brasiliana Dias, qualche anno in più, non farà la sua stessa carriera. Se avesse potuto, Mauro Sabatini avrebbe adottato Gabriela! Ogni volta che ci vedevamo mi ringraziava, anche se io non avevo fatto nulla. Anzi, gli avevo chiesto un piacere. Ma anche Gabriela mi ha più di una volta mostrato la sua gratitudine per quell’episodio, anche a distanza di anni.

Un mesetto dopo Gabriela vince, sotto ai miei occhi incuriositi perché a Santa Croce non ero andato, un torneo junior ancora più importante: il Roland Garros. A 14 anni. Guillermo Salatino aveva visto proprio giusto. Seppur non come lui mi sentii anch’io un po’ un talent scout. Due anni prima eravamo corsi in tanti, dalla sala stampa del Roland Garros al campo 3 (che ora non c’è più) ad ammirare un’altra enfant-prodige, una biondina di 12 anni dalle gambine già lunghe seppur esile come un giunco, ma con un dritto che faceva paura: si chiamava Steffi Graf.

Passa un anno. E nell’aprile 1985 Gabriela Sabatini si trova a Montecarlo durante il torneo maschile (che sarà vinto da Ivan Lendl su Mats Wilander). Credo di ricordare che ci fosse un torneo junior, lì o lì vicino in Costa Azzurra. Anche quell’anno il Country Club aveva ospitato il torneo per i giornalisti. E in finale erano arrivati Guillermo Salatino e il sottoscritto (su Ubitennis… il soprascritto). Un solo long-set a 9 games. Primo premio un viaggio per due in Botswana, finanziato da un’agenzia monegasca di viaggi. Secondo premio un orologio Ebel. Roba… principesca, da Principato appunto.

Quella mattina della finale si presenta anche Gabriela. Deliziosa, dolcissima. Non è il centrale naturalmente. È uno di quei campi atterrazzati, in alto. Forse il posto più vicino e comodo per sedersi è il seggio arbitrale. Non ricordo più come andò, ma lassù sale proprio Gabriela. Il match comincia. Gabriela, sempre timidissima ma con un sorriso smagliante, sussurra i punteggi. Comincio malissimo. “3-0 senor Salatino!”. Al cambio campo dico a Guillermo: “Oh ricordati di mandarmi una cartolina dal Botswana!”.

“4-3 senor Scanagatta!” dice a voce ancora più bassa Gabriela che però ha l’aria di divertirsi un mondo a vedere quei due over 35 rossi come peperoni che non si risparmiano con tutti i limiti del loro tennis d’antan sotto il sole di Montecarlo. “Ubaldo mandamela tu la cartolina dal Botswana” sbuffa Guillermo. E io: “Piuttosto la mando a Gabriela!”.

Si va avanti così fino al tiebreak che viene giocato sull’8 pari. Mi pare di aver annullato sull’6-8 tre matchpoint ma non ci giurerei, né conto di chiederlo a Gabriela. Ma alla fine vinco io. Epilogo. Tempesto di chiamate per mesi la misteriosa agenzia monegasca di viaggi. Scomparirà, fallirà senza onorare il premio previsto. Mai andato in Botswana, mai spedita nessuna cartolina. In compenso Guillermo sfoggerà per anni un magnifico orologio Ebel. Ad onor del vero l’anno successivo Bernard Noat, allora direttore del torneo, farà signorilmente avere anche a me un orologio Ebel… che ancora oggi è l’orologio prediletto di mia moglie Tiziana, iniziata a frequentare proprio in quel 1985.

Poco più di un mesetto e mezzo dopo quel suo memorabile arbitraggio, Gabriela approderà, a 15 anni appena compiuti, alle semifinali del Roland Garros, più giovane semifinalista degli Internazionali di Francia. Per le sue imprese vi consiglio di leggere l’ottimo ed esauriente articolo di Ferruccio Roberti.

Io chiudo soltanto con un altro episodio che mi lega a Gabriela. Nel gennaio 1990 sono per la prima volta inviato, da Tele+, all’Australian Open. Un caldo umido e appiccicoso, sul Rebound Ace è una vera ecatombe di tennisti e tenniste che si lussano le caviglie perché le suole delle scarpe si incollano a quella superficie. Tante vittime. Fra queste Gabriela, 19 anni e favorita n.2 del torneo dietro alla solita Graf. Con lei mi ero prenotato per un’intervista tv alla fine del match di terzo turno. Gabriela, che aveva dominato Frazier e Bollegraf, dovrebbe passeggiare con la tedesca Claudia Porwik. Ma invece inciampa già nel corso del primo set, si ferma, le fasciano la caviglia, ma non c’è nulla da fare, perde 6-2 il primo e sull’1-0 del secondo non ha alternative che il ritiro.

La portano via dal campo centrale di Flinders Park – si chiamava ancora così – su una sedia a rotelle. Ora ditemi voi quale tennista, uomo o donna, si sarebbe presentata in sedia a rotelle in sala stampa dopo una delusione del genere. Gabriela invece viene come se nulla le fosse accaduto, risponde alle domande, concede l’intervista che aveva promesso. Che fairplay, che educazione le aveva insegnato papà Osvaldo. Fantastica ragazza. Quando smise di giocare a soli 26 anni ci restai male, mi dispiacque davvero, mi parve troppo presto, ma lei aveva perso la garra. Però, come Bjorn Borg, altro prepensionato precoce a 26 anni, erano già 13 anni, metà della sua vita, che Gabriela aveva vissuto in full immersion nel tennis, respirando e sognando quasi solo tennis.

Come potrei non esserle affezionato, se poi ogni volta che ho la fortuna di incontrarla, ancora oggi, è sempre così carina, dolce, affettuosa? 50 anni? Non ci credo.


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